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Autore: Mayo Samurai    16/06/2015    6 recensioni
"Quella, era una giornata di merda."
Piove forte, e Bartimeus non è propriamente la persona più ricca ed educata del mondo.
E' molto intraprendente e sfacciato, intelligente e sarcastico, ma più di qualsiasi altra cosa, è assolutamente, incredibilmente, fortemente fortunato.
Human!Au BartNat, perchè questa OTP è risalita dai piani più bassi dell'inferno per venirmi a riprendere.
E io sono debole.
Genere: Comico, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Shonen-ai | Personaggi: Bartimeus, Nathaniel
Note: AU | Avvertimenti: nessuno
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Quella, era una giornata di merda.
 
 
 
Iniziamo dal principio, che ne dite?
Prima di tutto erano le dieci del mattino, ed eravamo a Londra, la uggiosa capitale dell’Inghilterra, dove ovviamente stava piovendo piuttosto copiosamente, riempiendo di acqua le mie scarpe e i pantaloni.
Anzi, tutto quanto si stava impregnando di acqua, anche la mia faccia, nonostante avessi il cappuccio calato sulla testa.
Ammetto che in quel momento no, ma mentre mi avvicinavo di soppiatto alle cucine di Farqual vi assicuro che il cappuccio nascondeva bene il mio viso.
In quel momento il cappuccio faceva da catino per tutta l’acqua di Londra, inzuppandomi il collo e la maglietta sotto.
E perché ero così bagnato, voi chiederete.
Facile, perché stavo correndo a perdifiato per la strada, scansando di poco passanti e altri ostacoli, inseguito dai tirapiedi di Faqural.
Davvero, da quando i cuochi hanno degli scagnozzi? Sapevo che Faqural era losco, molto losco, ma mai avrei creduto che potesse avere addirittura una banda!
… A dirla tutta si, in effetti fin da bambini aveva la cattiva abitudine di circondarsi di persone più deboli, oppure violente, ma sempre più piccole di lui.
Grosso e brutto come un maiale ha sempre odiato me e il mio gemello Tolomeo.
Ovviamente Tolomeo era quello innocente, e non smetterò mai di ripete e decantare le mie rocambolesche fughe e vendette nei confronti di Farqual.
Se mi andava bene tornavo a casa indenne, altrimenti… bhè, il mignolo e l’anulare della mia mano sinistra non sono stati più gli stessi dopo la volta che riuscirono ad acchiapparmi.
Da quel giorno imparai una lezione molto preziosa: Faqural non si meritava alcuna pietà.
Come invece la reclamavano a gran voce i miei polmoni.
Stavo correndo da un bel po’, con ancora nelle orecchie le urla rabbiose e aggressive dei due scimmioni che mi inseguivano.
Nonostante fossi veloce e piuttosto resistente, i due erano molto più testardi di me e determinati, riuscendo a starmi alle calcagna nonostante tutte le scorciatoie che avevo preso.
Per un attimo pensai di tornare a casa, nella speranza di arrivare prima di loro, ma avrei rischiato di portarli dall’unico luogo sicuro che possedevamo, e non potevo permetterlo.
La gente mi guardava poco interessata o mi ignorava bellamente anche se le passavo a pochissimi centimetri, evitandoli con aggraziati balzi e varie schivate dell’ultimo secondo.
Un ragazzo quasi adulto che corre a perdifiato per le strade di Londra non era uno spettacolo unico, potevo aver perso il bus oppure esser in ritardo per un appuntamento.
Quando sentì uno smorzato: ”Eccolo lì!”, il cuore perse un battito, facendomi tossire dallo sforzo.
Per poco non scivolai mentre prendevo una curva a tutta velocità, lanciandomi per una via secondaria.
Dovevano avermi visto girare, e perciò dovevo trovare un nascondiglio immediatamente.
La strada era pulita, e non c’era nemmeno un cassonetto dello sporco(1) (1per quanto mi disgusti ammetterlo, più di una volta mi sono salvato nascondendomi lì dentro.)
C’era qualche negozietto aperto, e un piccolo bar sulla destra.
Idea.
Corsi verso la vetrina del bar, trovandolo pieno.
Imprecai pittorescamente: se rimanevo al bancone rischiavo di esser visto.
Sprecai preziosi secondi alla ricerca di un posticino, e il fato mi sorrise: c’era un posto libero, allo stesso tavolino di una ragazza dai boccoli neri intenta a leggere.
Era piuttosto in disparte, e la figura seduta dava le spalle alla vetrina: poteva farmi da scudo!
Mi fiondai nel locale, ignorando le persone che mi guardarono malissimo, molte stavano bevendo bevande calde e leggendo, altre chiacchieravano a bassa voce.
Oh, una sala da lettura.
Delizioso.
Dovevo esser fuori luogo come un avvocato in un circo, ma poco mi importò, l’incolumità della mia persona e quella del piccolo tesoro che avevo nelle tasche valevano molto di più che qualche semplice occhiataccia.
Mi sedetti al tavolo con un balzo, acquattandomi sul tavolino.
La persona seduta di fronte a me sobbalzò, abbassando il libro che stava leggendo: oh, era un ragazzo.
Aveva un aspetto vagamente femminile, forse erano i capelli lunghi e gli occhi grandi, di un particolare colore blu e grigio, a donargli un aspetto aggraziato.
Sembrava avere la mia stessa età.
Mi guardò scandalizzato per qualche attimo, e prima che potesse chiedermi chi diamine fossi e che stessi combinando, lo precedetti.
“John! Quanto tempo amico mio, è da un po’ che non ci si vede, eh?” Annaspai esausto, gli battei anche una mano sulla spalla, facendolo sobbalzare una seconda volta.
Sbirciai fuori dalla vetrina, e vidi passar a corse i due scagnozzi, indicando di qua e di là.
Di certo non volevo uscire ora.
Tornai con lo sguardo sul ragazzo.
“Che c’è? Non riconosci un vecchio compagno di scuola?”
