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Autore: Heyale    19/06/2015    3 recensioni
Sasuke era scappato dal suo villaggio anni prima, e come lui e suo fratello, anche sua figlia ha dovuto rendersi conto di non vivere nel mondo che credeva. Sarada Uchiha vede nella fuga la sua unica via d'uscita quando nessuno risponde più alle sue domande.
Shikadai Nara pensa che la sua migliore amica gli confidi sempre tutto.
Inojin Yamanaka è convinto che la ragazza che gli piace non possa scappare dalla sua vita.
Boruto Uzumaki alla fine tiene alla sua compagna di team, e non vuole che corra pericoli.
Ma si sa, ad un Uchiha, di questo importa ben poco.
  
Dal testo:
Fu questione di un attimo, e lo Sharingan eterno apparve al centro dei suoi occhi. I tavoli erano completamente ribaltati, a terra giacevano i vassoi e i cibi ormai irrecuperabili, Sasuke e Sakura fissavano allibiti il corpo di Sarada tremare tra le braccia di Shikadai.
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Sarada incontrerà nuovi compagni, a loro volta nuova generazione di vecchi compagni di Sasuke. Affronterà nuovi pericoli, tenteranno di riportarla a casa, dovrà fronteggiare tanti nemici. Lei ha il suo obbiettivo, ma basterà per farle dimenticare cos'ha lasciato al Villaggio della Foglia?
Genere: Avventura, Generale, Mistero | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Boruto Uzumaki, Nuovo Personaggio, Sarada Uchiha, Shikadai Nara, Un po' tutti
Note: What if? | Avvertimenti: Spoiler! | Contesto: Dopo la serie
Capitoli:
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Sarada
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S  like Sarada, Shikadai, Sharingan and Scape
Come un raggio che ha il coraggio di lasciarsi il sole dietro






Sarada Uchiha odiava essere rimproverata in pubblico, essere vista come un'Uchiha non abbastanza degna di tale nome, non riuscire a sviluppare la tecnica dei Mille Falchi, non controllare lo Sharingan, non ottenere il massimo dei voti nei test, dover lucidare gli occhiali e il coprifronte, le battute di Boruto Uzumaki e gli abbracci di Yutaka Inuzuka.
Al contrario, amava allenarsi con suo padre Sasuke, essere considerata la prima della classe, stare in compagnia di Inojin Yamanaka, camminare per le strade di Konoha con i suoi genitori, osservare la foto di suo zio Itachi - sebbene ne conoscesse solo il nome e non la storia -, essere aiutata da Mirai Sarutobi e poter passare delle ore insieme al suo migliore amico Shikadai Nara.
Quella giornata, di certo, non era iniziata col piede giusto.
Tanto per cominciare, Sasuke era andato via di casa prima di salutarla, lasciandola con sua mamma Sakura, e nel tragitto verso l'accademia era stata costretta a fare la strada con Boruto, che aveva deciso di irritarla sul serio, facendo battute su battute in merito alla cattiva generazione passata degli Uchiha.
Quando era entrata in classe, Shikadai le aveva fatto un cenno e dal grugnito di risposta della ragazza aveva capito che avrebbe sicuramente dovuto parlarle finita la scuola, sarebbe stato addirittura carino da parte sua se l'avesse invitata da lui come al solito, ma non era sicuro che lei fosse stata dell'umore adatto. Sapeva anche che quella mattina era dedicata al lavoro di squadra, ed essendo lui con Inojin e Chouchou -mantenendo così la tradizionale forma InoShikaChou-, Sarada sarebbe dovuta restare da sola con i suoi compagni Boruto e Mitsuki, e non era di certo in vena per restare in compagnia del biondo.
Secondo il parere del giovane Nara, Sarada non era nemmeno in piena forma: non aveva il solito sorrisetto stampato sulla faccia e la voglia di far del male fisico a Boruto - mania presa sia dal padre che dalla madre -, il che era decisamente strano.
Per questo motivo il ragazzo rimase a guardare il combattimento tra la sua migliore amica e quella testa calda di Bolt, preoccupandosi un po' per entrambi. Con lui c'era il suo team e Himawari, decisamente spaventata per le sorti del fratello data l'avversaria nettamente più astuta e attenta negli scontri corpo a corpo.
Il Sensei, Kakashi, guardò prima l'Uchiha e poi l'Uzumaki, dando il via alzando il braccio come se fosse una bandiera. Come da copione, Boruto si fiondò su Sarada evocando una sua copia, ma la ragazza conosceva fin troppo bene quello schema e ci mise assai poco a schivare l'attacco, spostandosi di qualche metro a sinistra.
"Attacca tu, per una volta!" gridò il biondo, assottigliando gli occhi azzurri in segno di sfida.
"E' stupido" sibilò la mora, riducendo gli occhi neri ad una fessura. "Solo un idiota attacca per primo."
"Sarà," rispose l'altro, evocando di nuovo una copia. "Ma non tutti gli attacchi li puoi prevedere, Sarada."
L'Uchiha restò interdetta, ma giusto il tempo di realizzare la situazione che un Rasengan la colpì alla schiena, catapultandola in avanti senza un solo secondo per pensare a come difendersi. Era chiaro, pensò lei, le era sfuggita una copia e quello era il risultato, si era fatta fregare. Ma, presa dall'umiliazione e dalla rabbia, una volta essersi rialzata con un attimo di esitazione, portò la mano in posizione al petto, attivando lo Sharingan. Subito una fitta la colse agli occhi, ma non fu più dolorosa dell'illusione che stava vivendo Boruto, di fonte a lei, trovandosi immerso in un mare di stelle ninja e kunai. Sarada sentiva male alla schiena, poteva sentire il sangue scorrerle dalla ferita in giù, arrivando a macchiare i pantaloni, ma doveva prendere la sua rivincita. Non era abituata a sconfitte così clamorose, essendo figlia di un'Haruno e di un Uchiha non poteva proprio permetterlo. Andava pian piano affaticandosi sempre di più, finché le gambe non cedettero e lei cadde a terra, tenendo la mano costantemente in posizione, anche se la vista offuscata e il fiato corto le rendevano difficile quel compito. Stava vivendo anche lei un'illusione, ormai, proiettata nello stesso scenario di Bolt, che ora stava facendo soffrire entrambi. Stava vincendo lei, non c'era dubbio, ma le condizioni fisiche sarebbero state critiche per entrambi.
