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Autore: dario93    12/01/2009    1 recensioni
questa non vuole essere altro che una semplice storia autobiografica che pretende un finale migliore di quello che purtroppo già so sarà la mia vita...
Genere: Introspettivo | Stato: in corso
Tipo di coppia: non specificato
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Doveva fumarla tutta quella Lucky Strike rossa che di lì a poco sarebbe andata a far compagnia agli altri mozziconi di sigaretta nel posacenere di vetro giallo, doveva fumare fino all’ultimo centesimo pagato allo stato, quello stesso “stato” che negli ultimi sessantadue anni non si era curato d’altro che dei propri interessi, quello stato prima, dei democristiani corrotti e poi dei capitalisti ipocriti, che anziché curarsi degli interessi del paese non si era curato d’altro che dei propri interessi finanziari negando a noi giovani la possibilità, nel ventunesimo secolo, di credere e sperare nel nostro futuro; un futuro che non pretendeva altro che poter essere considerato migliore. Migliore una parola che era scomparsa da molto tempo dal vocabolario di Andrea un ragazzo che presto avrebbe raggiunto una tappa essenziale del suo cammino di crescita: i sedici anni. Sedici anni trascorsi sempre lì all’ultimo piano di una palazzina che ne contava quattro, situata nella periferia di una delle città più belle al mondo, una delle città che purtroppo stava sempre più diventando simbolo di quella corruzione: Roma. Lui era un liceale mediocre, proveniente da una famiglia mediocre con uno stile di vita mediocre ma con delle speranze per il proprio futuro molto ambiziose che però lentamente stavano trasformandosi in mediocri, forse tutto ciò accadeva solo per assestamento, perché queste si potessero adeguare a tutto il resto o forse perché tanto era inutile continuare ad illudersi che un domani qualcuno cominciasse a vederlo per chi era veramente piuttosto che per il conto in banca o per le amicizie e gli ambienti frequentati. Però Andrea non era sempre stato così anzi prima era un ragazzo che amava sognare e fantasticare tentando di pianificare il proprio futuro, lui non era sempre stato così mediocre anzi ad esempio a scuola otteneva sempre ottimi risultati, non che ora non li ottenesse ma come già ho detto prima ora era demotivato e questa sua demotivazione l’aveva portato alla chiara convinzione che era giusto impegnarsi nei confronti di quelle poche persone che credono in te, ma allo stesso tempo è anche inutile perdere tempo in cose che, anche se sono la tua passione più grande non potranno mai darti da mangiare. Quegli ultimi tempi a scuola non erano stati molto semplici infatti Andrea si era trovato ad affrontare valanghe di scioperi contro la riforma del sistema scolastico, scioperi che amava perché gli davano come l’impressione di potersi esprimere realmente e di poter dire la sua a quello stato che violentemente gli aveva negato un futuro, amava farlo insieme ai suoi compagni di scuola quei pochi che nella sua scuola fatta per lo più di conformisti avevano il coraggio di alzare la testa e di opporsi al sistema, e poi c’era Luca non uno qualsiasi ma il suo migliore amico o forse dovrei dire fratello, sapevano tutto l’uno dell’altro e amavano passare del tempo insieme a fare qualsiasi cosa anche le più stupide tanto l’importante era farle insieme; era importante anche suonare insieme, suonare quello strumento che in tutto e per tutto era in grado di rappresentare la sua anima che allo stesso tempo era malinconica e sofisticata, in poche parole suonare il basso era un modo valido di estraniarsi dalla realtà. In quei casi però si univa anche un altro loro storico amico Mirko, d’altronde si sa che un basso e una batteria senza una chitarra sono persi proprio come Andrea e Luca erano persi senza Mirko. L’anno era appena iniziato e capodanno era stato trascorso all’insegna di erba e musica psichedelica, chiamateli drogati chiamateli irresponsabili ma in un mondo che fa schifo a loro piaceva ogni tanto sentirsi in pace con se stessi. L’anno era appena iniziato e non sapeva gli cosa prospettasse, se cose buone o no ma di certo sapeva che nulla gli sarebbe stato regalato e che anche la cosa più piccola richiedeva sudore e fatica e che non sempre i giusti vincono come nei film anzi, il più delle volte erano proprio loro a rimetterci. Quel giorno Andrea doveva andare a scuola e come al solito l’autobus sembrava non passare mai, fu una fortuna che riuscì ad arrivare in tempo, varcò il cancello della scuola raggiunse il bar e prese “il solito” che non consisteva in altro che in una tazzina di caffè che gli piaceva tenere bestretto fra le sue mani fredde caratterizzate dalla potenza di chi ormai del basso aveva fatto un vero e proprio stile di vita; un caffè amaro, amaro come i giorni che doveva ancora passare in quell’istituto scolastico pieno di figli di papà e di gente che superava di gran lunga il concetto di benestante. All’inizio era un po’ intimorito da quella scuola ma subito capì che se voleva una scuola migliore doveva cambiarla lui stesso.
  
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