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Autore: Atramentum    22/06/2015    1 recensioni
Torniamo indietro nel tempo, in una notte di più di mille anni fa.
Adonis, soldato di frontiera, sogna di poter vivere al fianco della sua amata Venus.
Quando capisce che ciò non è possibile, decide di vegliare sulla fanciulla nell'ombra, ma..
Genere: Introspettivo, Malinconico, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Crack Pairing | Personaggi: Altro Personaggio, Minako/Marta
Note: Missing Moments, What if? | Avvertimenti: Spoiler! | Contesto: Prima dell'inizio
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Ti vedo, mia Venere


Il comandante ci squadra uno ad uno, guardandoci come fossimo scarafaggi da schiacciare. È una sensazione alla quale sono ormai abituato, a differenza dei quattro novellini dietro me.
Terza fila, Adonis, soldato di frontiera da ormai X anni. Sono giovane, non eccessivamente forte; forse sono anche il più debole.
Fino a qualche ora fa, passeggiavo tranquillamente nella regione di Aphrodite, quasi al centro di Venere, quando arrivò una chiamata urgente dal boss.
«Mi avete sentito? La nostra Guardiana è appena tornata dalla Luna, fate il possibile per nascondere la fiacchezza che avete accumulato nei mesi della sua assenza!», sbraita, e a me viene quasi da ridere.
Egli era stato il primo a dire – dopo la partenza di Venus – di tornarcene a casa, che non ne valeva la pena occupare il Palazzo senza il soggetto da proteggere.
Veniamo subito dispersi, incitati dal comandante a raggiungere la nostra posizione prima dell’arrivo di Venus.
Ciascuno di noi è solito prendere strade diverse, dal momento che il fronte circonda tutto il Palazzo.
Prendo sempre una strada differente, questa volta è toccato all’ala est.
Sento dei passi dietro me; mi giro e mi accorgo di essere seguito dal gruppo di novellini.
«A-Adonis.. dove dovremmo andare?», mugola il più giovane.
Un sorriso appena accennato illumina il mio viso. Mi ricorda la mia prima missione. Oggi però non c’è nessuno a parte noialtri nel Palazzo. Durante il mio primo turno, potei intravedere da lontano quella luce dorata che, ancora oggi, illumina i miei occhi ogni volta che penso a lei. La mia Venere.
«Come ben sapete, il Palazzo ha la forma di un diamante. Il fronte si trova alle estremità ed ha una ‘orbita’ circolare, al centro del diamante», spiego loro, facendo un paragone assurdo ma che i suddetti, praticamente adolescenti, capiscono «potete andare in qualsiasi direzione, purché non entriate nelle stanze. Vi consiglio di puntare sempre verso l’esterno, non prendete alcuna strada alternativa e non girate mai negli angol-»
Sento nuovamente dei passi. Non appartengono ai soldati, dal momento che tutti hanno preso strade diverse. Poi, noi siamo stati addestrati affinché il nostro passo fosse riconoscibile. Insomma, sappiamo dove mettere i piedi.
L’andatura è diversa, completamente. Potrebbe esserci un intruso.
«Se avete capito, andate avanti. Io vi raggiungo.»
Non voglio mettere in pericolo quattro ragazzini appena arruolati. Nei loro sguardi colgo riconoscenza, segno che, fortunatamente, hanno intenzione di andarsene.
Prima, però, uno dei quattro mi porge un oggetto, dicendo: «grazie, Adonis, questo è tutto quello che ho. Accettalo, speriamo di poter divenire tuoi amici, un giorno.»
Prendo l’oggetto e sorrido loro, vedendoli poi correre nella direzione da me indicata.
Guardo bene ciò che mi hanno dato, notando che l’oggetto non è altro che una maschera d’argento. Manufatti del genere, vengono prodotti solo ed esclusivamente nella regione di Tethus Regio. Non eravamo poi tanto lontani, penso.
Sbuffo un po’ scocciato all’idea di percorrere una strada mai intrapresa fino ad ora. Giro l’angolo e punto dritto, in punta di piedi. Mi addentro nell’ala est, per poi sbucare in un punto sconosciuto.
Mi rendo conto di essermi perso, forse mi sono anche messo nei guai. Se qualcuno mi vedesse qui, col cavolo che ne uscirei vivo. Specie se a vedermi è il nemico.
«Promettimi che non ci lasceremo mai.»
Mi giro di scatto verso la voce che ha parlato. Ti vedo, mia Venere. Così luminosa, nella tua uniforme da battaglia. La luce che ti avvolge e ti rende pura e potente al tempo stesso, attrae i miei occhi verso la tua figura, bella e irraggiungibile.
