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Autore: Miss One Direction    24/06/2015    2 recensioni
«Pikachu non si allontana mai troppo da Ash, giusto?»
Genere: Commedia, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Michael Clifford
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
- Questa storia fa parte della serie 'Perfection'
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Sbuffo per l'ennesima volta, non riuscendo ad orientarmi, e controllo di nuovo la lista che mi ha dato Luke questa mattina. Su questo maledetto foglio di carta ci sono scritte una ventina di cose eppure, nonostante sia qui a girare a vuoto da più di un'ora, nel mio carrello non c'è neanche la metà degli articoli che dovrei comprare.  La scrittura disordinata di mio fratello mi fissa dal basso, mettendomi ansia, e non so con quale forza io non abbia già mandato tutto a quel paese e non sia tornata a casa. Poi mi ricordo della mancanza dei nostri genitori, a causa di un viaggio di lavoro per Newcastle, e della nostra completa assenza di viveri: se stasera voglio mangiare, un'interrogativa indiretta dalla risposta alquanto scontata, devo darmi una mossa. Sfortuna ha voluto che in questo dannato supermercato abbiano cambiato la disposizione degli scaffali, sconvolgendo ogni singolo reparto che conoscevo a memoria: ora mi sembra tutto sottosopra (con la pasta al posto delle bibite, i dolci al posto dei prodotti in scatola e così via) e sono troppo orgogliosa per chiedere indicazioni a qualche commesso.
Afferro la collana metallica che ho al collo, passando tra le dita l'aereoplanino di carta, e sospiro: se Alys fosse qui, sarebbe tutto così dannatamente semplice. Ma sono costretta ad aspettare ben tre maledette settimane prima di poter volare da lei a Londra e abbracciarla. Sorrido leggermente al solo pensiero dell'accento così chiuso e strano che sarò costretta a sentire (e cercare di capire) quando arriverò laggiù, ma ne vale la pena: farei qualsiasi cosa pur di battere questi fottutissimi 17,000 km che mi dividono dalla sorella che non ho mai avuto e niente potrà impedirmelo.
Ora, però, devo concentrarmi sulla spesa, prima che mio fratello mi chiami per sapere che fine ho fatto: l'ultima cosa che mi serve è una sua predica o qualche sua battuta sul fatto che non io non sia nemmeno capace di comprare qualcosa da mangiare.
Inizio a spingere il carrello mezzo vuoto, rileggendo la lista, ma mi sento completamente disorientata: perché quel babbano del proprietario ha voluto ristrutturare proprio quando sarei dovuta venire io? Nell'esatto momento in cui corrugo le sopracciglia, dall'altoparlante si espandono le note di ‘Don't worry, be happy’ di Bobby McFerrin, un avvenimento che mi fa alzare lo sguardo verso il soffitto ed esclamare: «Mi stai prendendo in giro?».
Questo supermercato si sta prendendo gioco di me, ora ne ho la prova.
Pochi metri più avanti, un ragazzo apparentemente più grande di me di qualche anno, con i capelli castani leggermente rasati, occhi azzurri - e decisamente carino - sta sistemando dei pacchi di biscotti su degli scaffali piuttosto alti. Non ho intenzione di chiedergli nulla per due ragioni:
a) sono troppo orgogliosa per chiedere aiuto a qualcuno;
b) è decisamente troppo carino e io, imbranata come sono, rischierei solo di fare qualche figuraccia.
Faccio finta di non notare il sorrisino gli compare non appena mi nota e, con le guance completamente a fuoco, mi avvio verso la parte opposta del supermercato. Devo seriamente ricordarmi di uccidere Luke, non appena arriverò a casa.
La parola ‘Pasta’ sul foglio di carta che ho in mano non fa altro che aspettare di essere cancellata e, stufa di dover girare in tondo, inizio seriamente a ragionare: il ragazzo bello stava al reparto biscotti quindi, a rigor di logica,  la pasta non dovrebbe essere poi così lontana, giusto?
Mi ci vogliono ben dieci minuti prima di riuscire a trovare, finalmente, il reparto della pasta e sto per commuovermi, sul serio: alla faccia di quel proprietario idiota. Inizio a riempire il carrello con varie tipologie (dalle penne agli spaghetti, dai fusilli alle rotelle e così via) finché non raggiungo il numero prestabilito: ho ben $150 in tasca e non posso di certo spenderli tutti per un solo prodotto.