L'ultima cosa che Sarada sentì fu il suo nome gridato da Inojin, e l'ultima cosa che vide fu Shikadai correre verso di lei per prenderla prima che cadesse all'indietro. Nell'illusione vide Boruto cadere a terra come se fosse il suo riflesso nello specchio, ma si rese conto che era la stessa fine che stava facendo lei. Arresa all'idea di essere ormai impotente, l'Uchiha chiuse gli occhi e si lasciò cadere tra le braccia di Shikadai, addormentandosi pesantemente.


Shikadai Nara odiava doversi alzare presto la mattina, doversi alzare prima delle undici alla domenica, dover affrontare un esame, sentire sua mamma lamentarsi costantemente, dover imparare tecniche difficili, ascoltare la parlantina di Yutaka Inuzuka e andare in giro con i suoi genitori.
Al contrario, amava avere i pomeriggi liberi, poter passare del tempo col suo team, le rimpatriate di famiglia - sua mamma e suo papà con lui, Ino e Sai con Inojin, Chuoji e Karui con Chouchou -, risolvere enigmi impossibili, avere lo stesso rifiuto verso dimostrazioni d'affetto della sua migliore amica Sarada, allenarsi con Mirai e ascoltare le storie del passato.
Quella giornata era iniziata esattamente come le altre.
Sua madre Temari l'aveva svegliato alle sei e mezz'ora dopo era passato suo papà Shikamaru per buttarlo giù dal letto con la forza, dato che non ne voleva sapere di alzarsi. Era sceso poi di sotto, aveva bofonchiato un saluto e aveva mangiato le stesse cose della mattina precedente, ascoltando ciò che i suoi genitori dovevano dirgli in merito alla giornata appena iniziata.
Era uscito poi da casa, era arrivato in accademia e, come al solito, aveva salutato Sarada ricevendo un grugnito di risposta. Si era preoccupato, aveva cercato di ipotizzare i mille e uno problemi di Sarada Uchiha, ma aveva rinunciato e si era rassegnato a capire tutto quando sarebbe arrivato il momento.
Quando il Sensei aveva annunciato che era ora dell'allenamento col team, la giornata aveva preso una piega migliore, perché non capitava spesso di poter restare con Chouchou e Inojin nelle ore di scuola. Ovviamente però non poteva non badare al combattimento tra Sarada e Naruto, e una volta raggiunto il campo, si era messo ad osservare l'espressione adirata della sua migliore amica, trovandola più cattiva del solito. Sperava in un combattimento botta e risposta a suon di kunai e stelle ninja, al massimo qualche colpo ravvicinato, ma non avrebbe mai immaginato di vedere lo Sharingan di Sarada attivarsi ed essere funzionante in una tale velocità. Che poi, a conti fatti, la ragazza non aveva mai usato le sue abilità innate in combattimento, anche perché non erano ancora ben formate e stabili e come le ricordava sempre suo padre, per padroneggiarle ci volevano molto impegno e dedizione.
Infatti, appena gli occhi neri di Sarada erano diventati rossi, Shikadai si era sentito mancare. Non aveva mai visto lo Sharingan della sua migliore amica, e non si era mai nemmeno immaginato di chiederle come usarlo o di farglielo vedere, sapeva che sarebbe stato veramente pericoloso. Aveva sentito lo stomaco contorcersi dall'agitazione, e vedere Sarada crollare poco a poco su se stessa non faceva altro che accelerargli il battito cardiaco. Per quel motivo lui e Inojin erano scattati verso di lei quando il combattimento stava giungendo alla fine, e il Nara non pensò al bruciore delle ginocchia quando si lanciò in scivolata per evitare che la testa di Sarada toccasse il suolo, e che invece si appoggiasse sulle sue gambe. L'unico sollievo che provò in quel momento fu vedere gli occhi di Sarada, un istante prima che si chiudessero, tornare al solito color pece.
"E' uscita di testa!" l'esclamazione di Boruto non passò inosservata a Shikadai, che cercò per un istante l'autocontrollo che teoricamente aveva ereditato da suo padre. Ma, in fin dei conti, era anche figlio di Temari, e come tale era veramente difficile trattenere gli istinti.
"L'avete vista?" le esclamazioni di Boruto continuavano a riempire l'aria di quel corridoio alquanto stretto, e solo poche persone lo stavano a sentire, annuendo o negando. "Stava per ammazzarmi, con quegli occhi rossi dell'accidenti!"
"Sei veramente una seccatura!" Shikadai si voltò di scatto, allontanandosi di qualche centimetro dalla porta della camera di Sarada. "Non ti avrebbe fatto proprio niente, e la colpa in ogni caso non è sua."
"Stai scherzando, spero" il biondo si alzò dalla sedia reggendosi la testa con la mano dato che non aveva ascoltato il medico e si ostinava a non stendersi. "Ma l'hai vista, Nara? Quella mi odia!"
"E un motivo ci sarà." Shikadai scosse la testa, facendo una smorfia.
"La difendi solo perché siete amici."
"Già, forse hai ragione" il moro fece finta di pensarci su. "Ma resti comunque una testa quadra."
