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Autore: riccardoIII    24/06/2015    4 recensioni
Com'è la guerra per le vittime, per i Babbani inconsapevoli? Cosa accade quando il Ministero è in mano a Voldemort?
La storia di un bambino e del suo coraggio.
"La maestra smette di muoversi, di botto. Nessuno urla più, i suoi amici stanno zitti, proprio come lui. Forse Miss sta dormendo, si dice Tim, non deve per forza stare male, però l’Uomo Nero ride di nuovo in quel modo spaventoso e lui proprio non ce la fa a non aver paura: in un attimo i suoi pantaloni rossi sono tutti bagnati."
I personaggi appartengono a J.K. Rowling; scrivo senza scopo di lucro.
Genere: Drammatico, Guerra, Triste | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Mangiamorte, Nuovo personaggio
Note: Missing Moments | Avvertimenti: nessuno | Contesto: II guerra magica/Libri 5-7
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-Tim, sei pronto? È ora di andare!-
 
I passi suonano veloci e frettolosi, vicini, tutta colpa delle sue gambe corte. Compare sulla porta della cucina facendo in modo che la sua faccia sembri triste, col caschetto biondiccio che gli copre gli occhietti.
 
-Mamma, ti prego! Non posso restare a casa con te oggi? Mi sento malissimo!-
 
La mamma sospira, sembra stanca di quella piccola scenetta quotidiana ma poi sorride.
 
-Tesoro, devi andare all’asilo! La prossima settimana c’è la recita di Natale, la maestra si è raccomandata di essere sempre presenti!-
 
-Ma io sto davvero male, mamma!-
 
La mamma si avvicina a Tim e si accuccia davanti al suo “piccolo ometto”, come adora chiamarlo, per guardarlo dritto negli occhi azzurri, uguali ai suoi. Con una mano gli scosta i capelli dalla fronte, trasformando il gesto pratico in una carezza.
 
-E sentiamo, oggi cosa ti fa male?- dice, lasciando la mano sulla sua guancia paffuta.
 
Il bambino si morde il labbro, pensieroso. Aveva immaginato di provare con la febbre però ora la mamma l’ha toccato sulla fronte e lui sa che la mamma ha il termometro incorporato. Deve cambiare strategia.
 
-Mi fa tanto male il pancino. È stata la colazione, ti dico sempre che non voglio il latte! Mi risalirà tutto su per la gola in macchina, arriverò lì e sporcherò tutto! La maestra mi guarderà male e tutti rideranno di me!-
 
La mamma sorride e sposta la mano dal viso alla pancia del piccolo, muovendola in tanti piccoli cerchi. Tim sa che se stesse davvero male il massaggio magico della mamma risolverebbe tutto, ora invece ha solo il potere di tranquillizzarlo un po’; si sente allo scoperto e le lacrime gli riempiono gli occhi e cominciano a cadere, così decide di dire la verità.
 
-Mamma, io non voglio andarci! Voglio stare con te! Tu sai come cacciare i mostri dall’armadio e mi proteggi sempre, all’asilo nessuno dice le formule magiche che dici tu per difendermi dai lupi mannari e i brutti draghi, così non mi portano via e non mi mangiano! Io ho paura di stare lì!-
 
La mamma lo abbraccia forte e lo culla avanti e indietro. Le lacrime smettono di scendere e i singhiozzi si calmano, le braccia lo liberano e gli occhi tornano a guardarsi mentre le lacrime vengono asciugate da mani gentili.
 
-Tesoro, sei grande ormai! Il prossimo anno comincia la scuola, devi essere capace di proteggerti da solo dai mostri! Facciamo così, tu oggi vai all’asilo e stasera recitiamo le formule magiche insieme, così puoi dirle anche da solo ed essere sempre al sicuro! È una grande responsabilità ma io sono sicura che tu sarai bravissimo!-
 
Il volto di Tim si illumina: mai, mai la mamma gli ha promesso di insegnargli i suoi segreti! E ha detto che ormai è grande, come il suo papà, e potrà proteggersi da solo! Alla faccia di Rob, quel brutto ciccione che lo prende in giro!
 
