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Autore: Mirin    16/06/2015    3 recensioni
Yoshino Yukinohana, un brillante procuratore distrettuale della misogina e razzista Tokyo. Shikaku Nara, geniale fisico teorico le cui idee sono inevitabilmente destinate a cambiare il mondo in modo radicale. Shibi Aburame, uno dei migliori avvocati della capitale nipponica, l'anima nera quanto il colore della pelle, o così pare, l'esemplificazione vivente secondo la quale nulla deve per forza rimanere com'è.
Dal capitolo quarto:
“L’avvocato Aburame non è stupido” Yoshino ribatté, cercando di trattenere un ringhio, “di certo non si farebbe infinocchiare in questo modo.”
“Yoshino, io sono un uomo” Tarou si inclinò verso di lei, gli occhi scuri, non particolarmente belli, brillavano, “ed un uomo non guarda così tutte le donne. Una bella donna la si fissa, ci si compiace della sua fisicità, ma lui era… ipnotizzato da te.”
[...]
“Lei vuole che io lo seduca” Yoshino tradusse, un cipiglio da falco inaspriva la dolcezza orientale dei suoi connotati. “Lei vuole che io giochi con lui come il gatto col topo."

[ShikakuXYoshinoXShibi - ispirato a Rinne, Your Other Self di Kiarana]
Genere: Angst, Generale, Introspettivo | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Altri, Shibi Aburame, Shikaku Nara, Yoshino Nara | Coppie: Shikamaru/Ino
Note: AU | Avvertimenti: Tematiche delicate, Triangolo | Contesto: Nessun contesto
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PRESENZA DI LINGUAGGIO SCURRILE, uomo avvisato, mezzo salvato. Più avanti la storia tratterà di tematiche delicate come scienza e fede, matrimonio, razzismo ed infedeltà, quindi mi raccomando, siate molto attenti ad affezionarvi a questi dementi.
Il background della storia è ripreso dall’AW di Rinne – Your Other Self, long!fic sia AU che canonverse scritta da Kiarana con tematica fantascientifica. Consiglio a tutti di leggerla, perché questa pazza ha in mente cose turche che tutti gli amanti di una buona fanfiction dovrebbero apprezzare. (cioè, sentimi, IO, persona inutile che il fandom non si è mai cagato nella storia, faccio shoutout alla gente: stiamo proprio messi male, gente, MALISSIMO.)
 
Alla Ky, che oggi è il suo compleanno
e questa storia me l’ha praticamente tirata fuori dalle mani.
Alla Ky, che è stronza e lo sa bene, alla Ky che è incrollabile,
alla Ky che sopporto e mi sopporta praticamente tutti i giorni,
e che mi assilla lei e la sua baby face. No, Ky.
Alla Ky, che ho traviato sulla strada dello ShibiYosh, e con la quale
ho costruito SHIBI ABURAME, il nostro negrone preferito <3
Alla Ky, che probabilmente non gradisce le dediche,
ma a me nun me ne fott manc’ u cazz (L).
Auguri, old woman.