Dopo aver rotto il ghiaccio, mi sento molto più rilassata e tutto sembra più semplice: forse dovevo solo scaricare un po' di tensione e calmarmi. Dev'essere per forza questo il motivo: altrimenti come si spiegherebbe l'incredibile facilità con cui, successivamente, sono riuscita a trovare ogni singolo reparto? C'è da dire che quello della frutta e della verdura sia stato il più facile da trovare (considerando l'enorme cartellone verde appeso al soffitto, con la scritta gigante ‘Frutta & Verdura’) ma, hey, non sono mica così stupida: se Luke può fare la spesa da solo, non vedo perché io non possa farcela.
Passano tre quarti d'ora circa prima che, con un sospiro soddisfatto e il carrello magicamente pieno, riguardi la lista e sorrida come una bambina: quasi tutte gli alimenti sono stati cancellati e questo significa che ho quasi finito.
Le uniche cose che mi mancano sono le più importanti: schifezze.
Ridacchio non appena noto la frase ‘Scatena l'inferno, sorella!’, scritta da mio fratello, accanto a tutto il bene di Dio che sono decisa a comprare: sotto certi aspetti, nonostante non siamo nemmeno fratelli di sangue, devo dire che ci somigliamo parecchio.
Sono stata adottata dalla famiglia Hemmings all'età di quattro anni, a causa del profondo desiderio di Liz di avere una femminuccia in mezzo a tre figli maschi (Ben, il maggiore, Jack e Luke) e, nonostante la leggera difficoltà d'adattamento iniziale, ora mi sento una parte integrante dell'intera combriccola. Ho superato la fase ‘Come chiamo i due tizi che mi hanno adottata?’ da un pezzo e ora non mi faccio nessunissimo problema a chiamare ‘Mamma’ e ‘Papà’ quei due supereroi che hanno scelto me in mezzo a decine e decine di bambini sfortunati. Con Ben e Jack ho sempre avuto un rapporto di rispetto reciproco, sin dal primo momento, e ancora oggi, nonostante si siano sistemati entrambi per conto loro, l'amore fraterno non è svanito nemmeno un po'. Con Luke, invece, ho iniziato ad andare d'accordo solo all'età di sette anni: il principale motivo? Il fatto che lo abbia spodestato, per soli pochi mesi di differenza, nel titolo di ‘Il più piccolo di casa’. Per tre anni di fila non ha fatto altro che odiarmi, spiegazione della sua continua mania di tirarmi i capelli o delle innumerevoli volte in cui ha buttato nel fango il mio pupazzo di Pikachu, e gli ci sono volute diverse occasioni per capire che non avevo certo scelto io di essere diventata orfana. Nonostante l'odio iniziale, ora siamo più uniti che mai e, che ci crediate o meno, sono leggermente più legata a lui che a tutti gli altri componenti della famiglia: non so se sia per il fatto della nostra quasi stessa età o per il fatto che siamo gli unici figli a vivere ancora sotto lo stesso tetto di Liz e Andrew ma, ormai, non mi interessa nemmeno più sapere il motivo. So solo che io non potrei vivere senza quel gigante di quasi due metri e, non per vantarmi o altro, anche lui non potrebbe fare a meno di me: chi gli romperebbe i coglioni ogni giorno, altrimenti? Essendo cresciuta con quattro uomini e una sola donna in casa, la femminilità non è proprio la mia migliore amica - per non dire che sono un maschio con una terza di reggiseno, le ovaie e i capelli lunghi - ma mi sta più che bene così: ho sempre giocato con i soldatini, le macchinine e i Pokémon invece delle bambole, per tutta la mia adolescenza non ho fatto altro che indossare jeans e felpe dei miei fratelli e devo ammettere di essere persino più brava di Luke a calcio. Solo nell'ultimo periodo ho iniziato a ‘cambiare’ due o tre cose: ho iniziato ad amare il punk, ho come idola Avril Lavigne, impazzisco per varie band rock come gli Skillet, i Fall Out Boy, i Simple Plan e così via, ho solo Vans, stivali e Converse, i miei polsi sono praticamente invasi tra braccialetti intrecciati, indosso solo nero e il trucco sugli occhi si è appesantito parecchio. Vorrei potermi tingere i miei lunghi capelli castani di qualche colore particolare, magari farmi anche un tatuaggio o lo stesso piercing di Luke al labbro, ma so che i miei non me lo permetterebbero mai: in fondo, essere la piccola di casa ha un prezzo. E lo sconto ogni rara volta in cui decido di andare a fare shopping con mia madre.
