Anime & Manga > A un passo da te/Ao haru ride
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Autore: Himeko _    19/06/2015    4 recensioni
[Kou centric | riferimento al Volume 8 ed al Volume 9 | One shot di circa 2548 parole]
«Allora?», chiede spiegazioni il biondo sedendoglisi accanto, infilando le mani nelle larghe tasche della felpa.
Kou lo ringrazia mentalmente per non avere girato inutilmente intorno all’argomento.
«L’ho persa», espira con un tono di voce basso e rassegnato. Fa male dirlo ad alta voce, rende tutto più… vero.
E non può arrabbiarsi con Kikuchi per avergliela portata via; non è colpa sua.
L’unico responsabile della situazione in cui si trova è egli stesso.
Lui ha giocato una partita tenendo sempre la palla in mezzo al campo.
Lui ha perso l’assist che gli era stato lanciato.
Kikuchi ha solo raccolto il pallone, come un bravo calciatore farebbe.
Lui è l’unico colpevole di quella perdita.
Se quel giorno avesse risposto diversamente, se non l’avesse rifiutata, se ci avesse pensato qualche secondo di più, se…
Se, se ed ancora se.
• Prima classificata (a pari merito) e vincitrice del Premio Miglior Titolo al Contest ‘I fiori colorano il mondo’ indetto da Ayumu Okazaki sul forum di EFP.
Genere: Introspettivo, Malinconico | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna
Note: nessuna | Avvertimenti: Spoiler!
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Nickname: Himeko Kuroba
Genere: Introspettivo, Malinconico.
Rating: Verde.
Avvertimenti: Spoiler! – per chi non avesse letto il Manga.
Introduzione: «Allora?», chiede spiegazioni il biondo sedendoglisi accanto, infilando le mani nelle larghe tasche della felpa.
Kou lo ringrazia mentalmente per non avere girato inutilmente intorno all’argomento.
«L’ho persa», espira con un tono di voce basso e rassegnato. Fa male dirlo ad alta voce, rende tutto più… vero.
E non può arrabbiarsi con Kikuchi per avergliela portata via; non è colpa sua.
L’unico responsabile della situazione in cui si trova è egli stesso.
Lui ha giocato una partita tenendo sempre la palla in mezzo al campo.
Lui ha perso l’assist che gli era stato lanciato.
Kikuchi ha solo raccolto il pallone, come un bravo calciatore farebbe.                   
Lui è l’unico colpevole di quella perdita.
Se quel giorno avesse risposto diversamente, se non l’avesse rifiutata, se ci avesse pensato qualche secondo di più, se…
Se, se ed ancora se.
Pacchetto: Pervinca {Rabbia, Arpa, Autunno} – Prompt usati: Rabbia, Autunno.
Note: questa One shot partecipa al Contest I fiori colorano il mondo indetto da Ayumu Okazaki sul forum di EFP. Vengono ripresi gli avvenimenti dei seguenti volumi:Volume 8 {capitolo 28, 29, 30} e Volume 9 {capitolo 31, 32}.



 
 
Come una foglia esposta alla brezza autunnale, oscilliamo in balia dei nostri sentimenti, prima di cadere nel vuoto.
 
 
 
