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Autore: WhiteLight Girl    20/06/2015    4 recensioni
[Storia partecipante al "Digimon Adventure 15th Anniversary Contest" indetto da Setsuka sul forum di Efp]
Hikari è arrivata in America da poco e si trova da sola nella sua camera. Nel disfare la valigia trova una sorpresa lasciatale da Taichi che le riporta alla memoria avvenimenti del passato e le fa sentire i suoi amici vicini.
Genere: Introspettivo, Slice of life | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Hikari Yagami/Kari Kamiya, Taichi Yagami/Tai Kamiya, Un po' tutti
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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A due passi da te


[Storia partecipante al "Digimon Adventure 15th Anniversary Contest" indetto da Setsuka sul forum di Efp]
Titolo storia: A due passi da te
Rating: Verde
Prompt scelti: Hikari, Agumon, Luce
Personaggi: Hikari, Taichi, Un po’ tutti
Generi: Slice of life, introspettivo
Pairing vari ed eventuali: Nessuno di rilevante importanza
Note dell'autrice: //

Premette il tasto del portatile ed il ronzio dell’accensione infranse il silenzio della stanza. La luce della nuova città era uguale e diversa allo stesso tempo da quella di Tokyo ed il clima americano aveva avvolto Hikari fin dal momento in cui era uscita dall’aeroporto. Guardò il suo riflesso nello specchio del bagno attraverso la porta aperta e si sistemò con le mani i capelli scompigliati, districandosi i nodi tra le dita.
Si sorrise, sistemandosi di lato il ciuffo che le era ricaduto sugli occhi e poi infilò la mano nella tasca del jeans per tirarne fuori il cellulare. Ne osservò il display e ne premette il tasto di chiamata perché si illuminasse, ma quello rimase buio ed immobile nella sua mano. .
Hikari sollevò gli occhi al soffitto. «Ovvio. Avevi resistito abbastanza anche per i tuoi standard».
La valigia era aperta sul letto ancora disfatto della sua nuova camera e la giacca era già stata appesa all’appendiabiti dietro la porta. La ragazza infilò la mano tra i vestiti e ne estrasse il caricabatteria. Nell’estrarlo il cavetto si sbrogliò, restando impigliato in qualcosa tra i vari strati di indumenti, Hikari diede uno strattone e quello si trascinò dietro un piccolo pacchetto rettangolare avvolto in una carta a righi. Lo sollevò tra le mani e lo girò per intuirne il contenuto. «Cosa?» si domandò.
Sul desktop del portatile il puntatore roteava in attesa dell’accensione definitiva. Mise il cellulare sotto carica, poggiandolo sul comodino ed accendendolo, inserì il pin e tornò alla scrivania, sedendosi.
Infilò il dito appena dietro al punto in cui era stato applicato il nastro adesivo trasparente e lo sollevò, strappandolo di netto. La scatola era di un hard-disk esterno, ma lei non era sicura che il contenuto corrispondesse all’etichetta, quindi la aprì e la rivoltò sul palmo aperto.
L’hard disk era freddo e bianco, sulla sua superficie lucida c’era attaccato con un altro pezzo di nastro adesivo un foglietto piegato in quattro. Lo stacco e lo aprì, leggendone il messaggio contenuto.

Ricordati di noi

Aveva scritto Taichi con la sua calligrafia familiare. Hikari afferrò il cavetto e collegò l’hard-disk al computer, incuriosita. Osservò ancora una volta il cursore trasformarsi in cerchio e girare su sé stesso, seguì il riflesso chiaro con poca attenzione e batté il dito sulla scrivania un paio di volte, poi la finestra si aprì al centro dello schermo. C’era un’unica cartella, all’interno. «Video» lesse Hikari ad alta voce. Collegò il mouse e la aprì, scoprendo decine di file video numerati secondo chissà quale ordine. Li scorse tutti trascinando con il puntatore la barra di scorrimento «Ok» commentò aggrottando le sopracciglia. Stese le labbra e cliccò su uno dei video a caso.
Il volto sorridente di una Mimi sedicenne, seduta sul divano di casa Yagami al fianco di Palmon, fu la prima cosa che comparve sullo schermo. La luce cerchiava il suo volto disegnando una serie di filamenti d’ombra sulle sue guance, là dove i capelli della ragazza catturavano i raggi provenienti dalla grande finestra. «Allora? Funziona?» chiese sporgendosi verso di lei. Gli occhi le scintillarono mentre sorrideva con le mani poggiate sulle ginocchia e le gambe composte.
