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Autore: Isidar Mithrim    24/06/2015    7 recensioni
È la mattina dopo la Terza Prova, e Neville è stato convocato dalla McGranitt.
Si reca nel suo ufficio preoccupato per i suoi voti, senza immaginare di star per scoprire che ha vissuto per un anno accanto all’uomo che ha torturato i suoi genitori alla follia.
{Seconda parte della serie ‘Prendi un biscotto’, ma può essere letta singolarmente}
Genere: Generale, Triste | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Minerva McGranitt, Neville Paciock
Note: Missing Moments | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Primi anni ad Hogwarts/Libri 1-4
- Questa storia fa parte della serie 'Prendi un biscotto'
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Subdoli impostori e crude verità

“Entra, Paciock” gli disse la McGranitt quando lui aprì la porta e si affacciò esitante nell’ufficio.
La McGranitt sedeva alla sua scrivania con espressione cupa, e il cuore di Neville batté ancora più forte di quando Nick-Quasi-Senza-Testa gli aveva comunicato che la professoressa voleva vederlo subito dopo colazione. Sperava con tutto il cuore che non avesse nulla a che fare con i suoi voti in Trasfigurazione. Anche se lei gli aveva detto che aveva passato l’esame finale, seppur per il rotto della cuffia, non riusciva a immaginare per quale altra ragione potesse averlo chiamato.
L’unica cosa certa era che sua nonna l’avrebbe ucciso, se la McGranitt l’avesse buttato fuori dal suo corso.
Neville deglutì ed entrò nella stanza, trasalendo quando la porta si chiuse in automatico dietro di lui. Si guardò intorno, incerto sul da farsi e non particolarmente ansioso di scoprire perché fosse lì.
“Su, siediti, avanti” disse la McGranitt con impazienza, indicandogli la sedia davanti a lei con un cenno della mano. Un attimo dopo, però, sembrò pentirsi di aver usato quel tono quasi infastidito, perché si schiarì la voce e aggiunse un più gentile per piacere.
Neville la fissò interdetto, per niente rassicurato da quel cambio di tono, ma alla fine si affrettò a prendere posto, combattendo l’istinto di abbassare gli occhi sulla scrivania che li separava.
Per tutto il tragitto fino all’ufficio si era preparato a sostenere il suo sguardo accigliato, ma in realtà la professoressa sembrava piuttosto preoccupata, e questo lo fece sentire ancora più in ansia. Chiuse gli occhi per un secondo, pregando che fosse permesso rimanere a Hogwarts anche senza seguire Transfigurazione.
“Ehm… voleva vedermi, professoressa?” si azzardò a chiedere.
“Sì, Paciock” disse la McGranitt con voce controllata, prima di fare un profondo respiro. “Devo darti una notizia che potrebbe lasciarti molto scosso.”
Aveva parlato con una voce insolita, come se… come se fosse dispiaciuta per lui, o come se stesse provando a sembrare… be’… più umana. Questo non alleviò affatto la sua tensione, e un improvviso, terrificante pensiero gli passò per la mente.
“Mia nonna… mia nonna sta bene, vero?” domandò in tono quasi supplichevole.
La McGranitt spalancò gli occhi, chiaramente presa alla sprovvista dalla domanda. “Ma certo, ma certo, tua nonna sta benissimo, Paciock” si affrettò a chiarire, agitando una mano come a dire che la sola idea fosse impensabile.
Neville sentì un ondata di sollievo investirlo, e fece un sospiro profondo. “Ehm… be’…bene, allora…” balbettò, cominciando a sentirsi un po’ in imbarazzo per essere saltato subito a quella conclusione.
“In realtà…” disse la McGranitt con un’insolita esitazione, come se si stesse preparando al peggio, “… è di Alastor Moody che volevo parlare.”
Lui la guardò a bocca spalancata. “Moody?”
“Esattamente” confermò la professoressa, ma Neville continuò a fissarla senza credere alle proprie orecchie. L’aveva chiamato per parlare di Moody?
“Be’… ehm… cosa deve dirmi su di lui?” domandò incerto. Forse avrebbe smesso d’insegnare? Ma non avrebbe spiegato perché la McGranitt volesse comunicarlo proprio a lui, tra l’altro con una certa urgenza.
