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Autore: Raven333    22/06/2015    2 recensioni
"Certe volte cerchi di gettarti il passato alle spalle, ma devi essere pronto a fronteggiare le conseguenze."
Primo capitolo di quello che doveva essere un racconto, ma che rimarrà una One Shot perche non penso che lo continuerò mai xD Spero che comunque lo gradiate :)
LE RECENSIONI sono molto apprezzate :)
Genere: Azione | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Nuovo personaggio
Note: Lime | Avvertimenti: Violenza
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Ho scelto la vita tranquilla. Davvero.
Ho scelto di amare altro. Ho scelto di dimenticare la lama ed il sapore del sangue. Ho perso ed ho vinto.
Ho perso la stima ed anche la fiducia di alcuni di quelli che un tempo chiamavo fratelli. Ho perso l’ebbrezza del vento sul viso, dell’adrenalina nei muscoli. Ho perso l’abito col cappuccio.
Ho vinto quella che è una piccola pace in tutta questa guerra. Ho vinto quattro mura calde e profumate, un letto comodo ed un lavoro sicuro. Ho vinto l’amore.
Ero assassina. Questo me lo ricorderanno sempre la cicatrice sull’anulare, i calli sulle mani e le varie ferite mal sanate che ogni tanto fanno ancora male. Ma ho lasciato tutto questo quattro anni fa, quando ho trovato l’amore e la pace.
Certo, quando sei assassino non smetti mai di esserlo. Collaboro ancora con loro, passo informazioni, materiale, provviste. Niente di pericoloso, comunque.
Io e FIlip non possiamo crescere un figlio fra gli assassini, per questo ce ne siamo andati. Siamo scappati da loro ma, soprattutto, dai Templari.
Ma allora perché sono venuti loro da noi?
Perché ho le mani legate strette dietro la schiena? Perché è buio? Perché Filip si agita dietro di me? Perché non riesco a vederlo?
Mi sforzo di ricordare…
Ah…
Credo… che stessimo passeggiando… io e quello che ora è mio marito. Sposi novelli, tutti ci invidiano. Filip mi si è avvicinato, mi ha dato un bacio sulla guancia. Io l’ho allontanato per gioco, ma poi ho preso la sua mano e ho lasciato che mi cingesse il fianco. Amo sentire il suo corpo contro il mio, mi da una sicurezza di cui non pensavo di aver bisogno. Lui mi ha sussurrato “Ti amo” ed ha spostato la mano sul mio ventre, fissandomi con occhi colmi di speranza: stiamo cercando di avere un figlio, da molto ormai, forse da un anno. Non riusciamo, ma lui non perde la speranza e mi accarezza ogni mese il ventre, fino a che un flusso di sangue non porta via le nostre speranze.
Ho poggiato la mia mano sulla sua, gli ho sorriso e gliel’ho stretta. Saremo una famiglia presto, ho pensato…
“Buona sera, colombi.”
Sia io che Filip ci siamo ritrovati con la lama di un coltello premuta sul collo e delle mani che ci tenevano saldamente le braccia. Una scarica di adrenalina e di paura mi ha bloccato all’istante. Ho deglutito, sentendo la lama schiacciarsi un po’ di più sulla mia gola, ma non ho perso la calma.
“Che volete?” Ha chiesto mio marito, perfettamente immobile.
“Diciamo che voglio tutti i vostri soldi, o imbratteremo la strada col vostro sangue.”
La voce dietro le nostre spalle era sicura e sprezzante e qualche risata l’ha subito seguita.
“FIlip… dagli quello che vogliono.” Ho sussurrato, mesta, dimenandomi leggermente per capire quante persone mi stavano bloccando. Un rivoletto di sangue ha iniziato a colarmi sul collo. 
“Se lor signori ci permettessero di muoverci, magari, potrei prendere in considerazione la loro richiesta.” Ha ringhiato mio marito. Subito le prese sui nostri corpi si sono allentate e con un possente spintone ci siamo ritrovati tutti e due a terra. Ci siamo alzati subito, assumendo istintivamente la posizione da combattimento. Eravamo circondati. Sei o sette ghigni ci squadravano. I loro denti storti e le loro lame brillavano sotto la luce fioca dei lampioni. Quello che doveva essere il capo tra loro si è fatto avanti brandendo una daga.
