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Autore: ellephedre    17/06/2015    7 recensioni
Mamoru le prime volte che vide Usagi, durante tutto l'arco della prima serie.
Non fu amore a prima vista.
Genere: Commedia, Drammatico, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Mamoru/Marzio, Usagi/Bunny | Coppie: Mamoru/Usagi
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Prima serie
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primevoltechetividi11

  

11 - In compagnia

    

All'incontro successivo, iniziai a prestare attenzione alla tua amica.

     

 I suoi sogni cominciavano a somigliare a un telefilm sentai. La star era sempre Sailor Moon, con il suo costumino sgargiante e gli attacchi di cui gridava il nome prima di poterli lanciare. Lui non era da meno: portava una cappa sulla spalle - ne sentiva il peso, gli era capitato di intravederla - e forse indossava qualcosa sulla testa. Un cappello?

Sapeva di guardare il mondo tramite una leggera patina bianca, quindi aveva una maschera sul viso. Possedeva persino un nome super-eroistico: Tuxedo Kamen.

Perché diavolo si era autodenominato 'lo smoking mascherato'?

Sui giornali gli era capitato di notare il nome di Sailor Moon, ma si era rifiutato di prestare attenzione a quegli articoli: quella storia lo stava già influenzando troppo. Per qualche recondita e folle ragione che non voleva esplorare, si stava immaginando di partecipare alle scorribande di cosplayer esaltati.

Ovviamente, non era tutta una finzione se mezza città aveva visto e sentito l'immagine di un uomo che lanciava minacce dal cielo, ma... Be', se in giro c'era qualche fenomeno sovrannaturale, lui non voleva averci niente a che fare. Era una cosa che lo inquietava. Purtroppo le sue orecchie si drizzavano da sole ogni volta che ne sentiva parlare.

Ecco la sua risposta: sognava di far parte di quelle battaglie perché l'argomento lo affascinava, nel profondo.

Mostri, battaglie, supposte super-eroine con poteri... Era come assistere a ogni logica della realtà che si deformava proprio nella sua città, proprio in un tempo in cui lui era vivo.

Forse quegli incidenti avrebbero avuto un'escalation, e presto qualcosa sarebbe cambiato nel mondo.

Era come far parte di un film di fantascienza.

Scosse la testa e ordinò alle gambe di continuare a correre. Stava lavorando troppo con la fantasia. Era un segnale di stress.

Si concentrò sul sudore che si andava formando sulla sua fronte, mentre ormai era alla fine del primo chilometro di corsa. Gli toccava passare per il centro di Juuban, ma dalla parte opposta c'era un parco, il suo obiettivo finale. Doveva solo attraversare la strada...

Un gatto. Lo notò fermo sulle strisce, mentre sopraggiungeva un camion.

No!

Saltò oltre le barriere di protezione della strada, afferrò l'animale con un braccio e balzò via, appena prima di finire sotto le ruote dell'autocarro. Atterrò sul marciapiede opposto e sentì il rumore di un clacson che lo insultava per la sua idiozia. 

Non gli importò: aveva appena compiuto un'impresa. «Stai bene?»

Il gatto tra le sue braccia si voltò a guardarlo.

Appena la vide in volto, lui decise che era una femmina. Era piccola, e tremava ancora per la paura. «Non sei ferita, vero?» Iniziò ad accarezzare il pelo morbido di lei, incredulo. Si era davvero gettato davanti a un'auto in corsa?

Un urlo gli spaccò le orecchie.

«Cosa stai facendo alla mia Luna?!»

Odango. Appena aveva un momento di pace, lei arrivava puntualmente a rovinarglielo.

«Se è la tua gatta, non dovresti mandarla in giro da sola.» Odango non si rendeva conto del pericolo che aveva corso il suo animale? «Per poco non finiva sotto un camion!»

Senza alcuna grazia, lei gli strappò la micia dalle mani, afferrandola per le zampe come fosse un sacco della spazzatura.

«Ma fatti gli affari tuoi! Luna non è come gli altri gatti!»