“Ho l’impressione che tu fossi piuttosto affezionato a lui, non è vero?” gli chiese la professoressa, usando di nuovo quello strano tono gentile che lo inquietava un po’.
Neville annuì, non sapendo cos’altro avrebbe potuto aggiungere. Era vero Malocchio l’aveva preso un po’ sotto la sua ala durante l’anno, e ovviamente Neville sarebbe stato dispiaciuto all’idea che smettesse d’insegnare, ma continuava a non capire cosa ci facesse lui lì. Non sarebbe stata nemmeno una gran novità, tra l’altro, visto che avevano cambiato professore di Difesa ogni anno. Forse la McGranitt credeva che per lui sarebbe stato un duro colpo se Moody se ne fosse andato subito dopo Lupin? Magari aveva avuto paura che Neville si sarebbe messo a piangere davanti a tutti e aveva preferito risparmiargli l’imbarazzo… Non era un pensiero molto confortante, a essere onesti, ma non la cosa non l’avrebbe stupito più di tanto.
Neville si agitò un po’ sulla sedia quando realizzò che la professoressa lo stava fissando, facendolo sentire un po’ a disagio sotto il suo sguardo penetrante.
La McGranitt sospirò di nuovo – un altro brutto segno. E se… Merlino, e se la sera prima anche Moody fosse stato ucciso? Il suo cuore sprofondò all’idea, ma non osò chiedere conferma.
“La verità” esordì la McGranitt, “è che voi non avete conosciuto il vero Alastor Moody.”
Neville la guardò esterrefatto. Cosa voleva dire, che non l’avevano conosciuto? Era stato con loro tutto l’anno…
“Io… non capisco, professoressa…”
Lei lo guardò di nuovo con quella strana espressione, come se fosse dispiaciuta per lui, e Neville sentì un brivido percorrergli la schiena. Poi la McGranitt si schiarì la gola e sembrò riacquisire la sua naturale compostezza.
“Prendi un biscotto, Paciock” gli disse con voce ferma, spingendo una scatola di latta scozzese verso di lui.
Neville non credeva alla sue orecchie. “Un biscotto?”
“Esatto, un biscotto” ribadì la professoressa.
Lui le lanciò un’occhiata incerta, di nuovo in dubbio su come comportarsi – doveva forse rifiutare educatamente? E se invece doveva accettare, avrebbe dovuto mangiare il biscotto subito o metterlo da parte per dopo? Però non poteva certo metterselo in tasca, né tenerlo in mano tutto il tempo…
In tutta risposta, la McGranitt gli avvicinò la scatola ancora di più. “Su, Paciock, basta che ne scegli uno” gli disse, tradendo una certa impazienza.
A Neville non restò altro da fare che prendere un biscotto, stando attento a toccare solo quello; lo mangiò in piccoli morsi, masticando il più silenziosamente possibile e cercando di tenere la bocca ben chiusa. Poteva sentire lo sguardo della professoressa su di lui, e si trovò a pensare che sarebbe stato molto meglio se avesse preso un biscotto anche lei.
“Ehm… sono molto buoni” disse dopo aver mandato giù l’ultimo boccone. “Grazie.”
La McGranitt si limitò ad annuire, mettendo la scatola da parte. Ora che Neville aveva finito di mangiare il silenzio gli sembrò ancora più imbarazzante, e lo sguardo della professoressa ancora più penetrante.
“Come… come è possibile che non fosse il vero Moody?” chiese esitante.
La McGranitt sospirò ancora una volta e si aggiustò gli occhiali, e Neville strinse istintivamente le mani sul bordo della sedia.
“A fine agosto, un impostore ha catturato il vero Moody, quindi ha preso le sue sembianze e l’ha rimpiazzato a Hogwarts” spiegò la professoressa con gravità.
“Oh…” mormorò lui. Neville non sapeva nemmeno che fosse possibile copiare la faccia di qualcun altro, e il suo stomaco si contorse all’idea. “E… cosa ne è stato del vero Moody?”
La McGranitt sembrò un po’ sorpresa da quella domanda, ma rispose comunque. “Madama Chips dice che è debole, ma che si riprenderà.”
“Ok… menomale” disse lui, cercando di fare ordine tra i pensieri. “Quindi… è stato l’impostore a…” Neville si fermò, incapace di dire ‘uccidere’ ad alta voce. “Insomma, quello che è successo ieri al labirinto… è stata colpa sua?”
“Si, è così” annuì la McGranitt con tono serio.
“E… è riuscito a scappare, o…?”
“No, non ci è riuscito. Il professor Silente si è accorto dell’inganno e l’ha fermato in tempo.”
