Storie originali > Introspettivo
Ricorda la storia  |      
Autore: SallyLannister    16/06/2015    0 recensioni
Piccola Shot sulla mia interpretazione personale dell'opera di E. Munch "Il grido", sotto il punto di vista dell'artista stesso.
_________________________
"Una consapevolezza più brutta della morte stessa mi scivolò come un velo nero sul cuore: al mondo si è soli, inutili e disperati anche fra gli altri. "
Genere: Drammatico, Malinconico, Storico | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna
Note: Missing Moments | Avvertimenti: nessuno
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A
« Camminavo lungo la strada con due amici
quando il sole tramontò
il cielo si tinse all’improvviso di rosso sangue
mi fermai, mi appoggiai stanco morto a un recinto
sul fiordo neroazzurro e sulla città c’erano sangue e lingue di fuoco
i miei amici continuavano a camminare ed io tremavo ancora di paura
e sentivo un grande urlo infinito pervadere la natura »
 
E. Munch
 
 
Era una di quelle solite vespri autunnali, una di quelle sere quando il sole trovava rifugio aldilà dell’orizzonte fin troppo presto. Per tanto non mi disdegnavo la compagnia dei miei due amici, coloro con cui occupavo le mie giornate fin troppo vuote e solitarie, giorni che non passavo nel mio atelier fra stracci di tele malridotte, odore forte di pittura acrilica e l’inconfondibile odore di acquaragia per pulire quei pennelli che ormai erano compagni e confessori di vita.
Le quattro mura che imprigionavano le mie opere, non erano nulla in confronto ai muri che si erano nel corso degli anni eretti maestosi e monumentali nella mia mente, rendendo anche il più piccolo piacere terreno, un’angoscia e un dispiacere.
Tutto ciò che avevo, era la mia pittura. Violenta, incompresa, angosciante e perfino inquietante.
Erano parte di me.
Ogni tela solcata dalle pennellate furiose che le dedicavo, erano frutto del mio intelletto, una mente che era stata fin troppo tempo bombardata da catastrofi che avevano segnato la mia vita da fanciullo.

Silenziosamente camminavo sul ponte, quelle travi di legno sembravano infinite, una dopo l’altra si susseguivano, facendomi quasi pensare al cammino che ognuno di noi deve svolgere durante la strada. Tuttavia quelle travi non erano infinite, erano spezzate in più punti e poi giunte facendo credere a chiunque che fosse tutto d’un pezzo, proprio come la vita certe volte; ti riserva tanti ostacoli e tu devi solo raccogliere i pezzi , metterli insieme e sperare che nessuno con l’occhio attento e vigile come il mio se ne accorgesse.
Il cicaleccio dei miei due amici non riuscì a distogliere i miei pensieri, nonostante fossero argomenti a me non poco cari; essi proclamavano di politica, parlano di guerre e di miseria, fomentandosi nel far prevalere uno l’idea dell’altro.
Nelle orecchie tutto ciò arrivò come un ronzio e per un attimo, rimasi immobile nell’attesa di scorgere un particolare, magari felice, che fosse come una scintilla d’ispirazione per il mio prossimo quadro. Con gli occhi vagai sulle persone che allegramente attraversavano quel ponte, anche se mi sembravano tutto fuorché allegre; avevano una strana espressione sul volto, ma probabilmente era tutto frutto della mia immaginazione o forse era la mia mente malata a creare quei visi con volti scavati e orripilanti, quasi come quelli della morte che era compagna di vita di ognuno di noi.
Il flusso di quei pensieri mi stancò e mi avvicinai al bordo, poggiando le mie mani nodose e sporche di acrilici sul legno massiccio del ponte, osservando lo strano compiersi dei fatti che di lì a pochi minuti si sarebbe abbattuto come una tempesta nel mio animo.
Il cielo che fino a poco prima sembrava di un caldo e quasi confortevole arancione, aveva fatto largo a un rosso minaccioso, quasi come se del sangue si fosse riversato fra le nuvole. Le acque invece sembravano più nere della pece, prendendo quasi la forma di gelide mani che volevano strapparmi via da questo mondo.
Un senso di paura mai provato prima mi attanagliò lo stomaco, bloccandomi in una morsa che m’impedì di respirare, sentendo il corpo trafitto da mille lame.
Trattenendo il respiro guardai i miei due amici, che ignari continuavano a camminare, noncuranti del presagio che la natura stessa mi stava inviando.
Sperai che si voltassero, che capissero il mio forte momento di sconforto, che qualcuno mi svegliasse da quel torpore che mi aveva assalito improvvisamente e mi facesse ragionare con lucidità, riportandomi alla realtà.
Tutto ciò non accadde e una consapevolezza più brutta della morte stessa mi scivolò come un velo nero sul cuore: al mondo si è soli, inutili e disperati anche fra gli altri.

Finalmente un urlo straziante e liberatorio fuoriuscì dalle mie labbra.
                   
 



Sinceramente non so che ho combinato. Non so nemmeno come definire questa cosa che ho scritto. Semplicemente sto studiando Munch per un esame di Arte e sono rimasta affascinata da questo quadro. Ho voluto descrivere probabilmente come si è sentito l’artista.
Se vi va, lasciate qualche commento e parere, ne sarei veramente felice!
Grazie a tutti. ^^

 
   
 
Leggi le 0 recensioni
Ricorda la storia  |       |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Torna indietro / Vai alla categoria: Storie originali > Introspettivo / Vai alla pagina dell'autore: SallyLannister