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Autore: DirceMichelaRivetti    21/06/2015    2 recensioni
Il titolo non so quanto sarà realmente attinente alla fanfic.
La mia idea è di immaginare il continuo della serie, per cui vari misteri da affrontare per i protagonisti e, soprattutto, ancora una volta gli intrighi di Dulaque.
Voglio anche valorizzare e dare maggior spazio alla componente arturiana che permea la serie.
Genere: Avventura, Fantasy | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: Spoiler!
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La sveglia suonò alle otto in punto: per una volta, Jenkins si era concesso di dormire fino a quello che considerava tardi. Riteneva che l’aver affrontato fomori a frotte il giorno prima lo autorizzasse a riposare un poco più a lungo del solito, quella mattina.

Ben riposato, dunque, l’uomo si alzò, rifece il proprio letto e andò in bagno per togliersi il pigiama, lavarsi e cambiarsi la biancheria, poi tornò nella camera per vestirsi. Tirò fuori dall’armadio il completo, quello antracite, e dalla cassettiera la camicia, bianca con sottilissime righine grige; indossò quest’ultima e le braghe poi, prima di infilarsi la giacca, si soffermò ad osservare i papillon, indeciso su quale mettere: quello grigio, oppure avrebbe vivacizzato un po’ il suo aspetto con l’azzurro o il rosso.

Mentre era lì che osservava i farfallini, percepì che qualcuno era sulla porta. Non avvertiva ostilità, tuttavia si tenne all’erta, nonostante non desse a vedere di essersi accorto dell’intrusione. Sentì la presenza scivolare nella stanza, arrivare alle sue spalle, sporgersi verso di lui, appoggiare una mano sulla sua spalla …

“Buongiorno!” gli mormorò, dolcemente, all’orecchio Enya.

Jenkins sorrise, con la sinistra accarezzò la mano della giovane, ruotò appena il volto, il minimo indispensabile per guardarla, e la rimproverò con tenerezza: “Non sai che si bussa, prima di entrare nella stanza di qualcuno?”

“Non ti avrei fatto una sorpresa, però.”

L’uomo si voltò verso di lei e replicò: “Cogliere alla sprovvista sir Gahalad è molto difficile.”

“Per farmi scusare, allora, ti inviterò a colazione.”

Jenkins sorrise ancora una volta e ribatté: “Scommetto che me l’avresti offerta in ogni caso.”

Enya non rispose, distolse gli occhi e lo sguardo le cadde sui papillon, allora prese quello rosso, lo mise attorno al collo dell’uomo e, alla fine, prima di voltarsi e andarsene, disse solo: “Ti aspetto nella stanza in fondo al corridoio.”

Era un tono cortese, ma che non ammetteva repliche. Jenkins scosse la testa, divertito: era trascorso diverso tempo dall’ultima volta che qualcuno gli aveva dimostrato affetto e lo aveva trattato con amicizia. D’altra parte nemmeno lui aveva fatto granché per avere degli amici: quando si ha una conoscenza e un’esperienza più che millenaria, è difficile trovare qualcuno con cui sentirsi in sintonia; inoltre lui, diversamente da Judson, non riusciva ancora ad accettare che le persone a cui si legava morissero. Preferiva, allora, non affezionarsi alla gente che incontrava, ostentare disinteresse e distacco, più per proteggere sé stesso che per vera misantropia. Sì, aveva visto morire parecchi Bibliotecari, Guardiani e molte altre persone: essere sprezzante nei confronti di chi lo circondava era il modo migliore che avesse trovato per non soffrire ad ogni perdita.

Jenkins si finì di sistemare, si diede un rapido colpo di pettine, infine decise di andare. Nel corridoio, avvertì già il profumo della colazione, lo seguì e raggiunse la stanza dove era stato apparecchiato un tavolo per due e imbandito con frutta, pancakes, marmellate di diverso gusto, crema di cioccolata e nocciole, un panetto di burro, miele, una teiera con English Breakfast in infusione, una caraffa di latte e forse qualcos’altro che sfuggì alla prima occhiata dell’uomo.