12 Giugno 2015, ore 12.34, Tokyo, Giappone sud-occidentale.


Il ticchettio dell’acqua che cadeva sul piatto della doccia aiutò Yoshino a rilassarsi mentre si svestiva degli abiti casalinghi che aveva indosso. Mormorò qualcosa di indistinto mentre si legava i capelli in una mezza crocchia disfatta, tra i denti reggeva qualche forcina per domare le ciocche ribelli del taglio scalato che sfuggivano all’elastico.
Appena l’acqua fredda iniziò ad accarezzarle la pelle sudata, la donna non poté impedirsi di imprecare. Odiava l’estate, odiava l’impossibilità di lasciar scorrere via i brutti pensieri assieme ad una cascata di vapore caldo, ma mai come in quel momento il suo odio raggiunse un picco decisamente alto.  Aveva bisogno di sbarazzarsi delle furiose elucubrazioni e delle faticose pene d’amore, aveva un discorso da preparare.
Se Shikaku fosse stato lì, le avrebbe detto che era troppo stakanovista per i suoi gusti, che avrebbe dovuto mollare tutta quell’ansia e farsi un bel bicchiere di sakè. D’altronde, se Shikaku fosse stato lì, probabilmente Yoshino non avrebbe neanche avuto motivazioni per essere così inquieta.
Era da un mese che quel fricchettone non faceva che parlare della convention a Los Angeles che avrebbe riunito milioni di studiosi di fisica teorica, nonché le più grandi menti della scienza moderna. Persino Shikamaru, che si stava laureando nella stessa branca del padre, non riusciva più a sopportare il fanatismo religioso con cui il Nara più vecchio si lanciava nelle discussioni assieme ai suoi due migliori amici nerd. Era da un mese che Shikaku non vedeva l’ora che arrivasse quel giorno, non vedeva l’ora di farsi tredici estenuanti ore di volo per atterrare poi con la testa gonfia a causa del jet-lag e farsi riempire la zucca di migliaia di teorie strampalate da centinaia di pazzi come lui.
Eppure, ieri era quasi ad un passo dal mandare in fumo tutti i suoi progetti. Yoshino aveva visto la fiamma dell’accendino esitare troppo vicina al fragile biglietto aereo, i suoi occhi neri come l’abisso ed altrettanto vuoti erano fissi sulla luce danzante del fuoco. Tutto a causa sua.
“Niente mi lega a te, niente può farti restare. E se me ne andassi, cosa ti vieterebbe di uscire dalla mia vita e non tornarci mai più?”
Ma nonostante tutto, quel dannato fricchettone psicopatico l’aveva lasciata a svegliarsi da sola quella mattina. Alle sei e mezza si era alzato, aveva preso la valigia, ed assieme al figlio degenere si era avviato verso la stazione della metropolitana, incontro al suo sogno americano geek. A lui non importava nulla di lei, maledizione, non gli importava. Non aveva mai lottato per tenerla accanto a sé.
Vaffanculo, vecchio bastardo.

 