“Allora, che ne dite di chiudere qui questa storia? Ci date i soldi e ce ne andiamo.”
Mi sono guardata intorno, muovendo solo gli occhi. Erano tutti armati. Non potevamo sovrastarli. Ho abbandonato la posizione di combattimento e mio marito ha fatto lo stesso. CI siamo guardati, complici, uno sguardo è bastato ed avanzato per capirci. Filip ha ringhiato ancora e s’è frugato nelle tasche, estraendo qualche moneta che poi viene raccolta in un sacchetto. Io ho fatto lo stesso e mio marito mi ha lanciato la sua parte che ho unito subito alla mia. Ho lanciato i sacchetti ai piedi del capo, che si è chinato per raccoglierli.
“Tutto qua? Qualcuno sta barando…” Ha sghignazzato quello, schioccando le dita ed indicando prima i suoi compari poi me e mio marito. Un paio di ladri si sono avvicinati a noi.
“Un passo falso e siete morti.”
Ho levato il mento, lasciando che i due ci perquisissero, tastandoci sui vestiti. Il ladro che si occupava di me ha subito colto l’occasione, sentivo le sue mani indugiare troppo tempo e con troppa convinzione nei posti sbagliati. Sentivo il suo fiato sul collo, il suo corpo molto vicino al mio, la sua eccitazione sfiorarmi.
Filip non mi toglieva gli occhi di dosso. Percepivo la sua furia, lo vedevo tremare di rabbia. Quando la mano del mio perquisitore è arrivata a palpare avidamente il mio seno ed il suo sesso a premere sulle mie natiche, una gomitata in faccia lo ha fatto indietreggiare.
“Ah! Tu brutta putt…”
“Calma, calma, Levi. La signora non ha gradito a quanto pare…” Il capo si è avvicinato a me, prendendomi delicatamente il mento ed alzandomelo. Se avessi potuto l’avrei incenerito con lo sguardo. Si è avvicinato a me, portando le labbra vicino il mio orecchio.
“E’ un peccato… lasciar andare un fiore così bello e giovane senza coglierlo…” Mi sono irrigidita, sentendo la sua lingua disegnare il contorno del mio orecchio. “Sono puliti?” Le sue ultime due parole erano decise e rivolte ai suoi compari, ma lui era tornato a fissarmi negli occhi, incontrando uno sguardo furioso e glaciale.
“Puliti, capo.”
“Ora che hai i tuoi stupidi soldi, perché non te ne torni dal buco di culo dal quale sei venuto?!” Filip aveva gli occhi iniettati di sangue e stringeva i pugni. Gli ho indirizzato uno sguardo implorante, sperando che ci lasciassero andare in fretta.
“Oh oh oh… che paroloni.” Ha sghignazzato il capo, allontanandosi finalmente da me, ma estraendo la daga ed avvicinandosi a mio marito.
“Hai forse dimenticato, mio caro ragazzo, che fra i due qui sono io ad avere il coltello?”
“Già, ma tu, proprio per questo, hai forse dimenticato che fra i due qui sono io ad avere le palle?!”
“FIlip!”
Un rapido pugno ha colpito mio marito, facendolo barcollare. Sono accorsa subito a tenerlo in piedi.
“Stronzo!” Ha imprecato lui tra i denti insanguinati.
“Avete i vostri soldi ora! E’ tutto ciò che abbiamo! Andatevene!” Ho urlato io, furiosa.
“Capo! Guarda! La sua mano!” D’improvviso uno dei ladri mi ha afferrato il polso, trascinandomi con forza via da mio marito, di nuovo verso il capo.
“Cosa abbiamo qui? Un’Assassina?” Il capo era di nuovo vicino a me, ma stavolta mi teneva fermamente il polso, giocherellando con la cicatrice sul mio anulare.
“Anche Il ragazzo, capo! Anche lui ce l’ha!”
“Bene, bene, bene, sembra che questa sera intascheremo più soldi di quanti sperassimo… I Templari hanno messo una bella taglia sulle vostre teste…”
“No! No, noi… Non siamo più Assassini!” Ho cercato di dire io.
“Merda, Liliana, CORRI!”
Il caos. Ricordo il caos dopo di ciò.
 La frase “Prendeteli vivi!”
La corsa, per poi voltarmi, cercando Filip.
Poi un colpo in testa e più nulla.
  
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