Anime & Manga > Lady Oscar
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Autore: VeronicaFranco    21/06/2015    14 recensioni
Episodio 35 dell'anime. André, difendendo Oscar dalla condanna del Generale, rivela i suoi veri sentimenti.
Ho provato ad allungare il tempo, a comprendere meglio quanti e quali sentimenti sono passati nell'animo di Oscar e in quello di André, nello stesso momento. Un'operazione al rallentatore... e poi, be', c'è solo un piccolo particolare che non ho rispettato, di tutta la scena. Confido sia estremamente facile da trovare!
Ho ripreso la scena così come è nella versione dell'anime originale, sfruttando i sottotitoli in inglese (ecco perché a volte si discosta anche dalla nostra amata, e più nota, versione italiana).
Genere: Angst, Drammatico, Introspettivo | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: André Grandier, Generale Jarjayes, Marron Glacé, Oscar François de Jarjayes
Note: Missing Moments, What if? | Avvertimenti: nessuno
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– Eccomi, padre.

 

– André, che cosa è successo? Il padrone era furioso, quando mi ha detto “Chiamami Oscar”.
– Non è niente. Niente di cui la tua dolce testolina debba preoccuparsi, Nonna.




– Siediti, Oscar.

[…]

– Sei pronta, Oscar?

– Pronta per cosa?

– Togliti immediatamente le insegne di rango e la medaglia che ti ha dato il Re!

– Lasciate che ve lo chieda ancora, pronta per cosa?

– Stai cercando di ribellarti a tuo padre, Oscar? … se hai da esprimere un ultimo desiderio, dillo. Anche se hai tradito, sei pur sempre mia figlia.

– Dodici dei miei uomini sono imprigionati alla Prigione dell’Abbazia, in attesa dell’esecuzione. Se uccidere me salverà quei dodici uomini, vi lascerei volentieri la mia vita. Ma so che non è così che andrà. Allora non posso morire adesso!

– Lascia perdere, Oscar. Essere fedeli al Re qualunque cosa accada, è la tradizione della famiglia Jarjayes. Se c’è un traditore al suo interno, è tutto finito. Non temere. Dopo averti mandata al Signore… ti seguirò anch’io.

– Allora ho un motivo in più… non posso accettare la vostra punizione.

– Sei gentile… ma è così che deve essere.

 

 

[Oscar]

La spada di mio padre si alza, pronta a calare.
Proprio in grazia sua, ho imparato ogni suono del metallo; anche se lui è dietro di me, sento ogni cosa come se la vedessi. Di nemici invisibili e insidie egli ha popolato ogni nostro addestramento; così potrei fermarlo, e schivare il colpo e fuggire, con la stessa facilità che lui mi ha insegnato.

Ho gettato la rovina sui Jarjayes. È questo che è accaduto, veramente?
Il Re ci punirà per una mia scelta? Quel Re dal cuore buono e dallo sguardo schivo?

E la mia Regina, non ascolterà la nostra supplica?

Io sono immobile. Di fronte al vostro mondo antico, padre mio, non so fare nulla. È come se cercassi di decifrare le lettere confuse dei classici greci; chi sa il latino e del latino è figlio, rincorre quegli strani segni con la curiosità di un bambino analfabeta. Nel mondo di Versailles io sono cresciuta fin da bambina, il vostro mondo, padre; ma come d’estate si tolgono gli abiti pesanti, ho offerto la mia pelle e il mio collo a nuova brezza. Una brezza tempestosa e violenta, che tuttavia soddisfa l’ardore dell’animo mio.

Avete visto la guerra da giovane, padre; io non ho potuto combattere come un vero uomo, ma ho scoperto la battaglia nelle durissime rassegne di ogni giorno. Nei volti ostili di uomini nati negli stenti, ho trovato il mio vero cuore, e il mio vero cuore desidera la spada…

… la spada che voi mi educaste a considerare parte del mio corpo.

La spada che, sono certa, saprete brandire così bene da trafiggermi senza farmi soffrire.

Ma piangerà il mio cadavere spento, padre, come stanno piangendo i miei occhi in questo momento, perché vi perderò. Vedrete l’Inferno per causa mia, povero padre mio.

Vi ho deluso, lo so bene, ma nonostante questo non ho mai sentito il vostro amore con tanta intensità.

La Morte affiora in un istante. La Morte guida la vostra mano. Io sono sorpresa, forse poco. Io sono immobile, sì, come una statua fermata da Medusa.