Seduta al tavolo, di fronte a lui, c’era Enya che indossava una sorta di tunica bianca, lunga, molto drappeggiata, con le maniche a losanga, scollata a vu e con un’alta cintura di cuoio sotto il seno; tra i capelli un cerchietto decorato con edera.

Jenkins si accomodò, prese il tovagliolo, lo aprì e lo distese sulle ginocchia e commentò: “Che leccornie! Non mi concedo colazioni simili, se non in giorni di festa … anche perché da solo non vale la pena di faticare per preparare così tante buone cose. Già solo per due è esagerata e avanzeranno parecchie cose!”

“Poco male, daremo gli avanzi ai Bibliotecari.”

“Mi stupisco, infatti, che non si siano già precipitati qui ad abbuffarsi … almeno il signor Stone e il signor Jones.”

“Ho usato un pizzico di magia per mantenere segreta la colazione, non mi sarebbero piaciuto intromissioni.”

“E i rimproveri di Charleene sui soldi spesi!”

“Quello non sarebbe stato un problema, ho sempre usato la magia, così il budget non è stato intaccato. I pancakes, comunque, gli ho fatti io, personalmente, con la magia mi sono solo procurata gli ingredienti.”

“Ne assaggio subito uno, allora.”

Jenkins afferrò la forchetta e prese una frittella, l’adagiò nel piatto, poi scelse la marmellata di mirtilli da spalmarci sopra; per ultimo ne tagliò un pezzetto e la mangiò.

“Ottima.” si limitò a commentare, mentre già si portava alla bocca la seconda fetta.

Mangiarono e chiacchierarono assieme, con molta naturalezza e serenità. Dopo aver discusso e riso per oltre mezzora, Enya osservò: “Certo che non si direbbe che ci conosciamo da meno di un mese, per quanto siamo in armonia assieme.”

“Beh, tecnicamente ci conosciamo da millecinquecento anni.”

“Non conto quelle quattro o cinque volte in croce che ci siamo scorti a Camelot e in cui, se ci siamo rivolti la parola per salutarci, è già tanto.”

“Hai ragione, in fondo all’epoca non avevamo avuto modo di conoscerci, nonostante fossimo imparentati. Effettivamente, siamo diventati amici molto in fretta.”

“Le circostanze hanno favorito lo stringersi del nostro rapporto: insomma, in pochi giorni, abbiamo affrontato circa tre o quattro volte la morte in combattimento, due prigionie e due fughe … Credo che siano esperienze che legano molto strettamente le persone. Volenti o nolenti abbiamo ci siamo vicendevolmente mostrati i lati migliori e peggiori di noi, i punti di forza e le debolezze. Abbiamo messo a nudo le nostre anime, ritengo che ci conosciamo molto profondamente.”

Jenkins si accigliò, come turbato da quelle parole, sebbene non ne capisse il motivo. Dopo un momento di esitazione, si limitò a commentare: “Effettivamente, abbiamo avuto delle giornate piuttosto impegnative ed intense … e non sono ancora finite.” si era incupito.

“Sei preoccupato?” si premurò la giovane “Ritieni che il mondo si trovi ad un nodo cruciale, che questo scontro non sia come le lotte degli ultimi mille anni.”

“Già, ma non è necessario conoscermi profondamente per capirlo, basta conoscere la storia … la storia segreta di questo mondo.”

Enya aveva capito che aveva in un qualche modo urtato l’uomo e se ne dispiacque perché non era sua intenzione, anzi aveva sperato in una reazione ben diversa. Decise, allora, di cambiare argomento.

 

Nel frattempo, Flynn stava salendo le scale della torre; era una scala a chiocciola, piuttosto buia e lui era piuttosto stanco, oltre che frustrato per non avere idea di dove stesse andando e quanto ancora era distante. Dopo quelle che il Bibliotecario riteneva essere ore, finalmente arrivò alla fine della torre. Non era però giunto su un pianerottolo, né tanto meno si era trovato davanti ad una porta: semplicemente i gradini erano finiti e davanti c’era solo una parete in mattoni, mentre sopra di lui un soffitto dannatamente basso.