E Shikadai si dileguò portando le mani in tasca, sparendo dentro la camera dove Sarada stava riposando. Era tutto silenzioso, fortunatamente erano entrambi abituati al silenzio. Avevano passato tanti minuti in silenzio, magari lui impegnato a leggere e lei a svolgere i compiti, ma erano insieme, ed era già un silenzio diverso. Non erano per niente quegli amici che si abbracciavano ogni due per tre e che poi litigavano risolvendo con una discussione e un bacio sulla guancia. Shikadai e Sarada, in effetti, erano due migliori amici proprio strani. Non amavano spupazzarsi e chiedersi costantemente se andava tutto bene, loro erano in sintonia senza doversi parlare o toccare. Sapevano che qualcosa non andava senza bisogno di saperlo dall'altro, e avrebbero fatto di tutto per aiutarsi, anche se non l'avrebbero mai dimostrato.
Col solo suono del respiro lento di Sarada, Shikadai si sedette accanto al letto e sorrise come se lei avesse potuto vederlo, nell'attesa che i suoi occhi si fossero aperti da dietro gli occhiali dalla montatura rossa.
"E' sveglia?"
Inojin entrò chiudendo subito la porta alle sue spalle, spostandosi il ciuffo biondo dagli occhi.
"Non ancora" Shikadai fece un sospiro, sbadigliando in seguito. "Ma il medico ha detto che tra un'oretta dovrebbe stare meglio e svegliarsi da sola."
"Speriamo" il biondo fece un sorrisone, uguale a quello di sua madre, e si sedette ai piedi del letto. "E' stato brutto stare lì a guardare. Volevo fare qualcosa, ma avevo paura delle conseguenze. Sono stato codardo?"
Il Nara scosse la testa, rievocando per un istante le discussioni tra Shikamaru e Ino, quando ancora erano nella squadra 10.
"Sei stato prudente. Era la sua battaglia, non la tua. Sarada sapeva i rischi che stava correndo, li sapeva dal primo all'ultimo. Eppure ha fatto di testa sua - questo l'ha preso da Sakura - e ha continuato ad usare lo Sharingan. Come se io di punto in bianco prendessi il ventaglio di mia mamma e iniziassi a tentare tecniche con i tre Astri, o come se tu provassi il Capovolgimento Spirituale senza che qualcuno sia con te. E' abbastanza da idioti, non credi?"
"Abbastanza, sì." il biondo se ne uscì con un sorrisetto, posando poi lo sguardo sull'Uchiha che dormiva beata appoggiata sul materasso.

Boruto Uzumaki odiava il lavoro di suo padre, dover fare il baby sitter a sua sorella Himawari, dover andare a scuola, alcuni atteggiamenti di Sarada Uchiha, dover rimediare ai disastri che aveva combinato, doversi allenare con sua madre - proprio non sopportava il suo Byakugan -, essere richiamato da Shikadai Nara e sostenere gli esami per salire di livello.
Al contrario, amava mangiare il Ramen, allenarsi con suo padre, saltare da un albero ad un altro, portare a termine più missioni possibili, riuscire a fare un Rasengan perfetto, fare più copie possibili del suo corpo, parlare in qualche modo con suo zio Neji e lavorare con la sua squadra.
Quella giornata era iniziata nel modo più normale possibile.
Boruto era stato svegliato come sempre da sua sorella, aveva fatto colazione ed era uscito di fretta e furia perché, come al solito, era in ritardo. Sua mamma gli aveva gridato di stare attento per la strada, e lui si era girato e come da copione le aveva gridato di essere ormai un ninja che sa badare benissimo a se stesso. Si era voltato con fierezza per dimostrare a sua mamma che preoccuparsi era inutile, ma nemmeno due passi dopo era inciampato ed aveva fatto un volo, al quale Hinata e Himawari non avevano saputo trattenersi dal ridere, e il biondo in tutta risposta aveva borbottato qualcosa e si era allontanato velocemente da casa sua, dileguandosi dalla visuale delle due donne. Non amava per nulla le preoccupazioni di sua madre, non gli piaceva sentirsi dire che era ancora giovane e non era pronto per avere lo stesso ruolo di suo papà. Ma lui mica voleva diventare Hokage, per carità, lui odiava gli Hokage, a partire da Naruto. Forse, era proprio quella la causa del suo accanimento verso le autorità: gli portavano via il suo papà. Si ricordava quando, nei suoi primi anni di vita, Naruto non era Hokage e stava sempre con lui, lo portava a spasso, gli insegnava le basi per essere un buon ninja, giocava con lui, gli raccontava le storie degli eroi del passato. In quel momento avrebbe dato tutto quanto per passare anche un solo giorno come un tempo, ma quando pensava alla mancanza lasciata da Naruto, sostituiva il vuoto nello stomaco con la rabbia nata dallo stesso motivo. Allora scherzava su tutto, prendeva in giro persino gli insegnanti, se ne infischiava di tutto quanto.
Quando vide Sarada, quella mattina, non aveva per niente voglia di stare con lei e fare la strada insieme, ma l'Uchiha se ne sarebbe sicuramente accorta, e quindi tanto valeva sacrificarsi per quei dieci minuti. Quando la raggiunse tentò di fare qualche battuta ma lei rispondeva sempre con lo stesso grugnito, e alla fine lasciò perdere e giocò l'ultima carta per far parlare la ragazza, ossia l'argomento "Uchiha", ma lei non lo badò e smisero di parlare. La mattinata passò poi tranquillamente, a parte il momento in cui erano stati annunciati i combattimenti uno contro uno. Si era trovato davanti proprio Sarada, e non era riuscito a tenere la bocca cucita, causando poi tutto quello che era successo. Si era ritrovato imprigionato dallo Sharingan, che almeno aveva messo k.o. anche l'Uchiha. Gli era dispiaciuto essere la causa di tutto quel casino, ma nonostante ciò era talmente arrabbiato per aver perso contro la ragazza che non aveva perso occasione per lamentarsi di lei e cercare di metterla in cattiva luce. In fondo, lui era pur sempre Boruto Uzumaki, doveva mantenere un po' di orgoglio - decisamente preso dal padre -.