Fa cenno di sì con la testa, la mamma gli dà un bacio e lo prende per mano, afferra il suo zainetto e le chiavi di casa e dell’auto ed escono insieme di casa, la tempesta ormai passata.
 
Il viaggio è tranquillo. Tim sta come al solito seduto sul seggiolino in mezzo al sedile posteriore (non vede l’ora di essere abbastanza grande anche per sedere come i grandi) e insieme alla mamma canta una filastrocca su una bimba di nome Mary che aveva un piccolo agnellino; arrivati all’asilo la mamma lo accompagna fin dentro l’aula, già piena dei suoi compagni che si sistemano ai piccoli banchi colorati, e gli lascia un bacio sui capelli. Gli dice che andrà a riprenderlo quella sera e con un’ultima carezza se ne va, e lui non ha più paura quando raggiunge saltellando i suoi amici, Kyle e Bruce, per aspettare insieme che la maestra decida con cosa farli cominciare quel giorno: costruzioni, disegni, poesie?
 
Non sono nemmeno arrivati all’ora di pranzo quando Tim si accorge che qualcosa non va. Non ha mai visto nessuno, nemmeno il suo papà, comparire dal nulla in mezzo a una stanza. Solo nei cartoni si può fare, no? Solo gli eroi sono così veloci! Nemmeno la mamma con la sua magia scaccia-mostri riesce a farlo!
 
Un brivido gli corre sulla schiena quando guarda bene il signore che è apparso in mezzo a loro: ha un lungo mantello nero, lungo proprio fino a terra, e un cappuccio tirato sulla testa. Quando la solleva Tim si accorge che non ha una faccia normale: sotto il cappuccio c’è solo nero, buio, nessuna faccia. Gli fa tanta paura.
 
Aveva ragione, i Mostri sono arrivati all’asilo! La mamma non c’è, e lui ancora non sa proteggersi come i grandi! Ora cosa succederà? L’Uomo Nero se lo porterà via, lontano dalla sua mamma, dal papà, da Bruce e Kyle?
 
Gli occhi si riempiono di lacrime. Sente rumori dalle altre classi, come di qualcuno che urla e piange; la maestra si mette davanti a loro, la faccia verso il Mostro, e gli chiede chi è e cosa vuole.
 
Dal nero viene fuori una risata, ma brutta, spaventosa. Non come quella dolce della mamma o rassicurante del papà. Gli mette i brividi.
 
Poi l’Uomo Nero dice qualcosa che ha a che fare con “Babbani”, “feccia”, “indegni”, e Tim non conosce il significato di nemmeno una di quelle parole però si spaventa ancora di più. Da sotto il mantello l’Uomo Nero tira fuori una mano che stringe un pezzo di legno e lo punta contro la maestra. Sembra proprio la bacchetta di Mago Merlino, pensa Tim un attimo prima che Miss cada per terra e cominci a urlare e a piangere; dal buio sotto il cappuccio vengono fuori altre due parole, una lingua straniera che Tim proprio non conosce, dalla punta del legnetto esce una strana luce verde che punta dritto al petto di Miss Spark e Tim ha appena il tempo di aprire la bocca stupefatto che la luce la colpisce al petto.
 
La maestra smette di muoversi, di botto. Nessuno urla più, i suoi amici stanno zitti, proprio come lui. Forse Miss sta dormendo, si dice Tim, non deve per forza stare male, però l’Uomo Nero ride di nuovo in quel modo spaventoso e lui proprio non ce la fa a non aver paura: in un attimo i suoi pantaloni rossi sono tutti bagnati.
 
L’Uomo Nero lo vede, lì, insieme ai suoi compagni, abbassa il capo e Tim sa che sta guardando la macchia che si allarga. Ride ancora più forte e il bimbo cerca di farsi piccolo piccolo per la vergogna e la paura. Il Mostro fa un passo avanti e lui ha la sensazione che li stia guardando tutti, uno per uno, mentre si stringono gli uni agli altri in una piccola schiera compatta. Poi parla.
 