In effetti quella gatta non si dimenava per scappare via: subiva le angherie della sua padrona in silenzio.

Sarai abituata, poverina.

Due ragazze circondarono Odango.

«Smettila, Usagi!»

«Rei ha ragione. Lui ha salvato Luna, dovresti ringraziarlo.»

Almeno le amiche di lei avevano un minimo di coscienza.

Si trovavano sul marciapiede davanti al Crown e in quel momento Mamoru notò qualcuno che si avvicinava dall'interno del locale. Era Motoki che, attirato dalla confusione, uscì in strada. «Ehi, ma cosa... Mamoru, sei tu?»

«Ciao, Motoki» lo salutò lui.

Odango sobbalzò. «Motoki onii-san! Scusa, ma... tu conosci questo tizio?!»

Mamoru incrociò le braccia. Mi conosce meglio di te, ragazzina.

«Certo» rispose Motoki. «Frequentiamo la stessa università.»

«COOSA?!»

Mamoru cercò di non mostrarsi troppo superiore.

Odango lo puntò con un dito, incredula. «Tu saresti uno studente universitario?!?»

Ora sai la verità, calamità Odango. «È così.»

Fu sul punto di farsi sfuggire una battuta sarcastica, ma la presenza di Motoki lo frenò. Dopo l'ultimo episodio si era ripromesso di fare l'adulto: non voleva più scendere ai livelli di una ragazzina delle medie. Quantomeno, non in pubblico.

«Ci si vede, Motoki!» Riprese la propria corsa.

Mentre acquisiva velocità, udì un debole saluto. A pronunciarlo era stata una delle amiche di Odango - la ragazza coi capelli neri, quella carina - ma lui era già lontano.

Proseguì a correre, diretto verso il parco.

 

Danzava. Con le mani sfiorava dita morbide, piccole. La ragazza con cui ballava si staccava da lui al suono di una melodia. Aprendo gli occhi nel sogno gli parve di conoscere il viso di lei. Non la vedeva, ma la ricordava. La ragazza indossava il vestito della sua principessa. Era la sua principessa.

Lei volteggiò. Si muoveva con lui come fossero una cosa sola. Gli tornò vicino e, nell'ombra del suo volto, Mamoru pensò di vedere un sorriso.

D'improvviso erano soli e fuori dal salone in cui avevano danzato. Si trovavano su una terrazza.

Quello era il luogo da cui lei lo chiamava in sogno.

Finalmente anche lui si trovava su quella balconata. L'aveva raggiunta.

Provò a parlare, ma scoprì di dire cose che non capiva, che non intendeva. Invece di essere se stesso, era un'altra persona, che parlava alla principessa e provava per lei sentimenti sconosciuti, intensi.

Anche lei era diversa. Non lo chiamava con disperazione, era calma. Lo aveva accanto e si sentiva sicura.

Erano fermi, sempre più vicini...

Le mani di lei si posarono sul suo petto e il suo volto sollevò a guardarlo.

Mamoru chinò la testa.

Si svegliò col sapore di un bacio sulla bocca, il cuore che gli martellava nel petto.

  

Era davvero tutto un sogno?

Fu una domanda che lo tormentò per tutta la mattina.

Sognava da troppo tempo lo stesse cose. Alcune sensazioni erano così vivide e reali da sembrare vere, parte di una vita passata.

Impossibile.

Lui non ricordava i primi sei anni della sua esistenza, ma cosa c'entravano con quel periodo principesse, cristalli e sentimenti d'amore? Forse il suo subconscio stava rielaborando eventi a cui aveva assistito, creando una specie di favola per fargli capire meglio la storia.

Non era da escludere. Ma era ridicolo che sognasse persino di essere innamorato.

Arrossì.

Stava camminando per strada e scosse veloce la testa, prima che qualcuno lo vedesse in quello stato.

Doveva essere obiettivo: i sogni avevano sempre un'interpretazione. Erano la via attraverso cui il subconscio si esprimeva.