E se c'era un'altra cosa che non sopportava, era quando Shikadai si metteva a difesa di Sarada, sebbene la cosa non lo riguardasse minimamente. Era sempre lì per lei, ogni suo desiderio veniva esaudito, andavano sempre d'amore e d'accordo. E lui? Chi c'era per lui? Certo, aveva tanti amici, ma uno come Shikadai non riusciva nemmeno a capire cosa fosse. Sentiva che gli mancava, una persona così al suo fianco, ma non poteva comunque farci nulla. Il suo carattere era quello che era e a causa di quello tutti quanti si allontanavano da lui, fine della storia.
Era appoggiato al cornicione della finestra dopo aver discusso con Shikadai quando aveva visto passare Inojin alquanto di fretta, e non aveva esitato a fermarlo. Bolt aveva capito da tempo che tra lui e l'Uchiha ci fosse qualcosa - altro fattore veramente irritante per lui -, ma voleva almeno avere qualcuno con cui parlare, in quel momento.
"Ehi, Yamanaka!" gridò, e il biondo si fermò all'istante.
Si girò di scatto, e fece un sorrisetto, uno di quelli che ricordavano molto suo padre: "Ehi, Boruto."
"Dove vai?"
Inojin indicò il corridoio di fronte a lui: "Vado a vedere come sta Sarada. Vieni anche tu?"
"Mi sa che Shikadai non ci tiene molto a vedermi lì" e sorrise amaramente, quasi ridacchiando. "Sta tanto male?"
"E' solo stanca, suppongo. Il tuo Rasengan non era al massimo del potenziale disponibile. Sbaglio?"
Bolt si stupì di come Inojin avesse visto che quel Rasengan era molto meno potente degli altri. Solo qualcuno che stava guardando molto attentamente poteva accorgersene. Così arrossì appena, avrebbe preferito che nessuno lo notasse.
"Non sbagli" mormorò solamente. "Non volevo farle troppo male."
"Hai fatto bene. Era solo un allenamento, no?"
Boruto annuì, e poi sorrise: "Vai pure da lei. Ci vediamo più tardi."


Inojin Yamanaka odiava gli urli di sua madre Ino alle sei di mattina, l'odore del dopobarba di suo papà Sai, avere la divisa sporca di inchiostro, il Ramen, trovare i biglietti dove sua mamma scriveva le varie mansioni da svolgere mentre lei era in negozio, dover lucidare i kunai, svegliarsi troppo tardi e i capelli che non stavano in ordine.
Al contrario, amava svegliarsi presto e godersi l'alba, imparare il gioco degli shogi insieme a Shikadai, chiacchierare con Chuochou - essendo come fratello e sorella -, passare ore a disegnare, stare all'aria aperta insieme ai suoi amici, far ridere Sarada Uchiha, organizzare delle serate insieme agli altri ragazzi di Konoha e saltare da un ramo all'altro per sentire il vesto sferzare contro la sua faccia.
Quella giornata era iniziata in modo strano.
Non si era svegliato con la solita allegria, non aveva salutato i suoi genitori con un abbraccio e non aveva perso tempo a leggere quelle inutili informazioni dietro la scatola dei cereali per passare il tempo mentre faceva colazione. Sai e Ino si erano lanciati uno sguardo capendo che loro figlio non era lo stesso di sempre, ma le domande tattiche non avevano funzionato e Inojin aveva tranquillamente fatto finta di nulla. Del resto nemmeno lui sapeva spiegarsi quel bruciore di stomaco che aveva da quando si era alzato, e non era da lui comportarsi in modo strano, anzi, di solito si poteva sempre contare sulla sua allegria e vitalità, ma quel giorno sembrava proprio non funzionare.
Anche Chouchou gli chiese se andava tutto bene, e a sentire la sua risposta, Shikadai nemmeno si preoccupò perché se non l'aveva detto all'Akimichi, di certo non lo avrebbe detto a lui. E poi, a vedere Boruto sfidare in quel modo Sarada, aveva sentito il bruciore salirgli fino al petto. Avrebbe voluto alzarsi e gridare di smetterla, avrebbe rischiato di essere fermato dal controllo dell'ombra di Shikadai - cosa tra l'altro già successa - e avrebbe sopportato i rimproveri dei suoi genitori, ma non aveva potuto sopportare l'arroganza del biondo in quel caso. Di solito Inojin era un ragazzo tranquillo, in pace col mondo, ma quando c'era Sarada di mezzo potevano diventare tutti quanti suoi nemici in un millesimo di secondo. Era chiaro, il motivo: anche se era evidente, ne erano a conoscenza solo Shikadai e Chouchou. Era più o meno un anno che la cosa andava avanti, e i due migliori amici di Inojin non sapevano più dove sbattere la testa: era chiaro che avere uno Yamanaka in squadra innamorato di un'Uchiha era decisamente svantaggioso.
Infatti, Shikdai non storse il naso quando Inojin entrò nella stanza sebbene sapesse che il suo migliore amico non gradiva troppa compagnia in momenti del genere. Ormai, il Nara aveva capito che non c'era niente da fare e che Inojin era proprio perso per Sarada, e a quel punto non rimaneva poi così tanto da fare. Anzi, da parte sua aveva il sospetto che pure l'Uchiha provasse qualcosa per lui, ma era veramente difficile da capire. Sarada Uchiha, per definizione, era difficile da capire.
"E' strano pensare che tra pochi mesi partiremo ognuno per una missione diversa" Inojin tenne gli occhi su Sarada e parlò a Shikadai, nella speranza che la ragazza aprisse gli occhi da un momento all'altro. "Insomma, siamo già stati in missione, ma non...così a lungo."
"Che ti spaventa?" Shikadai fece un sorrisetto, incrociando gli occhi verde acqua del biondo.
"Non lo so precisamente. Qualcosa di indefinito."
"Guarda che lei sarà con Boruto e Mitsuki, non le succederà niente e la missione finirà prima del previsto."
