~
I déjà vu sono il modo che ha il destino per
dirti che sei
esattamente dove dovresti essere. Ti sembra che tu ci sia
già stato perché sei
esattamente in linea con il tuo destino ~ Fringe
Déjà
vu
Castle e
Beckett sedevano in auto a distanza di sicurezza dall’entrata
del magazzino
dove Lockwood teneva in ostaggio Ryan ed Esposito.
“Quel
tipo
noterebbe gli SWAT lontano un kilometro e avvertirebbe
Lockwood”, disse Beckett
tenendo sott’occhio la guardia con il binocolo a raggi
infrarossi “Se chiamiamo
la cavalleria, sono morti”, constatò preoccupata
“Dobbiamo farlo spostare”.
“Io
un’idea
ce l’avrei...”, esclamò Castle, serio e
altrettanto preoccupato.
Fingersi una
coppietta ubriaca poteva funzionare.
Scesero
dall’auto sbattendo le portiere e ridendo ad alta voce per
attirare
l’attenzione della guardia.
Beckett
finse di non riuscire quasi a reggersi in piedi mentre Castle la
sorreggeva.
L’uomo
li
notò immediatamente ed iniziò ad avvicinarsi.
“Non
abboccherà, Castle”, disse lei a labbra strette
quando vide la guardia portare
una mano all’interno della giacca, probabilmente in cerca
della sua arma.
Perciò
Beckett
si allontanò dallo scrittore, pronta ad estrarre la sua
pistola quando Castle
le blocco il polso, la tirò a sé e le
afferrò saldamente il volto con la mano.
Dare vita ad
una sparatoria avrebbe significato avvertire Lockwood della loro
presenza decretando
così la morte dei loro due colleghi, ma quello che stava
facendo ora Castle...
stava davvero per baciarla?
La guardia
non si era bevuta la storia della coppietta ubriaca, perché
mai un bacio
avrebbe fatto la differenza?
Eppure
lasciò che si avvicinasse.
Solo dopo il
primo contatto delle loro labbra si rese conto realmente di quello che
stava
accadendo.
Ma quando
posò gli occhi sulla guardia e vide che aveva lasciato la
presa dalla pistola
capì che avrebbe potuto funzionare.
Si disse che
era per la buona riuscita dell’operazione e che non
c’entrava nulla con Josh e
la loro relazione.
Era come essere
sotto copertura.
Tornò
a
guardare Castle e questa volta fu lei ad avventarsi su di lui.
Doveva
restare concentrata sull’operazione eppure si
ritrovò a mordergli il labbro con
voracità.
Era un bacio
agognato da entrambi e da molto tempo, ormai.
Prese il
sopravvento su di
loro nonostante
Beckett cercò più volte di tenere sotto controllo
la guardia sbattendo con
forza gli occhi, come a volersi risvegliare.
Risvegliare
da un bellissimo sogno anche se totalmente fuori luogo.
Non sembrava
per niente un primo bacio.
Entrambi
ebbero la nettissima sensazione di vivere un déjà
vu, ma sicuramente era la
tensione tra loro e per l’operazione in corso che stava
giocando ad entrambi un
brutto scherzo.
*** Quattro
anni prima ***
Richard Castle
fece il suo ingresso al ‘The 40/40 Club’ verso la
mezzanotte, l’ora in cui ogni festa che si rispetti inizia
davvero ad
ingranare.
Si
fermò davanti ad uno specchio per controllare la parrucca.
Alzò
un sopracciglio con soddisfazione quando vide che anche il
trucco sul suo volto, pazientemente dipinto da sua figlia, era ancora
perfetto.
Sorrise
all’immagine di Gene Simmons che lo specchio rifletteva e
si inoltrò nel locale.
La notte di
Halloween era da sempre una delle sue preferite.
Passava la
giornata a fare dolcetto o scherzetto con la sua
bambina poi, di sera, New York gli offriva una svariata scelta di party
in
costume nei locali più rinomati.
Sotto le note di
‘Do It Well’ di Jennifer Lopez si fece largo tra
la persone mascherate.
Adorava essere
irriconoscibile.
Essere un famoso
scrittore di gialli e, ammettiamolo, l’idolo
delle donne dai 18 anni in su, era il suo pane quotidiano per 364
giorni
all’anno. E gli piaceva da morire.
Ma per una
volta, non essere il miliardario playboy Richard Castle
era liberatorio.
Una
‘Principessa Leila’ di almeno dieci centimetri
più alta
dell’originale gli si stava strusciando addosso, ballando.
