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Autore: bovarysm_e    23/06/2015    0 recensioni
"[...] E mentre dai suoi occhi scendevano lacrime, dai miei zampillavano fiamme. L’euforia ad un certo punto si è mescolata alla tranquillità ed è stato quel connubio paradossale a tenere la mia mente pressoché vigile. Sono rimasto dentro di lei per un po’, assorbendo tutto il mio piacere e tutto il suo dolore."
Genere: Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het
Note: Lime | Avvertimenti: nessuno
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Desideri latenti.



Non ricordo quando sono finito in quel bar, né come ci sono finito e perché. Ricordo soltanto il bicchiere tremolante davanti ai miei occhi che si riempiva e si svuotava. Riempiva e svuotava. Lo ha fatto non so quante volte, molto probabilmente più di quante me ne ricordi. Ricordo anche il sapore amaro impregnato sulla lingua, ma quello lo ricordo perché tutt’ora lo sento. A un tratto mi sono risvegliato ubriaco marcio comunque. Svegliato non perché dormissi, ma è come se lo fossi stato, come se lo fossi stato per troppo tempo. Sono ritornato a casa in taxi, non chiedetemi come. La testa mi girava un casino. A due passi dalla mia stanza mi sono fermato e ho guardato mia moglie dalla porta socchiusa. Guardarla mi faceva male più della morsa che mi stava letteralmente soffocando lo stomaco, il pancreas, e qualche altro organo di cui non ricordo la posizione, ma che so per certo si trovi nella parte addominale. Indossava la sua camicia da notte color biancoqualcosa, che le lasciava scoperte un po’ delle parti intime per via della trasparenza. Adoro quella camicia da notte, l’adoro perché ormai il tessuto ha il suo stesso odore. Il focolare acceso aveva reso il sudore che mi colava o, meglio, “strabordava” dalle mie tempie, più fluido e cocente, per non parlare dell’aumentare del mal di testa. Ho cercato di ridurre il respiro pesante e di ignorare il senso di vomito che aveva ormai inondato il mio esofago, ma non ci sono riuscito, così sono andato a sbattere contro la maniglia della porta. Mi sono accasciato a terra come un povero coglione. A quel punto mi sono domandato perché fossi tornato a casa, cosa mi avesse spinto ad abbandonare quel bar, poi ho sollevato lo sguardo e ho capito.
« Ciao, Giada »
Giada mi ha guardato dalla testa al pavimento, infuriata, anche se non lo dava a vedere.
« Che cavolo hai combinato » ha detto, con un tono secco.
Sapevo che non era una domanda, ma ho risposto ugualmente.
« H-ho…giusto…non ne ho idea » se c’avessi capito qualcosa, avrei detto “il coglione, stasera ho fatto il coglione”.
« Vieni qui, andiamo in cucina. »
Sono rimasto a fissare il pavimento per non so quanto tempo, credo di essermi ipnotizzato. Talvolta il parquet sa essere piuttosto interessante. Io comunque avrei preferito non incontrare mia moglie e di nascondermi invece in una parte della casa ad aspettare che la sbronza fosse passata. Comunque, dicevo? Ah, si, il parquet. Non so cosa mi sia preso, sinceramente: sono rimasto fermo per non so quanto tempo, ma ero ubriaco e quindi non vedo perché debba trovare un che di razionale in ciò che stavo facendo. Ad un certo punto, con una velocità quasi sovrumana, nonostante le fitte addominali, mi sono alzato e l’ho raggiunta, l’ho fermata per i fianchi e le ho strappato la veste da dosso. Da incosciente qual ero non sarei mai riuscito a placare i miei impulsi. Percepivo un’insana ed insaziabile ingordigia bloccarmi le vie respiratorie: volevo assaggiarla, possederla e farla mia quella notte, e così ho fatto. L’ho letteralmente sbattuta alla parete e mi sono proteso verso di lei. Non le ho permesso di ribellarsi – comunque non ci sarebbe mai riuscita, pesa soltanto cinquantadue chilogrammi – e le ho stampato un voluttuosissimo bacio sulle labbra, affinché non iniziasse ad urlare, silenziando tutto ciò che accennasse a far rumore, anche la cintura che stavo in quel momento slacciando. Ho continuato a baciarla, con una dolcezza feroce che non mi appartiene affatto, mentre lei mi graffiava il petto con le unghie da sotto la camicia sbottonata. In un attimo le sono entrato dentro, ho goduto come non mai. E mentre dai suoi occhi scendevano lacrime, dai miei zampillavano fiamme. L’euforia ad un certo punto si è mescolata alla tranquillità ed è stato quel connubio paradossale a tenere la mia mente pressoché vigile. Sono rimasto dentro di lei per un po’, assorbendo tutto il mio piacere e tutto il suo dolore.  Alla fine, quando sono uscito, ho appoggiato la mia testa sull’incavo del suo collo e del mento. La sua pelle era umida e profumava di rose insanguinate, avrei voluto vivere sulla sua pelle per sempre. Ma all’improvviso mi è presa una tristezza assurda che mi son dovuto allontanare, ho raccolto i pantaloni e me li sono rinfilati, consapevole che l’eccitazione se ne fosse andata. L’ho guardata più distante e ho iniziato a sentire di nuovo male alla testa, male ai muscoli e male alla pancia, mi era venuto nuovamente da rimettere. Non ricordo altro, solo che un attimo dopo sono crollato a terra e poi…E poi una voce mi ha svegliato.

« Allora, Riccardo? Ti vuoi alzare o no? Cazzo, ma stai vomitando… »

 

  
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