Le guance di Inojin si colorarono di rosso molto velocemente, e Shikadai si alzò dalla sedia ridacchiando. In fondo, era del tutto prevedibile che tra i due ci fosse qualcosa fin dal loro primo incontro.
Inojin e Shikadai si conoscevano dal giorno delle loro nascite, erano sempre cresciuti insieme come fratelli insieme a Chouchou. L'unica eccezione per il Nara era Mirai, con cui era cresciuto a causa di un patto che legava suo padre alla ragazza fin dalla morte di Asuma. Del resto, il trio InoShikaChou, sebbene fosse formato da una nuova generazione cresciuta con princìpi molto diversi da quella precedente, era molto unito e grazie ai loro genitori già appartenenti al trio, quali Ino, Shikamaru e Choji, riuscivano ad avere quasi un'empatia molto sviluppata.
Era un giorno come tanti quando Inojin conobbe Sarada. Non avevano più di undici anni, Inojin e Shikadai si stavano dirigendo verso uno dei tanti campi d'allenamento quando il Nara salutò quella ragazzina dai capelli neri che si avvicinava ai due. Sarada fece un sorriso gentile e salutò Inojin, presentandosi formalmente, tipica pratica degli Uchiha. A tal proposito, Inojin rimase sorpreso scoprendo che si trattava proprio della figlia del famoso Sasuke Uchiha, ma si sorprese ancora di più conoscendo poco a poco la ragazza, capendo che oltre alla dura corazza degli Uchiha aveva comunque un cuore da Haruno, sapeva essere una buona amica e una buona compagna di avventure, mantenendo però sempre un certo distacco. Shikadai la presentò come 'una delle sue più care amiche', e a quelle parole vide il viso del biondo farsi stupito, perché il Nara non era di certo un tipo da amici del cuore. Però Inojin non ci diede più di tanto peso e invece fece a sua volta un sorriso verso Sarada, sistemandosi poi la piccola coda che gli raccoglieva i ciuffi biondi. Shikadai aveva subito notato il sorrisetto che fece poi Sarada sistemandosi gli occhiali sul naso, ed era un sorrisetto che aveva potuto vedere ben poche volte.
"Vi lascio soli." Shikadai si alzò dalla sedia, stiracchiandosi leggermente. "Avvisami se si sveglia."
"Chiaro." il biondo annuì, vedendo la porta richiudersi dietro il suo migliore amico. Posò poi gli occhi su Sarada, la quale li aprì di scatto e si tirò seduta come se nulla fosse, guardandosi attorno tranquillamente.
"Si vedeva?" chiese poi, preoccupata, al biondo.
"In teoria no. Ma si è visto quando ti sei svegliata, hai avuto un sussulto."
La mora sbuffò, sistemandosi i capelli dietro le orecchie: "Non mi piace mentire a Shikadai ma se mi fossi svegliata lui si sarebbe arrabbiato con me. Mi dice sempre di non usare mai lo Sharingan...ma non posso farci nulla, fa parte di me. Questo non lo capisce."
Inojin si alzò dalla sedia e si sedette ai piedi del letto, facendo un sorriso: "Guarda che lui l'ha capito, Sarada. Il fatto è che si preoccupa. Hai visto anche tu dove sei finita, oggi."
"Non farmi la predica, Inojin" brontolò l'Uchiha. "Lo sai come sono fatta."
"Sì, e lo sa anche Shikadai. Probabilmente è lì fuori dalla porta che origlia."
"Hai ragione!" dalla porta si udì un tonfo e Sarada scoppiò a ridere, sinceramente divertita.
"Scusami, Shikadai!"
"Tranquilla, Sarada. Ci vediamo domani!"
Anche Inojin salutò Shikadai con una battuta che il Nara non capì, e si dileguò prima di sentire la spiegazione. Così rimasero solo i due ragazzi chiusi dentro quella stanza d'ospedale, la mora fissava gli occhi di Inojin e sospirava ogni tanto, in effetti sì, era stata una stupida. Aveva fatto preoccupare il suo migliore amico per niente e alla fine ci aveva rimesso pure lei.
"Sono un'idiota, vero?" Sarada alzò gli occhi verso il biondo, che invece si alzò dal letto e le andò vicino, sorridendo nella stessa maniera in cui suo padre faceva quando era giovane.
"Giusto un tantino." si strinse poi nelle spalle, dando un bacio sulla guancia alla ragazza. "Ci si vede domani, Uchiha."
Sarada fece un sorrisetto, passando la mano tra i capelli di Inojin prima che lui si allontanasse troppo: "A domani, Yamanaka."

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"Non puoi farmi questo!"
"Oh sì, che posso. E ti dirò di più, lo sto già facendo!"
Sarada si picchiò una mano contro la fronte, esasperata. Non capiva da dove potesse arrivare tutta quella vitalità che Shikadai non aveva mai dimostrato in quindici anni di esistenza. Infatti, il Nara stava frugando nell'armadio della ragazza in cerca di un vestito carino da mettere per la serata in programma. Non succedeva di certo spesso che tutte le famiglie della generazione precedente si ritrovassero per festeggiare il diciottesimo anniversario dalla liberazione del Decacode.
"Spiegami almeno perché."
"Perché c'è Inojin. E tu devi fare colpo."
Sarada per poco non si strozzò con la sua stessa saliva, e proprio mentre stava per dare di matto contro il suo amico, sua madre entrò in camera per sistemare dei vestiti che aveva appena lavato: "La smetti di scaldarti tanto?" riprese sua figlia, posando le mani sui fianchi. "Sei peggio di me e tuo padre messi insieme. Guarda Shikadai, lui è sempre calmo."
"E ci credo" brontolò la mora, mettendo il broncio. "I suoi genitori sono dei santi. Voi siete matti."
Shikadai trattenne una risatina, mentre Sakura scoppiò a ridere: "Ti conviene che non ti senta tuo papà, cara mia! Lo sai che lui ci tiene che tu abbia stima di lui."