Beh, la parte
del playboy andava bene tutto l’anno a dire il vero.
Stette un
po’ al gioco, poi proseguì il suo tragitto verso
il
bancone del bar.
“Bel
trucco!”, urlò la bionda con un cappello a punta
da strega,
mentre gli serviva da bere “Cosa saresti? Un
demone?”, chiese cercando di
sovrastare la musica.
Lui la
osservò bene. Avrà avuto ventun anni o poco
più.
“Gene
Simmons? I Kiss?”, le domandò, ricevendo
un’alzata di spalle
in risposta “ Niente?”, insistette .
La ragazza
scosse la testa “Scusa”,
gli disse sporgendosi in avanti per
permettergli di sentire meglio e di dare una sbirciatina nella sua
scollatura
“Perdonata?”, aggiunse con uno sguardo che era
tutto un programma.
La maggior parte
delle persone lo accusava di avere un ego
smisurato.
Ma se anche
quando era irriconoscibile e per giunta conciato in
quel modo, riusciva a ricevere svariate avance in soli dieci minuti,
beh, allora
la sua non era presunzione. Lui era uno stramaledetto figo. Punto.
Questa
consapevolezza lo mandò su di giri.
“Ci
penserò su”, le fece l’occhiolino prima
di afferrare la birra
e tornare in pista.
‘Super
Massive Black Hole’ dei Muse fece esplodere la folla.
Ma invece di
seguire il ritmo e dimenarsi con gli altri, si mise
in disparte per svolgere una
delle sue
attività preferite.
Osservare.
Le persone erano
da sempre una grande fonte di ispirazione per
lui.
Così
diverse tra loro eppure per certi aspetti tutte molto simili.
Ma era da tempo
ormai che qualcosa non andava. L’ispirazione
scarseggiava sempre più di frequente e nemmeno stare tra la
gente sembrava
essere di qualche aiuto.
Ma era comunque
divertente.
Sorrise vedendo
un Harry Potter essere preso a schiaffi da una
Jessica Rabbit.
Non molto
distante da lui, un poco muscoloso Hulk stava
saltellando a tempo di musica non curante del drink verde che
fuoriusciva dal
suo bicchiere, rovinando irrimediabilmente il vestito bianco di una
sfortunata Dea
greca.
Cercò
un fazzoletto di tela nella tasca dei pantaloni per
soccorrere la poveretta ma uno spintone glielo impedì.
Quando si
voltò per cercare il colpevole vide una super sexy Xena
color cioccolato correre verso il bar trascinando un’altra
figura per il
braccio.
I giochi di luci
della strobosfera gli impedivano di vedere bene.
Si
dimenticò alla svelta della Dea greca, incuriosito dalla
fretta
della Principessa Guerriera.
Quando si
accostarono al bar poté notare una parrucca di capelli
mossi e neri, due
vertiginosi tacchi a
spillo e degli aderentissimi pantaloni di pelle. L’amica di
Xena, vista da
dietro, non era niente male!
Entrambe bevvero
i loro shottini in un colpo solo, poi si
voltarono appoggiando i gomiti sul bancone.
Rimase
impietrito quando vide il trucco sul suo volto. Gene
Simmons.
È la
prima volta che trovava una ragazza mascherata da bassista
dei Kiss.
Sarebbe stato
assolutamente strano se non così fosse
maledettamente intrigante il modo in cui si stava mordendo il labbro
mentre
guardava il bel ragazzo che Xena le stava indicando.
Lei distolse lo
sguardo dal bell’imbusto a favore delle altre
maschere.
La vide
sorridere man mano che riconosceva costumi famosi o buffi.
Finchè
non si trovarono occhi negli occhi.
Fu strano anche
per lei vedere un’altra persona con il suo stesso
costume.
Castle si
spostò in modo da rientrare perfettamente nel suo campo
visivo e le salutò con un cenno della testa.
Lei
sembrò esitare ma alla fine ricambiò il cenno.
Poi Xena
reclamò la sua attenzione.
Sentì
la tasca dei
pantaloni vibrare e rispose velocemente ai messaggi.
Quando riportò
l’attenzione verso il bar, le due donne erano sparite.
Si
avvicinò per cercarle.
“Ehi,
c’era una ragazza come te!”, esclamò la
barista.
“Sai
dove è andata?”, le chiese immediatamente.
La streghetta
scosse la testa “Mi spiace, stavo servendo altri
clienti...”.
Se
solo si fosse voltato a
destra, le avrebbe viste salire al piano superiore, una specie di
balconata che
si affacciava sulla pista da ballo sottostante.