Ma, al contrario di quello che dicono o pensano le ragazze della mia scuola, io mi sono sempre sentita la ragazza più fortunata della Terra: da quando è subentrata anche Alys nella mia vita, bhe, posso davvero andare certa del fatto di essere seguita da una sorta di spirito protettore.
Rimetto la lista in tasca, decisa a voler tornare a casa, e mi rigiro per avviarmi verso il reparto delle cosiddette schifezze, ovvero l'unico posto che mi ricordo alla perfezione: mi vergogno ad ammetterlo ma ci sono passata accanto molte volte, con la bava alla bocca. Ho il vago presentimento che Luke si pentirà amaramente per avermi mandata da sola a fare la spesa, in un supermercato così ben attrezzato di tentazioni: ormai dovrebbe sapere meglio di me che, davanti a patatine e caramelle, non riesco a trattenermi. Oh, bhe: non osi accusare me quando i nostri genitori torneranno e troveranno cibo spazzatura ovunque.
Riempio l'unico spazio vuoto del carrello, iniziando dalle caramelle alla frutta, e proseguo dritta per tutto il reparto: faccio finire ‘accidentalmente’ alcune tavolette di cioccolata al lato della frutta e continuo imperterrita nella mia scelta di dolciumi e snack. Ed è quando mi ritrovo davanti ad uno scaffale pieno zeppo di cookies di tutti i tipi, che vedo la luce: come mai sto sentendo l'Hallelujah cantata dagli angeli? Ci sono quelli con gocce di cioccolato (i miei preferiti), quelli con l'uvetta, quelli con gocce di cioccolato bianco e nero, quelli interamente di cioccolato, ci sono persino quelli mischiati con gli Oreo. Sono sicura di avere la bava alla bocca in questo preciso istante ma non potrebbe importarmene di meno: sono davanti a una delle poche cose al mondo da cui sono completamente dipendente. Se Dio mi avesse dato la possibilità di potermi ingozzare, senza mettere su un solo grammo, i cookies sarebbero stati (e sarebbero tutt'ora) l'unico alimento presente nel mio stomaco a colazione, pranzo e cena. Passo i dieci minuti successivi a riorganizzare l'intera spesa, non potendo rischiare di sforare il budget a causa di tutte le schifezze che ho nel carrello (anche se la parte egoista del mio cervello mi sta deliberatamente urlando di farlo davvero), e alla fine arrivo ad una dura decisione: se voglio i cookies (non scenderò a compromessi proprio sui miei biscotti preferiti, sia chiaro), devo rinunciare a un paio di buste di patatine e di caramelle gommose. Ripeto, per la milionesima volta: Luke si pentirà amaramente di avermi lasciata da sola davanti a una scelta tanto cruciale quanto crudele. Giunta, finalmente, a un necessario accordo con i miei stessi acquisti, mi concentro sul vero dilemma: quali cookies prendo? Quelli con le gocce di cioccolato sono praticamente scontati, ma sono tremendamente indecisa su quelli con gli Oreo e quelli fatti interamente di cioccolato: sono questi i veri problemi di un'adolescente, diamine. Le note di ‘It's A Beautiful Day’ di Michael Bublé si espandono per tutto il supermercato mentre io sono ancora qui, con le braccia sui fianchi e lo sguardo verso il ripiano più alto dello scaffale, dove quelle scatole piene di paradiso non fanno altro che fissarmi.
Sono così concentrata verso i biscotti che mi accorgo solo dopo di una risata al mio fianco, ragione per cui giro la testa nella direzione del ragazzo dai capelli blu accanto a me: possibile che non l'abbia nemmeno sentito arrivare?
«Non per interrompere la tua contemplazione» esclama all'improvviso, dopo aver smesso di ridere. «Ma sei qui da un bel po' e non credo che la risposta arriverà dal cielo»
Alzo un sopracciglio, non riuscendo quasi a credere a tanta sfacciataggine da parte sua, ma non mi lascio di certo intimorire da un tizio uscito dal nulla che ha messo la testa in una lavatrice e si è dimenticato l'acchiappa-colore: «Non so se mi infastidisca di più la tua sorprendente conoscenza di quello che faccio o il fatto che ti interessi: mai sentito parlare di ‘farsi i cazzi propri’?».