"Il fatto che io dica che è matto non implica che non lo stimi. Certo, non è il modello di bontà per eccellenza ma è pur sempre il mio papà."
"Così va meglio" Sakura fece un sorriso e si rivolse poi a Shikadai. "Come sta tuo zio Gaara? So che c'è molto lavoro per il Kazekage di Suna, in questo periodo."
"Lo vedo molto poco" il ragazzo si strinse nelle spalle. "Anche mia mamma, questo mese l'ho vista qualche mattina. Ma so che comunque sono affari pacifici che stanno risolvendo."
"Sei il benvenuto qui, quando vuoi." Sakura fece un sorriso gentile. "Magari potremmo invitare tuo padre e Ino, dato che è tanto che non la vedo. Così tu e Sarada potete stare con Inojin. Che ne dite?"
Il Nara fece un ghigno, dimostrandosi sorprendentemente abile nel nascondere la sua vera idea di base: "E' un'idea grandiosa, lo dirò subito a papà quando arrivo a casa."
"Perfetto" Sakura sorrise, osservando poi sua figlia. "Sarada, come mai sei arrossita?"
"Fa caldo." rispose l'Uchiha prontamente, levandosi gli occhiali. "Tutto qui. Puoi andare, ora? Shikadai è convinto di potermi dare una mano."
"Certo, stasera tutti e due pronti per le sette!"
I due ragazzi annuirono, osservando la mamma di Sarada uscire dalla stanza chiudendo la porta dietro di sé. Una volta passato qualche secondo, la ragazza si fiondò su Shikadai puntandogli un kunai alla gola, osservandolo con sguardo minaccioso: "Come hai osato dire di sì?!"
"E' una buona idea, tutto qui."
"Non...mi sembra!"
"Sarada..." Shikadai osservò gli occhi della ragazza tendere sempre più velocemente al rosso, e prima che succedesse qualcosa si tolse dalla sua presa e appoggiò la schiena all'angolo della stanza, guardando la sua migliore amica. "I tuoi occhi."
"Che hanno?" s'innervosì lei, tirandosi in piedi. Non si stava rendendo conto di nulla.
"Lo Sharingan." Shikadai cercava di mantenere la calma, provando a guardarla negli occhi come aveva sempre fatto. "Lo stai attivando."
Allora l'Uchiha si girò di scatto verso lo specchio, e vedendo il colore rosso dei suoi occhi, vi portò subito le mani davanti e strinse forte le palpebre, iniziando a scuotere la testa.
"Sarada, va tutto bene." Shikadai aveva già la situazione sotto controllo, si avvicinò alla ragazza e le tolse delicatamente le mani dagli occhi. "E' passata solo una settimana da quell'incidente durante gli allenamenti, magari è solo una conseguenza per essere stata la prima volta ad averlo usato."
"E' andato via?"
Il Nara scosse la testa: "No, ma non lo stai usando su di me. E' solo attivo."
"Non capisco cosa mi stia succedendo, mi è capitato solo in due occasioni, entrambe quando mi sono arrabbiata tanto."
"Forse è un problema di controllo delle emozioni. Dovresti parlarne con tuo papà, io ne so più di ombre che di Sharingan, sinceramente."
Sarada sorrise, scuotendo poi la testa, dispiaciuta: "Scusami, non volevo spaventarti. Allora, qualcuno qui non mi doveva a far colpo su Inojin?"
Shikadai scoppiò a ridere, spettinando poi la sua migliore amica: "Ai suoi ordini, capitano!"

I due migliori amici arrivarono in centro leggermente in ritardo dato che Sarada aveva insistito per scegliere i vestiti di Shikadai, giusto per ricambiare il favore. Mancavano pochi metri, quando Sarada intravide Inojin e strinse la manica del Nara, che si trattenne a fatica dalle risate. L'Uchiha sentiva il cuore battere veloce, le tremavano quasi le mani. Dalla chiacchierata in ospedale non si erano più parlati, sebbene fossero passate quasi due settimane, e a loro reciproca insaputa, si erano mancati. Perché sì, che ad Inojin piacesse Sarada era chiaro, ma per il contrario era più complicato. Lei era un'Uchiha, non era stata abituata a riconoscere i veri sentimenti, non capiva se tra lei e Inojin ci fosse solo amicizia o qualcosa di più, però sicuramente sapeva che le era mancato e che non vedeva l'ora di potergli parlare.
Prima di arrivare ad Inojin però vide Boruto andarle incontro, e prima che se ne rendesse conto Shikadai si era dileguato, e a lei toccò parlare faccia a faccia con quella testa quadra.
"Senti, Sarada, mi dispiace per quel giorno là" iniziò il biondo. "Davvero, so di aver detto peste e corna però mi dispiace, non volevo assolutamente farti del male."
L'Uchiha fece un sorriso, colpita da quelle parole: "Tranquillo, scusami anche tu, non avevo mai usato lo Sharingan e mi è sfuggito di mano."
Il biondo fece una smorfia stupita: "Mai usato?"
"Mio padre non me lo vuole insegnare, e io da brava idiota ho voluto fare da sola."
"Ah tranquilla, la prima volta che ho tentato il Rasengan ho rotto il cancello di casa mia. Ti capisco."
Entrambi sorrisero e si avviarono insieme dove tutti quanti stavano ridendo e scherzando, specialmente diretti al gruppetto dei ragazzi radunato all'inizio dell'enorme tavolata. Sarada si sedette salutò prima i suoi genitori con la mano, e poi tutti i suoi amici, soffermandosi solo qualche secondo su Inojin, rivolgendogli un sorriso.
"Ci sono pure alcuni del suono" esordì Yutaka, passando la lingua tra i denti appuntiti come quelli del padre. "Ma io dico, perché? Che c'entrano loro?"