Ah, morirò… ma perché non mi guardate in faccia, padre? Perché alle spalle? Non vi guarderei con odio, vi offrirei soltanto il mio amore. In fondo vi appartengo da quando sono nata; e ogni mio passo, ogni sfida vinta è stata una gioia riflessa dai vostri ai miei occhi.

Morirei, pur di non darvi dolore. E invece, ironia macabra, morirò spillandovi soltanto male, male!

Tanto più che adesso non posso morire: i miei soldati sono ancora in pericolo.

E non posso morire anche per un altro motivo. Dite che, dopo avermi uccisa, mi seguirete. Che male al cuore, al solo pensarlo.

Padre mio adorato, se voi vi uccideste sul mio cadavere, chi andrebbe da mia madre a dirle cos’è accaduto? Quale responsabilità volete prendervi, adesso, della sua infelicità perenne?

Fermatevi, padre! Non per la mia miserabile vita, ma per la vostra che è assai più preziosa, e quella dei miei uomini fedeli e della mia carissima madre, vi prego, fermatevi!

Fermatevi, grida l’anima!

Ma ho la lingua di pietra, e tutto il mio corpo è rigido

come una statua fermata da Medusa.

Ah, morirò…

 

Un fulmine scuote la casa e l’anima. La finestra sbatte su due corpi tesi. Qualcuno è corso a fermare la mano di mio padre.

È buio, non vedo quasi nulla; dalla porta aperta giunge il tenue riverbero delle candele del corridoio.

Poi il nome di André dalla voce di mio padre. E la voce di André che risponde.


Il sangue torna a muoversi in folle corsa nel mio corpo. Ritrovo pugni, gambe, petto. Sono viva, il fulmine ha strappato l’istante sbagliato. E immobile è André, presso la finestra, che opprime il corpo del suo padrone con la giovinezza del proprio.

 

 

– Vi prego, NO!
– Lasciami! Lasciami, André!
– Non vi lascerò, se avete intenzione di uccidere Oscar! Non vi lascerò mai!

– Levati di mezzo! Oh…

[...]
– Se continuate, vi sparerò, prenderò Oscar con me e scapperò.

 

[André]

Non alzeresti un dito su tuo padre, io lo so, amore. Non gli faresti mai del male, anche se questo comporterebbe arrenderti alla morte.

Ma tu non morirai, non finché io esisterò su questa terra; e anche dopo, come una larva bianca e orribile, andrei a perseguitare chi ti avrà tolta alla gioia del mondo, amore.

Dunque sono io il fedifrago, io la serpe che si rivolta alla mano che l’ha nutrita di latte. Ti impedisco la sofferenza della ribellione e me ne faccio carico interamente. Io spezzo la continuità del passato, io tradisco il mio signore, io porto la rivoluzione in questo giro monotono di stelle che mi ha imposto di non raggiungerti mai, fino a oggi.

Dovrei sentirmi gretto e colpevole…

Ma in questo istante, mentre profano il corpo del mio padrone osando la violenza, e lui incredulo grida di lasciarlo andare, e io quasi mi scuso, mi scuso, Signor Generale, ma vedete, non posso permettervi di uccidere il Signor Oscar…

… mentre faccio questo, la voce sgorga libera dalla fonte del mio essere.

 

[Oscar]


Una pistola. André ucciderà mio padre con la pistola che io gli ho insegnato a usare.

André mi rapirà e mi porterà con sé, e mi sposerà…

Il buio si è riempito di voci, quella di mio padre è furiosa.

È folle tutto quanto, lui grida, è folle.

André, invece, non grida.

 

 

Cosa? Tu vorresti scappare con Oscar?
S-sì.
È questo quello che desideri?
Sì.
– È assurdo. Pensi di poter ignorare la vostra differenza di rango?
Permettetemi una domanda. Che cosa significa “rango”? Cos’è un “uomo del popolo”? Siamo tutti uguali!
Hai bisogno di un permesso di Sua Maestà per sposare un nobile!
– Lo so bene. Ma anche se si tratta del Re, occorre il permesso di un estraneo per amare qualcuno?
ANDRÉ! Dannato…

 

 

[André]

 

Il Generale si è calmato. La pistola è carica, e sono troppo vicino per mancarlo, anche con questa maledetta vista.

La pioggia inizia a battere sui vetri. Un suono ripetuto a milioni. Goccia per goccia, un mare si riversa sulla terra.

