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Autore: Greywolf    19/06/2015    4 recensioni
Un evento improvviso può comunque dar vita ad una serata migliore di come la si era programmata. E questo Kei lo sperimenta una sera durante un appuntamento-premio di una delle sue sfide quotidiane con Hikari.
Settima classificata al Contest "I fiori colorano il mondo" indetto da Ayumu Okazaki sul forum di Efp.
Genere: Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Hikari Hanazono, Kei Takishima
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Nickname su Efp: Greywolf
Nickname sul forum: Sempre Greywolf, non sono iscritta sul forum.
Genere: Sentimentale
Rating: Verde
Avvertimenti: Nessuno
Introduzione: Un evento improvviso può comunque dar vita ad una serata migliore di come la si era programmata. E questo Kei lo sperimenta una sera durante un appuntamento-premio di una delle sue sfide quotidiane con Hikari.
Pacchetto/i: Ipomea Purpurea
Note dell'autore: Le espressioni di Kei davanti a Hikari sono indescrivibili. Semplicemente immaginatele!
 
                                             
 
La ragazza ricontrollò per l’ennesima volta l’orologio ancora convinta di aver letto male. 21:04. Impossibile.
Scorse un passante avvicinarsi e lo fermò chiedendogli gentilmente che ore fossero e quello non fece altro che confermare. 21:04.
“Anzi 21:05” si corresse prima di augurargli una buona serata e andarsene.
A quel punto Hikari iniziò seriamente a preoccuparsi. Takishima non era mai in ritardo, possibile che gli fosse successo qualcosa?
Scosse un poco la testa per scacciare quello sciocco pensiero. Del resto si parlava del suo acerrimo rivale e in quanto tale non doveva avere nulla da temere. Senza dubbio quel ritardo doveva avere una spiegazione. Non le avrebbe mai dato buca. Insomma...che motivo avrebbe avuto per farlo?
Dopotutto se si trovava lì era solo per saldare il suo ultimo debito. Ebbene si, dopo essere stata battuta ancora una volta quella era stata la richiesta che si era ritrovata a dover soddisfare. Aveva dovuto accettare una cena nel ristorante davanti a cui ora lo stava aspettando.
Si domandò come aveva potuto commettere nuovamente lo stesso errore e lasciarsi trascinare in un’idea tanto strana per non dire imbarazzante. Con un sospiro non poté fare a meno di ricordare che di fronte alle provocazioni di Takishima perdeva la testa e lì tutto il suo spirito si infervorava e le impediva di valutare lucidamente le condizioni della sfida.
E così eccola lì, davanti al locale prescelto in attesa dell’arrivo del ragazzo che sembrava non volersi decidere ad arrivare. Si strinse un po’ di più nel cappotto nero nel tentativo di scaldarsi un po’ visto quella fredda arietta serale che soffiava dispettosa e che le mandava dei brividi in tutto il corpo. Mosse qualche passo  lungo la strada per non restare immobile, uscendo dal fascio di luce che l’interno del ristorante gettava sulla strada e proseguendo in avanti con l’intenzione di non allontanarsi troppo dal luogo stabilito per l’appuntamento.
Si fermò e controllò l’ora. 21:23. “Forse si è dimenticato.” pensò.
Neanche un istante dopo si sentì trascinare in un vicoletto scuro, una mano sulla bocca e un braccio avvolto intorno alla vita che la tirava indietro con forza ma senza violenza. Stava già cominciando a dimenarsi per potersi liberare da quella presa quando una voce calda e ben nota le sussurrò nell’orecchio:
“Non agitarti Numero Due, sono io.”
Resasi conto che si trattava di Kei, Hikari cercò di parlare ma tutto ciò che si udì fu un mugugno indistinto dal momento che l’altro le impediva di parlare.
“Mi stanno inseguendo. Gli uomini di mio padre.” spiegò con un filo di voce, gettando un’occhiata in strada in cerca di qualche movimento sospetto “Dobbiamo spostarci. Posso lasciarti andare senza che tu ti metta a urlare?”
Lei annuì con il capo e subito venne lasciata andare.
“Non c’era bisogno di farmi prendere un colpo così!” protestò non appena se lo ritrovò davanti.
“Cerca di parlare piano!” la rimproverò con una certa asprezza. Lei rimase stupita da quel tono che raramente le era stato riservato. Kei si era fatto decisamente freddo eppure, lo notò anche da come elegantemente si era vestito, sembrava intenzionato a passare una serata piacevole.
“Qui non è sicuro.” esordì a un certo punto “Vieni!”
La afferrò per un braccio e prese a trascinarla lungo quello stretto vicolo mantenendo un passo sostenuto mentre lei cercava in tutti i modi di stargli dietro senza rischiare di inciampare.
“Takishima, posso seguirti anche da sola! Lasciami!” gli intimò ma l’altro la ignorava e continuava a camminare. Provò una volta a sottrarsi ma la stretta divenne più salda, così preferì lasciarsi condurre senza opporsi.
La condusse attraverso altre strette stradine finché non sbucarono in un altro quartiere meno frequentato del precedente che però lei conosceva molto bene. Solo allora lasciò la presa.
“Mi dispiace.”
Hikari sentì chiaramente una profonda tristezza in quelle due parole. Stava per rispondere ma lui proseguì:
“Volevo farti trascorrere una bella serata ma mio padre ha rovinato tutto. Vuole che prenda parte a un riunione a cui dobbiamo presentarci domani mattina e quindi è necessario partire in serata. Ho cercato di fargli capire quanto fosse importante ciò che dovevo fare questa sera ma a lui come al solito non è importato nulla. A quest’ora avrà sguinzagliato tutti i suoi uomini pur di trovarmi, non possiamo tornare al ristorante. Perdonami, Hikari.”
Alzò appena il capo per guardarla negli occhi, scusandosi anche con lo sguardo. Era a dir poco mortificato.
Le sue parole però non volevano essere solo una scusa per la piega che aveva preso la serata. Erano state anche uno sfogo. Di certo quella situazione con il padre non doveva essere affatto semplice. Se da una parte lui era sempre disponibile a sostenere il genitore affinché l’azienda di famiglia continuasse a crescere, dall’altra sapere che i propri impegni erano insignificanti rispetto al lavoro, doveva essere frustrante. Come se non fosse altro che uno strumento che doveva essere sempre a disposizione e di cui nessun altro poteva usufruire.