Flynn era certo di dover studiare l’ambiente circostanze per capire come uscire da lì. Iniziò a tastare le pareti e poi anche il soffitto ed ecco che, appena le sue mani lo sfiorarono, cambiò aspetto: non più di pietra, bensì di legno. L’uomo guardò e si rese conto che era appena apparsa una botola. Allora la colpì, la spinse con forza verso l’alto e, alla fine, riuscì ad aprirla.

Flynn si affrettò ad uscire, si arrampicò fuori dalla botola e si rimise in piedi. Era in un luogo illuminato, per cui aspettò qualche istante che i suoi occhi si riabituassero alla luce, poi si guardò attorno e vide scaffali pieni di libri. Li riconobbe immediatamente: era in Biblioteca.

Il volto di Flynn si illuminò, sorrise e poi lanciò un grido di gioia. Guardò la botola, ma ormai era svanita. Decise di non farsene un problema, per il momento. Cominciò a correre per i corridoi, chiamando a gran voce: “Judson! Eve! Charleene!”

Al quarto grido, la voce di Judson gli rispose: “Ben tornato, Flynn. Hai cambiato idea circa la Biblioteca?”

Il Bibliotecario si voltò e vide il suo mentore in piedi tra due scaffali; lo indicò coll’indice e gli disse: “Lei  lo sapeva, vero?”

“Sapevo, cosa?”

“Ah, andiamo, non faccia l’ignaro!” non lo stava rimproverando, ma era felice “Ormai so chi è e cosa sa fare! Lei sapeva dove sarei finito, sapeva che sarei tornato.”

“No, Flynn. Io sapevo dove saresti andato, ma non come ciò ti avrebbe influenzato, che cosa avresti capito e quale decisione avresti preso.”

“Davvero?”

“Ho molti poteri, ma non quello della prescienza. Comunque, ben tornato.”

“Grazie!”

Flynn si sentiva finalmente di nuovo sereno.

“Credo che ti convenga raggiungere gli altri e farti raccontare che cosa è accaduto in questi giorni. Qui si sono dati tutti quanti parecchio da fare, ma la situazione è difficile.”

“Sì, certamente!” annuì Flynn “Scusami se sono andato via, ho sbagliato, sono stato ingiusto ed irresponsabile.”

“Non ti preoccupare: in duemila anni, ho visto passare almeno altrettanti Bibliotecari, ognuno eccentrico a proprio modo e tutti i migliori hanno avuto crisi e creato qualche problema.”

“Meno male, questo mi fa sentire un po’ meno stupido. Prima di andare, devo chiederti una cosa … Ho incontrato due uomini che mi hanno detto cose importanti …”

“Chiedi a Jenkins” lo interruppe Judson “O anche ad Antonio. Sono certo che assieme riuscirete a capirlo, non è necessario che ti spieghi io.”

Flynn lo guardò con un inutile misto di rimprovero e perplessità, poi si scosse e accettò: “Va bene, va bene, non facilitarmi le cose, neppure quando il tempo stringe per la fine del mondo.”

“Il mondo è sempre in pericolo!” parve quasi che Judson sorridesse.

“D’accordo, vado … Ehi, ma chi è Antonio?”

Troppo tardi, Judson era già scomparso. Flynn sospirò e scosse la testa: ormai c’era abituato a quei modi.

Il Bibliotecario si rimise in cammino per raggiungere il suo studio. Quando arrivò, sobbalzò, nel vedere un uomo dalla corporatura imponente e i capelli brizzolati, intento a scrivere qualcosa, seduto alla sua scrivania.

Flynn lo scrutò qualche istante, poi disse: “Lei deve essere Antonio …”

L’uomo alzò il capo e replicò: “Sir Antonio Panizzi, principe dei Bibliotecari, per la precisione. Lei dev’essere il signor Carsen.”

“Dottor Carsen, con ventitré lauree, massone criptico e attuale Bibliotecario, per la precisione.”

“Sono stato sufficientemente informato su di lei, sono lieto che sia tornato. Credo che tutti saranno felici di rivederla e curiosi di sapere dov’è stato. Nel primo cassetto della scrivania troverà i rapporti sulle missioni svolte in sua assenza.”