«Certo che funziona» rispose Koushiro, la videocamera ondeggiò e parve che il volto di Mimi tremasse «Ricordati con chi stai parlando»
Mimi si abbandonò contro lo schienale del divano ridendo e lo spostamento del suo peso fece scivolare indietro anche Palmon, che si rimise in equilibrio agitando le zampe «Piano» le disse, si diede lo slanciò di lato per allontanarsi e si accomodò contro il bracciolo.
La stanza passò sullo schermo mostrando i presenti; la carrellata partì dall’altro divano di casa Kamiya, dove Miyako e Ken sedevano fianco a fianco e parlottavano con voce troppo bassa perché venisse registrato. Avevano le guance arrossate e gli sguardi sfuggenti ed al loro fianco Jou fissava lo schermo del proprio cellulare pigiandone i tasti con foga, le sopracciglia del ragazzo erano aggrottate al punto da sembrare toccarsi.
I tre rimasero concentrati nel loro piccolo mondo, Miyako rise per qualcosa che Ken le aveva detto e coprì la bocca con una mano, Jou si passò il telefono da una mano all’altra e poi lo fece rimbalzare su un ginocchio.
«Volete dire qualcosa?» chiese loro Koushiro.
Miyako e Ken si voltarono a guardarlo, la prima portò le mani davanti al volto le agitò e scuotendo la testa, mentre i capelli le ondeggiavano sulle spalle. Ken si limitò a sorridere. «Grazie, stiamo bene così».
Jou tornò a fissare lo schermo del cellulare e a muovere i pollici sulla tastiera, arricciò il naso e sollevò le pupille verso di lei. Riportò lo sguardo sul telefono, scrisse qualcosa e poi ebbe un sussulto, sollevò la testa e sgranò gli occhi fermandosi a guardare prima Miyako, poi Ken ed alla fine verso Hikari. I suoi occhi si sollevarono fino ad andare oltre l’inquadratura, verso un invisibile Koushiro. «Che cosa c’è?» Sbatté le palpebre e fece scorrere ancora lo sguardo sui presenti, si grattò la testa e deglutì. «Cosa?»
Gli amici ed Hikari risero, Mimi balzò in piedi «Come non detto» disse, arrivandogli accanto. Gli infilò una mano tra i capelli e glieli scompigliò. Uscì dall’inquadratura con un guizzo di capelli castani, poi fece mezza piroetta ed un salto indietro, tornando a dominare la scena. «Passiamo oltre?» chiese, indicando le finestre.
Hikari scosse la testa divertita, continuando a guardare quelle immagini.
Koushiro seguì Mimi fino al balcone, mentre lei faceva l’occhiolino in direzione di Jou con un sorriso birichino. «Poi mi dirai chi è lei!» «Lei chi?» domandò Jou. Mimi fece roteare le braccia, si allontanò da Miyako, Ken e Jou e superò Takeru e Iori per andare a puntare le dita contro Taichi, Sora e Yamato. Hikari poggiò i gomiti sulla scrivania e abbandonò il volto contro i palmi nell’attesa di vedere il fratello ed i suoi amici. I tre erano fermi davanti alla vetrata che dava sul balcone e chiacchieravano animatamente, la luce alle loro spalle creò riflessi circolari sullo schermo fino a quando Koushiro non si spostò di lato.
Del lieve vociare dei Digimon e dei ragazzi sparsi per la stanza arrivavano solo poche parole che si mescolavano ad altre ed era difficile individuare i vari discorsi attraverso le piccole casse del computer.
Mimi si fece largo tra Yamato e Sora, si mise affianco a Taichi gli strinse il braccio. «Ecco il festeggiato» disse. Arricciò il naso e gli colpì la spalla, aggiungendo: «È per lui che siamo tutti qui»
Il ragazzo sorrise verso Hikari, strofinò la mano dietro la nuca e piegò le ginocchia agitandosi sul posto. «Ciao» disse, «è bello avervi tutti qui» lanciò un’occhiata verso Mimi e si grattò una guancia, sollevò la spalla nel tentativo di divincolarsi dalla ragazza, ma lei strinse più forte e sorrise più ampiamente.