Se lui sognava l'amore significava che... lo desiderava? Eppure non ne aveva l'impressione. Voleva trovare una ragazza soprattutto per estinguere una curiosità personale. Voleva analizzare quel tipo di rapporto, e magari sentirsi meno solo.

La notte scorsa il vero elemento nuovo nella sua serie di sogni era stato il bacio.

A quel gesto riusciva a dare un senso: da tanto tempo voleva sperimentare contatti fisici più adulti.

Tornava sempre allo stesso problema però. Se voleva dare un bacio, prima doveva intrecciare una relazione. Non ci sarebbe mai riuscito se non si dava una mossa a trovare una ragazza con cui uscire.

Aveva deciso che preferiva una studentessa universitaria, ma al contempo si sentiva intidimito da loro, per la maggiore esperienza che avevano rispetto a lui.

Si massaggiò una tempia.

... basta.

Doveva fare qualcosa di concreto.

Alla prima ragazza carina che avesse trovato, possibilmente più giovane di lui, non avrebbe più detto di no.

Non era necessario imporsi di baciarla, ma doveva pur vivere qualche esperienza di natura romantica, no? Altrimenti non avrebbe mai fatto dei passi avanti.

Col piede pestò una testa nera.

Trasalendo, si tirò indietro. «Ehi! Tutto bene?»

Era una ragazza, sdraiata per terra. Come aveva fatto a non vederla?

«...sì» mormorò lei.

Imbarazzato, lui tirò dritto. «Meno male.» Fu lesto a muoversi per andare via: indugiare sui disastri gli dava fastidio. Meglio dimenticarli subito e passare oltre.

Si sentì prendere un braccio. Era la ragazza che aveva pestato, che d'improvviso gli bloccava la strada.

Lei lo guardò speranzosa. «Scusami, ma...»

Mamoru la riconobbe. «Tu non sei l'amica di Odango?» Quella che aveva cercato di salutarlo, e che sembrava una liceale.

«Esatto! Sono Rei Hino. Ma tu chiamami pure Rei-chan.»

Eh?

Perché tanta confidenza?

Col braccio la ragazza stringeva il suo in una morsa.

«Non ti sei fatto male, vero?»

Lui? «No, direi di no. Almeno, io no.» Lei forse sì invece, alla testa, dato che stava dicendo sciocchezze. D'altronde, era amica di Odango.

La ragazza premette il petto contro l'interno del suo gomito, senza rendersi conto di quanto gli stesse facendo sentire la forma dei seni. Era una bambina, Mamoru lo capì in quel momento. Era ingenua e troppo piena di entusiasmo.

«Ti chiedo scusa!» gli disse lei. «Per farmi perdonare vorrei offrirti una tazza di tè!»

«Per farti perdonare cosa?» Era pazza.

Lei chinò il capo, cercando di inventarsi qualcosa. «Ecco... per averti costretto a metterti un piede in testa!»

«Eh?» Non era nemmeno una scusa decente, ma il tentativo di uscire con lui era tenero, per quanto era sfacciato. Comunque, non si era appena ripromesso di non dire di no alla prima occasione disponibile? Eccone una. «Okay» rispose. «Per un tè si può anche fare.»

«Dici davvero?»

Lei si era illuminata. Non era solo carina, ma proprio bella. «Sì» ribadì Mamoru, ancora più convinto.

Gioiendo, la ragazza stritolò con più forza il suo braccio, trascinandolo con sé in una mezza giravolta. Lo fece muovere nella direzione da cui lui era arrivato. Non gli aveva nemmeno chiesto dove volesse andare, e lo stava tenendo a braccetto come se avessero già una relazione.

«Ehm...»

«Ti andrebbe un locale carino? Ne conosco giusto uno!»

Quella tizia era troppo audace. «Sì, ma... Scusa, non sai nemmeno come mi chiamo.»

«Be', me l'ha detto Usagi, no? Parla sempre di te.»

Ah, sì? «Nemmeno Odango conosce il mio nome.»