“Sì, effettivamente ho bisogno di essere aggiornato e dev…

Flynn?!” esclamò la voce di Cassandra, dalla balaustra del secondo piano “Flynn è tornato! Flynn è tornato!” e corse alle scale.

Nel giro di un paio di minuti, i tre bibliotecari in erba avevano circondato Flynn e lo riempivano di domande e informazioni, felicissimi che fosse rientrato. Poco dopo anche Eve li raggiunse e si fece largo un poco arcigna e scoccando un’occhiata severa e di rimprovero all’uomo. Il Bibliotecario la trasse a sé e la baciò. Eve ricambiò, ma subito dopo lo schiaffeggiò e gli chiese bruscamente: “Perché te ne sei andato?! Hai idea di quello che abbiamo dovuto passare?!”

Antonio borbottò: “Molti impegni, sì, ma nulla di eclatante.”

Flynn si sentì un poco in imbarazzo: ora che cosa avrebbe dovuto raccontare? Come giustificarsi?

Alla fine decise di dire una mezza verità: “Mi è stato imposto un percorso educativo, con prove da superare, per poter avere una maggiore consapevolezza della Biblioteca e poter affrontare meglio la situazione.”

“Perché non me lo hai detto?” lo rimproverò Eve, che si sentiva offesa per essere stata esclusa “Avresti potuto scrivermi!”

“È accaduto all’improvviso ed ero in una dimensione dove il cellulare non prendeva.”

“Ma se il mio telefono riceveva il segnale perfettamente anche dentro il labirinto del minotauro!”

“Hai provato a telefonarmi?”

“Certo, ma era sempre staccato.”

“Quindi non prendeva e, poi, non ho certo potuto portarmi via il carica batterie! Insomma, quanto sono stato via, esattamente? Diversi giorni, credo, no?”

“D’accordo, ti perdono.”

Ezekiel esclamò: “Non vedo l’ora di scoprire com’è il tuo level-up!”

Mmm, non so se lo definirei proprio così … comunque, ricapitolatemi: com’è finito il conclave? Che cosa avete fatto?”

I tre bibliotecarini raccontarono con entusiasmo tutte le missioni affrontate, a partire da quella in cui avevano liberato Antonio. Presto sopraggiunse anche Charleene che, per quanto le permettesse il suo carattere, dimostrò la sua felicità nel rivedere Flynn. Per ultimi arrivarono anche Jenkins ed Enya. Il Bibliotecario fu stupito di vederli: l’ultima volta che li aveva visti, era presso Morgana. Flynn venne dunque aggiornato anche sulle loro vicissitudini, almeno parzialmente.

Conclusa tutta questa fase di saluti e resoconti, a chi gli chiedeva il da farsi, Flynn rispose: “Prima di prendere una decisione ed organizzarci, vorrei parlare con Jenkins ed Antonio.”

I due uomini accettarono e lo seguirono in un’altra stanza, dove potessero discorrere in tranquillità, certi di non poter essere ascoltati. Flynn, allora, esordì: “Antonio, tu hai iniziato la tua vita nell’Ottocento e non hai fatto una piega vedendo Jenkins, Charleene e forse Judson ancora vivi. Questo significa che tu sai chi siano loro realmente?”

“Sì. Sono stato il primo Bibliotecario a cui lo hanno rivelato.”

“Anche l’unico, io l’ho scoperto da Lancillotto. Non è stato piacevole e la cosa mi ha scombussolato parecchio. Volevo saperlo per capire quanto fossi libero di raccontare.”

Flynn riferì nuovamente quello che aveva vissuto, insistendo molto sugli ultimi due uomini che aveva incontrato e più di una volta domandò: “Avete idea di chi possano essere?”

Jenkins e Antonio si scambiarono un’occhiata, come per consultarsi. Infine Jenkins disse: “Il Custode delle Chiavi.”

“Cosa?!” esclamò Flynn, sentendo per la prima volta quel nome.

Antonio specificò: “L’ultimo uomo che hai incontrato, quello tutto bianco con gli occhi rossi, lui è sicuramente il Custode delle Chiavi.”

“Cosa sarebbe un custode delle chiavi?”

