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Autore: Ste_Takahashi    19/06/2015    0 recensioni
Sporgetevi dalla finestra e osservate. Cosa vedete?
Vedete cose. Cose grandi, piccole, belle, brutte, utili, inutili, significative o insignificanti. Cose colorate. Il verde delle piante e dell'erba, le macchine blu e rosse parcheggiate lì a fianco, il cielo azzurro che ci riempie di speranze.
Ora continuate a osservare e immaginatevi come qualunque cosa possa perdere velocemente il proprio pigmento, privatogli dalla più crudele delle forme viventi sulla terra: l'uomo.
"Il capolino della Chamomilla" ci porta in un mondo in bianco e nero sconvolto dalla furia umana e dal suo genio.
Se siete pronti ad affrontare questa battaglia insieme alla nostra protagonista Laila e ai suoi fedeli compagni, addentratevi in questo racconto e siatene partecipi.
Genere: Fantasy | Stato: in corso
Tipo di coppia: Nessuna
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Osservare è sempre stato il mio forte. Fermarsi e afferrare con una mano il mondo chiedendogli con gentilezza di aspettare. 

Il cinguettio delle cince, il fruscio del vento emozionato che corteggia le piante rigogliose, il ruscello che ospita i suoi indaffarati abitanti, qualche roditore con coda fluente che, appostato su di un abete, rosicchia la sua preda, gli insetti che saltano da un fiore all’altro mischiandone la bellezza; tutto sembra attendere.

Nelle orecchie si fa spazio quell’ipnosi che nasconde tutto ciò che in realtà continua la sua armoniosa routine, senza far caso a te. 

E guardi. Indisturbato.

Come se di colpo aprissi gli stessi occhi che non hai mai chiuso, ti risvegli, accorgendoti di essere ancora dove la tua mente si era fermata durante il sogno, quando hai preso a vivere un tramonto violaceo con quel sole che timido si nasconde, arrossendo dietro le rocce di letali cocuzzoli e facendone angoscia sulle ombre veloci.

Appoggiai la redine sul collo di Moony e lui, come avesse vissuto gli stessi miei momenti si girò di scatto affrettandosi a ricomporsi. Moony Soul è tutto ciò in cui riesco ancora a credere, una soddisfazione, un sentimento, un amico, un cavallo. Gli parlavo spesso e penso che mi ascoltasse. 

Attraversammo il bosco, alternando trotto e galoppo per arrivare a casa prima che il buio liberasse le anime irrequiete della notte, nelle quali io e lui non avevamo mai creduto. La notte ci piaceva come ci piaceva il tramonto e molto più di quanto non ci piacesse il dì. La luce fioca era piacevole.

Arrivammo a casa. Aprii il cancello in legno alla bell’e meglio che, con qualche cigolio proveniente dall’unica parte in ferro arrugginito, ci lasciò entrare, chiudendosi autonomamente alle nostre spalle. Tolsi i finimenti a Moony e lo lasciai brucare l’erba del nostro fatiscente giardino. 

Gli accarezzai il muso. -"Aspettami qui campione, ora ti preparo il premio che ti sei meritato"-  

Mi avviai verso casa con il viso velato dalla pace e dalla tranquillità dei momenti appena trascorsi. Aprii la porta che minacciava di crollare da un momento all’altro come quasi tutto il resto della casa e mi diressi verso la cucina. 

Presi qualche carota e qualche mela da un cestino e iniziai a spezzettarle facendole cadere in un secchiello di legno che avevo pitturato di rosso, con la scritta “Moony”che incombeva in una vernice bianca e brillante. 

Non mi dispiaceva affatto quella parte della mia vita. Regnava il silenzio che tanto amavo.

Aggiunsi qualche foglia di insalata e uscii. 

Come mi vide o meglio, come vide il suo secchiello, Moony nitrì, mi raggiunse trotterellando felice e abbassò subito il suo grosso muso per assaporare la prelibatezza che gli avevo preparato. 

-"Grazie a te, signorino"- Dissi ironizzando la sua foga. Mi sedetti accanto a lui e risi. Un suono piuttosto raro negli ultimi tempi.

Chiusi gli occhi. Buio.

Non ricordavo tanto del mio passato, vaghe porzioni che una cometa perde durante il suo viaggio, ricomposte alle storie dei libri che leggevo, in mancanza della realtà. Ogni tanto mi immaginavo da piccola davanti ad un gatto nero; lo avrei sicuramente tenuto con me. Altre volte ero in un' arena o in un labirinto a correre per salvarmi la vita. Altre volte ancora aggiustavo orologi magari del seicentesimo piano dell' Empire State Building. Se sei anche tu un lettore, sai di cosa parlo. 

La mia infanzia era più dovuta all’immaginazione di qualche stimato scrittore piuttosto che ai miei veri ricordi. Non so se volessi realmente sapere chi ero. Se non me lo ricordavo c’era un motivo e lo accettai.

-"…la..Lai…la…"- Mi sentii strattonare una spalla ed aprii faticosamente gli occhi iniziando a scorgere una figura scura che si faceva sempre più nitida sopra di me. 

-"Laila! Forza, svegliati! È tardi!"- Due occhi azzurri, stanchi ma brillanti ed un viso sottile dai lineamenti dolci e affettuosi che contrastavano con lo strato di terra e polvere che li ricoprivano, erano a pochi centimetri da me. Richard. Il mio migliore amico. 