«Sul serio» rise, «Due settimane a cercare di convincervi a farmi una festa e tutti che mi ignoravano, avevo perso la speranza»
Takeru gli arrivò affianco, spazzolandosi via con una mano le briciole di patatine che gli erano cadute sulla maglietta. «Hikari lo sta organizzando da mesi, non potevamo rovinarle la sorpresa».
Taichi gli diede una pacca sulla spalla. «Da mesi? Addirittura?» Scambiò un’occhiata prima con Yamato e poi con Sora. «Tu lo sapevi?» chiese alla ragazza.
«Lo sapevamo quasi tutti» gli rispose lei fece un cenno verso lo schermo «E non è finita qui» disse. L’inquadratura seguì il suo sguardo, scorrendo ancora una volta attraverso la stanza e passando sulle figure familiari degli invitati. Veemon correva verso Daisuke, che sollevò una gamba per non essere investito in pieno e continuò a fissare il suo Digimon che saltava sul tavolo ed affondava una zampa nella ciotola dei salatini.
Hikari rise, piegandosi in due sulla sedia. Sollevò il capo e si sforzò di non distogliere lo sguardo dallo schermo.
«E datti una calmata» raccomandò Daisuke, ma Veemon non diede segno di averlo sentito e la telecamera era già passata oltre.
Jou sventolò una mano ed agitò il telefono sopra la propria testa, alle sue spalle Hikari vide la versione più giovane di sé stessa che riemergeva da dietro l’anta aperta del frigorifero, tirandone fuori una scatola che ricordava bene.
Jou, davanti a lei, puntò il dito verso il telefono e si rivolse direttamente al ragazzo dietro la videocamera:
«Mi si è scaricata la batteria. Il tuo cellulare è lo stesso modello, puoi prestarmi la tua? È una questione importante, di vita o di morte»
Hikari si vide poggiare il pacco sul tavolo, lanciargli un’occhiata e poi voltarsi a guardare Sora, che stava passando accanto al ragazzo per raggiungerla.
L’inquadratura si mosse e la stanza traballò. «Daisuke» disse Koushiro «ti dispiace prendere la telecamera?». Il volto con gli occhi spalancati del ragazzo dominò o schermo. «Io?» domandò indicandosi.
Una mano sfocata coprì l’espressione ansiosa del ragazzo e Miyako prese il suo posto: «Dai qua». La scena divenne un miscuglio di colori e fruscii, da cui si distinse solo un sussulto. «Ahi!»
Uno dei piedi di Miyako, sollevato a pochi centimetri da terra, stava accanto alla coda di Armadimon.
«Mi hai preso in pieno» si lamentò il Digimon.
«Scusami, non ti avevo visto» gli rispose lei, lo aggirò ed arretrò. Ora Koushiro, di fronte a Jou, stava sfilando la batteria dal proprio cellulare per passarla all’amico.
«Comunque tu non me la racconti giusta» esclamò Mimi da qualche parte nella stanza.
Jou la trovò con lo sguardo. «È solo il mio gruppo di studio» «Chi vuoi che ci creda?» lo stuzzicò lei.
Hikari rise ancora, l’attenzione della videocamera si spostò dalla discussione tra i due alla zona cucina, dove Taichi era arrivato al fianco suo e di Sora. Il ragazzo si sfregava le mani, passò la lingua sulle labbra e sollevò le sopracciglia, fissando il pacco con occhi spalancati. L’incarto blu era stropicciato e leggermente strappato nei punti in cui era stato messo il nastro adesivo. «Che torta è? Che torta è?» chiese.
Hikari sentì la propria voce che gli rispondeva: «Con la panna ed il cioccolato» strappò la carta con attenzione e la allargò sul tavolo, esponendo il dolce alla vista di tutti. I ghirigori di panna erano accompagnati da piccoli intrecci di cioccolata, ed alcune scaglie di quest’ultima emergevano dalla parte superiore come scogli in riva al mare.
Vide Taichi affilare lo sguardo. «Ma l’hai fatta tu? Sarà commestibile?»
Il ragazzo rise e sia lei che Sora lo fissarono. Lui si raddrizzò e fece rimbalzare lo sguardo dall’una all’altra alcune volte. «Che c’è? È lecito chiedere» disse. Ma loro due rimasero in silenzio e fu Miyako a sgridarlo. «Questo non è stato affatto carino, da parte tua»
«Dai» disse Taichi «era solo per scherzare»
Sora incrociò le braccia «Tua sorella ti ha preparato una torta fantastica e tu ci scherzi sopra» lo sgridò.
