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Autore: akirakirara    20/06/2015    1 recensioni
Il locale appariva candido e accogliente da fuori con una facciata vittoriana dai colori panna. Adorava quel genere di posti, e lo amò ancora di più non appena venne investito dall'odore di ciambelle appena venne sfornate e tè. Vennero subito accolti da una ragazza slanciata con un sorriso smagliante e grandi occhiali cadenti sul naso. La abbelliva un lungo vestito nero che finiva in un'elegante coda che fluttuava come penne voluttuose all'aria quando si mosse per accompagnarli al tavolo. Scostò la sedia a Marilyn e a sua madre con galanteria.
Fate visita a questo locale molto speciale, magari nel vostro tè ci sarà qualcosa di magico.
Genere: Erotico, Fantasy, Sovrannaturale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het, Slash, FemSlash
Note: nessuna | Avvertimenti: Tematiche delicate | Contesto: Contesto generale/vago, Sovrannaturale
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Marilyn credeva proprio di essersi persa qualcosa. Secondo il programma doveva essere una bella giornata passata con il suo ragazzo, in un'atmosfera romantica alimentata dalle diverse giostre presenti nel parco divertimenti. Ma, per qualche strano motivo, si era trasformata in un'uscita a tre con Caleb che intratteneva su madre con lei che rimaneva dietro.
D'altronde però forse era meglio così, poteva tranquillamente nascondersi nel suo ruolo abituale di ombra mentre il suo ragazzo si divertiva per davvero con la donna matura e spiritosa che che gli camminava accanto. Probabilmente, altrimenti, la giornata non sarebbe poi stata romantica e divertente come si immaginava, ma una noiosa e silenziosa passeggiata per un luogo in cui la maggior parte delle attrazioni la spaventavano.
«Cara, non ciondolare lì dietro altrimenti ti perderai. E togliti quei capelli dal viso che sembri un fantasma e spaventi i bambini.»
Le guance di Marilyn si riscaldarono arrossendo e se le coprì con le mani, chinò la testa per adombrare ancora di più il viso. Non le piaceva arrossire perché, diventando rosse, le sue guance risaltavano ancora di più la chioma biondo-rossiccia facendola sentire un brutto falò ambulante. La sensazione la faceva imbarazzare ancora di più peggiorando ulteriormente la situazione, come in un circolo vizioso. Davanti a lei le sue due persone più importanti cominciarono a lamentarsi di avere fame e di essere stanche. Marilyn si avvicinò e sorridendo benigna propose di andare a un caffè che aveva notato prima.
Il locale appariva candido e accogliente da fuori con una facciata vittoriana dai colori panna. Adorava quel genere di posti, e lo amò ancora di più non appena venne investito dall'odore di ciambelle appena venne sfornate e tè. Vennero subito accolti da una ragazza slanciata con un sorriso smagliante e grandi occhiali cadenti sul naso. La abbelliva un lungo vestito nero che finiva in un'elegante coda che fluttuava come penne voluttuose all'aria quando si mosse per accompagnarli al tavolo. Scostò la sedia a Marilyn e a sua madre con galanteria. La ragazza arrossì e sorrise di riamando concentrandosi sul menù mentre la madre e Caleb si guardavano attorno straniti.
Era indecisa tra una ciambella con caramello e un muffin ai pistacchio sentì sua madre che si agitava.
«Ma c'è altro qui oltre a dolci e tè?»
«A quanto pare no mamma, però ci sono delle frittate. Mi dispiace ma questo era il posto più vicino e voi mi sembravate poco desiderosi di andare lontano.»
«Mer, piccola, la prossima volta che pensi magari potresti consultare tua madre e me. So che alla signora Mayer non piacciono i dolci, non è così?»
La madre sorrise deliziata mentre Mer si scusava e si rintanava si nuovo dietro al libretto rigido. Stavano ancora discutendo e la ragazza osservò da sotto le ciocche il fidanzato che, con suo sollievo, non sembrava particolarmente turbato dalla strana scelta del locale. Anzi parve apprezzare la ragazza con i riccioli neri, il vestito a pois e la gonna bombata che si stava avvicinando al tavolo.
Salutò con un sorriso luminoso presentandosi come Thea, la loro personale e spumeggiante cameriera per tutta la loro permanenza. Chiese subito se avevano già deciso ma venne mandata via dalla madre. Clarissa Mayer era convinta che sua figlia non dovesse stare in ansia nel scegliere velocemente e lo espresse chiaramente alla ragazzina sorpresa.