Una settimana prima

5 Giugno 2015, ore 8.00, Tokyo, Giappone sud-occidentale


Lo squillo perforante della sveglia decise di assordare la famiglia Nara alle otto in punto quella mattina, proprio come tutte le altre mattine. Yoshino mugugnò nel sonno, scrollandosi di dosso le lenzuola bianche; o almeno tentando, dato che il braccio con cui Shikaku la stringeva al suo petto le impedì di muoversi, mentre l’altra mano dell’uomo tirava un bello schiaffo sul pulsante di rinvio dell’orologio-sveglia.
“Oh, Shika, ti prego, ho una causa stamattina” Yoshino tentò di opporsi fiaccamente, intrecciando la gamba destra con quella del compagno che ancora dormiva. La barba sulla mascella di Shikaku le pungeva le guance, i capelli sciolti dell’uomo le carezzavano la fronte ad ogni loro respiro, il sole caldo dei primi di Giugno le si infilava tra le ciglia arruffate con arrogante veemenza.
“Dai, scemo, lasciami andare.”
Le labbra sottili del fisico si tesero in un sorriso sghembo. “Oh, questa me la segno.”
La donna sospirò, scuotendosi di dosso le proprie coltri con un gesto indolente: sempre a fare l’offeso, quello Shikaku, sempre a piccarsi per qualunque stupidaggine le uscisse di bocca. Se non avesse prestato abbastanza attenzione a quello che diceva, quel dongiovanni incallito avrebbe potuto presentarle un’istanza con tutte le frasi che le erano scappate per reclamare la legittimità di andare a letto con un’altra donna. Non che Yoshino non lo avesse evirato prima.
“Ogni volta che parlo con te, mi sembra di non essere mai uscita dal tribunale” Yoshino sbuffò, cacciandosi via dagli occhi i ciuffi ribelli che erano sfuggiti alla pettinatura con cui era andata a dormire. Shikaku, che non era stupido, decise di aprire un occhio per controllare lo stato dei nervi della propria consorte. Oh, era decisamente irritata.
“E dai, non ti stizzire, Yosh” la voce roca e graffiata del suo compagno intervenne al suo orecchio, bruciandole col proprio respiro caldo la sottile conchiglia dell’orecchio, “sono certo che andrà tutto bene, vai e stendili. Sono settimane che ti prepari, dieci minuti e li terrai in pugno. Non vedo l’ora che tu torni a casa stasera… ho un bel regalino da farti per festeggiare la vittoria.”
La bocca di Yoshino si piegò in un ghigno intriso di malizia. “Oh, ma tu vuoi deconcentrarmi…”
Le mani di Shikaku si spostarono dalla sua vita ai suoi fianchi, poi sopra le sue cosce, mentre lei veniva spinta contro il suo bacino, una risata le scappò tra i denti. “Allora, che ne dici di un po’ di coccole liberatorie per farti scaricare tutta questa brutta tensione? Non riuscirai mai a dare il tuo massimo con una tale ansia sulle spalle…”
“Per quanto sono certo entrambi di voi sentiate il bisogno fisiologico di scatenare i vostri istinti primordiali i quali purtroppo o per fortuna hanno portato alla mia nascita, che in questo momento so tu stai maledicendo, papà” Shikamaru apparve sulla porta aperta di camera loro con un’espressione esasperata, già vestito di tutto punto, “devo chiedervi di posticipare il lieto evento ad un momento più consono: ti ricordo che hai deciso di guidare la mia macchina di ritorno dal bar con quei coglioni dei tuoi amici, e che la suddetta mi è stata sequestrata dalle autorità, quindi ne abbiamo una sola. Io devo andare a lezione e mamma a lavoro, quindi, dal momento che tu sei l’unico in questa famiglia che non serve nemmeno a pulire, cerca di non dare fastidio a noi gente lavoratrice.”
“Io lavoro, Shikamaru” il Nara più vecchio rispose, punto nel vivo, “solo che sono abbastanza intelligente da essermi trovato una mansione che posso tranquillamente svolgere da casa: pensare. E poi, ti suggerisco di non dare del coglione ad Inoichi, potrei sempre decidere di spifferargli quanto rumore fate tu ed Ino quando lei scappa di casa e viene a rifugiarsi da noi, e ti giuro che non ne sarebbe affatto contento.”
Yoshino si sottrasse alla presa del proprio uomo con un sorrisetto di sbieco, avviandosi verso il bagno comune del primo piano. Le solite scene della mattina presto: quei due potevano anche avere un quoziente intellettivo superiore a quello di Isaac Newton ed Einstein insieme, ma litigavano peggio di una coppia di vecchi sposi.
“E tu, in quarantaquattro anni di vita, potresti almeno imparare a tenere la porta chiusa quando hai in camera la tua ragazza!”

