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Autore: AlexCrow    18/06/2015    0 recensioni
"Quando finirà tutto questo? Quando la smetteró di innamorarmi?"
Genere: Fluff, Romantico, Slice of life | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Un po' tutti
Note: AU, Missing Moments | Avvertimenti: nessuno
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"But so what if I drank too much this ain't love, it's just a firefight and even if i'ts not enough I'll say it once I swear I never lied but this is the last time but this is the last time but this is the last time but this is the last time you'll ever bring me down girl you know I'm drownin and I keep goin down but I'll swear that I'm not, I'm not, I'm not" Drownin~ The eden project >> Guardo. Guardo sempre, io, e non mi stanco nemmeno. Non so da cosa sia nata questa mia passione per l'osservare, forse dalla voglia di imparare a conoscere, oppure dalla noia che mi prende quando sono fuori. Però, questo è un vantaggio. Ora conosco le persone, le ho analizzate nei minimi dettagli, ho visto e memorizzato cosa fanno quando sono arrabbiate, nervose, o semplicemente rilassate. Ora le conosco e so come comportarmi con loro. Suona parecchio inquietante, ma è così. Quando l'ho detto alla mia migliore amica mi ha detto : " Fa molto Lie to me". Io ho annuito, ma in realtà non ho la minima idea di cosa sia questo Lie to me. Ma mi sono informata, è una serie televisiva. "Signorina...Lee?" Alzo lo sguardo verso Brandon, il tizio che dirige i provini (non so come si chiamino giuro). "Sì" mi alzo e lo seguo, sul palco. I giudici sono sparsi nel teatro, uno solo è in prima fila, mentre gli altri sono più indietro nella platea, oppure al piano superiore. Sono quattro uomini e una donna. Quello più vecchio, in prima fila, probabilmente il direttore di tutto, si rivolge gentilmente a me. "Lei cosa interpreta?" gli sguardi curiosi di tutti sono puntati su di me, sul mio corpo, sul mio viso. Su di me, l'unica parte illuminata del palco. "Ofelia, signore. Amleto, William Shakespeare" rispondo sicura. Ho amato quest'opera dalla prima volta che l'ho letta, e sono sicura che non me ne stancherò mai. "Bene. Prego, cominci pure quando si sente pronta." Prendo due respiri profondi e comincio a recitare. "Mi prese per un polso e mi stringeva. Poi si scostò di quant'è lungo il braccio e con l'altra mano sulla fronte, così, si mette a fissarmi in faccia, che pareva volesse farmi il ritratto. E non smetteva più." prendo una piccola pausa per poi continuare. "Alt, fermi un attimo. Signorina..." mi interrompe la donna. "Amaya, signora" "Ecco. Signorina Amaya, lei sa un monologo di Amleto?" "Ovviamente signora" "Sarebbe in grado di interpretare quello?" Questa domanda mi coglie alla sprovvista. non ho mai interpretato uomini, e da quel che ne sapevo, bisogna recitare la parte di un personaggio del tuo stesso sesso. "C-credo di sì" "Avanti allora, faccia quello" Annuisco e cerco di ricordarmi la parte. "Addio, addio a voi. Ora sono solo. Oh il furfante, il bifolco che sono! Non è mostruoso" chiudo gli occhi avvicinando le mani al petto, provando a sentirmi il personaggio " che quell'attore lì solo fingendo, sognando la sua passione possa forzare l'anima a un'immagine tanto da averne il viso tutto scolorato, le lacrime agli occhi, la pazzia nell'aspetto, la voce rotta, e ogni funzione tesa a dare forma a un'idea? E tutto ciò per niente! Per Ecuba! Ma chi è Ecuba per lui, o lui per Ecuba da piangere per lei? E che farebbe se avesse il motivo e lo sprone della sofferenza che ho io? Inonderebbe la scena di lacrime, spaccherebbe gli orecchi a tutti con parole tremende, farebbe impazzire i colpevoli, tremare gli innocenti, sbalordirebbe chi non sa niente, davvero, sconvolgerebbe le stesse funzioni degli occhi e degli orecchi. Ed io, canaglia fatta di pietre e fango, sto qui a perdere tempo come un qualsiasi grullo trasognato e non penso alla mia causa, e non so dire niente, niente, nemmeno per un re che ebbe distrutti da un diavolo gli averi e la vita preziosa." cerco fiato, quasi con le lacrime agli occhi. "Dunque sono un vile? Chi mi chiama furfante? Chi mi spacca il cranio? Chi mi strappa la barba e me la butta in faccia, chi mi tira il naso e mi sbugiarda, e mi caccia l'accusa in gola fino ai polmoni? Chi mi fa questo? Ah sangue di Dio!" I giudici, incantati, mi fissano quasi fossi un miraggio. Continuo imperterrita, convinta a terminare. "Ah, ch'io mi prenderei tutto da tutti. Perché così è: che ho il fegato d'una colomba, senza il fiele che rende amaro il torto: se no, di quanto avrei dovuto già ingozzar gli avvoltoi della regione con la carogna di questo ribaldo, sanguinario ed immondo delinquente, crudele, traditore, lussurioso, ignobile, villano!... O mia vendetta! Che asino son io!... Che bel coraggio!... Figlio d'un caro padre assassinato, che cielo e inferno chiamano a vendetta sono qui a gravarmi il cuore con le chiacchiere, e bestemmiare come una