Inojin batté una mano sulla sua spalla: "Non si sa. Ci sono sempre, comunque. Ci sono pure due ragazze che hanno la nostra età."
Boruto prese per mano Himawari e l'accompagnò vicino a Sarada, a sua volta seduta vicino a Shikadai. L'Uzumaki ne approfittò e si avvicinò all'orecchio di Sarada, ghignando: "Attenta che non ti portino via il tuo Yamanaka."
La mora arrossì di botto, girandosi: "Come...?"
"Si vede chiaramente" tagliò corto Boruto, serio più che mai. "Tranquilla, terrò la bocca chiusa. Promesso."
"Chi altro lo sa?"
"Quasi tutti, penso."
L'Uchiha fece un sospiro, rassegnata, pensando poi ad alzare la mano quando passò la mamma di Chouchou per portare da mangiare. I suoi occhi vagavano tra Inojin e le due ragazze del villaggio del Suono che si erano sedute con loro e chiacchieravano fin troppo amichevolmente col biondino. Si stava chiedendo il perché di quella reazione, lei non aveva mai provato gelosia nei confronti di qualcuno. Eppure vedeva il sorriso di Inojin e sentiva un brivido percorrerle il corpo, voleva gridargli di smettere di sorridere, stava morendo di gelosia. Si stava arrabbiando, lo sentiva, le mani fremevano tremendamente. Si alzò da tavola non appena finì di mangiare, avviandosi verso un vicolo lì vicino. Sentiva gli occhi bruciare terribilmente, le facevano male, eppure non sapeva cosa le stava succedendo: per lei era tutto nuovo.
Sperava che nessuno l'avesse seguita, eppure quando si girò, una volta arrivata al termine del vicolo, vide una chioma bionda scintillare col chiarore della luna già alta. Tirò un sospiro di sollievo riconoscendo che si trattava di Bolt, e appoggiò la schiena alla parete, lasciandosi poi scivolare a terra.
"Che ti prende?" le domandò lui, sorridendo.
"Sinceramente non lo so. Ho solo voglia di spaccare la faccia a qualcuno. E mi bruciano gli occhi."
Il biondo ridacchiò, accucciandosi su di lei: "Fa' un po' vedere." appoggiò entrambe le mani sul viso della ragazza, scrutando i suoi occhi, guardandola poi preoccupato. "Credo che dovresti chiedere qualcosa a tuo papà, Sarada, sono rossi e neri con una forma strana al centro."
E allora Sarada capì che si era attivato di nuovo lo Sharingan senza che lei potesse controllarlo, incapace anche di gestire le sue stesse emozioni. Boruto l'aiutò a rimettersi in piedi, ed insieme si incamminarono verso l'enorme tavolata, peccato che fu proprio una mossa da evitare. Inojin stava lì di fronte a loro, proprio nel momento in cui una ragazza bionda si stava allungando sulle punte per stampargli un bacio sulle labbra, con una faccia confusa e il corpo inerme. Fu questione di un attimo, e lo Sharingan eterno apparve al centro dei suoi occhi in una forma simile a quella del padre e dello zio fuse insieme. Sarada non voleva fare del male, era solo gelosa e arrabbiata, ma era una rabbia che purtroppo non riusciva a controllare, e in pochi istanti tutti gli occhi furono puntati nella sua direzione, Shikadai era già scattato verso di lei e l'aveva presa prima che cadesse, Inojin si era portato le mani agli occhi e la ragazza che prima gli era attaccata era stata scaraventata cinque metri più in là. I tavoli erano completamente ribaltati, a terra giacevano i vassoi e i cibi ormai irrecuperabili, Sasuke e Sakura fissavano allibiti il corpo di Sarada tremare tra le braccia di Shikadai. La loro figlia aveva appena devastato quasi venti metri di superficie sprigionando un'energia incontenibile, e la cosa peggiore era che, conoscendola, non se lo sarebbe mai perdonata. Sasuke corse verso di lei, si inginocchiò ma la lasciò tra le braccia di Shikadai, troppo incredulo a ciò che aveva appena visto. Com'era possibile un potere così forte in una ragazza che non aveva mai imparato nemmeno a controllarlo?
"Sarada, svegliati" Shikadai la scosse leggermente, non gli importava se di fronte a lui ci fosse il padre della ragazza. Sapeva bene che Sasuke non amava - e soprattutto non era abituato - a vedere sua figlia in compagnia di qualche ragazzo, ma in quel momento non si era potuto trattenere e aveva dovuto sapere cos'era successo. "Bolt!" gridò poi, e l'Uzumaki corse verso di lui, disperato.
"Che le è successo?" domandò ancora il Nara, facendo saettare il suo sguardo dal biondo a Sarada.
"Si è arrabbiata dopo aver visto Inojin, aveva già lo Sharingan attivo ma poi è esplosa."
"Datela a me" Sasuke prese posizione e si caricò sua figlia in braccio, venendo raggiunto immediatamente da Sakura, che fece di veloci accertamenti di primo soccorso. Naruto arrivò lì nel giro di due secondi, ma il suo migliore amico lo liquidò con un 'ci sentiamo più tardi'. La famiglia Uchiha-Haruno stava già andando via di fretta, ma Shikadai - ignorando le parole di sua madre che gli intimava di non immischiarsi - saltò accanto a Sasuke e lo fermò tirandogli la manica. Nessuno si era mai preso questo genere di confidenze, ma al Nara non importava, perché in quel momento c'era la vita di Sarada di mezzo.
"Sasuke!" sbottò, senza nemmeno badare al tono formale che avrebbe dovuto tenere. "Non è la prima volta che ha problemi con lo Sharingan, sarà almeno la terza!"
"Cosa vuoi dire?" gli domandò Sasuke, assumendo un'espressione preoccupata mentre Sakura invece parlava con Naruto, spiegandogli in breve ciò che era successo.