Poteva apparire la perfezione, il ragazzo a cui nulla manca, né l’intelligenza né la bellezza né la maestria in qualsiasi cosa. Il rivale perfetto. Ma c’era qualcosa che gli mancava e che non aveva modo di ottenere. La considerazione della sua famiglia. Bisogno di essere trattato come chiunque altro e non solo per le sue caratteristiche migliori.
Questo pensava Hikari e subito capì di voler fare qualcosa. Non avrebbe permesso che fosse così triste, che quello che era successo gli rovinasse l’entusiasmo che aveva non appena avevano consultato i risultati dell’ultimo test e le aveva dato indicazioni di data e ora per riscuotere la vincita della sfida...tanto meno che macchinasse quei pensieri che gli leggeva negli occhi. Un’idea la illuminò e decise di metterla in pratica.
“Takishima non muoverti di qui! Torno subito!”
Kei non fece nemmeno in tempo a chiederle dove volesse andare che lei  era già corsa via. Era confuso ma decise comunque di fare come gli era stato detto, così si sedette su una panchina e attese il suo ritorno. Non sarebbe stata la prima volta che quella ragazza faceva qualcosa di inaspettato e che poi lo lasciava piacevolmente senza parole.
Tornò infatti dopo una decina di minuti, con uno di quei sorrisi pieni di entusiasmo e felicità che lo lasciavano senza fiato quell’impercettibile istante di cui lei non si era ancora mai accorta. Aveva con sé una busta e non appena gli si avvicinò, venne investito da un odore conosciuto ma non riuscì a formulare un pensiero che lei lo prese per il braccio e lo invitò ad alzarsi.
“Avanti Takishima, andiamo!”
“Dove vuoi andare?” le domandò più confuso che mai.
“Lo vedrai!” gli disse facendogli l’occhiolino e spingendolo a seguirla.
Kei fece spallucce e la seguì sena fare storie. Qualunque cosa avesse in mente, visto le scarse prospettive che gli erano rimaste per la serata, sarebbe stata senza dubbio un miglioramento.
Si allontanarono dal centro, lasciandosi alle spalle le luci dei negozi per addentrarsi in una zona piuttosto solitaria. La ragazza si muoveva sicura e senza esitazioni, sapeva perfettamente dove andare. Finalmente intravide l’ingresso del parco dove spesso trascorreva i pomeriggi quando era più piccola più per allenarsi che per altro. Rise al ricordo degli altri bambini e dei loro genitori che la guardavano terrorizzati mentre eseguiva alcune delle sue mosse preferite in vista della prossima sfida da sottoporre al suo rivale. Per la serata però aveva in mente altro.
“Mi hai portato in un parco per ragazzini?” domandò sorpreso Kei. “Ti è venuta voglia di andare sullo scivolo, Numero Due?”
“Non chiamarmi Numero Due!” gli intimò, gonfiando le guance offesa. Poi recuperò il suo sorrisetto. “Niente scivolo! Ma voglio sedermi qui!”
E con queste parole si diresse verso un altalena a due posti, sedendosi su quello di destra. Il ragazzo inclinò leggermente la testa non capendo cosa volesse fare, cosa frullasse in testa alla ragazza.
“Vuoi venire?” gli intimò “Altrimenti ti faccio restare a digiuno!”
Un po’ titubante si avvicinò e prese posto là dove gli era stato indicato mentre Hikari prese a frugare nella busta che si era portata dietro.
“Ecco qua! Spero che ti piaccia!” esclamò tirando fuori un qualcosa di morbido avvolto in un fazzoletto che gli passò. Riconobbe subito l’odore e scartandolo rivelò infatti che si trattava di un cheeseburger. Hikari ne prese uno anche per sé, sistemando poi fuori dalla busta due lattine di bibite gassate. Kei non aveva parole per descrivere quello strano momento ma bastarono le parole della ragazza a far sparire ogni pensiero.
“Non sarà una cena di lusso ma alla fine ciò che conta è con chi si condivide qualcosa giusto? Che sia un panino o un’aragosta, che importa?”
Un lieve rossore imporporò le guance del solitamente calmo e composto Numero Uno che non riuscì a trattenersi dall’increspare lievemente le labbra e mormorare un lieve “Giusto.”.
Più che soddisfatta di quella reazione, la moretta si riempì di orgoglio e diede il via a quel loro strano pasto.
Rimasero un pochino in silenzio poi lei prese la parola:
“C’è un motivo per cui sono voluta venire qui.” cominciò “C’era una cosa che volevo mostrarti.”
Kei smise di mangiare e le fece cenno di continuare. Lei si allargò in un altro sorriso e puntò un dito al cielo.
Seguì l’indicazione e alzò lo sguardo al cielo. E lo spettacolo che gli si presentò lo lasciò senza fiato. La volta celeste era limpida e lasciava una vista mozzafiato di ogni suo più piccolo lume che risplendevano di un’intensità a dir poco sorprendente. Lontano dai rumori e dalle luci dei centri abitati, il silenzio e la poca illuminazione creavano quell’atmosfera a dir poco...magica?
“Ogni volta che venivo qui per allenarmi mi trattenevo qui fino a sera.” raccontò “Mio padre mi teneva d’occhio osservando quanto impegno mettessi in quello che facevo. Un giorno poi, calata la notte quando gli dissi che poteva bastare lui mi invitò a sedermi qui. Mi fece guardare il cielo e io ne rimasi rapita. Le stelle erano come quelle di questa sera, splendide. E mi disse una cosa che non ho più dimenticato...che molto spesso perdiamo di vista le cose veramente belle della vita ma non è mai tardi per riscoprirle.”
Dopo quelle parole, abbassò lo sguardo quel che bastava per incastrare gli occhi con quelli di Kei.
“Forse tuo padre non si rende conto che la famiglia, i suoi figli sono ben più preziosi del dedicarsi esclusivamente al lavoro. Ma sono sicura che prima o poi si renderà conto di che figli meravigliosi ha e di quanto tempo ha sprecato non standovi accanto come dovrebbe. Del resto la propria famiglia è la certezza più grande che ognuno di noi ha, non è vero? Ehi...Takishima?! Takishima che ti prende?!”
“Nulla, stai tranquilla...” mormorò passandosi una mano sugli occhi “Credo sia un granello di polvere...” mentì poi.
“Ah è così? Strano non c’è vento stasera!” commentò. Poi chiese: “Va un po’ meglio?”
“Si Hikari...” sussurrò. Sorridendo di quell’estrema ingenuità poi aggiuse: “Va molto meglio...”
 
