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Autore: Maty66    23/06/2015    3 recensioni
Cosa si nasconde nel passato del più giovane e brillante capitano della Flotta Stellare? Quali oscuri ricordi tornano all’improvviso a tormentare l’animo di James Tiberius Kirk, proprio quando ha trovato una famiglia nel suo equipaggio ed una casa sull’Enterprise? Potranno i suoi amici aiutarlo a superare l’incubo che credeva ormai sepolto nella sua mente?
Ambientato dopo Into Darkness, durante il primo anno della missione quinquennale.
Attenzione è una storia NO SLASH.
Genere: Angst, Avventura, Azione | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna, Het | Personaggi: Dottore, James T. Kirk, Montgomery Scott, Nyota Uhura, Spock
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Capitolo 1

 Incubi

 

Il ragazzino dagli occhi blu guardò l’uomo che gli stava di fronte senza paura.

Almeno cercava di non mostrare paura  all’uomo che aveva ammirato come un maestro e che ora vedeva nella sua reale essenza.

“Sai James, sei una vera delusione per me… credevo che fossi abbastanza intelligente per comprendere  che  la decisione che ho preso era necessaria, oltre che l’unica possibile ed utile” disse l’uomo con voce calma, fissandolo senza mostrare alcuna emozione.

James cercò di  bloccare le lacrime che gli salivano agli occhi.

Le immagini di quello che era successo negli ultimi tre mesi gli tornarono prepotenti in mente:  gli spari, la gente che cadeva sotto i colpi delle guardie, le urla dei bambini, i pianti, le invocazioni degli adulti di salvare almeno i figli.

E sua zia che cercava comunque di consolarlo, anche subito prima di cadere a terra come un fantoccio cui hanno tagliato i fili, lo sguardo perso nel vuoto ed il petto insanguinato.

“Andrà tutto bene Jimmy…”  

“Ho davvero pensato che con la tua intelligenza e le tue capacità tu potessi essere il mio erede, ma mi sbagliavo evidentemente” continuò l’uomo avvicinandosi al ragazzino, bloccato per le braccia da una guardia  che gli stava alle spalle.

“Possiamo ancora rimediare. Io posso perdonare. Dimmi dove sono gli altri e tutto tornerà come prima” sibilò ancora con sguardo feroce, mentre gli carezzava il viso con il dorso della mano.

Il gesto fece cadere le ultime remore del ragazzino. Troppo intimo, troppo vicino, troppo…

“Fanculo…” urlò mentre gli sputava addosso.

L’uomo non si scompose, né si degnò di pulire il vestito.

“Come vuoi” disse piano e calmo, subito prima di colpirlo con pugno in pieno viso.

Il ragazzino sentì chiaramente le ossa del naso frantumarsi, ma riuscì comunque ad approfittare del momento di distrazione della guardia che lo teneva fermo per colpirlo con un calcio nello stinco.

La  guardia mollò la presa, ma poi ci mise un attimo a riprendere il controllo sul ragazzino, magro e debole come era.

L’uomo aveva assistito alla scena quasi divertito.

La guardia bestemmiò un paio di volte, mentre scuoteva violentemente il suo prigioniero.

“Governatore, lasciamelo cinque minuti e ti dirà tutto quello che vuoi sapere” fece con odio.

L’uomo sorrise ironico.

“So che non hai paura del dolore James, ci sei abituato vero?”

Il ragazzino lo guardò con la solita aria di sfida, con il sangue che gli colava dal naso rotto ed il terrore si era ormai impadronito del suo animo.

“Portalo giù, nella cantina” ordinò alla guardia.

 

 

Enterprise, data stellare 2261.5.19

 

Il trillo della sveglia  tirò Jim Kirk fuori dal suo incubo.

Trenta minuti all’inizio del turno alpha”  fece la voce suadente ed anonima del computer.

“Computer, luci al trenta per cento” ordinò Jim al sistema automatico, mettendo a fatica le gambe fuori dal letto.

Subito lo colse un dolore forte alla testa.

Chiuse gli occhi cercando di resistere alla tentazione di stendersi di nuovo sul letto.

Era la terza notte di seguito che dormiva pochissimo, più o meno due o tre ore e subito prima del risveglio.

E anche quelle poche ore erano tormentate dagli incubi.

Erano anni che non aveva più quel tipo di incubo.

Trascinando i piedi si diresse verso il bagno e si infilò nella doccia.

Una delle prime cose che aveva apprezzato della sua nomina a capitano erano i privilegi della sua cabina.

La doccia con acqua vera, ad esempio, al posto delle docce soniche a disposizione di tutti gli altri membri dell’equipaggio.