Il moro rimase in silenzio, provando a processare la cosa, forse aveva problemi mentali, il poveretto.
“Tutto a posto?” gli domandai, incerto della sua salute mentale.
Si chinò verso di me, e io lo imitai: ”Chi sei? Io non la conosco, avete bisogno di aiuto?” borbottò a bassa voce.
Mi feci un violento facepalm mentale, fissando incredulo il tizio di fronte a me.
Non aveva capito che era una finta? Non poteva stare al gioco!?
Esasperato portai entrambe le mani sul tavolino, agitandole un poco:” Senti amico, c’è gente che mi sta inseguendo, e se mi prendono, ti assicuro che non torno a casa vivo.
Sono certo che vogliano stuprarmi.”
Ecco, forse nell’ultima parte esagerai un poco, non credevo che Farqual e i suoi compari, per quanto malvagi e crudeli fossero, avessero intenzione di abusare di me oltre le semplici mazzate.
Forse.
Ma l’esagerazione funzionò alla grande.
Il ragazzo impallidì anche più di quello che già era, e rizzò la schiena, leccandosi le labbra nervoso.
“Martin!” esclamò dopo aver finto teatralmente di ricordare come mi chiamassi:” E’ vero! Perdonami se non ti ho riconosciuto subito, è passato molto tempo e… e hai cambiato taglio di capelli!”
Era una cosa stupidissima e molto clichè, ma funzionò, perché i pochi avventori che ci stavano guardando straniti tornarono a farsi gli affaracci propri.
Tirai un sospiro di sollievo, restando chino sul tavolo.
“Ti sei rovinato la vista leggendo troppo John, perché non indossi i tuoi occhiali?”
Senza batter ciglio l’altro mi rispose subito:” Perché non mi piacciono, e mi fan venire il malditesta.”
“Forse dovresti provarne altri.”
“Forse.”
Sbirciai nervoso la vetrina, non volevo farmi prendere dalla paranoia, ma il pensiero che quei due potessero tornare indietro per cercarmi mi faceva accapponare la pelle.
“Elyse come sta?” Mi domandò.
Tornai a guardar il ragazzo, che con eleganza aveva iniziato a versarsi il tea nella tazza, poggiando la teiera senza far alcun rumore.
Poi sembrò pensare a qualcosa, e con un leggero rossore sulle guancie spinse la tazza verso di me.
Non la presi subito, e gli guardai le mani: curate, con le dita lunghe e pallide.
Le unghie erano perfette e senza una traccia di sporco o segni di mordicchiamenti vari.
Mi resi conto che ogni cosa in questo ragazzo rasentava la perfezione, un ordine maniacale.
Il maglione che indossava era stirato fino alla rigidità e il colletto della camicia era inamidato.
I capelli erano puliti e pettinati, con la riga a destra, e anche il libro che teneva in mano era in perfette condizioni, nonostante apparisse piuttosto vecchio.
Improvvisamente mi sentì sporco.
Vero, la vita che facevo di certo non mi permetteva docce calde ogni giorno, e oramai vi avevo fatto l’abitudine, ma di fronte a “John” mi sentivo feccia.
Rendendomi conto di quanto sudicio dovevo apparire, nascosi le unghie rovinate stringendo i pugni, guardando con sfida l’altro come a dirgli: prova a commentare e farai una brutta fine.
Il ragazzo sembrò offeso dalla mia risposta, ma non disse nulla, riprendendosi la tazza e bevendo un sorso.
“Elyse sta bene, è in Francia ora, a godersi Cannes.” Avevo sparato una località a caso, non essendo sicuro che Cannes si trovasse in Francia, o che fosse una città.
Lui annuì, abbassando la tazza.
Al contrario, io alzai lo sguardo verso la vetrina, pensando che questo ragazzo doveva frequentare teatro o essere un abile bugiardo per tenermi il passo in quel modo(2)(2 Ovviamente non mi avrebbe mai superato, me, Bartimeus, il re delle bugie), e in quel momento, divenni pallido come lui.
I due tirapiedi di Faqural erano tornati indietro, forse insospettiti dal fatto che fossi sparito in una lunga strada vuota senza altre stradine secondarie.
Si stavano guardando attorno, e se avessero guardato dentro il bar, mi avrebbero visto, John non era così ampio per potermi proteggere da un esame attento.
Voltai la testa lentamente, mentre pensavo freneticamente a un’idea.
La lampadina si accese una seconda volta.
Per fortuna il moro aveva abbassato la tazza e non aveva nulla in mano che potesse provar a rompermi sulla testa.
“Hey.”
“Uhm?”
Mi guardò e gli afferrai il volto, baciandolo.
Non incontrai nessuna resistenza, visto che lo avevo colto di sorpresa, ma anche quando per enfatizzare il concetto, sia per esser più credibile sia perché mi stavo godendo il momento, portai le mani tra i suoi capelli, non protestò né mi spaccò la teiera sulla testa.
Piegai la testa di lato, in modo da costringere “John” a coprirmi per bene, e incredibilmente, mi seguì, rispecchiando il mio movimento emettendo un leggero mugolio.
Aveva le labbra sottili e leggermente secche, mentre i capelli erano morbidi, ben pettinati.
Odorava vagamente di pioggia, di quella che cade nei boschi.
Aprì un occhio per controllare la situazione, e vidi i due deficienti tornare sui loro passi, allontanandosi.
Ora o mai più.
Mi allontanai, avendo premura di lanciare un’occhiata a “John”: un profondo e molto visibile rossore gli aveva macchiato le guancie, le orecchie e il collo.
E gli occhi, lucidi, con le pupille ampie e scurissime, sembravano pozze d’acqua.
“Ti ringrazio e ti saluto, buona giornata, baci bene!”
Mi alzai di scatto e mi fiondai fuori dal bar.
La pioggia stava ancora cadendo, ma più gentilmente.
Mi alzai il cappuccio e iniziai a correre nella direzione opposta ai due bruti.
Bhè, dai: ero riuscito a rubacchiare un paio di pagnotte, avevo dei soldi nelle mie tasche, ero scappato da Faqural e avevo limonato con un ragazzo carino.
 
