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Autore: La Tigre Blanche    19/06/2015    4 recensioni
Domenica di Pasqua, Roma, Basilica dei Santi Pietro e Paolo. Sembra tutto tranquillo, quando, a causa di Romano, succede l'irreparabile! //mini comparsa del mio OC Vaticano - Pietro Vargas.
Dal testo:
"Continuarono a marciare, cero in mano e sguardo fiero, ma, a metà della navata, successe l’inevitabile: con la sua solita grazia da rinoceronte ballerino, incespicò nella veste e, sotto gli occhi di tutti i partecipanti, cadde.
Ok. Dovete sapere che Romano non è esattamente un fervente cattolico. Cioè, sì, crede in Dio, va a messa tutte le domeniche e recita la preghiera prima di mangiare, ma alcune volte la lingua si muove prima che la mente la possa fermare.
Così, nel silenzio più totale – perfino Austria aveva smesso di suonare l’organo per assistere a quella caduta epica –, Romano, abbracciato al cero fortunatamente spento, aprì bocca e le diede fiato, così, senza neanche pensare:
- DIO PO— La faccia di Romano impattò il pavimento in marmo, fermando la bestemmia al momento giusto. "
Morale della favola: pensate prima di aprire bocca. Soprattutto se siete in chiesa.
(dedicato alle mie compagne di role, kufufu. Siete delle brave persone)
Genere: Comico, Commedia | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna, Shonen-ai | Personaggi: Città del Vaticano, Nord Italia/Feliciano Vargas, Spagna/Antonio Fernandez Carriedo, Sud Italia/Lovino Vargas
Note: What if? | Avvertimenti: nessuno
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God save the Tomato! - O di quando Romano rischiò di essere scomunicato
 