"Le succede quando si arrabbia, le è già successo in combattimento e mentre stavamo litigando, oggi pomeriggio. Devi aiutarla a capire, non sa più cosa fare, e conoscendola non è una che attende risposte. Se non le ha, le troverà da sola. Per favore, Sasuke."
L'Uchiha scorse nelle parole di Shikadai tutta quella saggezza che c'era anche in Shikamaru, e comprese che nel suo tono c'era un implicita richiesta di prendersi cura di Sarada. Allora sorrise, per quanto la situazione glielo permettesse, e fece un cenno con la testa: "Puoi venirla a trovare quando vuoi."


Quando si risvegliò, Sarada era in camera sua. Aveva delle bende sugli occhi, le sentiva, e sentiva anche che le pupille le bruciavano come mai prima. Riconobbe di essere in camera sua solo allungando la mano verso destra, quando sentì il suo coprifronte tintinnare appena le sue dita lo sfiorarono. Cercò di ricordare gli avvenimenti della sera prima, ma si ricordava solo le lacrime versate per il dolore causatole dagli occhi, e ricordava l'ambiente attorno a lei devastato da qualcosa che sicuramente la riguardava. Non aveva risposte, non sapeva più dove sbattere la testa, e sicuramente suo padre non le avrebbe detto nulla nemmeno quella volta. Si strappò via le bende dagli occhi, non fece nemmeno smorfie quando la luce del sole la colpì in pieno viso. Si alzò di fretta dal letto, nelle vene le scorreva qualcosa simile all'adrenalina, ma era qualcosa che non avrebbe portato a nulla di buono. Si vestì in fretta e furia, prese tutti i kunai e shuriken possibile, due o tre carte bomba, una katana che infilò sulla cintura e il coprifronte ben stretto poco sopra gli occhiali dalla montatura rossa. Cosa aveva intenzione non lo sapeva nemmeno lei, prese solo tutti i suoi risparmi e li mise in una sacca, prese la foto di famiglia da suo comodino e mise dentro anche quella, e infine diede un'ultima occhiata alla foto di lei e Shikadai. Sentì nella sua mente le parole che lui le avrebbe detto in quel momento, dicendole di star combinando una cavolata, di tornare indietro e mettere giù l'attrezzatura, di rimettersi a letto e recuperare il chakra perduto durante la sera precedente. L'Uchiha cercò di far sparire quelle voci dalla sua mente, si guardò attorno per l'ultima volta e alla fine uscì dalla finestra, senza guardarsi indietro una sola volta: sapeva che se l'avesse fatto avrebbe capito di star facendo una cavolata madornale. Non toccò nemmeno terra, scatto subito da un ramo all'altro senza lasciare traccia del suo passaggio, tanto era sicura che i suoi l'avrebbero scoperto soltanto due ore dopo, di ritorno da lavoro. Stava scappando da tutto ciò che era successo nel giro di pochi giorni, voleva sapere cos'aveva di sbagliato e perché era riuscita a distruggere venti metri di superficie senza rendersene conto. Sapeva che suo papà non le avrebbe comunque detto niente in merito a tutto ciò, avrebbe fatto dell'episodio un incidente di percorso e avrebbe chiuso lì l'argomento. Mentre saltava da un ramo all'altro la piccola Uchiha cercava di fare di tutte quelle sue supposizioni delle realtà future, e usava quella rabbia che già sentiva crescere dentro di lei per allontanarsi sempre più velocemente da casa sua. Non sarebbe tornata indietro, avrebbe dato lei stessa una risposta alle domande che non ne avevano una da anni. Avrebbe girato il mondo per sapere di più sugli Uchiha e sullo Sharingan, e lo promise a se stessa, che non sarebbe tornata finché non avrebbe portato a termine la sua missione.
Fu una sola cosa a bloccarla, e fu la casa di Shikadai. Non poteva fargli questo, non a lui. Poteva sopportare di non dire nulla ad Inojin, dato anche che la colpa della catastrofe della sera scorsa era stata in parte sua, ma il suo migliore amico non ne aveva il diritto. Né lui, né Boruto, che era andato a cercarla solo per sapere come stava. Alla fine, era come se li avesse traditi entrambi. Peccato che avvisare Bolt avrebbe fatto saltare subito la sua copertura, perché suo padre era l'Hokage, e quindi non le rimaneva che chiarire tutto attraverso un unico messaggio che avrebbe lasciato a Shikadai.
Preparò un foglio, scrisse tutto ciò che era necessario e lo appuntò con un kunai alla porta della casa dei Nara. Lo lesse un'ultima volta, e poi sparì di nuovo con un senso di colpa addosso che sembrava ucciderla. Ma lei era un'Uchiha, non si sarebbe tirata indietro, ormai aveva deciso. Sarebbe cresciuta anche da sola, e al suo ritorno avrebbe potuto dare tutte le spiegazioni.
Saltò sulle mura del Villaggio della Foglia, vedeva tutte le case distendersi di fronte a lei e le persone camminare tranquillamente. Regalò un ultimo sorriso alle sue origini, poi guardò al futuro e come suo padre e suo zio prima di lei, scappò dal Villaggio.



Shikadai, ti prometto che tornerò. Presto o tardi, potremo abbracciarci di nuovo.  
Di' a Boruto che lo ringrazio per essere stato un buon compagno di team anche dopo tutto ciò che è successo.
Di' anche ad Inojin che ci rivedremo e che gli dovrò dire una cosa importante. Digli che mi aspetti.
Non cercatemi. Se mi volete bene, non cercatemi.
Starò bene, promesso.
Sarada







ANGOLO AUTRICE
Ebbene, ecco il mio esordio in questo fandom. Grazie a chiunque sia arrivato fin qui, e spero che vi sia piaciuta. L'ho iniziata tanto tempo fa, e dopo essermi vista Naruto The Last, the movie, sapevo come finirla.
Quindi grazie ancora, Naruto.
Un bacione!
Ale xx
  
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