 
 
“Non c’era bisogno che mi riaccompagnassi a casa...”gli disse Hikari quando furono davanti alla sua abitazione.
“Non potevo lasciarti tornare da sola.”rispose l’altro.
Calò qualche secondo di silenzio alquanto imbarazzante. Lei non si spiegò quell’esitazione, del resto dovevano solo augurarsi la buonanotte. Tuttavia avevano passato una piacevole serata e si sentiva di farglielo sapere ma non riusciva a trovare le parole.
“Senti Hikari...per questa sera...”
Cogliendo nella sua voce quel tono incerto, temette che stesse ancora per scusarsi del non essere potuti andare a cena fuori come da programma, così partì in quarta ed esclamò:
“Takishima non devi più preoccuparti del fatto che non siamo andati al ristorante, io comunque mi sono divertita! Per cui non devi assolutamente scusarti con me!” e concluse alzando il pollice verso di lui.
Da parte sua Kei non riuscì a trattenere una piccola risata che poi si trasformò in un ghigno.
“A dire il vero c’è una cosa di cui devi scusarmi...”
“Uh? Di che sta parlando?” chiese esponendosi completamente, permettendo così al ragazzo di approfittare di quel momento di esitazione per farsi più vicino e poggiare le labbra sulle sue in un casto quanto sfuggevole bacio.
Hikari da parte sua, non si aspettava minimamente un gesto simile che non ebbe nemmeno il tempo di metabolizzare dato che il suo rivale si era già allontanato.
“Ecco, di questo ti chiedo perdono.” disse con il solito tono da primo della classe “Non ho proprio resistito...Numero Due!”
L’appellativo la risvegliò da quello stato di tranche. Lo aveva fatto di nuovo. Un’altra volta! Si era permesso di...
“Bhè ci vediamo domani, Numero Due Hanazono!” la salutò con un cenno della mano, avviandosi verso casa sua.
 
 
 
Sorrise ancora mentre alle sue spalle Hikari non la smetteva più di urlargli dietro senza curarsi del fatto che stesse svegliando tutto il quartiere. Quella ragazza era proprio unica.









  
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