“Dannato moccioso” Shikaku rimuginò, dando uno scossone alle pagine del giornale per riavviarle. Shikamaru scosse la testa, dissimulando una risata, mentre poggiava una tazza di caffè di fronte al padre. Bambino troppo cresciuto.
“Shika, sei pronto?” la voce di Yoshino li distolse dalla personale gara di occhiatacce e li fece concentrare sulla sua persona: Shikamaru si sentì arrossire di vergogna, Shikaku -come ogni volta che la vedeva andare a lavoro- avvertì la gola improvvisamente secca.
Oh, quella donna era un miraggio. I capelli neri come l’ebano forbito erano raccolti in uno chignon elegante e perfetto sulla nuca, tenuto su da un bastoncino di legno scuro ondulato, soltanto una lunga ciocca dispettosa si era ribellata all’acconciatura in cui tutte le sorelle erano costrette, ed ondeggiava fino alla curva sinuosa dei seni di Yoshino, stretti in un reggiseno push-up per accentuarne la bella forma ed abbracciati dal lino bianco della camicia. Sulle spalle strette giaceva una giacca scura, che le dava un’aria seriosa, ma il lungo spacco della gonna corta al limite del concedibile gridava a tutti quale tigre si nascondesse dentro il corpicino da bambola sulle vertiginose Manolo Blahnik.
“Non avrai intenzione di presentarti in tribunale così” Shikamaru era esterrefatto, la sua espressione del tutto sconcertata mentre Yoshino, con estrema nonchalance, prendeva il proprio caffè rigorosamente amaro. “Non è molto professionale.”
“Non è nemmeno legale, se è per questo” Shikaku aggiunse, assottigliando gli occhi sull’orlo decisamente troppo sollevato della gonna della sua compagna, “maledizione, Yoshino, è almeno di tre centimetri più corta di quanto dovrebbe essere!”
“È perfettamente legale, Shikaku, so fare il mio mestiere” la donna lo fulminò con uno sguardo malevolo, la tazza di ceramica bianca sporca del suo rossetto rosso fuoco, “e questo basti come risposta anche a te, sapientino numero due: se l’avvocato si mostra piacevole e di bell’aspetto alla giuria, ne consegue subito la simpatia. E poi ho saputo da alcune fonti che i convocati sono per il quaranta percento maschi, quindi questo outfit mi aiuterà moltissimo durante la causa. È estremamente professionale.”
Shikaku non sembrava ancora convinto della cosa, soprattutto a causa del continuo svolazzo che gli permetteva una generosa visione del sedere rotondo e perfetto di Yoshino. Non che non apprezzasse la cosa, solo che gli dava un tantinello fastidio sapere che quaranta o più uomini in sala sarebbero stati a fissare quel bel fondoschiena per due ore di fila, in sostanza perché lui si sarebbe perso lo spettacolo.
“Ma andiamo, tu sei una grande avvocatessa, Yosh, non hai mica bisogno di questi espedienti per vincere ad occhi chiusi, vero?” Shikaku la prese in giro con un sorrisetto obliquo, dondolandosi sui piedi posteriori della sedia a gambe larghe.
La donna si chinò verso di lui leggermente, dandogli ancora una volta la superba vista del taglio ripido dei seni a coppa di champagne. “Tu non hai mica bisogno della calcolatrice per trovare la radice cubica di 12340097653, eh, cervellone? Ma la usi per risparmiare tempo. Mi preme ricordarti che vado ad accusare uno stronzo bastardo che ha tentato di stuprare la mia cliente e che grazie a Dio è stato fermato prima di riuscirci: voglio farlo marcire in galera per i prossimi trent’anni, e se devo mostrare il culo ad una trentina di voi giapponesi maschilisti, sta’ pur certo che lo farò, e con piacere. Ora scusami, ma devo andare a fare il culo a strisce a qualche testa di cazzo come te. Shikamaru, in macchina, subito!”