Una foglia si stacca dal ramo più alto della quercia piantata all’ingresso dei giardinetti pubblici, unico fazzoletto verdeggiante davanti la stazione, e Kou prende ad osservarne l’inevitabile caduta.
Le assomiglia, pensa seguendo con gli occhi i movimenti della sagoma ingiallita che, trasportata dalla lieve brezza autunnale, raggiunge con grazia il suolo polveroso dove giacciono altre sue simili: alcune sono spezzate in corrispondenza delle nervature, altre presentano un colorito bruno e tonalità che virano dal rosso all’arancione e qualcuna è ancora tinteggiata di un verde un po’ spento a causa della disidratazione. Anche lui, come quest’ultima, prima di precipitare comprendendo la verità che il suo cuore gli urlava da tempo, ha librato in balia dei sentimenti che si è ostinato a reprimere, negando l’evidenza e le inconfutabili prove che Kominato si è ostinato a presentargli.
Ma quando è iniziata la sua lenta caduta?
Una domanda senza risposta che continua a porsi da quando Yoshioka ha intrapreso un rapporto di sola amicizia – ci spera ancora, Kou – con Kikuchi, e che ora necessita di riceverne una.
Ne è certo; essa non ha visto gli albori quando Futaba si è dichiarata, bensì prima, quando la sua maschera d’indifferenza ha cominciato a presentare le prime crepe.
A quanto pare non era poi così perfetta come credeva, constata appoggiandosi alla parete di carta di riso dietro di lui, dato che esse risalgono alla prima volta che l’ha rivista e con lei, i ricordi all’insegna della felicità e della spensieratezza che hanno caratterizzato la sua pre-adolescenza sono riaffiorati in lui, scalfendone la superficie.
Un lieve sorriso gli increspa le labbra, mentre si paragona al ciclo vitale di una foglia, che passa di stagione in stagione, sino a giungere alla sua caduta, che solitamente coincide con l’autunno, quando ha ormai raggiunto la sua maturità.
Che paragone insolito, si ritrova a commentare Kou, lui che quella maturità non l’ha ancora conquistata. Sua madre era solita dirgli che era più maturo dei suoi coetanei e lui se ne compiaceva, ma ora che sa di non esserlo, il cuore gli si stringe in una dolorosa morsa. È riuscito a deludere anche la sua genitrice.
Chissà perché l’autunno ha sempre coinciso con il suo dolore: la morte di sua madre, prima, e l’allontanamento di Yoshioka adesso.
«Hei! Scusa il ritardo», lo saluta Kominato interrompendo le sue riflessioni, raggiungendolo con passo strascicato. Gli lancia uno sguardo veloce e scostando la tendina del locale a cui è appoggiato da parecchi minuti, domanda: «Zia?».
Un sospiro gli sfugge dalle labbra, mentre osserva l’amico porgere un sacchetto all’anziana proprietaria – che sembra conoscere bene dato l’appellativo con cui le si è rivolto.
In quell’ultimo periodo i consigli del biondo si sono rivelati sempre idonei alla situazione e se lui li avesse seguiti, forse non si troverebbe lì con l’orgoglio leso e tante piccole ferite da leccarsi.
«Allora?», chiede spiegazioni il biondo sedendoglisi accanto, infilando le mani nelle larghe tasche della felpa.
Kou lo ringrazia mentalmente per non avere girato inutilmente intorno all’argomento.
«L’ho persa», espira con un tono di voce basso e rassegnato. Fa male dirlo ad alta voce, rende tutto più… vero.
E non può arrabbiarsi con Kikuchi per avergliela portata via; non è colpa sua.
L’unico responsabile della situazione in cui si trova è egli stesso.
Lui ha giocato una partita tenendo sempre la palla in mezzo al campo.
Lui ha perso l’assist che gli era stato lanciato.
Kikuchi ha solo raccolto il pallone, come un bravo calciatore farebbe.
Lui è l’unico colpevole di quella perdita.
Se quel giorno avesse risposto diversamente, se non l’avesse rifiutata, se ci avesse pensato qualche secondo di più, se…
Se, se ed ancora se.
Sospira sconsolato, scuotendo leggermente il capo.
Le ipotesi non lo aiuteranno ad accettare il nuovo contesto che si è venuto a creare.


 
 
 
 
«Kou, I like you».
 
Il ragazzo alle prese con il bottone, che non vuole saperne di entrare nell’asola del cardigan, s’irrigidisce mentre quelle tre parole – I like you – gli scuotono l’anima facendola vibrare al ritmo di una melodia a lui sconosciuta ed il cuore viene percosso da intense pulsazioni, tanto da farlo sembrare uno strumento a percussione pronto a sfondare la cassa toracica, che comincia a dolere.
Le mani non rispondono più ai suoi comandi e lasciano cadere i lembi della maglia sulla camicia bianca, le braccia – appendici inutili – ricadono pesantemente accanto i suoi fianchi.
Il volto si solleva di pochi millimetri; quanto basta per poterla osservare.
La sua mente sembra essere in grado di formulare un unico pensiero: il bottone era solo una scusa.
Continua a fissarla, rimanendo inerme di fronte l’espressione serena, carica di dolcezza, trasmessa dal suo volto.
 
«So I come here to get rejected properly to end this, so I can move forward to make me convinced of this broken heart I want to get rejected properly».