Nell'istante in cui si gira a tutti gli effetti verso di me, il verde chiaro dei suoi occhi sembra entrare in piena collisione con il nero dei miei e, nonostante il nostro ‘scontro’, devo ammettere che non è niente male: è vestito interamente di nero, come la sottoscritta, ha un piercing al sopracciglio destro e un accenno di barba gli adorna la mascella ben definita, accanto a delle labbra leggermente rosse ma decisamente grandi. La differenza di altezza è notevole ma, nonostante questo, il fisico sembra leggermente lontano da quello del commesso che mi ha sorriso poco tempo fa: non è grasso, sarebbe una bestemmia dirlo, ma non è nemmeno poi così palestrato come il tizio dagli occhi azzurri e il sorriso degno di un modello di H&M o Calvin Klein.
Il ragazzo sconosciuto mi squadra da capo a piedi, adornandosi di un ghigno divertito, e alza le spalle come un bambino prima di riattaccare: «Infatti non stavo facendo nulla di male: stavo solo analizzando ad alta voce una situazione decisamente esilarante».
Continuo a mantenere il sopracciglio alzato, schiudendo successivamente la labbra, e devo ammettere di essere davvero sorpresa: se mi fossi imbattuta in un mio compagno di scuola, dopo le mie solite risposte così acide e sarcastiche, sarebbe già scappato a gambe levate. Perché questo tizio è ancora qui? Ma, soprattutto, perché usa il mio stesso stile di comunicazione?
Non riesco a frenare l'istinto di ridere e, sorprendentemente, mi porto dietro anche lui: in fondo, non sembra poi così male. Scuoto la testa leggermente, riportando l'attenzione sullo scaffale dei biscotti, e alla fine opto per quelli ricoperti completamente di cioccolato: se devo ingrassare, diamine, voglio farlo come si deve.
Il vero dilemma? I pochi centimetri che mi separato dal ripiano più alto. Nonostante le punte e i miei innumerevoli tentativi di raggiungere quei dannati cookies, non riesco proprio ad arrivarci: perché ho deciso di indossare le Converse proprio oggi? Grugnisco frustrata, incrociando le braccia sotto il seno, ed è in momenti come questi che vorrei essere davvero imparentata a Luke: Madre Natura con lui è stata molto accondiscendente, fin troppo, mentre con me sembra aver perso improvvisamente risorse nell'esatto momento in cui i miei veri genitori mi hanno concepita. Non ho ancora idea su come raggiungere gli oggetti dei miei desideri ma devo sbrigarmi: nel carrello ho anche dei surgelati che, tra non molto, potrebbero decidere di abbandonarmi.
«Problemi?» si intromette, di nuovo, il ragazzo dai capelli colorati. «Guarda che non mi faccio nessun tipo di problema a chiamare Chris, quel commesso sexy che ti ha sorriso prima, per farti prendere quei biscotti che brami così tanto».
Okay, ora basta.
«Se volevi attaccare bottone con me, avresti dovuto prendermeli tu, da perfetto gentiluomo» rispondo, alzando di nuovo un sopracciglio, prima di cercare di raggiungere, di nuovo, il ripiano più alto. «Giusto per dire»
Lo sento avvicinarsi, incombendo sempre di più sulla mia piccola figura, prima che il suo braccio destro si alzi, scoprendo dei tatuaggi sul gomito: rimango a dir poco basita quando riconosco uno dei simboli di Final Fantasy in mezzo a quelli che sembrano dei cerchi. Ho passato praticamente ogni giorno degli ultimi tempi a giocare a Final Fantasy VII, componente a dir poco essenziale di quella benedetta serie giapponese di videogames.
Cerco di reprimere la mia reazione interiore da perfetta nerd alla vista di quel meraviglioso simbolo, mentre sento lo sfrigolio della confezione di cookies, ormai tra le sue dita: ero così incantata da quel disegno d'inchiostro indelebile che non mi sono nemmeno accorta dell'aiuto che mi sta dando. Mi porge i vari involucri di biscotti, con un sorriso impertinente, prima di esclamare: «E se fosse stata tutta un messa in scena per farmi desiderare?».
Siamo distanti poco meno di dieci centimetri, nonostante la differenza di altezza, e, se non fosse per il mio smisurato orgoglio, potrei tranquillamente ammettere di essere stata appena chiusa da un ragazzo dai capelli blu: peccato che sia nata con una testa più dura dell'acciaio e che nelle vene mi scorra orgoglio puro misto a sangue. Mi allontano quasi subito, lasciandolo interdetto davanti allo scaffale, prima di sistemare le scatole di biscotti al loro posto nel carrello: certo che questo ragazzo è proprio... Strano, anche se in senso positivo.