“Sai che ci è rimasto abbastanza male, vero?” Shikamaru rise sotto i baffi, slacciandosi la cintura di sicurezza con un gesto baldanzoso. Vedere la madre trattare il padre come si meritava era una delle cose che più lo ringalluzziva al mattino, specialmente in quei giorni dove Ino era tutta presa nella sua ‘run down the East Coast’ assieme a quei pazzi scatenati dei suoi compagni americani.
“Sì, lo so, ma mi ha fatta innervosire” si difese Yoshino, stringeva il volante di pelle forte tra le mani. Detestava quando Shikaku insinuava qualcosa sulla sua competenza come procuratore, anche ben consapevole della sua assoluta giocosità. Lei era un grande avvocato, una delle punte di diamante del diritto legale giapponese, eppure sentiva sempre la necessità di staccarsi dal grande nome che le aveva permesso di affermarsi come professionista in quel campo, ma in ogni occasione non poteva fare a meno di sentirsi accomunata, marchiata, relegata ad esso.
Sembra la classica segretaria che si fa sposare dagli avvocati. Soltanto grazie al suo attuale compagno, quella tragedia era stata sventata.
“Ehi, Sheesh?” Shikamaru la sfotté con il nomignolo affettuoso spesso utilizzato da Ino, che la considerava praticamente una madre, sebbene pronunciato da lui assomigliasse più ad un ‘siisciù’  “andrà tutto bene, davvero. Quello stronzo lo tieni per le palle, vedrai che si beccherà un paio di ergastoli entro le quattro di oggi pomeriggio.”
“Tu pensa a studiare, fricchettone” lo ammonì la madre con un buffetto scherzoso dietro la nuca, “non vorrai mica che Mister È-Meccanica-Non-Fisica-Quantistica debba spiegarti di nuovo il principio di indeterminazione.”
Shikamaru finse di rabbrividire. “Sarà, ma io come Heisenberg continuo a preferire Walter White.”
La donna rise, quindi il ragazzo scese dalla macchina con un saltello, dirigendosi verso l’istituto Sarutobi con la tipica borsa a tracolla da sfigato che scatenò le risa di parecchi ragazzi nel cortile. Yoshino impazziva per quella caratteristica di suo figlio: farsi scivolare tutto addosso come se niente fosse. Era un po’ una delle cose che l’avevano fatta innamorare tanto perdutamente di Shikaku, la sua capacità di restare impassibile riguardo qualunque cosa… e il suo modo di infiammarsi quando l’argomento cadeva su di lei.
Yoshino spinse sull’acceleratore, il tempo stringeva e non voleva assolutamente presentarsi con neanche un secondo di ritardo. Scelse automaticamente la via più breve per il tribunale, che passava obbligatoriamente di fronte alla sua vecchia università, l’istituto Senju.
Il contrasto con la Sarutobi era quasi ridicolo. Le mura sporche di polvere e nero erano sostituite da un alto edificio bianco, squadrato ed assoluto, immacolato nella sua perfezione geometrica, quasi da far venire i brividi. I pigri vestiti civili erano rimpiazzati da uniformi quasi militari nella loro integerrima serietà, nessun ragazzo bighellonava per il campus o tentava di sgattaiolare fuori dalle aule durante quelle ore di pesanti lezioni. Oh, che tempi, i tempi in cui pensava di avere una vita perfetta… quanto si sbagliava!
Ma le emozioni che aveva provato in quella costruzione così rigida, in quella struttura così fortemente gerarchizzata, in quella soffocante ed ingombrante aura di intoccabile magnificenza… quelle non sarebbero mai svanite.
Il parcheggio del centro era quasi pieno, ma grazie a qualche Dio Yoshino riuscì a trovare un posticino abbastanza vicino alla propria meta. Fedele ventiquattrore alla mano, in un momento di noia diede un’occhiata veloce alle macchine posteggiate nelle piazzole: una sola attirò il suo sguardo, una Porsche bianca  dall’aria estremamente lussuosa, il tipo di cose che Shikaku avrebbe disprezzato ma che lei non poteva fare a meno di considerare attraente nella sua assoggettante compiutezza. Chissà quale riccone era venuto ad utilizzare la propria carta di credito no limits in giro per Tokyo!
Dopo dieci minuti di camminata intensa che non intaccarono minimamente la sua acconciatura, Yoshino riuscì a raggiungere la sala dove si sarebbe tenuto il processo. Era di qualche minuto in anticipo, e fortunatamente il suo avversario doveva ancora presentarsi: la puntualità avrebbe giocato a suo favore.
“Avvocato Yukinohana” la salutò la propria cliente, Ichiraku Ayame, con un sorriso caldo e riconoscente che Yoshino non poté non ricambiare. Doveva essere più giovane di lei di almeno vent’anni, aveva su per giù l’età di suo figlio: un motivo in più per sbattere in cella quel bastardo che le aveva messo le mani addosso.
“Non preoccuparti tesoro, ce li mangeremo vivi.”
La giuria prese posto con lentezza e le previsioni di Yoshino furono rispettate: la maggior parte del collegio giudicante era composta da uomini tra i quaranta ed i sessant’anni, proprio il range di pubblico che si aspettava di colpire con quella gonna vertiginosamente corta. Sì, era sempre più fiduciosa.
“Avvocato Yukinohana Yoshino, favorisca gli atti” le mise fretta il notaio, al quale Yoshino presentò le prove cumulate contro l’accusato di turno. Furono valutate idonee, così la donna si presentò al banco del giudice -maschio anch’egli, di bene in meglio- le mani giunte dietro la schiena. Non c’era nervosismo nella sua figura, né un labbro morso, né delle dita irrequiete, era la perfetta maschera della calma, proprio come le avevano insegnato i suoi maestri.
“Avvocato per l’accusa: Yukinohana Yoshino.”
Il suo avversario ed il cliente ancora tardavano.
“Si faranno vedere?” sbuffarono i testimoni ai primi banchi, facendola sorridere. Già, forse non si sarebbero nemmeno presentati e le avrebbero lasciato decidere la sentenza in contumacia. Aveva la vittoria in tasca.
Il rumore di una porta aperta le fece saltare un battito. Oh no, ci aveva quasi sperato.
“Oh, finalmente!” proruppe la famiglia dell’accusato, sfibrata, al che molti si voltarono, ma non Yoshino. Doveva mostrarsi distaccata ed assolutamente neutra a qualunque cosa accadesse nell’ambiente circostante: poteva farli a fettine anche da presenti, non era di certo un problema. Quella causa era sua, era già vinta, non doveva far altro che interrogare i testimoni l’uno dopo l’altro e mostrare le prove nell’esatta sequenza che aveva stabilito nella propria mente. Era fatta, sì, era fatta, chi diavolo poteva mai mettersi tra lei e quella sentenza?
Sentì una persona dai passi pesanti fermarsi accanto a lei, lo scricchiolio di scarpe costose si arrestò sul pavimento di marmo, sostituito dal leggerissimo ticchettio di un orologio d’epoca. Un forte odore di dopobarba maschile saturò l’aria accanto a sé.
Non è possibile pensò la donna, scioccata. Non può essere.
“Chiedo scusa per il ritardo, signor giudice” una voce maschile sottile le fece tremare le gambe in maniera visibile, ma miracolosamente nessuno fu abbastanza veloce da notarlo, “avvocato per la difesa: Aburame Shibi.”