-Bene bene, piccoli cuccioli babbani. Allora, chi di voi sa fare le magie?-
 
Tim si congela. Magari se sapesse già fare le magie che vuole insegnargli la sua mamma quello lo lascerebbe in pace, però lui non le sa fare; così sta zitto, come tutti gli altri, a fissarlo in preda al terrore.
 
-Su, piccoli. Sappiamo che la settimana scorsa qualcuno qui dentro ha fatto volare qualcosa. Uno sgabello, forse? Un pupazzo? Nessuno di voi è figlio di almeno un mago, questo significa che tra voi c’è un piccolo Sanguesporco. I miei, ehm, colleghi sono a parlare con gli altri vostri amichetti, nelle altre stanze. Le vostre maestre sono tutte impossibilitate a intervenire. Nessuno se ne andrà da qui finché il bimbo che ha fatto levitare l’oggetto la scorsa settimana non si fa avanti. Forza, parlate-
 
L’Uomo Nero si siede su uno dei banchi, quello giallo, e anche se non può vedere i suoi occhi il bambino sa che li sta studiando uno a uno. Tim guarda i suoi compagni per capire se qualcuno di loro conosce la risposta giusta ma nessuno sembra capire cosa voglia quel tipo. Dopo alcuni secondi di silenzio il Mostro riprende a parlare.
 
-Allora, ricominciamo. Qualcuno di voi mocciosi ha mai fatto succedere qualcosa di strano? Cambiare il colore dei capelli della zia cattiva? Picchiare il fratello col cucchiaio di legno volante? Forza, va bene qualsiasi cosa. E sappiate che la pazienza non è infinita-
 
Tim sbircia di nuovo gli altri. C’è qualcuno che sa fare le magie tra loro? Come quelle della mamma? Forse addirittura più forti, come quelle dell’Uomo Nero? Lui non si è mai accorto di nulla. Non ha mai visto nessuno dei suoi amici fare cose simili.
 
Però magari è una cosa sbagliata, pensa. Magari il Mostro è qui proprio per punire chi tra loro sa fare le magie. Magari è per questo che il suo compagno non si è vantato con loro di saper fare cose magiche, perché lo avrebbero portato via; per questo non si fa vanti, perché ha paura. Anche Tim ne avrebbe.
 
Tim ne ha.
 
-Io… Ehm… Io… Ho… No, credo… Di aver fatto diventare i capelli della mia sorellina blu, una volta…-
 
-Oh, bene! Molto bene! Allora, tu, vieni qui… Come ti chiami, piccolo? E la tua sorellina?-
 
Piccolo passo avanti di Will verso l’Uomo Nero.
 
-Io… Io sono Will. Mia sorella si chiama Sam, ma quando la mamma le ha fatto lo shampoo le tempere sono colate via i capelli sono tornati biondi…-
 
Il Mostro si alza, sembra arrabbiato, e si avvicina a Will.
 
-No, no, ragazzini. Non questo genere di cose. Dico cose inspiegabili, non cose da insulsi Babbani!-
 
Will fa per correre indietro, per tornare al suo posto, ma l’Uomo Nero lo afferra per le braccia e lo stringe a sé, puntandogli contro la stramba bacchetta di legno.
 
-Bene, ora, non sono ancora troppo nervoso. Un errore può capitare a tutti. Ma se non si fa avanti chi ha fatto volare l’oggetto qui dentro il piccolo Will farà la fine della maestra-
 
Tim ha ancora più paura. Guarda la maestra a terra e vede che la sua pancia non si alza e si abbassa, come fa quella della mamma quando dorme sul divano. È ferma, immobile, come i morti nei film. Non riesce a portare gli occhi verso i suoi compagni però è spaventato come mai prima.
 
Will non è proprio suo amico come Bruce o Kyle, ma non vuole che gli succeda nulla di male. Potrebbe dire di essere stato lui a far volare il disegno fino al tavolo dove stava la maestra, è una bugia buona dopotutto, la mamma non si arrabbierà. E se poi l’Uomo Nero se lo porterà via? Può essere così coraggioso anche se non sa fare le magie come la sua mamma? Lei ha detto che ormai è grande, che deve proteggersi da solo, e la mamma non protegge solo se stessa, tiene al sicuro anche lui. Quindi ora che la maestra non può aiutarli deve essere lui a prendersi cura dei suoi compagni.
 
