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Autore: sheeranshobbit    23/06/2015    0 recensioni

"Viola era in fila da un paio di minuti, in attesa di venire imbarcata sull'aereo. Il vento irlandese le sferzava il viso un'ultima volta come per salutarla, e lei lo lasciava fare, scompigliando i capelli in lampi viola e biondi.
Si guardava intorno, osservando i volti dei passeggeri insieme a lei. Una famiglia che andava in vacanza, una vecchietta agitata a braccetto con il marito che provava a calmarla, un uomo con una ventiquattrore grigio scuro quanto il suo completo ma un sorriso tutt'altro che spento.
Andrea era nella fila opposta alla sua, aspettando di salire a sua volta"
Genere: Drammatico, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Golden penny
 
 
Aeroporto di Dublino.
Gate numero sei.
Una ragazza bionda se ne stava seduta sul ciglio del gradino di una scala mobile ormai ferma. Rigirava tra le mani il suo biglietto Ryanair di sola andata per l'Italia mentre i lunghi capelli ricci le ricadevano sugli occhi. Lei, infastidita, cercava di raccoglierli all'indietro con l'aiuto del paio di Rayban neri che portava sulla testa, rivelando così il viola che tingeva l'attaccatura dei suoi capelli.
Il trucco leggero delineava i lineamenti irlandesi: gli occhi chiari, azzurri come l'oceano su cui si affacciano le scogliere di Moher, la bocca tesa e le labbra sottili colorate di un rosa pastello, in tinta con lo smalto.
Il suo nome era Kenmara. Si chiamava come il piccolo villaggio dove era nata e cresciuta sua madre: Kenmare. Aveva sempre odiato quel nome, si sentiva come se le fosse stato affibbiato un ricordo che però non le apparteneva. Lei a Kenmare non ci era nemmeno stata, e non sognava di andarci. Forse era proprio per questo che stava scappando, con quel biglietto di sola andata tra le mani. Era ormai da sei anni che aveva deciso che Kenmara era un nome che non le apparteneva, così l'aveva cambiato in Viola. Viola come l'attaccatura dei suoi capelli. Viola come il colore di cui l'acqua si tingeva al tramonto, di fianco al castello di Killarney.
Così Viola continuava a rigirarsi tra le mani quel pezzo di carta che l'avrebbe portata nella penisola che tanto amava, a studiare ciò per cui aveva fatto così tanti sacrifici che ormai non se li ricordava neanche più.
Volo 3725, posto unico.
Fu così, concentrata com'era, che non si accorse dell'uomo in divisa che le si stava avvicinando.
‹‹Sei tu Kenmara O'Conelly?››
La ragazza annuì e sorrise, un po' per sembrare gentile e un po' perchè non era sicura di aver capito ciò che l'uomo aveva detto. Lui ricambiò in fretta il sorriso, regalandole la certezza di aver capito almeno il minimo indispensabile.
‹‹Ora puoi depositare il bagaglio››
‹‹Oh, perfetto›› e sorrise di nuovo, come se quella fosse la sua carta di identità. Ripose in fretta il biglietto nella tasca dello zaino e si affrettò a seguire l'uomo in divisa, trascinando con forza un'enorme confezione nera appoggiata su un carrello a quattro ruote. Era alta più o meno quanto lei e pesante molto di più. Sottile e delicata come un petalo di rosa, ma massiccia e imponente come la roccia. Era il suo bagaglio.
Mentre arrancava dietro il responsabile della consegna bagagli, Viola non notò il ragazzo dai capelli ricci con un paio di Beats ancorate alle orecchie. Indossava un cappellino rosso dall'aria pesante, nonostante non ci fosse così freddo come l'Irlanda era abituata a sopportare durante l'estate. Fu così che o travolse con il suo carico, spingendolo contro il carrello portabagagli di fronte a lui.
‹‹Oddio, mi dispiace tantissimo! Stai bene?››
Il ragazzo, frastornato, si sfilò le cuffie, lasciandole appese al collo, e raccolse il trolley verde che era caduto durante l'impatto.
‹‹Mio Dio, cosa trasporti? Un cavallo?›› le chiese, in un tono a metà tra lo scherzo e il fastidio.
‹‹Davvero, mi dispiace tantissimo. Non ti ho visto e ehm..›› si scusò lei, imbarazzata.
‹‹Non preoccuparti›› e il ragazzo sorrise.
‹‹Ehm.. E' un'arpa. Stavo seguendo il responsabile del deposito bagagli›› aggiunse Viola, mentre si chinava a raccogliere i fogli caduti e a porgerli al proprietario. Riuscì ad intravedere il biglietto.
‹‹Anche tu vai in Italia?››
‹‹Si, ci abito.. Abitavo veramente››
‹‹Ah, ecco il perchè del cappello››
‹‹Già, non mi sono ancora abituato a questo clima..››
Viola annuisce, il clima Irlandese non è mai stato tra i suoi preferiti, non può che dargli ragione.
‹‹Quindi li sotto hai un'arpa?››
‹‹Già, sto andando in Italia a studiare musica››
‹‹Bello!››
‹‹Ora dovrei proprio andare, sicuro di stare bene?››
‹‹Certo ehm..››
‹‹Viola›› sorrise.
‹‹Andrea›› si strinsero delicatamente la mano prima che la ragazza riprendesse la sua corsa verso il deposito bagagli.
 