La ragazza, Rei Hino, fece spallucce. «Lo ha imparato ieri. Motoki ci ha detto un po' di te. È vero che vivi da solo?»

L'intrusione nella sua vita privata fu un po' troppo per lui. «Sì.» Staccò il braccio da lei. «Vivo per conto mio e mi chiamo Mamoru Chiba.»

Hino era soddisfatta. «Sei al primo anno della Todai, vero?»

«Già.»

«Io frequento la seconda media all'istituto T.A!»

Quindi lei aveva la stessa età di Odango. «Senti, non ti sembra sconveniente uscire con uno studente universitario?»

La ragazza - Hino - sbatté le palpebre. «Tu non hai diciassette anni?»

Tra poco lei gli avrebbe rivelato persino la sua data di nascita. «Già.» Motoki le aveva detto proprio tutto.

«Sono solo tre anni di differenza! Ma anche se tu fossi stato un po' più grande... Io vivo da sola con mio nonno. Ho un ottimo profitto scolastico e a volte mi occupo del tempio che gestiamo insieme. Sono molto matura per la mia età.»

Il fatto stesso che lei lo stesse dicendo dimostrava che voleva sembrare più grande. Era un sentimento che Mamoru riusciva a condividere.

Hino lo guardava speranzosa. «Non è vero che sembro adulta? Anche di viso.»

«... sì.» Ma lei era comunque piccola. Troppo per lui.

Alla fine, le aveva detto di sì solo per un tè. A fine appuntamento l'avrebbe scaricata.

Non disse nulla e dopo un po' il silenzio di lei lo stupì. Fino a quel momento Hino aveva parlato ininterrottamente.

Si ritrovò a guardarla e lei ricambiò l'occhiata con un sorriso quieto. «Ti va di parlarmi un po' di te?»

D'improvviso Hino aveva assunto un atteggiamento più maturo. «Ecco...» Rimase in attesa di una domanda più specifica, ma seguendo le regole di un nuovo gioco lei rimase ad attendere che fosse lui a continuare la conversazione.

«Studio per diventare medico.»

Hino annuì.

«Non ho ancora deciso in cosa specializzarmi.»

«È una scelta difficile.»

Era una considerazione intelligente, per quanto vaga. «Esatto.»

Hino aprì la bocca per dire qualcosa, poi la richiuse subito. Stava cercando di trattenere il fiume di parole; voleva impressionarlo.

Mamoru sorrise. «Tu sai già cosa vuoi diventare?»

«Per me è presto. Per ora studio con attenzione e seguo le mie passioni. A scuola ho praticato tiro con l'arco.»

«Davvero?» Era uno sport interessante.

«Sì, cioè... lo praticavo. Ho deciso di smettere dopo il primo anno. Il nonno ha bisogno di me al tempio.»

Rei Hino era una ragazza che teneva alla famiglia.

Lei tornò allegra. «Mi piace suonare il pianoforte e partecipare alle attività del mio istituto quando ho tempo. L'anno scorso ho organizzato lo stand della mia classe per il festival scolastico. Tu facevi qualcosa per i festival?»

«No. Sono un tipo solitario.»

«Oh, ma certo. È una cosa positiva.»

Ah, sì?

«Voglio dire... Ognuno ha il suo carattere, no?» Il sorriso di lei si allargò oltre misura. «Io sono una ragazza vivace, ma mi farebbe bene qualcuno di più calmo.»

L'allusione era evidente.

Mamoru cercò di sviare il discorso. «Mi stai portando in qualche posto in particolare?»

Sorpresa, lei tornò a guardare la strada. «Oh, sì! Dobbiamo girare l'angolo, andiamo!» Lo afferrò di nuovo per il braccio.

Di fronte a tanta irruenza, Mamoru non ebbe modo di protestare.

 

Una volta seduti al tavolo della caffetteria, Hino si fece di nuovo silenziosa.

Mamoru aveva l'impressione che lei stesse elaborando un'altra strategia per impressionarlo.