Daisuke si infilò tra i due, restando chino mentre aggirava il tavolo ed allungava una mano per rubare un po’ di panna montata.
Hikari arricciò naso e labbra e strizzò gli occhi per non vedere quel momento del video. Sentì le voci degli amici ovattate mentre si copriva il volto con le mani, la sua stessa voce che urlava «Daisuke!» distorta dalle casse, poi il gemito del ragazzo le provocò un brivido, mentre Veemon esclamava: «È il momento della torta!»
E quando riaprì gli occhi ed ebbe il coraggio di guardare Daisuke aveva già la faccia immersa nella panna, Veemon era sopra di lui, a cavallo delle sue spalle e si guardava attorno smarrito. L’espressione vacua ed ingenua del Digimon si soffermò sulla giovane Hikari, che si copriva la bocca con le mani, con un’espressione quasi speculare, ma meno divertita di quella che aveva adesso, con gli occhi strabuzzati e lo sguardo fisso sulla nuca dell’amico. Il ragazzo sollevò la testa e la voltò verso di lei, poggiando le mani sul tavolo e facendo leva sulle braccia per sollevarsi. «Hikari» disse.
Veemon ruzzolò giù dalla schiena del suo amico e finì seduto sulla tovaglia, Sora e Taichi, Yamato e Yori che era appena arrivato lo fissavano. «Ho fatto qualcosa di male?» chiese ai presenti.
La giovane Hikari continuava a guardare Daisuke, che si passò una mano sul volto per ripulirsi, facendo riemergere un’impronta di pelle sul suo viso.
«Mi dispiace, giuro che non volevo che succedesse». Il ragazzo si leccò le labbra e poi le dita. «Però» commentò «È proprio buona»
Hikari si vide stringere i denti e fulminare l’amico, l’occhio ebbe uno scatto, poi sciolse le spalle e strinse il pugno.
La risata di Taichi spostò l’attenzione su di lui. Il ragazzo sollevò la testa al soffitto e si sbilanciò all’indietro, alzando un bracco e riabbassandolo con uno scatto per tornare in equilibrio. Premette il palmo sulla pancia e si piegò in avanti, indicando con un dito Daisuke. Sollevò un gomito e lo poggiò sulla sua spalla. «Il miglior regalo di sempre, potete rifarlo anche il prossimo anno?» chiese passandosi un dito sotto il naso.
Hikari ebbe l’impressione che il fratello la stesse guardando attraverso lo schermo. «Ti prego, dimmi che hai filmato tutto!» disse.
«Come impresso sulla pietra» rispose Miyako.
Iori passò all’amico un tovagliolo e poi si voltò verso di lei. «Non glielo farete dimenticare mai, vero?»
Miyako rise, e tutta la stanza tremò al ritmo di quella risata. «Puoi scommetterci!»
«Mai, da qui ad un milione di anni» disse Takeru, appena prima che il file terminasse.
Hikari rise, abbandonandosi contro la sedia e stendendo le gambe in avanti, poggiò una mano sulla pancia nel tentativo di ricomporsi ed inspirò forte per prendere fiato. Poggiò una mano sul petto e si raddrizzò, tornando a stringere il mouse alla ricerca di un altro video.
Girò la rotella per arrivare in cima e scelse il terzo della seconda fila. Vi cliccò sopra due volte ed incrociò le braccia in attesa.
Questa volta erano davanti alla loro vecchia scuola elementare, nella parte superiore del cancello una striscia d’immagine oscillante testimoniava il tempo passato da quando il video era stato girato a quando era stato convertito in file digitale, Hikari si spostò una ciocca di capelli dietro l’orecchio e osservo sua madre sistemare la maglietta ad una versione di sé da bambina, per poi aiutarla a infilarsi lo zainetto in spalla. L’intera scena traballava per via della telecamera instabile.
Non ricordava quella situazione in particolare; nel video era troppo piccola e gli occhioni aperti sul faccino paffuto si guardavano attorno incapaci di fermarsi.
Il tono dolce di sua madre non parve tranquillizzarla, quando le disse: «Ecco Hikari che si prepara al suo primo giorno di scuola».
Vide sua madre poggiare le mani sulle sue guance e sporgersi verso di lei per baciarle la fronte, la vide battere mani e sorriderle «Aspetta, ti prendo la merenda in macchina» si voltò verso lo schermo «Taichi, spegni la videocamera e tieni d’occhio tua sorella» raccomandò. Si alzò e sparì di lato, lasciandola sola al centro dell’inquadratura.