“Quindi… quindi è ad Azkaban, adesso?”
“Si trova lì. Vi è stato traferito ieri notte, dopo aver ricevuto il bacio dei Dissennatori per volontà del Ministro in persona.” La McGranitt aveva parlato con tono apparentemente neutro, ma le sue narici dilatate e le labbra assottigliate tradivano il suo disappunto. Neville non poté che essere d’accordo, e si sentì quasi dispiaciuto per l’uomo. Non poteva immaginare un destino peggiore che avere la propria anima risucchiata via… tranne, forse, essere torturati fino alla pazzia. Scacciò subito quel pensiero dalla mente, sforzandosi di cercare un’altra domanda da fare.
“Era un Mangiamorte, professoressa?”
La McGranitt fece un movimento improvviso con il braccio, come se avesse voluto mettergli una mano sulla spalla, poi sembrò ripensarci, perché posò le mani sulla scrivania e le strinse l’una con l’altra fino a far diventare bianche le nocche.
“Neville… mi dispiace molto” gli disse la professoressa, la voce un po’ incrinata. “Era Bartemius Crouch Junior.”
Lui non fece altro che fissarla, attonito. No… non poteva essere… non aveva alcun senso…
“Ma… ma lui è morto” obiettò flebilmente Neville. “È… è morto qualche anno fa… Nonna me l’ha detto… è morto ad Azkaban… Io l’ho… l’ho letto sul giornale…”
“Era una messinscena” disse la McGranitt. Continuò a parlare, spiegando qualcosa sulla madre di Crouch e su una qualche Pozione Polijus e sul padre, ma Nevile non la stava più seguendo, non la stava più ascoltando, era come se non fosse lì… non era possibile… Moody era sempre stato gentile con lui… gli aveva dato un libro, e ogni volta che gli aveva chiesto più di una volta a che punto fosse arrivato… gli aveva raccontato qualche ricordo di quando aveva lavorato con i suoi genitori, gli aveva detto che gli mancavano molto… l’aveva consolato quando lui era scosso per via della Cruciatus…
“No… no, non può essere lui… lui… lui è morto…”
“Neville…”
“Lui… è stato gentile con me… Mi... mi ha anche fatto il tè una volta… Io… l’avrei capito se…”
La McGranitt gli porse un fazzoletto, e Neville fu bruscamente riportato alla realtà. Aveva gli occhi gonfi e il viso bagnato di lacrime e moccio; prese il fazzoletto, soffiandosi il naso senza curarsi di essere discreto, quindi si asciugò gli occhi con il dorso delle mani.
“Io… io l’avrei capito…” mormorò ancora con voce tremante. “Come… come ho fatto a non capirlo?”
La professoressa lo guardò con quella che finalmente Neville riconobbe come compassione. “Ha recitato bene la sua parte… Ha ingannato tutti” gli disse con gli occhi lucidi e la voce incrinata.
“Ma... io avrei dovuto capirlo… io… me ne dovevo accorgere…”
“Neville” lo interruppe la McGranitt, questa volta con ferma determinazione. “Non puoi incolparti per questo. Ha ingannato perfino il professor Silente, e lui e Moody si conoscono da anni.”
“Gli ho lasciato… ho lasciato che mi raccontasse cose su… cose su di loro” sussurrò mentre le lacrime tornavano a bagnargli le guance.
Vide la McGranitt sbattere forte le palpebre, le labbra strette in una morsa. Un attimo dopo lo afferrò per il polso, fissandolo dritto negli occhi. “Non è colpa tua, Neville. Mi hai sentita? Non incolparti mai per quello che è successo. Noi siamo quelli che avrebbero dovuto capire chi era, noi siamo quelli che dovrebbero proteggervi da persone come lui.”
Neville annuì piano e si soffiò ancora il naso, sentendosi un po’ confortato da quel gesto, prima ancora che dalle parole.
“Perché?” domandò in un sussurro. “Perché l’ha fatto?”
Perché aveva passato mesi a ingannare tutti? A ingannare lui?
La McGranitt sospirò per l’ennesima volta, e Neville non riusciva a credere che le cattive notizie ancora non fossero finite.
“Ho paura che l’abbia fatto per la stessa ragione per cui è stato spedito ad Azkaban anni fa … aiutare Tu-Sai-Chi a tornare.” La professoressa si fermò per un istante, posandogli una mano esitante sulla spalla senza smettere di guardarlo negli occhi. “Purtroppo, questa volta Frank e Alice non erano lì a ostacolarlo.”