«Michael» afferma all'improvviso, riavvicinandosi leggermente.
Mi lascio scappare un “Huh?” abbastanza confuso, non arrivando subito a dove voglia andare a parare, prima che specifichi di nuovo il suo nome: «Michael: mi chiamo Michael Clifford».
«Teagan: Teagan Hemmings» rispondo risoluta, dandogli di nuovo le spalle.
Non l'ho ancora ringraziato per avermi aiutata ma non mi è mai capitato un incontro simile, per non parlare del fatto che nessun ragazzo si sia mai spinto così oltre con me. Secondo Luke, sono quasi allergica alle relazioni per il mio subconscio maschile e perché, senza accorgermene o farlo di proposito, sembra quasi che io stessa psicanalizzi le persone con un solo sguardo: “Hai un non so che di... misterioso, quando guardi qualcuno. Sembra quasi che tu voglia marcare il territorio o roba simile e, al giorno d'oggi, la maggior parte degli individui del genere maschile preferisce le ragazze semplici o facili”, per usare le sue testuali parole.  E lo invidio, davvero: lui ha Alys, quella ragazza così semplice, ma allo stesso tempo unica, che rappresenta un punto fisso per entrambi. Il loro amore potrebbe essere tranquillamente paragonato a quello di una vera e propria fiaba.
Do' una veloce occhiata allo schermo del cellulare, accorgendomi dell'incredibile quantità di tempo che ho perso qui dentro e, prima di tornare per la mia strada, liquido Michael con un sincero ‘Grazie, davvero’.
«Ho l'impressione che ci rincontreremo spesso, cara Teagan Hemmings» afferma con un sorriso, mettendosi le mani in tasca.
Corrugo le sopracciglia, non riuscendo esattamente a capire cosa voglia dire, finché non gli chiedo: «E cosa te lo fa pensare, sentiamo?».
Alza le spalle come se fosse un fatto elementare, prima di afferrare velocemente una confezione degli stessi cookies che mi ha aiutato a prendere ed iniziare a camminare all'indietro, allontanandosi sempre di più ma continuando a guardarmi.
«Pikachu non si allontana mai troppo da Ash, giusto?» esclama con quel suo solito sorrisetto strano, prima di sparire dietro l'angolo del reparto. 
Rimango interdetta, toccando lentamente il ciondolo del mio Pokémon preferito ancorato a uno dei miei bracciali, e sono ancora abbastanza sorpresa dall'intera situazione: mi ha forse proposto di rivederci? Scuoto velocemente la testa, non riuscendo ancora a crederci, ma un sorriso soddisfatto mi adorna subito il volto: chi l'avrebbe mai detto che le prime attenzioni di un ragazzo qualsiasi sarebbero arrivate proprio in un supermercato? Ricomincio a spingere il carrello, finalmente in direzione della cassa, non riuscendo a smettere di sorridere: ora che ci penso, dovrei proprio venirci più spesso qui.
 













Spazio Autrice
Ed eccomi ancora qui con la seconda "puntata" di Perfection!
Ho deciso di voler creare appunto una serie, basata su Alys, Teagan (quanto posso amare questo nome?), Luke e, perché no, anche Michael. Questo progetto mi ronzava in testa già da un po' di tempo e, rendendomi conto dell'effettivo materiale in mio possesso , ho deciso di raggruppare le mie storie più "belle": il titolo della serie non è stato scelto a caso e, per chi non lo sapesse, è interamente dedicato alla mia migliore amica. 
Nasce tutto dalla fine, me ne rendo conto, ma credo sia una cosa abbastanza carina: si parte dal finale, per poi approfondire con One Shots dove si descrivono bene i personaggi. L'intera serie avrà tre One Shots totali ma, chissà, forse deciderò di scriverne anche qualcun'altra. 
Spero vi sia piaciuto l'incontro di quello che dovrebbe essere il mio personaggio (Teagan) e il mio Pikachu u.u. 
Fatemi sapere cosa ne pensate e niente, spero di risentirvi presto anche su Amore, odio... e un paio di Converse.
Peace and Love
Xx Manuela

 
   
 
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