“Ancora
non so come hai fatto ad ottenere la saletta privata!”,
esclamò la Principessa Guerriera visibilmente entusiasta.
“Ho un
amico all’Ufficio d’Igiene che mi doveva un
favore...”,
rispose l’altra trasformando quelle labbra colorate di nero
in un sorriso
furfante.
“Abuso
di potere, Beckett?”, finse di rimproverarla. In
realtà
adorava questo lato da ‘bad girl’ che ogni tanto
sfuggiva al suo rigido
controllo da poliziotta.
“Non
abbiamo festeggiato a dovere il tuo compleanno, dovevo
rimediare almeno per Halloween visto che la fortuna ha voluto che
entrambe non
fossimo di turno”.
Aveva solo
chiesto un piccolo favore ad un amico per far felice
un’altra amica, non poteva sentirsi in colpa per questo.
Non quella sera
almeno.
Il detective
Kate Beckett era a riposo. Gene Simmons invece voleva
passare una serata in allegria con la sua migliore amica Xena.
Era questo il
bello di Halloween, no? Dimenticarsi di tutto per un
giorno ed essere qualcun altro.
“Hai
visto prima?”, domandò Kate
“C’era un tipo vestito come me. E
io che credevo di aver avuto un’idea originale!”.
Lanie le
lanciò un’occhiata divertita “Chi?
Quello che ti stava
squadrando e che ti ha salutata?”.
Logico che li
avesse visti. Lanie sembrava avere un radar per
questo tipo di situazioni.
“Dovresti
andargli a parlare”, sentenziò infine.
“Perché?
Perché è vestito come me?”.
“Perché
avete entrambi sfruttato questa festa per rendervi
assolutamente irriconoscibili anziché mascherarvi da
supereroi o vestirvi sexy.
Anche se quei pantaloni di pelle ti stanno divinamente, lo ammetto. Ma
credo
sia un segno che un altro Gene Simmons sia presente proprio qui in
questo
locale. Avete gli stessi gusti musicali. E probabilmente anche lui per
qualche
motivo vuole passare inosservato. Sì, dovreste proprio
conoscervi!”, le
spiegò come se fosse un’esperta psicologa
comportamentale.
Lanie sapeva
tutto di lei. Sapeva quanto dolore avesse provato in
passato e quanto la rigida e severa detective Beckett fosse solo una
facciata.
Perciò
non perdeva occasione per spronarla ad essere più spontanea
ed a lasciarsi andare.
E sebbene anche
in quell’occasione fosse protetta da una maschera,
seppur diversa da quella di tutti i giorni, l’idea di
mettersi in gioco la
congelò sul posto.
“Santo
Dio, Kate, non te lo devi mica sposare! Cameriere!”, Lanie
prese in mano la situazione e chiamò il bel fusto vestito da
centurione romano
“Giù di sotto c’è un ragazzo
vestito come la mia amica, portagli una birra e
digli che è da parte della sua ‘versione
femminile’, lui capirà”.
Kate
avvampò sotto quegli strati di cerone bianco “Ma
non dirgli
dove siamo!”, aggiunse prima che il cameriere se ne fosse
andato.
Si alzarono e si
appostarono alla balconata, per seguire la scena
dall’alto.
Il centurione
fece tappa al bar, prese diverse ordinazioni tra cui
la birra delle ragazze.
Ci mise molto a
trovare il suo obiettivo, in mezzo a tutte quelle
persone.
Stava cercando
di conversare con una coppia di
hobbit quando videro il centurione
avvicinarsi spiegandogli all’orecchio la provenienza della
birra che gli stava
porgendo.
“Ci
siamo”, cantilenò Lanie dando una leggera gomitata
all’amica.
Lo videro
accettare la birra e sorridere, mentre si guardava
attorno.
“Ti
sta cercando”.
Kate
tornò al divanetto seguita da Lanie “Sta cercando
una facile
con cui concludere in bellezza la serata”.
“Che
brutta cosa vero? Divertirsi... bleah, non sia mai”, la prese
in giro.
“Potrebbe
essere un serial killer, Lanie!”, ribatté
immediatamente
Kate.
“Sarebbe
terribile, avresti gli stessi gusti musicali di un
assassino!”.
Kate
roteò gli occhi “Sii seria!”.
“Non
voglio essere seria, è Halloween!”.
“Va
bene, allora sii responsabile!”.
La conversazione
fu interrotta dal cameriere centurione che poggiò
sul tavolino un piccolo bicchierino e un fiorellino di plastica azzurro
“Il tuo
sosia ringrazia e ricambia offrendoti una vodka e dice di essere sicuro
che
sotto al trucco si nasconde sicuramente una ragazza bella come un
fiore”.