Volle farle una domanda. «Come mai sei amica di Odango?» Per un momento pensò di chiamare Testolina a Odango col suo nome, o Tsukino, ma non voleva essere disonesto: Usagi-Odango non gli stava simpatica.

Hino fece spallucce. «Così, capita di incontrarsi... Sai l'altra ragazza che era con noi ieri? Ami Mizuno. È un'amica comune.»

«Ho capito.»

Hino bloccò una nuova domanda sul nascere. Giocherellò con le dita sul tavolo, mordendosi un labbro.

Sì, lei stava proprio pensando a come fargli una buona impressione.

Ti comprendo, pensò Mamoru. Se fosse uscito con una ragazza che gli piaceva, sarebbe stato ugualmente nervoso. Hino era coraggiosa: non si lasciava vincere dalla paura, si era buttata. «Come si scrive il tuo nome?» le domandò.

Lei si illuminò. Gli fece vedere gli ideogrammi, disegnandoli col dito sul ripiano del tavolo.

«Bello» commentò lui. «Spirito del fuoco.»

«Infatti» arrossì lei. «Lo trovo molto poetico.»

L'imbarazzo gliela fece sembrare ancora più carina.

Era un vero peccato che lei non avesse qualche anno di più: Hino aveva uno dei volti più raffinati che gli fosse mai capitato di incontrare. I suoi occhi in particolare, per forma e colore, erano unici.

Come aspetto lei era proprio il suo tipo. Forse non come carattere, ma...

Scosse mentalmente la testa. Lei era ugualmente troppo giovane, sicuramente immatura.

Arrivarono le loro ordinazioni.

Mamoru si accinse a bere la sua tazza di caffè.

«Ah... non ci metti lo zucchero?»

Lui assaggiò il primo sorso. «No, lo prendo senza.»

«Ah, certo. Farò così anche io.»

Lei le stava davvero provando tutte per piacergli.

Hino trovò un argomento di conversazione. «E il tuo nome come si scrive?»

«Chiba ha il kanji della parola Terra.» Il loro pianeta. «Mamoru si scrive nel modo convenzionale.»

Hino rifletté. «Quindi, anche il tuo nome potrebbe avere un significato. Protettore della Terra.»

Mamoru sollevò gli occhi, sorpreso. Non aveva mai sentito nessun altro fare quell'interpretazione. «... già.»

Gli piaceva immaginarsi come una persona con un ruolo. Come medico, voleva proteggere gli altri dal male che distruggeva le loro vite. Era bello pensare che il suo fosse un nome con un destino. Non aveva cara l'idea dei suoi genitori, ma la possibilità che gli avessero dato un bel nome, con aspettative condite da affetto, lo rincuorava quando si sentiva solo.

Le guance di Hino si imporporarono di nuovo. «Lo trovo adatto a te.»

Altri complimenti. Ma non era spiacevole sentirli.

Fu per quello che, quando lei gli propose di andare in un parco, Mamoru le disse di sì.

 

Rei Hino era una ragazza tenace, focalizzata, molto diversa da lui e per questo interessante. Conosceva l'arte della discrezione, ma ne faceva un uso minimo: quando voleva qualcosa glielo diceva in faccia, senza preoccuparsi di quanto fossero evidenti le sue reali intenzioni.

Gli aveva proposto una gita in barca, nel laghetto del parco in cui l'aveva portato.

Per Mamoru era chiaro che lei stava spuntando una lista.

Gita romantica con un ragazzo che mi piace? Fatto.

La ammirava. Lui era convinto di non preoccuparsi troppo del giudizio altrui, ma alla fine stava sempre attento a non fare brutte figure. Hino correva il rischio pur di avere ciò che voleva.

Andò volentieri in barca con lei. Per premiarla, innanzitutto, ma anche per fare una nuova esperienza: non aveva mai portato una barca a remi. Scoprì che era intuitivo e divertente.

Inoltre, il luogo in cui si erano recati gli piaceva. Non avrebbe mai immaginato che un parco del genere si trovasse così vicino al loro quartiere. Dal centro del lago sembrava quasi di non essere in una grande città come Tokyo.