Dopo un altro quarto d'ora la cameriera si riavvicinò al tavolo con lo stesso sorriso. Il trattamento duro della donna più anziana non sembrava aver scalfito il suo buon umore, era di nuovo prontissima a a dare consigli e scrivere ordini.
«Avete deciso adesso o avete bisogno di altro tempo? Se volete posso portarvi degli assaggi.»
La madre grugnì irritata ma le comunicò il proprio ordine, cappuccino con biscotti allo zenzero e qualcosa che si chiamava “Stella Cometa”. Caleb ridacchiò divertito dalla situazione.
«La specialità per me... da che cosa sei vestita?»
La ragazza sembrò sorpresa agli occhi di Mer e guardò in direzione del bancone.
«Sono una bambola francese.»
«E cosa fanno le bambole francesi nel tempo libero?»
La ragazza, di cui Mer non riusciva proprio più a ricordarsi il nome, le lanciò un'occhiata furtiva e poi di nuovo al bancone.
«Lavora qui.»
«Nel tempo non libero allora?» chiese allora lui incuriosito.
La cameriera strinse gli occhi con sguardo interrogativo verso Mer, il suo sorriso stava cominciando a perdere luminosità.
Sotto alla massa di capelli rossicci si formò in risposta un piccolo sorriso incoraggiante accompagnato da una stretta di spalle. Sapeva che a Caleb piaceva flirtare ma non se ne preoccupava, ci era abituata e lui non l'aveva mai tradito davvero.
«Lavora» rispose alla fine concentrandosi del tutto su Mer. «A lei graziosa signorina che cosa porto?»
Provenendo da qualcun altro probabilmente la frase sarebbe suonata falsa ma Mer prese a sorridere ancora di più per il tono gentile. I watt del sorriso della cameriera si ristabilirono e Mer timidamente alzò un po' il capo per osservarla meglio.
Il suo ragazzo intervenne ordinando una vagonata attirando così l'attenzione della piccola cameriera, con suo strano dispiacere. Subito dopo aver preso l'ordine si riconcentrò su Mer in attesa.
Si rese conto di star fissando la ragazza senza rispondere alla domanda, arrossì violentemente tentando di rimettere a fuoco il menù e di ricordarsi cosa volesse ordinare. Per il panico non riusciva a concentrarsi e ogni momento che passava l'idea di starsi rendendo ridicola la opprimeva sempre di più.
Sentì Caleb che ridacchiava e gli sembrò tanto una iena. Si pentì subito di quel pensiero, solo perché era in confusione non aveva il diretto di offendere. Si sentì ancora peggio e desiderò andare e nascondersi mentre scuoteva la testa. Sapeva di essere una codarda ma era meglio, non riusciva a parlare.
«Ma come non vuoi niente, ci hai portati tu qui. Sto sopportando questo odore dolce solo per te, ordina qualcosa altrimenti ti sentirai male.»
Con voce dolce la ragazza intervenne «che ne dici se ti porto la specialità? Al massimo provi qualcosa dal tuo ragazzo.»
Mer sorrise riconoscente e annuì piano. La ragazza si allontanò facendo risuonare le piccole zeppe mentre scompariva oltre a una porta girevole. Mer si soffermò su quella porta, sicuramente non era il caso di dar fastidio cambiando ordine ed era davvero curiosa di sapere cosa le avrebbe portato.
Mentre aspettavano lo schermo in fondo alla sola si accese e una donna con un kimono elegante prese in mano un microfono.
«Signore e signori, adesso inizia il dolce gioco della nostra tombola! Dolce perché i premi consistono in ricompense fornite direttamente dalle nostre mais, chi vuole partecipare?»
Mer fissò i suoi accompagnatori speranzosa ma mostrarono solo fastidio e si concentrarono sul cibo appena posato sul tavolo.
É un peccato, raramente si assiste a certi giochi.
Cercò di scacciare la propria delusione e osservò curiosa le pietanze davanti a se. Una grande tazza fumante emanava una fragranza floreale mentre accanto c'erano due piatti: su una era adagiata su un piatto di riso una grande specie di frittata a forma di mezzaluna; sull'altro una piccola piramide di biscotti assortiti. La quantità del cibo la sorprendeva e il conto che li fecero pagare subito dopo la stupì ancora di più.