Ogni goccia somiglia ai pungoli del mio cuore, che si sono raccolti per mutarmi in questo granitico salvatore.

Ho sanguinato amore per anni. Si è rappreso in virtù. Ho letto i libri proibiti, per anni. Ho ascoltato le parole dell’Abate.

Noi siamo tutti uguali.

 

Uguale io a voi, Signor Generale, padrone mio caro e giusto, severo ed esigente.

Uguale voi a me, André Grandier, servitore figlio di servitori, braccio del mio padrone vero, il migliore, il più forte: Amore.

Amore si è plasmato sul corpo di donna che voi avete vestito da uomo.

Amore brucia nei suoi occhi ardimentosi, Amore sospira dalle sue labbra piccole e calde.

Amore è un’anima reincarnata nella Donna Comandante ai cui piedi ho scelto di deporre tutti i miei peccati, e lei li ha assolti.

 

Ho peccato d’essere inferiore.

D’essere ingenuo, d’essere mediatore.

Ho peccato di silenzio, ho commesso l’assassinio dei miei desideri.

Quando i desideri si sono rivoltati contro di me, ho commesso il peccato della violenza.

La devozione non mi salva dal dolore. Né mi toglie il sangue dell’amare senza essere ricambiato.

I miei peccati si sono poi annidati nei miei occhi. Mi viene sottratta la vista ogni giorno di più.

Ma il miracolo, mio signore, è che senza vedere abiti, gradi, titoli, gemme e gioielli e spade, io sento le voci degli esseri, e sono vive.

Gli esseri dotati di voce di pensiero di sentimenti hanno per natura lo stesso statuto di Umanità.

 

Dio mi ha reso meritevole

d’amare e odiare e soffrire e vivere,

dunque a Lui rimetto le mie azioni, e prometto di votarmi

ad Amore con il mio corpo e con la mia anima.

 

Dio sorride nel volto di Oscar, io ad Oscar rimetto ciò che sono.

 

[Oscar]

 

Il sangue s’è di nuovo gelato nelle mie vene.

Noi siamo tutti uguali!

André sta gridando la verità che ho iniziato ad accarezzare da mesi.

André è uguale a me.

Siamo, noi, uguali anche a mio padre, dunque? Uguali al Re?

 

Covava questo, André, in questi mesi lunghissimi in cui a stento ci siamo parlati. E può dirlo ancora, dopo essere stato quasi massacrato dalla folla di Parigi, così poco tempo fa.

Non si è lamentato di nulla, non ha chiesto nulla, ha annullato le parole dietro la fitta coltre della sua quiete.

E adesso ho l’impressione di vedere, come se fosse giorno pieno, ogni sua espressione, ogni movimento di bocca che accompagna le sue parole ardenti.

 

Quanto a fondo conosco anche lui, quanto li riconosco entrambi, mio padre e André.

Tanto da non sapermi muovere, perché scegliere uno equivarrebbe a spezzare l’altro.

 

E adesso, cosa! Un colpo forte! André è caduto!

 

 

[André]

 

Tremavo, ho perso il controllo, ho perso la voglia di ferire.

Anche se si tratta del Re, occorre il permesso di un estraneo per amare qualcuno?

Questa frase ha spezzato il tempo del Generale.

Questa frase racchiude la verità.

Io amo nonostante gli Stati! Amo nonostante le leggi, amo fuorilegge!

E questo Amore è una verità impossibile da negare!

Questa Verità mi ha fatto libero!

La Verità, l’unico dovere dell’Uomo!

Il Generale mi ucciderà, ma oh!, che m’importa!

 

Che rimorsi potrei avere mai, io che amo e ho avuto grazia di accorgermene… e ho potuto consacrarmi all’Amore sciogliendomi in esso come acqua, come vita nel sole?

 

 

Mi dispiace, non posso perdonare nessuno di voi due!
– In questo caso, uccidete me per primo. Se sarò secondo, non voglio dover assistere alla morte del mio amore… anche solo per un momento.
Sarebbe troppo doloroso da sopportare.

Andrè...

– Bene… allora realizzerò il tuo desiderio.

 

 

[Oscar]

 

Non ci perdonerà.

Non mi perdonerà.

D’un tratto comprendo che se io morirò, morirà anche André.

Mio padre sta parlando anche a me.

 

André, io…

 

Nessuno mi ha chiesto cosa desidero io. Ma entrambi agiscono e parlano e fremono come se in tutto questo io non fossi nemmeno presente.