«Purtroppo lo demoliranno presto» gli fece sapere Hino. «Per far spazio a degli uffici.»

Oh. La stupidità dell'essere umano non conosceva limiti. «Eppure è un parco così bello, circondato da tanta natura...» Come si poteva distruggere un'oasi simile?

«La pensi anche tu così, Mamoru-san?»

«Certo. Come persone dovremmo imparare a rispettare di più l'ambiente.»

Ogni volta che lui apriva bocca, l'ammirazione di Hino cresceva, come se non avesse mai incontrato un ragazzo più intelligente.

Dopo la maniera in cui lo aveva fatto sentire Odango qualche giorno prima, quell'atteggiamento per Mamoru era la conferma di ciò che aveva sempre saputo: non era né infantile né da compatire. Aveva molte qualità, che una ragazza normale notava subito.

Hino sorrise. Stava diventando più sciolta in sua compagnia.

«Senti, Mamoru-san... Mi trovo davvero bene con te.»

Lei era proprio diretta.

«Ti andrebbe se...»

Una fitta lo colpì alla testa. Si tenne la fronte con le mani, schiacciando le tempie.

Ma cosa-?

«Mamoru-san, che ti succede?»

Il cervello gli stava scoppiando!

Sentì il verso di uno stormo di uccelli. Fece appena in tempo ad alzare gli occhi: un intero branco si avventò su di loro, con violenza.

Un rapace schizzò dritto tra i loro corpi e Mamoru si avventò su Hino, per provare a schermarla. Il suo balzo fece vacillare la barca. Nel tentativo di riprendere l'equilibrio, lui finì per appoggiare tutto il peso su un lato. L'imbarcazione si ribaltò.

Idiota!

Lo choc del contatto con l'acqua gelida lo guarì in un istante. Hino aveva urlato, dov'era finita?

Sopra di loro, ancora immerso, Mamoru vide l'ombra della barca rovesciata. Cercò Hino con le mani, a vuoto, poi notò la figura di lei che risaliva rapida in superficie.

Riemerse a sua volta. «Ehi!» Respirò a pieni polmoni.

«Mamoru-san, stai bene?!»

Certo, anche se l'acqua era ghiacciata. «Dobbiamo tornare verso la riva. Riesci a nuotare fino a lì?»

Hino annuì, coraggiosa e nel pieno controllo di se stessa.

Per precauzione lui le rimase vicino. Fino alla fine - combattendo contro la temperatura del lago - Hino non rallentò il ritmo delle bracciate.

Stremati, arrivarono fino al piccolo molo.

Lui spinse Hino sulle assi di legno e solo quando lei fu completamente fuori dall'acqua si tirò su.

«Stai bene?» le domandò.

«Io sì. Tu, Mamoru-san?»

«Certo, niente di grave.» Tremava per il freddo, ma soprattutto si vergognava. Era stato lui a farli cadere nel lago.

Perché quelli uccelli li avevano attaccati?

Hino guardava verso il parco, forse cercando lo stormo che si era accanito su di loro. D'improvviso, si voltò verso di lui. «Mamoru-san, tu rimani qui! Io torno subito!»

Cosa?

Non riuscì a fermarla: con incredibile energia lei si rimise in piedi e corse via.

Lui si tirò su a sedere, appena in tempo per sentire il mal di testa che tornava. Per fortuna non era più in acqua, altrimenti...

Non era la prima volta che aveva emicranie di quel tipo.

L'ultima fitta di dolore fu talmente forte da cancellargli ogni pensiero.

Sentì la testa che sbatteva contro il legno del molo, poi più nulla.

 

Quando si risvegliò, era sdraiato sull'erba, in mezzo a una radura di alberi.

Ma cosa-?

Aveva ancora gli abiti bagnati.

Giusto, era caduto in acqua.

Ma come si era trascinato fino a lì?

E Hino? Dov'era?

Racimolando forza, Mamoru si rimise in piedi e camminò.