Si sentì felice per aver acconsentito alla proposta della cameriera e alzò ancora di più il viso per sorriderle mentre si avvicinava. Si rivolse subito raggiante a Mer le cui orecchie divennero caldissime alla domanda successiva.
«Qual'è il suo nome?» Voleva quasi voltarsi verso sua madre per un aiuto ma l'espressione incoraggiante sul viso della giovane la convinse a provare. Quella ragazza le faceva uno strano effetto.
«Mer, Marilyn.» Mormorò, ma dovette schiarirsi la voce e ripetersi prima che l'altra capisse.
Come per magia nelle sue manine comparve una boccetta rossa e, sotto agli occhi stupiti di Mer, scrisse il suo nome sopra alla frittata decorandola con fiorellini e cuori. Subito dopo fece lo stesso trucco con le posate che posizionò ai lati del piatto e si inchinò in modo teatrale. Mentre si accingeva a mangiare la ragazza si spostò dietro di lei e Mer ne percepì le mani addosso. Sobbalzò mentre il suo corpo veniva percorso da un brivido caldo.
«Lasci che la aiuti, non vorrà sporcare di salsa dei così bellissimi capelli.»
Si sentì scottare e arrossire il collo e le guance nei punti che vennero toccati dalle delicate dita che raccolse le ciocche con un laccio.
«Le ho fatto male?»
Mer scosse la testa sentendosi scoperta e vulnerabile. Sapeva che le lentiggini e il sicuro rossore e percepiva non si sposavano bene insieme.
La ragazza si spostò da dietro di lei per rivolgersi anche agli altri commensali.
«Volete partecipare alla tombola? La prima volta costa di meno.»
«Non credo proprio, vogliamo solo finire di mangiare, non ho intenzione di pagare per una cosa del genere.»
Mer si sentì ancora peggio, sembrava che non riuscisse a non desiderare cose stupide, ma lanciò comunque uno sguardo desideroso allo schermo.
«Partecipa anche questo tavolo!»
Guardò sorpresa la loro cameriera che agitava la mano per attirare l'attenzione.
«Ma se ho appena detto di no.» Squittì la madre.
«Non si preoccupi, il primo giro lo offro io. Sono sicura che a questo tavolo qualcuno si divertirà.»
La ragazza le fece l'occhiolino e si diresse al bancone per prendere la tavoletta con i numeri.
«Che ragazzina fastidiosa. Se volevi giocare a quella stupidaggine dovevi dirlo.»
Prima che riuscisse a rispondere si ritrovò con una penna e una matita davanti. Sembrava che tutto stesse divertendo molto cameriera.
Così passarono tra il gioco e biscotti con tè. Mer rideva a ogni balletto della della felicità che faceva la cameriera. Non vinsero ma si guadagnarono tantissimi biscotti fatti in casa e un'atmosfera rilassata e felice. Alla fine anche Caleb e sua madre vennero coinvolti attivamente e Clarissa si guadagnò sguardi ammirati per le risposte intelligenti. Caleb dal canto suo flirtò per tutto il tempo con la loro cameriera che rispondeva prontamente a ogni battuta facendo ridere tutto il tavolo.
«Vado a prendere i vostri premi.»
Con questa frase la ragazza scomparve lasciandoli soli, a lungo. Stranamente a lungo.
C'era qualcosa che non andava.
La preoccupazione aumentava di minuto in minuto, insensata, ma Mer aveva una brutta sensazione. Si alzò e si diresse verso il bancone sotto allo sguardo interrogativo dei suoi commensali. Arrivata vicino alla porta della cucina non notò niente di strano. La ragazza al bar la stava guardando sospettosa. Si stava per allontanare col viso in fiamme e tornare al proprio tavolo ma qualcosa di strano attirò la sua attenzione. Si avvicinò alla porta del bagno delle signore e la sospinse.
Che cosa ci fa un uomo qui?
Era appoggiato alla parete e borbottava qualcosa ansimante. Forse si sente male... Scorse oltre la sua gamba il bordo merlato di un'ampia gonna. Il dubbio insinuatosi nella mente di Mer si confermò quando udì la voce infastidita della sua cameriera che protestava.
Le mani cominciarono a sudarle ma non c'era verso che lasciasse la ragazza in pericolo. Si sentiva arrabbiata.