Ed il letto matrimoniale, peccato  non avesse nessuno con cui condividerlo.

Lasciò l’acqua calda scorrere sul corpo, sperando che portasse via con sé un po’ di tensione, ma quando uscì dalla doccia e si guardò allo specchio si accorse che la situazione non era cambiata molto.

Profonde occhiaie segnavano gli occhi blu, un tempo irresistibili per qualsiasi essere femminile nel raggio di un miglio.

Borbottando prese con le mani tremanti il rasoio e pensò che anche oggi doveva assolutamente evitare di farsi vedere da Bones.

Certo, probabilmente appena arrivato sul ponte anche Spock si sarebbe accorto che c’era qualcosa che non andava in lui, ma il vulcaniano era troppo discreto per andare oltre un timido suggerimento  a recarsi in infermeria.

Bones, no, lui non si sarebbe fermato sino a che non fosse riuscito a trascinarlo in infermeria e lì probabilmente l’avrebbe tormentato prima con  ripetute scansioni su tutto il corpo con il tricorder, per poi  divertirsi a pugnalarlo con almeno cinque hypospray, per finire con le solite raccomandazioni su cosa mangiare, quando farlo, quanto dormire ecc…ecc…

Il tutto condito con  imprecazioni varie su quanto fosse infantile  non curarsi della propria salute e con le solite invocazioni a confessare cosa lo tormentava.

Jim non aveva bisogno di tutto questo, almeno non ora.

 

“Ponte a capitano Kirk” la voce di Uhura arrivò all’interfono della cabina appena Jim aveva finito di radersi ed indossato l’uniforme.

“Qui Kirk”

“Comunicazione personale in arrivo da StarFleet, signore”

“Bene la passi nella mia cabina, tenente”

Appena si sedette alla sua scrivania lo schermo di fronte si illuminò, rivelando il volto sorridente dell’ammiraglio Archer.

“Buon giorno Jim” lo salutò l’uomo, ormai molto anziano, ma dagli occhi ancora vividi ed intelligenti.

“Buon giorno Ammiraglio” rispose Jim. Anche se tecnicamente non esisteva una “mattina” o una “sera” su di una nave spaziale, il tempo era per prassi regolato sul fuso orario di San Francisco, dove c’era  il comando StarFleet.

“Santo cielo, ragazzo, hai un aspetto orribile, se non fossi sull’Enterprise penserei che sei  reduce da una notte folle in un bar cardassiano” cercò di scherzare l’anziano ufficiale.

Jim calcolò che ormai doveva avere più di centoventi anni.

Età da pensione, se non fosse stato Archer.

Il vecchio aveva un atteggiamento confidenziale, e Jim pensava che, avendo preso il posto di Pike, forse si sentiva in dovere di trattarlo come faceva Chris.

Solo che Archer non era Chris Pike.

“Sto bene signore, sono solo un po’ stanco” rispose il capitano, cercando di intuire cosa volesse l’Ammiraglio.

La missione quinquennale era ormai in corso da un anno e le rare volte in cui Archer, capo operazioni di StarFleet, aveva chiesto di comunicare  personalmente con lui non erano mai state occasioni favorevoli.

“Come posso aiutarla Ammiraglio?” chiese poi cercando di andare al sodo.

“So che la missione che sto per assegnarvi non è proprio usuale per una nave come la tua Jim, ma…”

Jim cerò di restare impassibile, pur sapendo dove stava andando a parare il discorso.

Sicuramente  si trattava di un’altra missione ad uso e consumo della stampa.

Perché James Tiberius Kirk, il più giovane e pluridecorato capitano della Flotta, e l’eroico equipaggio dell’Enterprise erano diventati una specie di trofeo da esibire ad uso e consumo di un’opinione pubblica sfiduciata ed affamata di eroi.

E cosa poteva volere di meglio l’opinione pubblica di un giovane e brillante capitano alla guida della più prestigiosa nave della Flotta? Del “Golden boy” dagli occhi blu ed il sorriso accattivante, che per due volte aveva salvato la Terra dalla distruzione totale,  quasi sacrificando anche la propria vita allo scopo?

“Tu sai che   fra due giorni è previsto l’insediamento del Presidente Roslin su Cerberus VI?” continuò Archer.

“Certo signore” si limitò a rispondere Jim.

Almeno ora li chiamavano ‘Presidenti’ e non ‘Governatori’ e venivano eletti, non semplicemente nominati. Ma continuavano ad essere i rappresentanti della Federazione,  e soprattutto della Flotta, sulle nuove colonie. E soprattutto erano i garanti degli interessi della Federazione sul pianeta cui erano assegnati.