“Non un, ma il Custode delle Chiavi.” ribadì Jenkins “È un’entità simile al Bibliotecario, ma meno contingente. La Biblioteca mira ad occuparsi del sapere esoterico, degli oggetti magici, li raccoglie e interviene al bisogno. Quando accade qualcosa, noi agiamo. Il Custode delle Chiavi, invece, è un essere super partes, ancor più solitario del Bibliotecario; egli preserva la memoria, la storia del mondo, dell’umanità e di ogni creatura. Noi siamo specializzati sulla magia, egli è un’enciclopedia universale. Il fatto che lei lo abbia visto, è molto singolare: difficilmente il Custode interagisce con gli uomini o, per lo meno, si mostra apertamente a loro.”

“Di quali chiavi è custode?” chiese Flynn, incuriosito e assorto in riflessione.

“Le chiavi del tempo.” rispose Antonio “Non si sa molto di lui e delle sue funzioni, in realtà. È misterioso e leggendario perfino per noi! Oltre a quello che ti ha già detto Jenkins, soltanto un’altra cosa si sa o, per essere più corretti, soltanto un’altra cosa si racconta. Il dio Giano, dio delle porte, dei passaggi e, in un certo senso, del tempo, forgiò le Chiavi del Tempo e le consegnò a un suo sacerdote, incaricandolo, appunto, di preservare la memoria. Non si conosce altro, ci sono pure dei dubbi circa se questo sacerdote sia diventato una sorta di immortale, grazie al potere di viaggiare nel tempo. Nel senso che avendo la possibilità di passare da un’epoca all’altra è uno solo che è stato in ogni quando. Altri, invece, pensano che, nonostante ciò, il sacerdote invecchi comunque e, quindi, arrivato ad una certa età, passi il proprio compito ad un erede. È impossibile saperlo, bisognerebbe chiederglielo.”

“Quindi costui mi ha detto di cercarlo, ma nessuno ha la più pallida idea di dove possa essere e, per di più, di quando possa essere?!” Flynn era innervosito “Io odio chi fa il misterioso! Ero già da lui, perché invece di aiutarmi subito, mi ha fatto tornare indietro e tribolare?!Accidenti! Come facciamo?!”

“Non si preoccupi, signor Carsen.” disse Jenkins “Studierò la faccenda e troverò il modo di aiutarla: sono convinto che la mia porta possa tornarci utile, bisogna solo capire dove aprirla.”

“Potrei occuparmene io di studiare ciò …” si propose Antonio.

“No, meglio che ci pensi io” insisté Jenkins “Che conosco meglio i meccanismi della porta.”

“Appunto, avrai tanto da capire su che modifiche fare, è meglio che …”

“No! So che cosa vuoi in realtà! Sei curioso sull’argomento e vuoi approfondirlo, ma ci penserò io.”

“Dai, non essere cattivo, studiamolo assieme! Non puoi dirmi che indagherai su qualcosa di così misterioso ed importante ed escludermi dalla ricerca!”

Flynn scosse la testa e disse: “Credo che sia bene che ci lavoriate assieme, così forse arriveremo prima ad una soluzione. Piuttosto, sapete dirmi qualcosa sull’altro uomo? L’anziano che mi ha servito il tè?”

“Credo che potrebbe essere chiunque.” disse Antonio “Non c’è un personaggio specifico, legato al te o ad un luogo come quello che mi hai descritto. L’unico anziano che offre tè che mi viene in mente è Jenkins, ma te ne saresti accorto se fosse stato lui!”

“Signor Carsen, può provare a trasmettermi telepaticamente l’immagine di quell’uomo?”

“Come?”

“Beh, è riuscito a proiettarsi astralmente, per cui dovrebbe riuscire a usare la telepatia.”

Flynn era scettico, anche perché non aveva neppure idea di come aveva fatto a proiettarsi, giorni prima, comunque decise di tentare. Anche quella volta non capì bene come gli riuscì, ma ebbe successo.

“Penso di avere un’idea. Mi permetta di fare alcune verifiche e, poi, gliele comunicherò.”

Il Bibliotecario sospirò e concluse: “Mettiamoci al lavoro, domattina faremo un’altra riunione e ci aggiorneremo. Sperando di avere novità, decideremo il da farsi.”

   
 
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