Si avvicinò e picchiettò piano sulla spalla del molestatore. L'uomo la ignorò e si piegò ancora di più sulla figura minuta davanti a lui. Mer si irritò ancora di più, quello strano senso di possesso che percepiva la confondeva. Si protese e strinse la spalla dell'uomo tirandola. Finalmente si girò e la guardò male, ritraendosi però subito dopo spaventato.
«I-i-i-i-io non ho fatto niente.» E uscì di corsa dal bagno sotto lo sguardo sbigottito della giovane.
Si era resa conto di essere molto più alta di lui ma non aveva mai fatto paura a nessuno. Si voltò verso la cameriera che effettivamente era davvero piccola, le arrivava sotto al petto. Questa si staccò con sguardo indignato dal muro e andò a lavarsi le mani ai lavandini. Si girò verso di lei con sguardo deciso, sembrò quasi arrabbiata. Avanzò di qualche passo allungando una mano in direzione del viso dell'altra, che d'istinto si portò un braccio a coprirsi.
Una carezza dolcemente gliele spostò e Mer riaprì gli occhi, chiusi inconsapevolmente, ritrovandosi davanti grandi occhi luminosi.
«Ti ringrazio, ero davvero in difficoltà. Non volevo spaventarti.»
Mer si sentì in imbarazzo, dopotutto era insensata pensare che l'avrebbe colpito. Scosse la testa in risposta al ringraziamento e si guadagno la porta prima ancora che la piccola cameriera riuscisse a dire altro.
Sull'uscio li salutò la loro cameriera, di nuovo sorridente e pimpante per il sollievo di Mer, dando loro dei volantini e dei buoni.
Si stavano dirigendo verso la ruota panoramica quando dai volantini nelle mani della ragazza cadde qualcosa. Mer guardò giù e raccolse il piccolo fogliettino. Sopra, in calligrafia piccola e tonda, erano scritte poche righe.
«Vieni quando vuoi e chiedi di Thea, ti offrirò tutto quello che desideri per ringraziarti.»

 

 

Perché sono venuta qui? Non risolverà niente. Mer fissava titubante l'entrata, forse era lì solo per sbaglio. Ma non entri entri in un parco diversamente per sbaglio, comprando il biglietto e facendo la fila. Semplicemente non voleva stare rinchiusa in una casa fredda e disastrata. Non sapeva chi avesse notato prima l'altra ma si incontrarono a metà strada.
«Ciao, sei venuta. Entra.»
La ragazza la seguì a un tavolo posto in fondo, proprio vicino alla finestra. Era abbastanza in ombra da essere appartato e fresco ma dava anche una buona visuale su tutta la sala e dalla finestra si vedevano le aiuole disposte nel Boschetto Fatato per i bambini. Senza aspettare un'ordinazione Thea andò verso le cucine e tornò subito dopo con una grande tazza fumante e un vassoio pieno di pasticcini. La bevanda era cioccolata calda con sopra una schiuma. Si rivelò essere polvere di cocco sopra a schiuma di latte e Mer sorrise, la piccola Thea sembrava sempre andare incontro al suo umore.
Sorseggiò piano la bevanda calda e osservò la cameriera muoversi con grazia tra i tavoli. Indossava un vestito diverso quel giorno: giallo con grandi farfalle sopra e tra i capelli aveva infilato un vistoso nastro con un fiore in pizzo. A Mer piaceva come aderiva alla figura minuta il bustino e si ritrovò affascinata dai movimenti dell'ampia gonna, dalle manine delicate che ogni tanto la lisciavano. I suoi occhi vennero attirati dal sorriso della ragazza che l'aveva sorpresa a fissarla e Mer si sentì invadere dal rossore insieme a uno strano e doloroso calore nel petto. Distolse lo sguardo e il senso di colpa si insinuò strisciando nella sua testa.
Non posso star facendo gli occhi dolci a quella ragazzina solo perché è stata gentile con me.
Subito dopo però si ricordò che ormai non c'era nessuno da tradire, era lei l'ingenua che aveva subito l'inganno. Causato dalle persone di cui si fidava di più.
Aveva spento il telefono e se ne era andata come un'orgogliosa che non era, davanti allo spettacolo raccapricciante nella sua cucina. Mani delicate le spostarono i capelli bagnati dal viso bagnato e glielo asciugarono. Attraverso lacrime che non sapeva di star versando intravide il viso serio di Thea. Sto facendo avere pietà di me a degli estranei, che cosa imbarazzante.