 
Domenica di Pasqua, Basilica dei Santi Pietro e Paolo, Roma.
Vaticano,  in piedi sul piedistallo dietro l’altare – con le sue fattezze da bambino non poteva essere altrimenti –, si accingeva ad iniziare la messa.
Romano fece un lungo sospiro, allentandosi il colletto della tunica bianca da chierichetto che la Santa Sede gli aveva fatto indossare: lui e Veneziano si trovavano in piedi, in fondo alla navata, vestiti di bianco. Vaticano aveva assegnato loro un compito “facile facile”: ad un segnale ben preciso, portare i ceri all’altare. Tutto molto semplice, se non fosse stato per due piccoli particolari:
- i ceri pesavano un fottuto quintale;
- era da quella mattina che Romano non faceva altro che inciampare in quella stupida veste ingombrante.
Italia del sud sbuffò per l’ennesima volta, asciugandosi con la manica troppo lunga la fronte sudaticcia – con tutte quelle stoffe addosso sentiva troppo caldo.
- Ve, Romano!- Veneziano gli diede una gomitata fra le costole che lo fece sobbalzare:
- Ma che cazzo fai?- Sibilò di rimando il fratellone, restituendo al mittente la gomitata: stupido polentone, che diamine gli era saltato in mente di picchiarlo in quel modo?
Veneziano dal canto suo si lasciò scappare uno squittio dolorante, dopodiché assunse un’espressione contrariata, massaggiandosi il braccio:
- Ve! Ti se’ scapeà? Volevo solo avvertirti che hanno iniziato i canti, su, prendi il cero!- E detto questo, afferrò la propria mega-candela, trotterellando allegramente per la navata, senza degnarsi di aspettare il fratello. Romano sgranò gli occhi, corrugando la fronte e schiudendo la bocca in un’espressione piccata, dopodiché agguantò il proprio cero, affrettandosi a raggiungere “chillo scim ‘e fratm” – com’era solito chiamarlo Romano.
Continuarono a marciare, cero in mano e sguardo fiero, ma, a metà della navata, successe l’inevitabile: con la sua solita grazia da rinoceronte ballerino, incespicò nella veste e, sotto gli occhi di tutti i partecipanti, cadde.
Ok. Dovete sapere che Romano non è esattamente un fervente cattolico. Cioè, sì, crede in Dio, va a messa tutte le domeniche e recita la preghiera prima di mangiare, ma alcune volte la lingua si muove prima che la mente la possa fermare.
Così, nel silenzio più totale – perfino Austria aveva smesso di suonare l’organo per assistere a quella caduta epica –, Romano, abbracciato al cero fortunatamente spento, aprì bocca e le diede fiato, così, senza neanche pensare:
- DIO PO— La faccia di Romano impattò il pavimento in marmo, fermando la bestemmia al momento giusto. Un silenzio opprimente calò nella chiesa – e qui sottolineo chiesa; i presenti rimasero congelati sul posto, fatta eccezione per un deficiente che si mise a piagnucolare qualcosa come “Romanito, nooo!” – e il sud Italia aveva qualche idea su chi poteva essere stato.
Rimase spalmato sul pavimento per un paio di minuti, passati a desiderare ardentemente di venire colpito da un fulmine. Scollò la faccia dal marmo solo quando sentì una voce sottile e minacciosa chiamarlo per nome:
- Romano…- “Eccallà…” pensò sud Italia; “mo’ questo come minimo me scomunica!” Alzò gli occhi, deglutendo non appena incontrò lo sguardo incendiario del piccolo – ma letale – Vaticano. Quando incontrò quei due occhioni ambrati così inaspettatamente spaventosi, Romano avvampò, schizzando in piedi e borbottando imbarazzato delle scuse balbettanti su ciò che stava per dire:
- …I-insomma, io non è che stavo dicendo blasfemie, no di certo, cioè, q-quello che stavo d-dicendo è… è… - E qui Romano cominciò a torturarsi le mani e a guardarsi intorno, cercando disperatamente aiuto dalle altre nazioni o città cattoliche che, prontamente, sviavano lo sguardo altrove. Poi, l’illuminazione divina: un paio di occhi verdi – appartenenti a un individuo che piangeva disperato  e che si sbracciava da cinque minuti – s’incatenarono con quelli castano chiaro del Sud Italia. Deglutì, assottigliando lo sguardo mentre tentava di capire che cosa gli stesse tentando di dire:
- D-dio pomodoro…?- Cercò di decifrare, perplesso. Vaticano avvampò di rabbia, sgranando gli occhi:
- COSA?!- E Romano si rese conto di averlo detto ad alta voce. Così, ignorando categoricamente il fratellino – che tratteneva a stento le risate, quel bastardo! – si rivolse alla Santa Sede e, con una nonchalance impressionante, borbottò:
- Beh, in fondo è un complimento… insomma, quale dio non vorrebbe essere un pomodoro?-
*
- Romanito, mi dispiace—
- Taci, bastardo, è tutta colpa tua se ora mi ritrovo in questa situazione!-
- Ma, mi amor—
- Fottiti!- Sibilò Romano, strizzando lo straccio nel secchio, per poi continuare a pulire il pavimento in marmo della chiesa. Tutti se ne erano andati da tempo, fatta eccezione per quel dannato spagnolo, che continuava imperterrito a seguirlo e a scusarsi, sporcando dove Romano aveva pulito in precedenza. Il sud Italia si voltò indietro, impallidendo non appena vide il pavimento costellato dalle impronte fangose dello spagnolo. Si voltò meccanicamente verso Antonio, che continuava a guardarlo con un’espressione confusa.
- Tu.- Spagna alzò un sopracciglio:
- Io…?- Romano lo fissò con astio, gli occhi spiritati e il volto rosso dall’ira. Iniziò a passarsi tra le mani lo straccio umidiccio, avvicinandosi verso l’altro con fare minaccioso. Spagna deglutì, iniziando ad indietreggiare:
- R-Romanito…?-
- KITEMMUORT!!!- E “Romanito” scattò in avanti, sbuffando e ringhiando come un toro alla carica.
- HIIIIII!- Fu l’unica cosa che Spagna riuscì a pronunciare, prima di venire colpito sullo stomaco con una testata degna di Zidane e di svenire sul colpo.
 


Angolo autrice:

Salve a tutti! ^.^ Questa fanfiction è nata per caso mentre scleravo nel gruppo whatsapp di roleplay creato da
Polaris_Nicole - vi prego, partecipate perché ci si diverte un sacco e abbiamo (ho) un disperato bisogno dei roleplayer di Svizzera e di Ungheria (pls, rendete Austria una persona felice contattando la cara Polaris, che vi darà tutti i dettagli su come partecipare-- la storia di partenza la trovate Qui, assieme alla lista dei personaggi già occupati).
Spero vi uniate in tanti (fatelo pls. I need mah wife), bacini,

La Tigre Blanche


 
   
 
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