Alza la testa sul Mostro, fa un passo avanti e sta per aprire bocca quando qualcuno al suo fianco lo anticipa.
 
-Sono stato io. Volevo uno dei biscotti che Miss Spark ci dà per la merenda, avevo fame ed erano solo le dieci, e il biscotto è saltato fuori dal barattolo e mi è volato in mano. L’ho detto alla mia mamma e lei mi ha detto che non dovevo dirlo mai a nessuno. Le prime volte quando dicevo che succedevano queste cose non mi credeva, poi mi ha visto far cambiare colore al pelo di Dick, il mio cane, e da allora mi ha detto di non far vedere a nessuno ciò che faccio e di non raccontarlo ai miei amici-
 
È stato Bruce a parlare. Tim lo guarda con gli occhi grossi come piattini, lo guarda camminare piano verso l’Uomo Nero; lui lascia andare Will, che corre veloce tra loro, e si accuccia davanti a Bruce in modo che le loro teste siano alla stessa altezza.
 
Tim non riesce a crederci. Lui è suo amico e non gli ha detto che sa fare tutte quelle cose! E pensare che Bruce è ancora più basso e mingherlino di lui, e ora sta davanti al Mostro! Trema un po’ però non si è fatto la pipì addosso come lui, almeno. È davvero coraggioso!
 
Dopo un po’ di tempo l’Uomo nero parla di nuovo.
 
-Ah, ora sì che ci siamo! Bene, bene, come ti chiami, tu?-
 
-Bruce. Bruce Simmons-
 
-Ottimo, Bruce. Ora, sai dirmi come si chiamano i tuoi genitori? Dove vivete? Hai fratelli o sorelle?-
 
Bruce è adesso più spaventato, tanto che prova a fare un passo indietro però l’uomo gli afferra un braccio e lo tira a sé, puntandogli contro il suo legnetto.
 
-Mia… Mia madre si chiama Jane, Jane Simmons. Mio padre non lo ricordo nemmeno, è morto che avevo due anni. Non ha nemmeno mai visto la mia sorellina, Lucy! Lei è in un’altra classe, sempre qui. La mamma deve lavorare, non può tenerla anche se è piccola. Viviamo sulla Main Street, a cinque minuti da qui, numero 62-
 
-Bravo, Bruce. Ora, ascoltami bene: la tua piccola Lucy fa cose strane come te?-
 
Ora Bruce sta tremando. Abbassa le testa e mormora un “No” non troppo convinto.
 
-Ragazzino, non ti conviene mentirmi. Posso sempre far portare Lucy in questa stanza a farla gettare dalla finestra. In genere anche voi Sanguesporco siete in grado di usare la magia per salvarvi la vita-
 
-NO!-
 
È un urlo quello che viene fuori dalla bocca di Bruce, un urlo terrorizzato.
 
-Lei… Lei fa soltanto muovere un po’ i suoi giocattoli, niente di più, ma non riesce a controllarsi come me… È ancora piccola, la mamma deve lavorare…-
 
-Oh, qui abbiamo un piccolo eroe allora! Non sei stato tu a far volare il biscotto, vero Bruce? Stavi tentando di proteggere la tua sorellina?-
 
Il rossore invade le guance del bambino quando rialza la testa e fissa l’oscurità sotto il cappuccio.
 
-Ti prego, non farle del male! Se devi punire qualcuno prendi me!-
 
Di nuovo quella risata gelida, quella che tanto mette paura a Tim.
 
-No, no, piccolo. Non le farò del male, e nemmeno a te. Voi due verrete via con me, al Ministero, dove sarete istruiti per bene su cosa succede a chi osa rubare la Magia. Suppongo sarete utili alle ricerche, nell’Ufficio Misteri-
 
Dal legno viene fuori una nuova luce, blu questa volta, che esce dalla porta ed entra nella classe di fronte, e Bruce nel frattempo cerca di liberarsi e di gridare che lui deve tornare dalla sua mamma, non può andare via senza avvertirla.
 