“Adoro
Halloween!!!”, fu la reazione immediata di Lanie, mentre
ancora Kate cercava di riprendersi.
“Posso
andare?”, domandò il cameriere.
“Aspetta”,
Kate lo richiamò “Dove lo ha preso?”,
chiese prendendo
il fiore tra le dita.
“L’ha
staccato di nascosto dal vestito di una ninfa”,
spiegò
divertito e si allontanò.
Lanie si
zittì, preoccupando molto Kate.
“Ti
sfido!”.
Kate quasi si
strozzò con la vodka “Scusa?”.
“Non
ti sfido ad andare a letto con uno sconosciuto, ma ti sfido
ad andare giù a cercarlo e a passare una bella serata con
lui. Poi ce ne
andiamo da qualche altra parte e ti lascerò in
pace”.
Lanie
incrociò le braccia soddisfatte.
“Ma
che ti salta in mente?!”, protestò Kate.
“Sei
una fifona? Mi stai dicendo questo?!”, Lanie sapeva fin
troppo bene che l’orgoglio di Beckett era il suo
più grande punto di forza ma
anche di debolezza.
“Non
sono una fifona!”.
“Ma
è quello che sembri...”.
“Va
bene, vado a parlarci, sei contenta?”, sbottò
esasperata.
“Si,
come no...”, continuò imperterrita Lanie.
Punta sul vivo,
Kate si alzò di scatto “Ho detto che
vado!”.
“Allora
vai”, alzò le spalle Lanie fingendo noncuranza.
“Sì,
vado!”, esitò ancora qualche secondo, poi la
voglia di
levarle quel sorrisetto dalla faccia fu troppa e scese al pian terreno.
Sapeva che Lanie
lo stava facendo per il suo bene ma la voglia di
strozzarla in quei momenti era fortissima.
Le fu difficile
districarsi in quella bolgia e ancor più difficile
fu trovarlo.
Si
sentì sollevata.
Forse aveva
lasciato la festa e in quel caso Lanie non le avrebbe
potuto rimproverare nulla.
Anche se...una
parte di lei voleva trovarlo. Avvertiva il bisogno
di lasciarsi andare, di permettere a qualcuno di varcare le sue difese.
Ma ogni volta
che le sentiva vacillare, la sua parte razionale
ergeva barriere ancora più alte.
Forse un giorno
avrebbe permesso a qualcuno di entrare e nemmeno
la ragione avrebbe avuto da ridire.
Lasciò
perdere i suoi pensieri e si diresse in bagno, con la scusa
di controllare che il trucco non fosse colato.
Castle si
appoggiò ad una colonna in attesa che uscisse dalla
toelette delle signore.
L’aveva
osservata per tutto il tempo restando in disparte.
Lei era scesa a
cercarlo e questo gli aveva fatto molto piacere ma
aveva anche notato una
certa titubanza
nelle sue movenze.
Non era del
tutto convinta e ne aveva ogni diritto.
Lui era pur
sempre uno sconosciuto.
Ma per farle
capire che era un brav’uomo doveva avvicinarla e
iniziare a parlarle.
Quando lei
uscì dal bagno, se lo ritrovò davanti a pochi passi di distanza.
“Hey”,
esclamò lui.
“Hey”,
gli rispose lei, sorpresa.
“Mi
stavi cercando?”, domandò Castle.
Distinguere le
voci era un’impresa, a malapena udibili, ma
leggersi le labbra aiutava.
“Forse...”,
rispose vaga, flirtando, pensando che Lanie ne sarebbe
stata fiera.
“Sei
fortunata, ti ho trovata io”, perfino sotto tutto quel trucco
Kate intravide un cipiglio spavaldo e sbruffone.
“Ci
hai messo tanto a trovarmi!”, attaccò allora lei,
solo per il
gusto di abbassargli la cresta.
“Non
avevo fretta. Sono un uomo molto paziente”, le disse
guardandola negli occhi.
Erano verdi e
bellissimi.
Kate
spostò lo sguardo dalle sue labbra agli occhi. Azzurri e
splendidi. E buoni.
Lei era troppo
razionale per basarsi unicamente su quella
sensazione, ma sembravano davvero degli occhi
‘buoni’.
Per la prima
volta nella sua vita distogliere lo sguardo fu
tremendamente difficile.
“Vuoi
bere qualcos’altro?”, le domandò Castle.
Lei restava
immobile fissandogli a turno occhi e labbra.