**
Una monetina d'oro del diametro di pochi centimetri giaceva inerte sull'asfalto proprio di fianco all'aereo Ryanair, volo 3725, direzione Italia. Apparteneva ad un passeggero sceso da quello stesso volo tre giorni prima, che l'aveva persa mentre cercava di placare la figlioletta di pochi anni. Gli era scivolata dal portafoglio e si era lasciata atterrare in quel punto, sopportando le intemperie finché qualcuno non si fosse accorto di lei.
 
Viola era in fila da un paio di minuti, in attesa di venire imbarcata sull'aereo. Il vento irlandese le sferzava il viso un'ultima volta come per salutarla, e lei lo lasciava fare, scompigliando i capelli in lampi viola e biondi.
Si guardava intorno, osservando i volti dei passeggeri insieme a lei. Una famiglia che andava in vacanza, una vecchietta agitata a braccetto con il marito che provava a calmarla, un uomo con una ventiquattrore grigio scuro quanto il suo completo ma un sorriso tutt'altro che spento. Andrea era nella fila opposta alla sua, che aspettava anche lui di salire tra i passeggeri dei posti anteriori.
Fu in quel momento che un luccichio attirò l'attenzione di Viola, che si chinò per raccogliere dall'asfalto la monetina d'oro. La guardò incuriosita per qualche secondo, prima di infilarsela frettolosamente in tasca mentre la fila cominciava a muoversi.
Fortunatamente le era stato assegnato il posto vicino al finestrino. Viola non aveva paura di volare, ma amava stare di fianco al finestrino perché vedere la terra che si rimpicciolisce man mano che l'aereo prende quota, be', quello si che è uno spettacolo mozzafiato.
Aveva completamente dimenticato la piccola moneta infilata nella sua tasca, finché non decise di togliersi la giacca e quella cadde a terra con un sottile suono metallico. La guardò sorpresa mentre rotolava verso il sedile davanti e riuscì ad afferrarla appena prima che si infilasse sotto una guarnizione nera. La prese in mano e cominciò ad osservarla attentamente, rigirandosela tra indice e pollice. Vi era sopra una piccola incisione con un aquila dalle ali spiegate e una scritta minuscola, quasi illeggibile. Viola estrasse dallo zaino una salvietta e pulì la faccia della monetina, che si rivelò ancora più lucente di quanto già non fosse. La scritta era comunque incomprensibile, ma Viola riuscì a decifrare il minimo indispensabile e capì che la monetina era un centesimo polacco. Non sapeva perché era così affascinata da quel piccolo oggettino. Forse perché era consapevole del fatto che aveva visto più posti di quanti lei potesse immaginare.
Sganciò il tavolino dal sedile anteriore e appoggiò il centesimo nell'incavo predisposto per i bicchieri, poi tornò a guardare le case che sparivano sotto alle nuvole.
 