 
Quella, era una bella giornata.
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
PFRFFFFFFFFFFFFFFFFFFRFRF
 
 
Sono spazzatura, gettatemi nel inferno chiamato BartNat e lasciatemi marcire lì sotto.
 
 
Sigh.
 
 
 
Comunque!
Dopo quasi un anno che non scrivevo fan fiction, ammetto che è bello tornare in pista!
Ovviamente nella pista per i bambini, quella con le transenne di paglia, perché se avessi scritto in un fandom più grosso mi avrebbero investito immediatamente.
 
 
Vecchie OTP che tornano a prendermi a sprangate nei denti.
Ah, le OTP, che invenzione magnifica.
Mi sono bastate nemmeno due ore per ricadere come una pera cotta nella BartNat, dopo un semplice attimo di debolezza in cui mi son detta: mha, andiamo a cercare fanfic di vecchie OTP, magari c’è qualcosa di interessante.
Ho trovato l’inferno, e sto bruciando lentamente.
 
 
Ma sono felice, quello si.
 
 
 

Forse scriverò una longfic su sti due.
O forse svilupperò questa fic in qualcosa di più lungo.
Forse.

 
 
 
Vado a morire in un angolo, ciaossu!
 
 
 
 
Ho scoperto mentre caricavo la fic, che il nome di Nathaniel non appare nelle scelte dei personaggi per i tag.
 
 
MA STIAMO SCHERZANDO-
IL MIO CUCCIOLOPATATO COME VI PERMETTETE!?
MI GETTERO’ NELLA SCRITTURA E RISCATTERO’ IL NOME DI NATHANIEL DALLA POLVERE.
VI ROVINERO’ LA VITA BASTARDI.
   
 
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