“Prendiamo
un tavolo?”, tentò nuovamente ma senza ottenere
risposta.
Lo latta
interiore che stava combattendo era dipinta sul volto di
Kate.
Castle
provò a stabilire un contatto “Mi dici il tuo
nome?”.
Quella domanda
sembrò scuoterla “Devo andare”, rispose
solamente,
cercando di spostarsi.
Di questo Lanie
non ne sarebbe stata affatto fiera!
Ma le sue difese
stavano iniziando a vacillare un po’ troppo e non
poteva permettersi di perdersi in quegli occhi azzurri.
Fu costretta a
voltarsi quando si sentì tirare il braccio
“Aspetta
non andare”, urlò Castle.
Era come se lui
riuscisse a vedere sotto la sua maschera.
Sentì
una versione remix di ‘Stop and stare’ partire in
quel
momento, come se anche la musica volesse incitarla a restare.
“Mi
dispiace non sei tu...devo andare”, lo guardò
un’ultima volta
prima allontanarsi nuovamente.
Ma lui non le
aveva lasciato il braccio e quando si ritrovò
nuovamente di fronte a lui non ebbe modo di dirgli nulla.
La sua bocca era
già su quella di lei e mentre con una mano le
stringeva la vita, con l’altra le afferrava saldamente il
volto.
Kate si
staccò di colpo per la sorpresa.
E fu ancora
più sorpresa di se stessa quando si avventò su di
lui
a bocca aperta, mordendogli il labbro .
Il suo
raziocinio era completamente k.o.
Sentiva solo il
bisogno di quel contatto umano che solo un bacio
sapeva dare. E lui li sapeva dare molto bene.
Girarono
leggermente su loro stessi per la foga fin quando non
vennero spintonati da un ballerino mascherato molto maldestro.
“È
stato stupendo!”.
Kate non
riuscì a sentire quelle parole ma le lesse sulle sue
labbra nere sbavate dal bacio, prima di approfittare della via di fuga
creatasi.
“Scusa
amico”, sbiascicò il giovane,
evidentemente ubriaco, reggendosi
come poteva su Castle.
Quando poi si
voltò per riprendere da dove era stato interrotto,
lei era già sparita.
Kate si
sistemò il rossetto nero sulla prima superficie
riflettente che trovò e corse da Lanie.
“Già
di ritorno? Fammi indovinare: noioso, vero? Tutti così gli
uomini...”.
Vide i quattro
bicchierini vuoti sul tavolo e capì che Lanie era
già su di giri, perciò le diede corda
“Noioso, sì”.
“Andiamocene!”,
commentò quindi “Dei colleghi medici sono ad una
festa qui vicino!”, e senza attendere risposta prese Kate
sottobraccio, senza
il minimo sospetto di quanto fosse appena accaduto.
***
nel
presente***
Con la coda
dell’occhio Beckett vide la guardia ridacchiare e voltarsi, e
decise che quello
era il momento giusto per agire.
Si
staccò da
Castle e lo colpì alla nuca con il calcio della pistola.
“È
stato
stupendo!”, esclamò Castle ancora del tutto
stordito dal bacio.
Ma nel
momento esatto in cui disse quelle parole, qualcosa scattò
nella sua mente.
E se non
fosse stata di spalle avrebbe visto che anche Beckett sembrava persa
nei
ricordi.
Si
girò
verso di lui e immediatamente Castle precisò “Il
modo in cui l’hai
steso...insomma...”.
Si stava
riferendo al bacio, invece, e lei lo sapeva bene.
Ma dovevano
pensare a Ryan ed Esposito in quel momento.
“Coraggio,
vieni”, gli disse solamente, incamminandosi verso il
magazzino.
Dietro di
lei, Castle inspirò con forza il suo profumo, che ancora
sentiva addosso, e si
toccò le labbra come a volersi accertare che quel bacio
fosse stato reale.
Reale e
molto simile ad un altro bacio, dato tanto tempo fa.
~ “Mi
sono mascherato da lui per Halloween”
“Anche
io
l’ho fatto” ~
3x22
– Amare
e morire a Los Angeles
Ivi’s
corner:
Che ho dei
seri problemi era già abbastanza chiaro, ma ora mi sa che ne
avete tutte le
prove :p
Però
non vi
lascio senza seguito questa volta.
Sto pianificando
almeno altri due missing moments basati sul ricordo della festa di
halloween
che non intaccheranno la trama generale...ma chissà, magari
le doneranno un
tocco di colore in più :p
Buona serata
a tutte :-*
Ivi87