 

Mio padre ci ucciderà, tutti e due.

 

Non ha senso; tutto questo è diventato follia.

 

 

[André]

 

Uccidete prima me. Ho paura, Signor Generale, una paura assassina.

Anche se fosse solo per un secondo, e se pure la seguissi subito… sentire il cuore di Oscar fermarsi, il suo fiato spegnersi… ah, che sollievo mi darebbe la morte? Nessuno; il mio dolore perseguiterebbe il Cielo.

Vi prego, trafiggetemi che lei respira ancora.

Fate che io sogni di lasciare sulla sua bocca il mio ultimo istante, fate che lei mi prenda tra le braccia, come tante volte per caso è accaduto. Fate che mi stringa la mano.

Non ho paura di morire così.

E c’è di più: morendo percorrerei per primo la via lugubre dell’Addio.

Potrei così valutare quanto è triste, e lastricarla se è infida, e coltivare ai suoi angoli rovi di rose bianche.

E lei, quando Dio la chiamerà a sé, troverà quel giardino da me predisposto; non ci fu casa per noi in questa vita, io predisporrò la Futura, l’Eterna, per il nostro abbraccio.

Non mi mancherà la vita, perché nella morte sarò più vivo; la mia Verità mi seguirà senza il corpo. Non ferirò la sua bocca con baci non voluti, non tremerò di dolore nel tendere a lei le braccia, e vederla andar via.

Il Paradiso sarà avvolgerla anima nell’anima, per l’Eternità.

Non è desiderabile, una morte simile?

 

Invece, se morissi dopo, se prima di tutto lei…

Capitemi, Signor Generale, è intollerabile perfino immaginarlo.

Se voi siete in grado di ucciderla, fate pure con me la prova.

E che il mio cadavere vi insegni l’Amore che avete dimenticato!

Che la vostra mano si fermi inorridita, il vostro cuore riconosca che la violenza che avete usato su di me non è adatta alla vostra figlia prediletta!

 

Dunque ho tre motivi, mio signore, per implorarvi la grazia di morire per primo.

Risparmiarmi la maledizione di un dolore che la morte non cancellerebbe;

predisporre il cammino che un giorno, lontanissimo, vi prego, lontanissimo!, anche il mio amore percorrerà;

indurvi alla mitezza, e cancellando me, cancellare anche il motivo della vostra collera verso di lei, e permetterle la vita.

 

La vita che le avete donato nel generarla, nel plasmarla come vostro erede, vi giuro, mio signore, non vi appartiene più!

Lasciate che Oscar sia, e che io possa esistere in lei come ricordo caro e come ombra calda.

 

Ai vostri piedi attendo l’esecuzione. Agite, mio generoso padrone, io vi perdono se mi uccidete. E vi ringrazio d’aver generato il mio amore.

 

Tutto questo vorrei dirvi, ma non c’è tempo, dunque, semplicemente, eccomi.

 

 

 

***

 

Oscar volò in avanti, si lanciò a terra e a tentoni trovò il corpo di André.

Gridò, e nell’abbracciarlo si dispose a difenderlo dal colpo che il Generale stava per lanciare.

 

Ma quel colpo non fu mai dato.

Il Generale fece cadere la spada.

Osservò, nel vuoto rischiarato dal buio, la sua diletta figlia stretta all’uomo che amava.

Vide, anche se non si vedeva a un palmo, le lacrime degli occhi di lei. Udì i suoi singhiozzi dolorosi celati sul collo di André, che muto la stringeva a sé come non aveva mai potuto fare.

Vide la figlia, non l’erede; una donna, non un uomo.

 

Vide la neonata cui per capriccio mise nome maschile.

Il rimorso lo sconfisse.

 

Intanto un suono flebile veniva dal corridoio, come un pianto; forse era solo il soffiare della pioggia sui vetri e sul mondo esterno.

 

Poi, proprio dal mondo esterno venne un richiamo.

 

“Aprite il cancello! Conte Jarjayes, aprite il cancello! Ho un messaggio urgente! Un messaggio urgente da Versailles! Per favore, aprite il cancello!”

 

Il Generale uscì dalla stanza. Superò i corpi abbracciati di Oscar e André, ammutoliti dal loro ritrovarsi. Trovò Madame Marie seduta a terra, nel corridoio, gli occhi bagnati di pianto e il viso incredulo.

Chiuse la porta dietro di sé. Infine corse avanti, e andò ad ascoltare l’ambasciata.

   
 
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