Rimane stupito dalla presa di posizione della ragazza.
Durante quella breve e concisa richiesta non l’ha mai vista abbassare gli occhi in preda all’incertezza, se non per un momento: quei pochi attimi iniziali che le sono serviti per racimolare il coraggio necessario a continuare quella dichiarazione inaspettata, permettendogli così di notare l’imbarazzo che l’attanaglia.

 
«Yes, I can’t go out with Yoshioka».
 
Lascia trascorrere un secondo, in cui tutto si ferma; il vento smette di allietare la giornata, il fruscio delle foglie si acquieta, le chiacchiere degli alunni che si godono la pausa pranzo passano in secondo piano, la Terra smette di ruotare intorno al proprio asse.
I loro occhi sono inchiodati gli uni negli altri. I suoi bulbi oculari cominciano ad inumidirsi a causa dell’assenza di movimento delle ciglia; teme che anche alla più piccola movenza quel contatto così intenso si perderà.
Non può, non possono, aspettare ulteriormente e senza metabolizzare le parole che si sono appena scambiati, le risponde.
Un sospiro viene rilasciato, delineando lo scoppio della bolla in cui si erano rinchiusi; il Mondo attorno a loro torna a roteare, il brusio torna a farsi sentire ed i fili d’erba prendono a muoversi simultaneamente.
«Grazie, da oggi in poi saremo dei semplici compagni di classe», si congeda Futaba con un sorriso prima di correre via, leggera come una foglia, lontano da lui.
Solo allora realizza di averla rifiutata ed inconsciamente muove un piccolo passo nella direzione in cui è scomparsa. Vuole seguirla e ritrattare tutto ciò che ha appena detto, ma la suoneria del suo cellulare interrompe bruscamente la quiete che lo circonda e le sue stesse illusioni: Narumi non poteva scegliere un momento migliore per chiamarlo.
Fissa con intensità l’oggetto che tiene tra le mani ed in pochi secondi la rabbia prende il sopravvento sul suo corpo. Con uno scatto iroso lancia il cellullare contro il muretto dietro di sé, imprimendovi tutta la forza che possiede. Non gli importa se il cellulare si romperà, se la mora lo chiamerà innumerevoli volte senza ricevere alcuna risposta, se si preoccuperà, se dovrà comprarne un altro con i propri soldi. Vuole solo sfogare la rabbia che l’ha assediato ed il dolore straziante che sta provando.
Ansima con ferocia cercando d’incanalare più aria possibile attraverso le narici, tentando di controllare l’inspiegabile desiderio di spaccare ogni cosa si trovi sul suo cammino.
Espira profondamente osservando ciò che resta del suo telefono; ora si è calmato, almeno non trema più.
È conscio del fatto che nei giorni a seguire alcuni fotogrammi di quella conversazione, non sa come altro chiamarla, lo tormenteranno: l’inchino con cui Yoshioka l’ha ringraziato per averla rifiutata, il sorriso che non ha mai abbandonato il suo viso tondo e quelle lacrime che hanno solcato le sue gote arrossate, nonostante sia corsa via piuttosto velocemente – sicuramente, pensa Kou, per impedirgli di vederle.
 
Sbadiglia, mentre scrive l’ennesimo messaggio.
Non ha dormito tutta la notte ripensando alle parole che ha detto a Yoshioka e si è convinto di avere fatto la scelta migliore, per entrambi; nelle ultime settimane non ha fatto altro che farla soffrire con il suo comportamento sfuggente ed è sicuro che in qualche modo riuscirà a dimenticarla.Baka, lo apostrofa la sua coscienza, che stranamente ha la stessa voce di Kominato.
Osserva il sole, alto nel cielo celeste, in cerca di risposte.
Come può dimenticare la ragazza che gli è rimasta nel cuore per anni?
Come può, se nelle altre ragazze cerca qualcosa che gliela ricordi? Che si tratti del profumo dei suoi capelli castano scuro, della scintilla che brilla nei suoi occhi nocciola, del tenue rossore che le imporpora le guance, della voce melodiosa, del carattere femminile e determinato al contempo. Come?, domanda con una punta di irritazione alla sfera arancione.
I giorni si susseguono veloci nella loro ordinaria normalità e Kou crede di essere riuscito a rinchiudere in un cassetto i sentimenti che prova nei confronti della coetanea, sebbene continui ad evitarla con grande maestria, complice la medesima reazione da parte della castana.
La rabbia verso se stesso, che sembrava essere scomparsa, ricompare brutalmente quando, involontariamente, ode Kikuchi invitare le ragazze alle prove della band.
Una tenace morsa soffoca il suo cuore, che perde un battito, quasi ci fosse una mano invisibile a compiere tale gesto.
Quando è sicuro che il gruppetto si è allontanato, esce da dietro lo scaffale senza rivolgere una parola all’amico biondo che è rimasto in religioso silenzio. Prende le scarpe dal suo armadietto e le getta a terra con più veemenza del solito, le indossa velocemente ed agguanta il cellulare, sentendo su di sé lo sguardo di disapprovazione di Kominato.