sgualdrina o un lavapiatti!... Infamia! Puàh! Vergogna! Svegliati mio cervello! Ho inteso che talora criminali, stando a teatro, tanto impressionati siano rimasti dalla realtà a bella posta messa sulla scena, da spiattellar là stesso i loro crimini. Perché il delitto, se pur non ha lingua, ha una sua voce, che sa di miracolo. Devo far recitar da questi attori qualcosa che, in presenza di mio zio, richiami l'assassinio di mio padre. Starò poi a spiar la sua reazione. Lo voglio scandagliare fino in fondo. Se appena accenna a un minimo sussulto, so quel che fare. Il fantasma che ho visto potrebb'essere un diavolo; e il diavolo ha il potere di comparire agli uomini in forme seducenti e ingannatorie; e chissà che non voglia profittare della mia debolezza e del mio stato di malinconia - due umori su cui ha gran potere - per ingannarmi e indurmi a dannazione. Voglio avere più positive prove. E il dramma recitato sarà il mezzo per catturar la coscienza del re." Ho finito, finalmente. Rimango in silenzio per un po', in attesa del giudizio finale. "Straordinario..." La donna, gli occhi e la bocca spalancati mi osserva come un Dio in terra. Faccio un sorriso caloroso, felice che sia andato tutto bene. "Puoi andare tesoro, ti faremo sapere." Esco dal Chinese Theatre, un sorriso stampato sulle labbra e un sacco di orgoglio. Chantal mi aspetta davanti all'ingresso, appoggiata alla sua Harley Davidson nera del '98, i capelli rossi fino alle spalle e le lentiggini su tutto il viso. A volte quella ragazza è troppo pensierosa. È estremamente triste che una ragazza bella come lei debba farsi tanti problemi per come è fatta. È perfetta così. "Allora? Com'è andata? " chiede appena si sveglia dalla trance. "Hanno detto: straordinario " urlo saltandole addosso. Sono troppo contenta, potrebbero anche prendermi per il ruolo. "Bene! Sono contenta per te" sorride timidamente e mi porge il casco "Mettitelo che ti porto a casa" Infilo il casco nero in testa e salgo in sella, dietro di lei. L'aria che scorre tra i capelli mi fa sentire ancora più libera. Amo andare in moto, passare accanto alle macchine ferme nel traffico, alle persone troppo occupate a litigare, ai parchi pieni di bambini che giocano sullo scivolo, ai vecchietti che giocano a carte. È bello vedere quanto la gente sia più felice d'estate, come se il sole portasse qualcosa di più nella vita di tutti. È bello vedere che finalmente Chantal si scopra, si metta magliette a maniche corte e colorate. "Eccoci. Io vado ci vediamo domani" mi invia un bacio all'aria e corre via. Io continuo a salutarla con la mano fino a che rimane nel moo campo visivo. Quando scompare lascio scendere il braccio lungo il fianco e il mio sorriso scompare piano piano. Sono stata innamorata di lei, tempo fa, circa sei o sette mesi fa. Però ho deciso di non dirglielo per non rovinare tutto, e ora sono ancora più convinta di aver fatto la cosa giusta. Sapevo, so, che per noi non ci sarebbe stato futuro. Di tutti quelli di cui mi sono innamorata, a nessuno l'ho detto. Magari con alcuni ho sbagliato, ma va bene così, sto bene comunque. "È tardi" mi richiama, mia madre vedendomi togliere le scarpe. "Lo so" "Dove sei stata? " è troppo curiosa. Deve sempre interessarsi a cose che non la riguardano. Non si interessa mai di quello che mi riguarda, perché dovrebbe farlo quando le fa più comodo? "Via" liquido velocemente la domanda. "Ripeto la domanda: dove sei stata?" "Via! " le urlo, prima di salire le scale e sbattere la porta dietro di me. Non voglio dirle di essere stata a teatro a fare un provino. Perché non importa se otterrò la parte e avró una possibilità di avere successo, la recitazione sarà sempre inutile. Non sarà mai orgogliosa di me. Vedo la macchina uscire dal cancello, e sapendo che è andata al lavoro, scendo per preparare la cena. Faccio velocemente due toast: uno lo metto in bocca, l'altro lo metto su un piatto e con le posate e un bicchiere poggio tutto su un vassoio. Risalgo le scale e vado verso la porta in fondo al corridoio. Metto il vassoio di fronte alla porta e mi siedo, come sempre, con le spalle al muro. "Ehi, Aki." aspetto un po', sperando in un saluto, un sussurro, qualcosa. Ma non succede mai, mi sono arresa. "Ti ho portato la cena" Silenzio. Sospiro rumorosamente. "Sai quando ti ho detto che mi piaceva quel ragazzo, William, bhe, credo che non mi piaccia più così tanto. Bho, credo che sia gay, o qualcosa del genere, quindi non mi interessa più. Forse dovrei smetterla di innamorarmi a caso, e di rompere alle altre persone. Io... Forse dovrei sfogarmi, o non so... Io... Scusa. " Mi alzo faticosamente e torno in camera mia. Sono già stufa. Stufa. Stufa. Spazio autrice: Mi scuso per la lunghezza del capitolo. Avevo intenzione di fare 2000 parole almeno ma ne ho fatte poche più di 1600. Del resto spero che continuerete a seguire questa storia con me. Cercherò di aggiornare quando posso. Vi voglio bene ** Alex
   
 
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