Vorrei tanto incontrare i tuoi occhi brillanti, accarezzare i tuoi capelli dorati, sfiorarti anche solo per un istante.
Ma sei così lontana, che questa non può che rimanere un’utopia.
«Venus, per te sarei disposto a tutto, ma non chiedermi di abbandonare il mio sovrano.»
Un uomo dai lunghi capelli argentati ti tiene tra le sue braccia, promettendoti amore eterno per poi abbandonarti, come un oggetto. Io non l’avrei mai permesso.
«Lo capisco, anche io ho una missione da compiere. Allora, è meglio lasciar perdere. Addio, amore mio.»
E le vostre mani si lasciano una volta per tutte. Solo adesso, mi rendo conto di quanto, in fondo, la mia vita sia vuota.
Non ho mai stretto la mano a nessuno. Non ho mai guardato altri, all’infuori della mia Venere, in quel modo. Ma tu no. Tu non mi hai mai visto.
E, forse, è meglio così. Tu non devi guardarmi, non devi toccarmi. Sono solo un soldato di frontiera, il mio destino è quello di proteggerti nell’ombra.
L’uomo è scomparso tra i cristalli, lasciando te, guerriera dell’amore e della bellezza, piangente, sullo sfondo delle nubi di Venere.
Vorrei consolarti, ma non posso. Io non posso nulla, se riguarda te.
È arrivato il momento di prendere posto, i miei compagni mi aspettano. Faccio un passo avanti.
«Chi va la?»
Mi blocco, terrorizzato. Ti sei accorta della mia presenza. Adesso sì che sono nei guai. Corro in direzione della colonna poco distante, quando tu alzi gli occhi.
«Chi sei? Cos’hai visto?», urli, anche tu paralizzata.
Deglutisco, ansioso come non mai. Stai parlando con me. Proprio con me. Tremo come una foglia, al solo pensiero.
«So-sono una sentinella, mia signora. Sono giunto in questo luogo adesso, vi ho trovata piangente e ho preferito non interferire», affermo, sperando di essere credibile.
Dal tono della mia voce, si può evincere la mia non convinzione riguardo ciò che dico. Ma tu sembri non notarlo; tiri un sospiro di sollievo e ti alzi.
«Potresti uscire allo scoperto? Non vedo il motivo di tanta discrezione.»
Ecco, proprio quello che non dovevi dire!
Mi guardo intorno, esasperato. Adesso che faccio? Semmai un giorno dovessi vedermi al fronte, capiresti che ho mentito. Forse avrei dovuto dire tutta la verità. Così facendo, però, mi avresti odiato.
La speranza quasi mi abbandona, quando mi viene in mente la maschera d’argento. La indosso in tutta fretta e, con assoluta calma, esco dal mio nascondiglio.
E il mondo casca di fronte a me. Incontro i tuoi occhi, ancora più luminosi per via del pianto. Il mio cuore batte forte, tra poco credo che esploderà.
Mi sorridi, e ciò mi spezza, definitivamente.
«Perdona la mia reazione di poco fa. Devi essere nuovo.»
La tua voce mi culla come una ninnananna. Così chiara, limpida e dolce. Vorrei che tu mi parlassi così sempre, che fossi sempre al mio fianco. Mi rendo conto però che ciò è impossibile e che noi non siamo nati per stare insieme. Così mi inginocchio, riconoscendo la mia inferiorità rispetto alla tua persona.
«Sempre al vostro servizio. Perdonatemi, dal momento che qui è tutto tranquillo, mi tocca sorvegliare un’altra area. È stato un onore potervi parlare.»
Annuisci, sorridendo.
Mai dimenticherò quel sorriso, passassero mille o più anni. In quell’area scura, illuminata dalla luce di Venere e da quella della sua protetta, ho trovato un senso alla mia vita.
Farò sì che tu possa adempiere alla tua missione. Rinunzierò a te, se ciò ti gioverà, in futuro.
Perciò annuisco, mi alzo e corro verso il fronte. Mi volto solo un istante e noto che tu ancora mi stai guardando.
Per te, diverrò come l’Adone da cui prendo il nome. Rifiuterò il tuo abbraccio.
Chissà se ti rivedrò, Mia Venere.


Giro e rigiro la maschera tra le mani. Non è la prima volta che sto dinanzi una telecamera, eppure sono nervoso.
Sono nervoso, perché ci sei tu.
«Vieni, Ace! Stiamo per girare la scena.»

Mi giro di scatto verso la voce che ha parlato. Ti vedo, mia Venere. Così luminosa, nel tuo costume di scena. La luce che ti avvolge e ti rende pura e potente al tempo stesso, attrae i miei occhi verso la tua figura, bella e irraggiungibile.

Mai dimenticherò quel sorriso, passassero mille o più anni.

Fine.

   
 
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