Il mondo dentro lo schermo traballò ancora «Mamma! Ma non so come si spegne» disse Taichi.
Hikari sospirò, nel sentire la voce da bambino del fratello, sorrise quando vide le proprie dita dei piedi agitarsi fuori dalle cinghie delle scarpette bianche che indossava.
«Taichi?» si sentì chiamare, ed il proprio piccolo faccino tondo tornò a dominare la scena. Attorno a lei decine di bambini venivano condotti all’interno dai proprio genitori, salutavano, baciavano le loro madri o piangevano perché si rifiutavano di separarsi da loro.
«Hai paura?» domandò Taichi avvicinandosi a lei. «Non devi avere paura, sarò solo a qualche aula di distanza».
Hikari chinò la testa, sorridendo alla scena. «Taichi» sentì chiamare sua madre. La sua mano oscurò lo schermo e quando la spostò Taichi era affianco a lei. «Non l’hai spenta la videocamera?» chiese.
E lo schermo si fece nero.
Hikari fece scorrere ancora i file della cartella sullo schermo, curiosa di sapere cos’altro avrebbe trovato al suo interno, si agitò sulla sedia e si mordicchiò il labbro sbattendo gli occhi. Si grattò la guancia e sospirò, puntando un altro file da aprire. Prima che potesse cliccare sentì la suoneria del proprio cellulare squillare e le note di Butterfly rimbalzarono tra le pareti. Mollò il mouse, si alzò dalla sedia e si lanciò sul letto, atterrando di pancia affianco alla valigia aperta. Deglutì, allungò un braccio, afferrò il cellulare e premette il tasto per le chiamate portandolo all’orecchio.
«Sì?» disse, sollevandosi per scostare una maglietta che era finita sotto di lei. Restò in ginocchio sul letto, con il filo teso tra lei e la parete a cui era appeso.
Taichi sospirò, dall’altra parte. «Meno male, pensavamo che il tuo volo fosse precipitato nell’oceano»
«Come, scusa?» gli domandò. Avanzò, per non rischiare di tirar via il caricabatteria dalla presa elettrica con un movimento brusco.
«Sei sparita, non hai chiamato per dire che eri viva» le spiegò il fratello.
Quando fu davanti alla parete scese una gamba dal letto e si mise seduta. Si voltò verso la finestra e scrutò il panorama estraneo di grattacieli grigi. «Mi si era scaricato il cellulare e l’avevo messo a caricare» spiegò «Mi dispiace averti fatto preoccupare»
«Preoccupato? Io? Volevo sapere se potevo allargarmi e fare una sala giochi nella tua camera» ribatté il ragazzo.
Hikari fece una smorfia e si grattò la nuca. «Ah ah, divertente»
«Non deve essere divertente»
«Va bene» lo zittì, sollevò una mano e la sventolò «Ho afferrato, la prossima volta telefonerò subito. E, Taichi»
«Mh» fece lui.
Si morse il labbro, chiudendo gli occhi e chinando il capo per un istante «Grazie per i video»
Lo sentì sbuffare. «Li hai già trovati?»
«Sì, e li ho apprezzati davvero tanto» ammise. Si grattò una guancia e passò una mano tra i capelli, sfilandosi le scarpe e abbandonandole affianco al letto.
«Bene» le disse Taichi «Ora ti lascio, che il fusorario è un casino e ho delle cose da sistemare»
Hikari ebbe un sussulto al pensiero di doverlo salutare di già «Non mi passi mamma e papà?»
«Non sono qui» le rispose lui «Ti richiamano appena possono. E, Hikari?» fece una pausa, mentre lei contemplava distrattamente una crepa sul muro.
«Cosa?» gli domandò.
«Telefonami per qualunque cosa» raccomandò lui.
Lei sorrise «Contaci» rispose.
Taichi riagganciò prima che lo potesse salutare, così rimase ancora una volta da sola in quella città sconosciuta.
Poggiò una mano sulle ginocchia, si guardò attorno e sollevò le spalle. Era certa che quella sarebbe stata una bella esperienza, se avesse sentito mancanza di casa le sarebbe bastato accendere il computer per rivedere tutte le persone a cui teneva.
E sapeva bene che, nonostante la distanza, il suo fratellone sarebbe sempre stato con lei.

   
 
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