 
«Don’t force sympathy».
 
*
 
Alza gli occhi verso il cielo cupo.
Piove, come tutte le volte in cui si è trovato in prossimità del tempio, ma questa volta percepisce qualcosa di diverso nell’aria.
Espira, pensieroso.
Dei passi veloci catturano la sua attenzione e poco dopo Yoshioka compare nella sua visuale, fradicia e con il fiatone, bloccandosi sotto le gocce d’acqua che cadono imperterrite quando nota che sotto la tettoia c’è già qualcuno.
Kou si scosta lateralmente facendole posto, mentre la strana sensazione che lo attanaglia da giorni si intensifica. Dopo un’iniziale titubanza la ragazza gli si accosta, mantenendo, tuttavia, una certa distanza.
Sospira silenziosamente; anche se il rapporto tra di loro sembra essere migliorato, qualcosa si è rotto.
Senza che gli abbia chiesto nulla, afferra la maglietta leggermente fradicia buttata malamente nel suo zaino e gliela posa sul capo, invitandola ad asciugarsi come aveva fatto anni addietro, quando un violento acquazzone li aveva sorpresi.
La ragazza gliela tende con un’espressione seria dipinta sul volto e Kou, complice il cattivo umore, l’afferra. Dopodiché riduce i centimetri che li dividono cominciando a strofinare con vigore i capelli gocciolanti.
Il ticchettio della pioggia sulla tettoia scandisce i secondi che passano in silenzio, fino a quando un rumore sordo non fa urlare la ragazza, che spaventata lo abbraccia.
Kou ricambia il gesto, cercando di donarle un senso di protezione, mentre internamente sorride in direzione del cucciolo di procione che è appena scomparso dietro l’angolo.

 
«Let go of me!»
 
Urla Futaba, sgusciando malamente da quell’intreccio di braccia.
Non l’ha mai vista così arrabbiata, non gli ha mai urlato contro guardandolo con tanta… esasperazione?... Disperazione?, si domanda.
Non vuole lasciarla, pensa vigliaccamente, anche se sa di non avere alcun diritto per abbracciarla in quel modo; è pur sempre la ragazza che ha rifiutato.

 
«Up until this day, you may be the one I’ve always loved, I can go and love someone else, but that will be horrible for you isn’t it?»
 
Sì, vorrebbe urlarle in risposta. Lo spaventa pensare che qualcun altro prenderà il suo posto nel cuore dell’adolescente.
Gli fa male vedere gli sguardi, lunghi ed imbarazzati, che si scambia con Kikuchi, come è successo poche ore prima alla riunione dei rappresentanti di classe.
È stato costretto a dirle di smetterla di fissarlo, di concentrarsi su ciò che stavano dicendo gli insegnanti, non perché gli interessava veramente, ma solamente per non dovere più assistere a tutto quello.
E quando il ragazzo si è avvicinato con il chiaro intento di parlarle in privato, è uscito dall’aula livido di rabbia. Sentimento che non si è attenuato quando l’ha vista entrare in classe con il volto in fiamme e che non ha celato a Kominato quando gli ha intimato di muoversi.