*

Neville s’incamminò verso la torre di Grifondoro quasi senza rendersene conto. Non si preoccupò di non farsi vedere dagli studenti attorno a lui, non si curò della gente lo fissava, non fu minimamente affetto quando un gruppo di Serpeverde rise dei suoi occhi gonfi e arrossati.
Alla fine si ritrovò solo nel suo dormitorio, lo sguardo apparentemente fisso sulle tende rosse del proprio letto a baldacchino, ma in realtà perso nel vuoto.
Poi, con la coda dell’occhio, lo vide.
Era posato sopra al comodino, perché l’aveva sempre voluto tenere vicino, a portata di mano. Quante sere si era addormentato sulle quelle pagine… Era il libro che gli aveva fatto capire che esisteva qualcosa in cui era bravo davvero, il libro che gli aveva fatto capire cosa voleva fare nella vita.
Afferrò Piante acquatiche magiche del Mediterraneo e loro proprietà e lo scagliò con furia dalla finestra, sentendosi tradito come mai prima d’allora.



**************


Questa volta ho poco da dire (incredibile!), tranne che ultimamente sto scrivendo solo di questi due personaggi, in pratica! Li adoro <3
Flash buttata già in mezz’ora, spero non ci siano strafalcioni. → EDIT 2019: ora l’ho ampliata e (spero) migliorata parecchio, aggiustando un po’ cercerti aspetti/dialoghi e aggiungendo tutta la parte del biscotto ^^ Pertanto, Biscotti allo zenzero può essere considerata come una sorta di sequel; la storia indaga di nuovo il rapporto tra Minerva e Neville (durante il settimo anno), anche se in questo caso il punto di vista è quello di Minerva.
Qualora vi interessasse, avevo già trattato questo tema dal pov di Crouch jr in una drabble, Ironia della sorte ;)

Grazie a tutti!
Isidar

Ps perdonate il cliché sui Serpeverde, ma ho immaginato che se Malfoy – il giorno dopo il ritorno di Voldemort – avesse incontrato Neville in quello stato non avrebbe certo esitato a sfotterlo. Sì, pensavo proprio al magico trio Malfoy-Tiger-Goyle.



   
 
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