Quegli episodi di emicrania stavano diventando un problema. Aveva cercati di ignorarli, ma se non si risolvevano in fretta, avrebbe dovuto consultare un medico. Forse si trattava di un problema grave, che stava sottovalutando.

Non sono malato, vero?

Si rifiutò di pensarlo. Era giovane e in salute. Magari soffriva di piccoli episodi di sonnambulismo misti a narcolessia.

Per ora l'unico suo problema erano i vestiti fradici. «Guarda come sono ridotto...»

«Mamoru-san!»

Oh, Hino. Fu un sollievo vedere che lei stava bene. Ma perché era con Odango?

«Sei sicuro di riuscire a stare in piedi?»

La preoccupazione di lei era gentile. «Certo, tutto a posto.» La raggiunse e provò con nonchalance a ignorare la testa bionda accanto a lui: non era in vena di discussioni.

Invece di parlargli, Hino iniziò a confabulare proprio con Odango. Ma quando si erano incontrate? E perché i vestiti di lei non erano fradici come i suoi?

Non riuscì a sentire il discorso sottovoce, ma Odango lo rese chiaro quando iniziò a urlare. «Un tipo come questo non potrebbe mai essere Tuxedo Kamen!»

Il nome risuonò nella sua mente come uno sparo. «Chi è questo Tuxedo Kamen?» Finse indifferenza, ma tutto il suo cervello era entrato in allerta.

«Nessuno» ridacchiò Hino. «Non ti preoccupare!»

Invece si preoccupava. Il suo sogno si era infiltrato nella realtà? O viceversa.

Scosse la testa, cercando di schiarirla.

Era vera la seconda opzione, per forza: aveva sentito il nome Tuxedo Kamen dove lo avevano sentito Hino e Odango.

Giusto?

Doveva chiedere a Hino altre informazioni, appena fossero stati di nuovo soli.

«Ah, Usagi-san!»

Un ragazzo era apparso da dietro un'aiuola. Aveva chiamato Odango col suo nome di battesimo.

«Umino...» bofonchiò lei. Era imbarazzata, una cosa strana per un essere senza pudore come lei.

Il ragazzino occhialuto raggiunse il loro gruppo. «Ti ho cercata dappertutto! Dài, continuiamo il nostro appuntamento!»

Ah. Quindi anche Usagi-Odango aveva interessi amorosi.

«Umino, non inventarti le cose...»

«Ma che dici, Usagi-san? Sei stata tu a invitarmi, no?»

Lei si ritrovò scoperta, senza la possibilità di ritrattare.

«Quindi è così che stanno le cose» la prese in giro Mamoru.

Odango digrignò i denti, cercando di nascondersi nelle spalle. «N-no, non è come pensate!»

Ma certo che sì. Non doveva vergognarsi di avere un fidanzatino adatto a lei.

Vederla rossa come un peperone era uno spettacolo, quasi sufficiente a fargli dimenticare i suoi problemi.

«Non è come pensate!» urlò Odango.

Mamoru evitò a stento di coprirsi le orecchie.

«Basta gridare!» la rimproverò perentoria Hino. «A nessuno importa con chi vuoi uscire!»

«Non sto uscendo con lui! Umino, ti sei confuso!»

«Ma Usagi-san...» Il ragazzino stava per mettersi a piangere.

Hino girò intorno alla nuova coppia, prendendo Mamoru a braccetto. «Andiamo via, Mamoru-san. Hai bisogno di asciugarti.»

«Ehi!» L'attenzione di Odango fu tutta per loro. «Dove andate?!»

«Dove vogliamo noi!»

Mamoru non vide il sorriso smagliante di Hino, ma sentì tutta la spavalderia di lei. Non lo disturbò giocare a quel gioco: era normale che Hino fosse fiera di accompagnarsi a un ragazzo del suo calibro, a confronto del ragazzino delle medie con cui stava la sua amica.

«Ci si vede!» Hino sbeffeggiò Odango con un saluto della mano.