Cerberus VI  non era un pianeta particolarmente ospitale, né particolarmente ricco, ma la colonia che si era insediata lì era  di vitale importanza vista la sua posizione a confine con la zona neutrale che divideva la Federazione dall’Impero Klingon.

“L’Enterprise è incaricata di presenziare alla cerimonia e tu Jim dovrai procedere, quale delegato del Presidente, all’investitura di Roslin”

Jim Kirk sospirò, annuendo.

Certo,  non era la più prestigiosa delle missioni, né la più eccitante, ma forse un po’ di riposo avrebbe fatto bene all’equipaggio.

Avevano passato sei mesi molto duri, in continua tensione, a pattugliare la zona neutrale nel quadrante beta. Il benessere del suo equipaggio valeva la pena di qualche fotografia e di un discorso pomposo.

“Capisco che non sei entusiasta Jim, ma la vostra presenza è fortemente simbolica…” cercò di scusarsi Archer.

“Gli ordini sono ordini, signore” replicò il giovane capitano.

Solo due anni prima una frase del genere non sarebbe mai uscita dalla sua bocca ribelle, ma ora era abbastanza maturo da capire le esigenze della catena di comando.

Archer sorrise soddisfatto.

“Bene, il  Comando vi manderà le istruzioni operative. Ah Jim… ho una buona notizia per te… alla cerimonia sarà presente anche l’ambasciatrice Hoshi Sato”

Il nome provocò in Jim un tumulto confuso di sentimenti.

Hoshi Sato… nostalgia, affetto…  ma anche paura e dolore.

Perché il fato non lasciava che i ricordi rimanessero chiusi nel cassetto chiuso a chiave che c’era nella sua testa?

“Bene, ne sono felice” si costrinse a dire, prima di chiudere la comunicazione.

 

Lo sguardo indagatore di Spock lo trapassò appena Jim uscì dal turboascensore.

“Capitano sul ponte” annunciò come al solito Chekov.

“Buongiorno signori” salutò Jim sfoderando il solito sorriso accattivante.

Ma se il trucco poteva funzionare sugli altri, su Spock non aveva alcun effetto.

“Allora signor Spock ha avuto i dettagli della nostra missione?”

“Sì capitano, e devo dire che la nuova destinazione ha destato in me  un certo sconcerto”

“Sconcerto Spock? In fondo  si tratta solo di presenziare ad una cerimonia di insediamento. E poi sarò io quello che sul palco deve pronunciare un discorso stupido…”

Jim cercò di imprimere alla conversazione un tono allegro, ma sentiva ancora gli occhi scuri di Spock indagarlo in ogni centimetro del suo corpo.

“Trovo solo illogico distogliere una nave come l’Enterprise dal servizio di pattugliamento per spedirla ad una semplice cerimonia di insediamento” rispose il vulcaniano con il solito tono calmo e monocorde.

“Beh, le ragioni della politica non sono sempre logiche, Spock. L’equipaggio avrà il tempo per tirare un po’ il fiato e questo non è un male”

Una giovane guardiamarina si avvicinò porgendogli la solita tazza di caffè e Jim non poté trattenere un leggero tremito alla mano mentre la prendeva.

Alzò gli occhi e si accorse che la cosa non era sfuggita al vulcaniano, il cui viso però era rimasto impassibile.

“Capitano… posso chiederle il livello attuale delle sue condizioni fisiche?” chiese Spock abbassando notevolmente il tono della voce.

“Il livello delle mie condizioni fisiche è buono grazie, signor Spock” rispose Jim cercando di nascondere il nervosismo.

  “Mi permetto di farle notare che alcuni segni depongono in senso contrario, signore” Il tono di Spock era assolutamente privo di emozione, ma Jim lo conosceva troppo bene per non notare la preoccupazione negli occhi scuri.

“Sto bene Spock, sono solo un po’ stanco”

  “Mi trovo costretto, quale suo XO e responsabile quindi anche della sua salute, di suggerirle…”

“Una visita in infermeria… lo so Spock” finì la frase Jim.

Spock si limitò a guardarlo con un muto sguardo di rimprovero.

“Ho solo qualche difficoltà a dormire, ultimamente. Se la cosa peggiora prometto che andrò di corsa dal dottor McCoy, contento?”

“Una tale assicurazione non può essere fatta solo per il mio piacere personale, capitano, ma esclusivamente nell’interesse  suo e dell’equipaggio di questa nave”

Jim rimase per un attimo spiazzato, ma era ancora un maestro nello sviare l’attenzione.