Dalla porta entra un secondo Mostro, uguale al primo, e il primo prende la parola.
 
-L’ho trovato, anzi, li ho trovati. Sono due fratelli, uno è qui, la sorella è in una classe di età inferiore. Si chiama Lucy Simmons. Chiama gli altri, fa’ portare qui tutti i bambini. Prendiamo i due e chiudiamo la faccenda-
 
L’ultimo arrivato annuisce ed esce mentre Bruce continua a strepitare e l’Uomo Nero lo colpisce al viso, ma lui non smette di urlare. Tim si sente male: Bruce è suo amico, sua sorella è una piattola che vuole sempre giocare con loro però in fondo vuole bene a entrambi. Non può lasciare che li portino via, senza fargli vedere più la loro mamma, senza che lui possa ancora giocare con Bruce. Deve inventarsi qualcosa, deve cercare di ricordare le magie che fa la sua mamma, deve proteggere gli altri. Ma prima che sia riuscito a inventarsi qualcosa dalla porta entrano sei di quegli strani Mostri scortando nell’aula tutti i bambini, dai più piccoli e frignanti ai loro coetanei.
 
Stanno stretti tutti lì dentro, ma nessuno ci fa caso tra loro. Sono troppo spaventati.
 
Tim cerca di restare in prima fila per vedere bene e così nota una delle più basse figure incappucciate che trascina una Lucy sconvolta dal pianto. Bruce riesce a liberarsi dalla stretta dell’Uomo Nero e la abbraccia, rassicurandola, e i Mostri ridono a quella scena e Tim non può non arrabbiarsi. Cosa ne sanno loro di quanto Bruce voglia bene a Lucy? Sono solo Mostri, loro!
 
-Ottimo. Io prendo i mocciosi e li porto al Ministero, così non faranno più danni. Vuoi finite qui. Non è necessario un lavoro pulito, cercate di non esagerare-
 
L’Uomo Nero stringe i polsi di Bruce e Lucy e Tim fa appena in tempo a guardare il suo amico negli occhi che i tre scompaiono.
 
-NO!-
 
L’urlo stavolta esce dalle labbra di Tim mentre si slancia in avanti per fermare l’Uomo Nero, però non fa in tempo a toccare il mantello nero e cade nel vuoto, dove prima c’erano i suoi amici.
 
-Oh, bene! Cosa dovrebbe essere, una specie di microscopico Grifondoro babbano?-
 
Questa volta la voce è di una donna ma non è dolce come quella della sua mamma. Gli fa venire i brividi, per l’ennesima volta in quella brutta, brutta giornata, e lui vorrebbe così tanto che la sua mamma lo avesse fatto rimanere a casa quel giorno!
 
-Direi che è il caso di estirpare tutti i possibili problemi, no? Un po’ di mocciosi babbani in più o in meno non farà alcuna differenza, anzi, respireremo un po’ meglio! Avada Kedavra!-
 
“Ecco, queste sono le stesse parole che l’Uomo Nero ha detto alla maestra” pensa Tim quando il raggio verde si avvicina sempre di più a lui. Lo colpisce al petto e non fa male, sul serio, è solo strano, e poi freddo, e poi gli occhi si chiudono e cala il buio.
 
 
 
Tim chiude gli occhi prima che i suoi compagni comincino a urlare, a piangere, prima che cinquanta bambini tra i tre e i sei anni vengano trucidati da sei Mangiamorte che avevano precedentemente ucciso cinque maestre e rapito due bambini Nati Babbani.
                              
Tim chiude gli occhi prima che l’asilo crolli sotto i colpi dei “Reducto” urlati, prima che le macerie ricoprano i corpi. Nessuno scampa alla furia dei seguaci di Voldemort quel giorno.
 
Tim muore per primo perché ha dimostrato coraggio, perché la mamma ha detto che lui è grande e può proteggersi da solo, quindi è suo compito proteggere gli altri.
 
Tim muore per primo perché ha dimostrato coraggio, nonostante gli sia scappata la pipì per la paura.




 
   
 
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