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Autore: Ulquioriko    19/06/2015    0 recensioni
La Fenice, nota per la sua consuetudine a risorgere dalle proprie ceneri, canta l'ultimo grido prima di distruggersi.
Genere: Introspettivo, Malinconico, Poesia | Stato: in corso
Tipo di coppia: Nessuna
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Le stelle, serene, colavano molli lungo la volta nera
Che sembrava ossidiana, scalfita dal legno.
Il vento suonava soave, ghermiva un flauto leggiadro,
Tanto etereo quanto la vita umana ambisce.
Crude le parole che piovevano come dardi infuocati dalle sue labbra,
Senza che lo sapesse.
Ed io lì, immobile come sasso,
Non piangevo, non riuscivo, eppure disperavo;
Dov’era quest’ambita mappa per ritrovarsi?
Perduta! Perduta per sempre. Non parole, ma scaglie che s’insinuavano
Nella mia pelle e nei miei occhi, accecandomi e dilaniandomi.
Cos’avrei dovuto fare? Come salvarsi?
Non sapevo.
Straziante vita, disgregata in insignificanti frammenti,
Un gemito lontano, un crollo.
Forse la fine
Per entrambi.

   
 
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