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Autore: Eulalia_writer    17/06/2015    1 recensioni
Di recente ho letto un'intervista fatta a Mika nella quale lui parlava dell'incidente della sorella e ne è conseguita questa storia.
Dal testo: "Fino ad allora non mi era neanche passata per la testa l'idea che potesse morire: non poteva succedere."
Genere: Introspettivo, Malinconico, Slice of life | Stato: in corso
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Paloma Penniman, Un po' tutti
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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NDA: Durante la narrazione ci sono delle parti scritte con il carattere in corsivo: il tempo è volutamente al presente, non è un errore. Ci tenevo solo a precisarlo.


Non mi resi neanche conto di stare dormendo, perchè lo scenario era talmente realistico che credetti di essere sveglio: una spiaggia greca, Andy che prende il sole, il mare paradisiaco...
Poi tutto sparì in un secondo mentre due mani, afferrato il mio corpo addormentato, presero a scuoterlo violentemente. Aprii gli occhi per trovare il mio compagno a cavalcioni su di me mentre chiamava il mio nome e cercava di riportarmi sulla Terra. Appena si rese conto di essere riuscito ad ottenere la mia attenzione smise di scollarmi e mi lanciò le braccia al collo, prima di sussurrarmi all'orecchio che c'era qualcuno alla porta che chiedeva di me.
In quel preciso istante una strana sensazione di inquietudine mista ad irrequietezza cominciò a pervadermi la mente e dopo aver spintonato via Andreas corsi verso l'entrata senza neanche preoccuparmi di sostituire il mio pigiama -se così si può definire la divisa composta da boxer e t-shirt che indossavo- con qualcosa di più presentabile. La porta era spalancata per mostrarmi una donna che riconobbi essere una cara amica di mia sorella Paloma: aveva l'aria stravolta, gli occhi arrossati e si reggeva alla maniglia come se fosse l'unica cosa che le avrebbe impedito di cadere a terra.
Il panico prese a scorrermi sottopelle mentre cercavo di non perdermi neanche una parola delle tante che quella sagoma mi stava dicendo, mentre le lacrime mi portavano a vederla sempre più sfocata.

Torno in camera di corsa e afferro al volo il primo paio di pantaloni che trovo; Andy cerca di fermarmi, ma sfuggo al suo tentativo di placcaggio e, superata anche la donna ancora immobile sulla soglia, mi precipito dabbasso e salgo in macchina, mettendomi in strada.

Cercai la via per dirigermi al nuovo appartamento di Paloma e solo dopo vari tentativi a vuoto, dettati probabilmente dal caos nella mia testa, arrivai davanti ad un palazzo bianco in stile barocco, al quale facevano la guardia un'ambulanza e un'auto medica a sirene spiegate. Sentii dei rumori provenire dal retro del giardino e feci per dirigermi là, ma un poliziotto mi sbarrò la strada e mi disse di allontanarmi. «I AM HER BROTHER!» abbaiai in faccia all'uomo, il quale si fece subito da parte.
Mi trovai davanti alla terrificante scena di mia sorella che veniva adagiata su una barella, con gli spuntoni della cancellata ancora nel torace.
Delle altre mie sorelle non c'era traccia, e neanche di Fortuné; mi lasciarono salire sull'ambulanza e ci scortarono all'ospedale. Rimasi in sala d'attesa svariate ore, finchè un medico mi si avvicinò e mi suggerì di andare a casa di Paloma per preparare una borsa che avrebbe dovuto contenere ciò di cui avrebe avuto bisogno se fosse andato bene l'intervento.

Se fosse andato bene...

Fino ad allora non mi era neanche passata per la testa l'idea che sarebbe potuta morire: non poteva succedere. La determinazione che mi aveva portato ad aspettare tutte quelle ore in una stanza che puzzava di malattie e disinfettante venne meno e sentii il bisogno di scappare da quel posto. Avendo lasciato la macchina a casa di mia sorella, fui costretto a prendere un taxi per farmi portare fin lì; quando ci arrivai era ormai sorto il sole e il caos della tragedia successa ore prima era svanito. Scesi dall'auto nera e dopo aver pagato frettolosamente l'autista recuperai dalla tasca le chiavi del mio bolide rosso e mi ci accomodai. Mettendo in moto lanciai un'ultima occhiata alle finestre dell'appartamento al terzo piano e mi resi conto che erano illuminate. Abituato a vivere con Andy che si infuriava ogni volta che mi dimenticavo di spegnere la luce, lasciai che le gambe mi portassero su, fino all'appartamento di Paloma.

La porta è chiusa, ma non a chiave, così posso entrare: la casa che mi accoglie è ancora addobbata a festa e dappertutto vedo vasi pieni di quei fiori bianchi che avevo fatto recapitare a mia sorella per la serata; per non perdere tempo cerco subito l'interruttore e lo trovo vicino ad una finestra: mi affaccio e mi rendo conto in un istante che è da lì che Paloma è caduta. Una serie di emozioni confuse invade la mia mente e mi ritrovo terrorizzato a pensare che lei potrebbe non farcela. Ritorno spedito verso la porta e ovunque io guardi vedo quegli stupidi fiori bianchi che mi fissano e mi ricordano che se io fossi venuto di persona, a quest'ora magari non sarebbe in pericolo di vita.

Pericolo di vita...

Afferro un vaso e lo lancio contro al muro: si schianta e centinaia di piccole schegge cadono a terra. Mi guardo intorno e capisco di dover andar via di lì.
Scendo le scale di corsa -scappo. Salgo in macchina e torno a casa mia.

Il mio appartamento mi attendeva vuoto e per un attimo mi chiesi dove fosse Andy, poi lasciai che le mie mani raccattassero quanti più vestiti riuscivano e, preparata alla bell'e meglio la valigia, sbattei la porta e scesi le scale piangendo. Chiamai un altro taxi e mi feci scortare all'aeroporto. Aspettando che annunciassero il primo volo per Montreàl scrissi un messaggio a Andy dove gli chiedevo di perdonarmi e gli dicevo che non sarei tornato più, poi spensi il cellulare. Nonostante cercassi di starmene in disparte, erano molte le persone che mi si avvicinavano e ringraziai l'altoparlante che chiamò il mio volo.Nascosto in prima classe, lasciai che la mancanza di sonno avesse il sopravvento e mi addormentai.
Una hostess mi strappò dall'incubo nel quale stavo sprofondando e con un forte accento francese mi annunciò che era ora che io scendessi. Recuperai la valigia e appena riaccesi lo smartphone, questo mi recapitò una decina di messaggi dei miei familiari ai quali probabilmente Andy aveva detto tutto, ma in quel momento volevo solamente starmene per conto mio: buttai il telefono nella borsa e mi diressi all'hotel. 


 

  
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