“Bene, credo che sia il caso che vada a controllare le riparazioni di Scotty. Se vogliamo essere puntuali su Cerberus VI dobbiamo avere i  motori a curvatura a piena potenza”  disse alzandosi dalla sedia in modo un po’ traballante.

E anche questo non sfuggì a Spock.

 

Arrivato alla sala macchine, quando le porte del turboascensore si aprirono, Jim Kirk capì che le cose potevano anche peggiorare.

Bones stava ad aspettarlo  vicino alle porte scorrevoli del reparto, come un falco.

Dopotutto Spock non era così discreto come lui credeva.

 

“Bones la vuoi finire?  Non davanti all’equipaggio” sibilò Jim furibondo, mentre il medico lo scannerizzava da capo a piedi con il suo tricorder agitando lo strumento come una specie di bastone voodoo.

“Se tu fossi venuto in infermeria come ti avevo chiesto tre giorni fa, non avrei bisogno di farlo qui”

“Sto bene, quante volte lo devo ripetere?”

La voce del giovane era ora quasi isterica.

“Sì come no… da quanto tempo non mangi?” chiese il medico accigliato mentre continuava a guardare lo schermo del tricorder.

“Da ieri sera…” provò a mentire Jim.

“Idiota bugiardo. Non c’eri a cena. E nemmeno stamattina a colazione” sbottò il medico, subito prima che Jim sentisse il solito sibilo dell’hypospary sul collo, seguito da un bruciore intenso.

“Ouch, almeno avvertimi… che cavolo era?”

Ormai il ragazzo era quasi isterico.

“Vitamine. E se continui così ti darò anche un sedativo. Non dormi bene?”

“Non dormo bene da quando sono capitano di questa nave, anzi no da quando conosco te in realtà…” sbottò Jim.

“Non sto scherzando Jim. Hai un livello di stress estremo. Se non ti vedo a pranzo e non mangi un pasto completo, ti metto in congedo medico. E stasera avrai un sedativo per dormire, ti ho avvertito”

La voce del medico era dura ed esigente e quando faceva così non c’era da scherzare.

“Ok…” si limitò a dire Jim, cercando finalmente di sfuggire al suo migliore amico.

“Ci sarà anche Hoshi vero?” chiese all’improvviso Bones.

Non c’era bisogno di introdurre il discorso. McCoy era una delle poche persone che sapeva qualcosa del passato di Jim prima della sua entrata all’Accademia.

Molto poco in realtà, sul punto preciso solo che Jim aveva vissuto con Hoshi Sato per quasi un anno, quando aveva quattordici anni.

“Sì, del resto è stata una dei sottoscrittori della carta della Federazione” rispose Jim con aria mite.

“Quanti anni ha? Quasi centotrenta mi pare…”

“Centotrentadue” rispose Jim con precisione.

Le immagini di Hoshi che gli insegnava in vulcaniano i sonetti di Surak, seduta sulla sua sedia a dondolo sulla veranda della casa  su Tarsus gli vennero in mente, dolci e tristi al tempo stesso.

Ma subito quelle immagini pacifiche vennero  sostituite da quelle dei mesi successivi.

La notte che incombeva, la paura, la navetta che si alzava sollevando mulinelli di polvere.

“Non vi lascio, Jim, tornerò con gli aiuti. Dovete solo resistere…”

Perso nei suoi pensieri Jim quasi sussultò quando Bones gli mise una mano sulla spalla.

“Da quanto non la vedi?” chiese il medico.

“Dalla cerimonia in memoria delle vittime di Khan”

Bones si era sempre stupito del rapporto che Jim aveva con Hoshi.

Gli era affezionatissimo, ma nel contempo la evitava, come se la sua sola presenza gli evocasse ricordi insopportabili.

Ma non aveva mai chiesto la ragione di tale comportamento. Jim non ne voleva parlare e quando si chiudeva così, ogni tentativo di rompere il  muro che si era creato intorno si rivelava inutile.

“Se abbiamo finito con le analisi fisiche  e psicologiche ho un lavoro da fare” concluse Kirk avviandosi verso la sala macchine.

 

Ovviamente non possiedo Star Trek , né i suoi personaggi.

Questa è la mia prima ff sull’universo trek,  e anche se posso dire di essere una trekker sfegata, alcuni particolari possono essermi sfuggiti, me ne scuso in anticipo. Ho cercato di conservare i tratti originali dei personaggi, così come sono nel reboot, per questo questa è una storia NO  SLASH. Mi spiace per chi rimarrà deluso da questa caratteristica della storia. Le recensioni sono graditissime.

 
 
  
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