ladie’s a gentleman! (author’s corner).
N.B: un particolare ringraziamento alla Fra (Katherine White su EFP), che nonostante non apprezzi le coppie, mi sta a sentire quando sclero sulle trame perché HAHAHAHAHA, non so scrivere mai, io. In bocca al lupo per gli esami di nuovo, lampina! (L)

OLEEEEEE! LA LADIE SCRIVE DI NUOVO UNA FICTION CHE NESSUNO NEL FANDOM CAGHERA’ DI PEZZA OLEEEEEE!
Dove sono i Sasuke e i Naruto che si fottono nel culo come tutti aspettano? Dove sono le epiche sborrate nell’ano che lasciano l’uke incinto? Dove sono i personaggi con zero IC ma che sono KAWAII e quindi adorabili? Ah, non so proprio essere popolare.
Non sento neanche il dovere di spiegare nulla di questa storia, tanto nessuno la leggerà. Zero percento di zero, quindi sciao persone che non ci siete.
Amore imperituro ai lettori (sì come no) e venerazione per i recensori! (ma non ti recensiscono le ShikaTema, ti aspetti che recensiscano le SHIBIYOSHSHIKA? tu non stai bene, cara LadieBlue!)
Kiss,
la vostra raffreddata e fluffosa Ladie.
   
 
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