Da quando scoppiò quella che la gente chiama “Guerra dell’anima”viviamo insieme, noi due soli. Non sappiamo che fine abbiano fatto le nostre famiglie. Possono essere morte, come schiave. Eravamo talmente tanto affezionati a loro che quando pensiamo di provare a cercarle, cambiamo subito argomento. Una tale idea sarebbe folle.

Sbadigliai. - "Dov'è Moony?" - Chiesi strofinandomi gli occhi.

- "Anche tu mi sei mancata. Oh figurati, certo che ho portato a casa qualcosa da mangiare anche stasera. Il taglio che ho sulla faccia? Tranquilla, hanno solo cercato di uccidermi mentre rubavo un paio di carote per il..tuo..CAVALLO! A te com’è andata la vacanza?" - Pronunciò tutto quanto senza prendere fiato, quasi urlando le ultime parole. 

- "Lo sai che prima o poi ti ringrazio sempre e comunque non è che io sono stata con le mani in mano" -Sapevo che non era quello che stava insinuando, ma conoscevo Richard e se lo avessi assecondato, magari scusandomi per non averlo 'accolto', avrebbe continuato all' infinito. 

Mi alzai e andai verso la capannina di legno, dove Moony era già appostato, per prepararla con fieno, acqua e paglia per la notte. Non dissi niente per il semplice fatto che non avevo niente da dire purtroppo. Iniziai a manovrare il forcone. 

Richard si avvicinò con le mani nelle tasche, mise fine al suo caratteristico tono giocoso e si fermò sull' uscio del vecchio box. 

- "Hai.. hai scoperto qualcosa?" - Si fece del tutto serio. Il suo sguardo iniziò a posarsi sui vecchi e malconci scarponi. 

Mi presi qualche minuto per pronunciare la risposta che ci demoralizzava sempre un po' di più del giorno precedente: - "Niente." - Sapevo quanto facesse male ad entrambi e per non precipitare in un abisso di quel silenzio che prima mi pareva così perfetto ed ora così inquietante, continuai - "Siamo partiti all’alba anche se Moony era un po' contrario" - Finsi una risatina a dir poco patetica, ma ripresi subito vedendo che il mio amico era più concentrato su ciò che avrei detto dopo. - "Siamo andati a Landcover passando per il bosco e come al solito non c'era nessuno, ma ho notato un fuoco spento da massimo tre ore. Abbiamo proseguito passando in mezzo alle macerie e ci siamo accampati a Westpost per mangiare qualcosa. Niente di niente. L' unico particolare che mi ha colpita è stato un fiore. Di quelli veri, colorati! Era completamente viola!" - Sapevo che ci stavo mettendo più entusiasmo di quello che probabilmente era necessario ma mi sembrava di non vederne uno da minimo un secolo e oltretutto mi serviva davvero che il mio amico fosse speranzoso di trovare qualcosa di nuovo o almeno di utile. 

Lui e Moony erano la mia unica fonte di energia. 

Richard non disse niente continuando semplicemente ad ascoltare passivamente quello che dicevo mentre preparavo la suite del mio amato quadrupede. 

Mi fermai. Appoggiai le braccia conserte sull'estremità del manico del forcone e ci lasciai cadere sopra la testa espirando inconsciamente un sospiro di stanchezza mista a demoralizzazione. L'ultima cosa che ci serviva. 

Richard alzò lo sguardo facendolo incrociare con il mio, sorrise e mi scompigliò i capelli ricchi di paglia e di qualche ago di pino qua e là. - "Preparo la cena" - Disse con la voce più dolce che gli riconoscevo; accarezzò il muso di Moony  e si avviò verso casa. 

Restai ferma qualche attimo senza muovermi, parlare né tantomeno pensare. Inerme ad osservare l'ennesima figura che mi dava le spalle, anche se sapevo che lui non lo avrebbe mai fatto davvero. 

Fui scossa da un brivido alla schiena provocato dal fiato caldo di Moony sul mio collo freddo. Appoggiai il forcone fuori dal box e tornai dentro per salutare il mio amico augurandogli una dolce notte. 

Lo abbracciai. - "Grazie Moony" - Strinsi. - "Finirà tutto presto e noi saremo ancora qui, insieme." -

Non era una promessa, avevo smesso di farne. Era semplicemente una frase di conforto che serviva sicuramente più a me che a lui. 

Gli diedi l’ennesimo bacio sul grosso muso e me ne andai, senza voltargli le spalle, salutandolo con una mano mentre lui mi guardava. 

Occhi grandi, lucidi, sinceri, dolci sfere al sicuro dal mondo doloso. Due luci nel buio completo. 

Sorrisi. 

Distolsi lo sguardo ed attraversai l’uscio della porta malandata. 

 

 

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Ok ragazzi mi prendo un piccolissimo "spazio autrice" per dirvi che SI ho completamente cambiato stile dalle ultime due FF che ho pubblicato ma è del tutto normale visto ehm.. il diverso tipo di racconto (eheheh).

ANYWAY, se qualcuno è ancora interessato alla vecchia FF scrivetemelo pure e per me sarà un piacere portarla avanti! *ma chi ti vuole?* 

Detto questo, spero che il PRIMO CAPITOLO de "Il capolino della Chamomilla" sia stato di vostro gradimento.. *le lanciano i pomodori* :'( eeee ci vediamo presto con il SECONDO CAPITOLO!!!

Bacioni,

Stè

   
 
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