Cercò di scostare il viso ma l'unica cosa che ottenne fu urtare qualcosa che cadde rumorosamente a terra. Il flusso delle sue lacrime aumentò e si trovò premuta contro un morbido torace. Singhiozzando sprofondò ancora di più nell'abbraccio rassicurante di Thea. Sembrava così piccola ma aveva delle braccia incredibilmente forti e calde.
Un piccolo bacio si posò sulla sua fronte mentre parole dolci le venivano sussurrate. Prima di rendersene conto o potersi fermare aveva già raccontato tutto.
Di come il suo autore aveva disdetto all'ultimo l'incontro ed era quindi tornata a casa. Di come era entrata in casa vedendo le scarpe della madre, si era diretta in cucina e aveva messo la torta sul bancone. Di come non aveva pensato a niente di strano quando aveva sentito uno strano rumore e girato attorno all'isola in mezzo alla stanza. Di come, infine, aveva visto l'inevitabile: il rossetto sbavato, pelle scoperta, occhi passionali mai diretti verso di lei, la pettinatura della madre scompigliata che vedeva di rado in quello stato, mani sotto ai vestiti. E si era fiondata fuori dalla casa che condivideva con il suo ragazzo.

 

 

Mer si strofinò gli occhi, le bruciarono e non riusciva ad aprirli.
«Piano, piano scricciolo, li hai gonfi e se strofini ti faranno ancora più male.»
La ragazza rise per il nomignolo, all'altra sarebbe donato molto di più. Qualcosa di freddo le venne posato sugli occhi portando con se sollievo e consapevolezza.
«Mi sono addormentata, ho fatto una scenata, ti ho messo in imbarazzo. Mi dispiace.»
«Non importa, davvero.»
Mer sollevò l'impacco e aprì faticosamente gli occhi.
«Dove sono?»
Una risatina e l'odore di tè giunsero ai suoi sensi. Si sollevò a sedere appoggiandosi alla spalliera di un grande letto matrimoniale per ricevere quello che era nelle mani Thea.
«A casa mia. Bevi, ti farà stare meglio.»
Mer si portò la tazza alle labbra bevendo il liquido ambrato e osservando la stanza. Un grande specchio copriva tutta una parete e in un angolo c'era una maniglia attaccata ad esso. Per il resto la stanza era spoglia, con pareti color panna e una porta da dove si intravedeva un divano.
«Se vuoi puoi alzarti e guardare meglio ciò che vuoi.»
Mer riportò lo sguardo sulla propria tazza e piegò la testa.«Scusa.»
Thea si sedette e il letto sprofondò nella sua direzione facendo scivolare un poco Mer.
«Smettila di scusarti, non sono arrabbiata.»
Si avvicinò e sorrise a lei che piano si rilassò e le sorrise timida di rimando. Mer si sentì incoraggiata a parlare.
«È solo che, mi avevi invitata ma... mi sono approfittata, sei così gentile, ti ho scaricato tutto addosso e adesso mi ospiti pure a casa tua. Devo essere davvero fastidiosa.»
Il sorriso di Thea si allargò e si morse il labbro, cosa che attirò lo sguardo di Mer.
«Non sono così gentile scricciolo, lo faccio per un motivo tutto mio. Sono sicura che se tu lo scoprissi mi guarderesti in modo diverso e non con questi occhi così...»
«Così come? Perché?»
«Ti ricordi cosa c'era scritto sul biglietto?»
Mer ci pensò sopra confusa. «Che mi volevi ringraziare e mi avresti offerto qualcosa.»
«Sbagliato, non qualcosa, qualunque cosa. Sai, quello che ho fatto fino ad ora per te non arriva lontanamente a ciò che intendevo. Quindi no, non sei fastidiosa.
Permettimi di fare di più, permettimi di curare il tuo dolore.»
Mer sbatté un paio di volte le palpebre a quella dichiarazione assurda. Erra irreale dire qualcosa del genere senza imbarazzarsi ma il viso di Thea era perfettamente serio e concentrato senza un minimo segno di imbarazzo.
Aspetta, il suo collo...
Il viso di Mer già rosso da prima si scaldò ancora di più. Annuì.
«Oh, menomale, temevo... chiudi gli occhi.»
Mer ubbidì e delle labbra morbide e calde si posarono sulle sue.
«Sei perfetta.»

   
 
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