 
«Even though I can’t help it, you would rather keep loving me unconditionally isn’t that right?
Don’t make fool…»
 
Lo è, lo è sempre stato.
No, non ha mai voluto che lei lo amasse incondizionatamente dopo il suo rifiuto, non è mai stato così egoista.
Ipocrita, gli urla la coscienza.
Allora, continua la vocina, perché ti arrabbi tanto quando si trucca? La conosci anche tu la risposta: non lo fa per te, rimarca ridendo.
Purtroppo ha ragione, si trova costretto ad ammettere il ragazzo rimembrando ciò che è successo pochi giorni prima.
Nell’intento di evitarsi, i due ragazzi si scontrano sull’uscio dell’aula. La prima a scusarsi per l’accaduto è proprio Yoshioka, che continua a fissargli insistentemente un punto preciso della sua camicia, così lui abbassa lo sguardo sul proprio petto e nota una macchia di rossetto sporcare il candore dell’indumento. Rimane perplesso, la ragazza non si è mai truccata.
Un pensiero fa breccia nella sua mente ed immediatamente le fissa il viso con attenzione.
Da quando ha iniziato a truccarsi?
La rabbia monta in lui.
Con un gesto fulmineo della mano sinistra le afferra il volto e con la destra si prodiga a togliere quella sostanza appiccicosa dalle sue morbide labbra, impiastricciandole il volto più di quanto non lo fosse già prima.
Punta le sue iridi in quelle nocciola della ragazza e le intima di non truccarsi, anche se non ne ha alcun diritto; non è il suo ragazzo.
«Vuoi forse apparire come una ragazza frivola e priva di cervello?», le domanda retoricamente con l’intento di ferirla.

 
«If you thought that I will continue chasing after you forever, then keep dreaming!»
 
Futaba urla quelle ultime parole prima di correre via sotto la pioggia che ha aumentato l’intensità di caduta.
Kou continua ad osservare la figura femminile che si allontana fino a quando non diventa piccola ed indistinguibile, solo allora si concede di ringhiare ed accasciarsi a terra.
Ora comprende cosa c’è di strano: il suo cuore si è frantumato in tanti piccoli pezzi.
E, per la prima volta, realizza che la sta perdendo.
 
 
 
 
 
 
«Come vanno le cose con Narumi?», s’informa il francese guardandolo di sottecchi, temendo di avergli rivolto una domanda inappropriata.
Il moro scuote la testa come a volerla liberare dai troppi pensieri che vi vorticano all’interno. «Ho chiarito», esala guardando le nuvole scure che sovrastano la città.
Kominato lo osserva per alcuni secondi senza osare chiedere di più; non vuole irritarlo rendendolo più intrattabile del solito.
«Avanti, dillo».
Il biondo sbatte più volte le palpebre: l’ha detto veramente?
Il moro ricambia lo sguardo ed Aya sospira. «No. Non te lo dirò solo perché vuoi che te lo dica. È per questo che mi hai chiamato, vero? Per avere qualcuno che ti dicesse “te lo avevo detto”, neh? Hai sbagliato a fare i conti; io so che tu lo sai, quindi che gusto ci sarebbe nel ricordartelo?»
«Da quando sei diventato un filosofo?», replica Kou abbozzando un sorriso.
«Lo sono sempre stato», si vanta battendosi una mano sul petto. «Guarda», indica il viale che conduce ai giardini pubblici coperto dal fogliame, che fino a qualche settimana prima adornava gli alberi. «Siamo delle foglie anche noi. Esse ondeggiano quando vengono colpite dalla brezza, ma se questa è troppo forte cadono, raggiungendo quelle che sono cadute prima di loro. Esattamente come loro, tu sei stato colpito da una raffica di vento, hai oscillato in balia dei tuoi sentimenti e sei caduto, ma hai tante persone che credono in te e ti aiuteranno a rialzarti».
Kou si apre nel primo vero sorriso da giorni e ringrazia l’amico; ha afferrato il profondo significato che si cela dietro le sue parole.
«Aya-chan?», domanda la proprietaria del negozio di dolci, «tieni, questi sono per voi».
L’autunno è la stagione che lo rappresenta al meglio, pensa il moro addentando un dango.