Il volo numero 3725 era decollato senza problemi da ormai un'ora, e il passeggero di fianco a Viola, un ragazzino sui quindici anni, aveva deciso di spostarsi più vicino alla sua famiglia. Un particolare che non era sfuggito ad Andrea, che aveva passato l'ultima ora a trovare il coraggio di slacciarsi quella maledetta cintura e andarsi a sedere di fianco alla strana ragazza con l'arpa.
Andrea era terrorizzato all'idea di volare, e non si faceva problemi a chiudere gli occhi e stringere la mano di chiunque si fosse seduto di fianco a lui durante il decollo. Non aveva paura di nulla, ma di volare si. Era proprio questo il motivo per cui erano i suoi genitori ad andarlo a trovare il più delle volte, nella sua nuova casa: Dublino. La decisione di trasferirsi era stata un po' avventata, e Andrea lo sapeva benissimo, ma non aveva paura di nulla e, una volta fatta la valigia, era partito senza rimpianti. Ora viveva felice a Dublino da ormai due anni e studiava al Trinity College, rendendo fieri i suoi genitori per ricompensare il vuoto che gli aveva lasciato. Aveva deciso che dopo la sessione estiva di esami si sarebbe fatto coraggio, così era saltato sul primo aereo per l'Italia e già pregustava la grande sorpresa dei suoi nel vederlo entrare dal vialetto di casa.
Una piccola turbolenza scosse l'abitacolo e scosse anche Andrea dai suoi pensieri. Il ragazzo decise di slacciarsi la cintura e, con un movimento fulmineo, andarsi a sedere di fianco a Viola. E così fece. La faccia della ragazza quando lo vide cambiò dal sorpreso all'allegro in qualche secondo, e poi di nuovo al divertito mentre lui armeggiava freneticamente con la cintura cercando di allacciarsela intorno alla vita.
‹‹Sembri così rilassata›› le disse, stringendo più che poteva le cinghie nere.
‹‹Lo sono. Tu mi sembri un po' teso invece›› constatò lei, sorridendo divertita.
‹‹Puoi scommetterci›› rise lui, guardandola mentre osservava un piccolo cerchio d'oro appoggiato sul tavolino. La ragazza lo prese in mano e glielo mostrò.
‹‹E' un centesimo polacco››
‹‹Un centesimo polacco? Sei polacca?››
Lei rise, scuotendo la testa.
‹‹No, l'ho solo trovato per terra mentre salivamo sull'aereo››
‹‹Ah, carino. Posso vederlo?››
Glielo porse e continuò a giocherellarci mentre lei riprendeva a fissare il panorama.
‹‹Come fai a guardare giù?›› le chiese lui, dopo qualche minuto.
‹‹E' uno spettacolo. Quello che ti dovresti chiedere è come tu faccia a non guardare›› sorrise, facendosi un po' più indietro in modo da lasciare al ragazzo lo spazio necessario per guardare giù.
‹‹Non vedo niente, è tutto buio››
Viola sorrise e scosse la testa.
‹‹Guarda dietro, verso sinistra. Il sole sta tramontando proprio dietro di noi, vedi?››
I colori dell'arcobaleno di mescolavano in perfetta armonia con il colore dell'acqua sotto di loro e Andrea dovette riconoscere che era tutto molto bello, ma non poté trattenersi a guardare più a lungo quando un'altra turbolenza scosse l'aereo. Il ragazzo si ritrasse di colpo e afferrò la mano di Viola, che a sua volta strinse la presa.
‹‹Va tutto bene››
Andrea riaprì gli occhi.
‹‹Scusami. Sono terrorizzato››
‹‹Lo vedo›› rise lei, per sdrammatizzare. Fu in quel momento che il comandante accese il segnale che imponeva di allacciarsi la cintura di sicurezza, mentre le hostess avvisavano i passeggeri che si sarebbero avvicinati ad un temporale, che avrebbe procurato qualche turbolenza.

**
Le mani dei due ragazzi erano avvinghiate l'una all'altra mentre l'aereo combatteva per attraversare quel banco di nuvole cariche di pioggia.
Rimasero ancorate l'una all'altra anche quando udirono un forte rimbombo nella parte posteriore dell'aereo.
La luce si spense.
Andrea pensò a Viola, e che sarebbe stato coraggioso se lei glielo avesse chiesto.
Viola pensò che avrebbe tanto voluto suonare ad Andrea un brano con la sua amata arpa, quando sarebbero atterrati.
Ma il volo 3725, direzione Italia, non atterrò mai.
 
Una monetina d'oro apparse per qualche secondo sulla superficie dell'acqua prima di essere inghiottita per sempre dalle onde di quel mare impietoso. Brillava ancora, mentre lentamente toccava il fondale.
Una finestra di delicatezza tra il caos delle macerie.
 
Forse Viola e Andrea non smisero mai di stringersi la mano.
 


Salve gente! Scusate per il carico di pessimismo che avete avuto la (s)fortuna di leggere. Premetto che sono appena tornata dall’Irlanda (se non si era capito) e ho lasciato la un pezzetto del mio cuore, quindi come non scrivere qualcosa che avesse a che fare con quella meravigliosa terra? Non si poteva. Vi chiederete perché ho deciso di scrivere una cosa così allegra invece che palare di quanto siano belle le scogliere di Moher o quanto siano verdi le colline. Oppure non ve lo chiederete proprio. Be’, con questa one shot ho decisamente dimostrato la teoria di mia madre, secondo la quale sono un’inguaribile pessimista. Lo so mamma, lo so.
Questa storia mi è venuta in mente esattamente nel momento in cui ho messo piede sull’aereo, dopo aver trovato per terra un centesimo polacco e aver urtato un vecchietto con il mio carrello portabagagli. No, niente arpa né Andrea. Avevo pensato di scriverla sull’aereo, ma ho cambiato idea velocemente per ovvi motivi. Sono terrorizzata dall’aereo, esatto.
Scusate, ho scritto un papiro egiziano e credo di avervi rubato già troppo tempo. Spero che la storia, per quanto pessimista, vi sia piaciuta. Nel caso lasciate un commento, positivo o negativo che sia, e se vi va passate a leggere le altre storie sulla mia pagina, ve ne sarei molto grata.
Ok, ho finito davvero. Vi lascio i link per contattarmi nel caso non ne aveste già avuto abbastanza di me.
Un bacio, Annie :)

 
  
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