Mentre ormai se ne stavano andando, Odango non rimase in silenzio. «Uscire con lui è una cosa immorale!»

Mamoru sobbalzò: Odango aveva la capacità di colpire esattamente nel punto giusto.

Hino sbuffò. «Cosa ne sa lei? È una tale bambina! Scommetto che troverebbe immorale persino andare oltre la stretta di mano! Non sa cosa significa essere grandi!»

Mamoru sentì il bisogno di ricordare a Hino che nemmeno loro dovevano scoprirlo - almeno, non insieme. Districò il braccio dalla sua stretta. La delusione di lei fu talmente forte da farlo sentire in colpa.

«Ascoltami...»

«Non dire nulla. Corro troppo, vero? Ma mi piacerebbe rivederti. Mi piacerebbe davvero tanto.»

Mamoru non seppe come rispondere.

«Pensaci, okay? Intanto andiamo a trovare un posto dove asciugarti.»

Già. «Ma tu? Come mai sei asciutta?»

Hino sobbalzò. «Ecco... ho incontrato una compagna di classe! Aveva un uniforme in più!»

Ah, sì?

«Sai, era appena andata in palestra, per questo non la indossava. È stata così gentile da prestarmi i suoi vestiti.»

Che coincidenza. Comunque, era l'unica spiegazione plausibile.

Lui ora doveva tornare a casa. «Per asciugarmi farei meglio ad andare...»

«Oh, ma casa tua sarà lontana! Ti ammalerai! No, lascia fare a me! Conosco benissimo questa zona!»

Ancora una volta, Mamoru non seppe difendersi dall'entusiasmo di lei.

Hino lo trascinò in un negozio di abiti. Fu tanto audace da proporre persino di regalargli una nuova camicia. «In fondo, siamo caduti in acqua perché mi hai difesa...»

Lui alzò una mano, proteggendosi dallo sguardo sognante di lei. «Mi pago i vestiti da solo.»

«Come vuoi.»

Durante la conversazione ne approfittò per domandarle di Tuxedo Kamen.

Hino fece spallucce. «Sai gli scontri di cui si sente parlare in città? Alle guerriere Sailor si è aggiunto un ragazzo mascherato che si fa chiamare Tuxedo Kamen. Dicevo a Usagi che tu gli somigli.»

Lui rimase a riflettere, poi si accorse dell'attenzione con cui lei stava aspettando una sua risposta.

«Impossibile» sentenziò.

«È solo che mi sembra un tipo tanto affascinante...»

Stava dicendo che lo era anche lui? «Tu mi lodi troppo.»

«Dici?» Hino gli regalò un sorriso radioso. Non aveva alcuna vergogna a mostrare il suo interesse per lui.

«Dico solo la verità» aggiunse lei. «Comunque, se ti danno fastidio, non parlerò più di queste sciocchezze.»

Già. Sailor Moon, Tuxedo Kamen... Solo assurdità. Lui aveva letto o sentito nominare il nome del nuovo super-eroe mascherato da qualche parte, magari alla radio, o in un giornale. Poi aveva immaginato di essersi inventato da solo l'appellativo e le circostanze.

Stava impazzendo. Doveva ritrovare il contatto con la realtà.

Hino guardava per terra, appoggiata a uno stand di vestiti. «Ti andrebbe di uscire un'altra volta con me?»

«Sì» rispose lui, senza pensare.

La felicità di lei gli confermò di aver fatto la scelta giusta.

Aveva bisogno di interazione umana. Necessitava di pensare a qualcosa, a qualcuno, che non fossero le solite follie partorite dal suo cervello. La solitudine gli faceva male.

«Mamoru-san?»

Si concentrò. «Scusa, ero distratto. Vuoi bere un altro tè, dopo, per riscaldarci dopo il bagno?»

La gioia di Hino fu immensa.


 

11 - In compagnia - FINE

   


   

NdA: E così Mamoru ha fatto la conoscenza di Rei. Che ne pensate? :)

 

ellephedre


   
 
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