 
 



 
 
Note dell’Autrice:
Buon pomeriggio,
sono un po’ emozionata: questa è la prima volta in assoluto che scrivo, e pubblico, qualcosa su questo shōjo che mi ha completamente rapita dalla prima tavola. ♥
Ehm… cosa si dice in questi casi? Non sono per niente brava con le presentazioni, quindi mi limiterò a dire: sono Himeko ed è un piacere conoscervi. Ma credo che questo lo abbiate già capito da voi. ^^
Solitamente tendo a dilungarmi un po’ troppo sulle note, ma questa volta credo che farò un’eccezione, anche perché non so proprio come pormi…
Innanzitutto, questa One shot che conta all’incirca 2548 parole partecipa ad un Contest indetto da Ayumu Okazaki sul forum di EFP: “I fiori colorano il mondo”. È la prima volta che riesco a consegnare una fanfiction senza che il contest venga annullato od abbandonato, quindi sono doppiamente emozionata. Devo però dire che il mio traguardo l’ho raggiunto: scrivere qualcosa usando i personaggi di Ao Haru Ride Aoharaido.
A tal proposito, le vicende ed i dialoghi sono presi dai seguenti volumi:
♦ Volume 8 – Capitolo 28, 29, 30
♦ Volume 9 – Capitolo 31, 32
Inoltre, ho voluto mantenere i dialoghi in inglese perché, a parer mio, traducendoli in italiano perdevano gran parte del loro significato e dell’emozione che è insita nelle parole usate, le quali non sono state scelte a caso. Per gli altri dialoghi, quelli in italiano, ho modificato un po’ le parole a vantaggio della situazione in cui li inserivo.
Parlando della One shot ho deciso di strutturarla così:
• una parte iniziale in cui Kou chiama Kominato e gli chiede di raggiungerlo nei pressi della stazione;
• una parte che funge da intermezzo fungendo da ricordo. Infatti quelli sono i pensieri, ed i conseguenti ricordi, che vorticano nella mente di Kou, spiegando tuti gli avvenimenti che lo hanno portato a dire «Ho perso Yoshioka»;
• ed una parte finale in cui si ritorna al dialogo tra Kominato e Kou. Ed è proprio quest’ultima a non convincermi pienamente.
Spero di avere mantenuto l’IC dei personaggi chiamati in causa, anche perché, lo confesso, ho trovato particolarmente difficoltoso cercare di entrare in simbiosi con Kou e più volte mi sono ritrovata a domandarmi se non lo stessi rendendo troppo simile a me, cioè, se stessi mantenendo in linea il suo carattere senza inserirvi all’interno i miei pensieri ed i miei modi di fare nel caso in cui mi fossi ritrovata nella medesima situazione. Ogni consiglio per migliorare è ben gradito. ;)
Vorrei anche dirvi che ho usato il termine “francese” per indicare Aya Kominato, tanto per non dovere ripetere per l’ennesima volta “l’amico, il biondo”. Da quanto mi risulta nella sua famiglia dovrebbe esserci qualcuno con radici francesi, quindi lui sarebbe per metà francese e per metà giapponese, se non erro e non ricordo male.
Prima di dimenticarmi: nel Volume 9 – Capitolo 32 alla fine, Kou e Kominato mangiano qualcosa, ed io non essendo riuscita a capire di cosa si trattasse ho deciso di fingereche si trattasse dei Dango. Inoltre, l’ultimo dialogo di Aya-kun può risultare ricco di ripetizioni, ma questa replicazione della parola/verbo “dice, dica, disse, dico, …” è voluta per porre in rilievo il concetto abbastanza ironico del “so che tu sai, quindi non te lo dico”. Non so se mi sono spiegata… *si gratta imbarazzata la nuca*
Per quanto riguarda il titolo, ne avevo trovato uno più corto, ma non esprimeva ciò che io volevo esprimere, sempre che io ci sia riuscita. Infatti il titolo fa riferimento alle parole finali di Kominato; io non credo di averlo reso troppo filosofo, ma la parola finale spetta a voi.
I prompt che dovevo utilizzare erano Rabbia, Autunno, Arpa, ma io ho usato solamente Rabbia ed Autunno e spero di averli usati al meglio, anche se non mi sembra.
Devo dire che sono abbastanza soddisfatta del risultato finale, anche se sono consapevole che avrei potuto sviluppare meglio alcuni punti, per esempio le vicende riguardanti Narumi ed il conseguente comportamento di Kou. Ma avendo poco tempo, ed essendo impegnata prima, ho deciso di soprassedere a ciò, spero non sia stato un problema.
E niente, ringrazio tutti coloro che passeranno in questa One shot per voglia, o per sbaglio. E ringrazio tutti coloro che commenteranno, lasciandomi un segno del loro passaggio e qualche suggerimento su come migliorare. ♥
Arigatou Gozaimasu! ♥
Himeko
  
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