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Autore: koopafreak    25/06/2015    2 recensioni
Una stagione è trascorsa senza un solo sequestro di fanciulla ed il Re Koopa sembra essere sulla buona strada per non ricadere nei vecchi vizi. I legami tra vicini iniziano a consolidarsi, la vita nel Regno dei Funghi evolve per il meglio e grandi rivelazioni emergono in questo periodo di pace che minaccia di reggere assai più a lungo delle previsioni. Eppure un singolare sortilegio nascosto in un dono innocente è tutto ciò che occorre per riportare finalmente una sana dose di caos ed unire la volontà di due sovrani opposti nell'ardua ricerca della soluzione di quello scherzo del destino, fino a dover saldare i conti con un passato lontano.
Nel frattempo dovranno abituarsi alle loro nuove sembianze, con relativi pro e contro. E non saranno da soli.
[Seguito de “L'ultimo rapimento”] Come sempre, rischio di eventuale BowserxPeach.
Genere: Avventura | Stato: in corso
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Bowser, Bowserotti, Peach
Note: Missing Moments, What if? | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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« Abbiamo un ospite. » Peach divulgò la notizia al resto dei compagni di viaggio non appena tutti si furono seduti per consumare la colazione.

« Mi pareva infatti di aver sentito qualcuno usare la doccia questa notte » considerò Iggy, sollevato di non aver avuto le traveggole. Senza alcuna spiegazione logica il ciuffo del bowserotto tendeva a pendere da un verso invece di restare dritto come sempre quando questi si era svegliato da poco.

« E chi sarebbe costui? » domandò Ludwig prendendo possesso della mela più rossa dalla cesta di frutta a centrotavola.

« Un wrestler. » Alla risposta della principessa diversi sguardi si alzarono con curiosità dai rispettivi piatti.

« Lo abbiamo trovato noi » si vantarono i koopolotti più piccoli che avevano chiesto ospitalità a Lemmy per quella notte.

« Trovato? Gli oggetti smarriti si trovano, o al limite un animale randagio » commentò perplessa Wendy con una piramide di bigodini in testa.

« Come si chiama? » volle informarsi Morton sotto una nuvola scura di capelli spettinati, il più infervorato alla novella.

« Paperoga » grugnì Bowser, mettendosi in bocca una frittella intera.

« Falkoman » lo corresse Peach, scoccandogli uno sguardo d'avvertimento.

Il ragazzotto saltò sulla sedia come un pupazzo a molla. « Il Fulmine Dorato, il Mago delle tecniche volanti, la Trebbiatrice di vite umane, il Reattore Nucleare di Oolong?! Se ormai non valesse mezza cicca, glielo chiederei pure l’autografo… »

« Figurati se lui non s'intendeva di queste fesserie » commentò Roy, bevendo il suo cappuccino ed omettendo di essere anch'egli al corrente dell'identità del loro ospite, sebbene non si definisse un suo fan.

« Il signor Falkoman sta affrontando un periodo difficile, per cui siate tutti cordiali con lui » si raccomandò la principessa includendo il genitore stesso nell'avviso.

« Un “periodo difficile” è un generoso eufemismo » osservò distrattamente Morton, sbocconcellando il suo pancake al caramello. « Ha perso il titolo da oltre sei mesi e ha subito più sconfitte in questo lasso di tempo che in tutta l'intera carriera, ormai bella che distrutta insieme al suo onore di lottatore, tanto che lo hanno sbattuto fuori dal circolo senza nemmeno un saluti e baci e bandito dal ring. Nessuno scommetterebbe più una suola rotta su di lui e così non ha nemmeno una chance di rientrare nel giro, sia qui che in qualunque altra associazione di wrestling, visto che la sua credibilità è precipitata più in basso di Gandalf il Grigio nell'abisso di Khazad-dûm. »

« Mi è piaciuto specialmente il gran finale » commentò il re pago, senza scomodarsi di celare la sua sincerità.

« E chi è stato a sottrargli il titolo? » domandò Peach confiscandogli per punizione il piatto ancora pieno.

Tuttavia, prima che il bowserotto potesse svelare il mistero, il soggetto della conversazione si fece puntualmente vivo a passo barcollante, ancora stordito dall'emozione di aver dormito su un letto vero e completamente ignaro dell'attenzione riservatagli già prima di entrare. I sorrisi di benvenuto e con una punta di commiserazione si rilassarono verso il basso fino a diventare bocche schiuse per lo sconcerto.

« Copriti, mentecatto! » latrò Bowser, schermando col palmo della mano gli occhi innocenti della sua Wendy mentre le labbra della ragazzina erano rimaste le sole ancora rivolte verso l'alto.

Un arruffatissimo Falkoman, con indosso solo un asciugamano precariamente avvolto intorno alla vita e che arrivava a malapena a nascondere per intero il suo lato B, si studiò interrogativo aggrottando le sopracciglia. « Sono coperto. » Prese posto tra Junior e Larry che lo accolsero con letizia, fieri di essere gli artefici dell'ultima singolare attrattiva a bordo e contestualmente conquistatisi un nuovo amico.

Peach si occupò delle dovute presentazioni e gli sistemò davanti il piatto di pancake su cui Bowser aveva perso ogni diritto. « Che si dice, gente? » rese omaggio il lottatore senza sprecare tempo in attesa di una replica, deviando la sua completa attenzione sulle cibarie con una voracità al limite del soffocamento sotto lo sguardo inquieto dei principini, colti dall'impressione collettiva di osservare un animale selvatico che aveva patito la fame da giorni.

Bowser indirizzò alla principessa una faccia sdegnata di fronte alla scena, ma lei gli fece cenno di pazientare e sorvolare sulle maniere rustiche per questa volta. « Chi è stato allora a soffiarti il titolo e a buttarti in mezzo alla strada? » ripropose la domanda al diretto interessato, beccandosi un'occhiataccia tale dalla direzione di Peach da forare la parete. « Tanto lo sa tutto il mondo tranne noi » ribatté cocciuto, alzando le spalle.

« Io lo so » precisò Morton passando ignorato come d'abitudine.

« Non è importante » si intromise la principessa notando l'espressione afflitta che era affiorata sul volto dell'ospite, tenendo il capo chino nella propria mortificazione che nemmeno il sapore di un pasto delizioso poteva lenire. « Ho lasciato dei vestiti puliti davanti la sua porta, signor Falkoman. Non ho potuto far nulla per recuperare la vecchia tuta, mi spiace. »

« Vi sono profondamente grato, principessa. » Il lottatore non si era accorto di averli accidentalmente calpestati uscendo, troppo concentrato a fiutare l'aria ed irretito dal profumo inebriante della colazione.

« Dopo ci mostri qualche mossa di wrestling? » chiese speranzosissimo Larry sporgendosi verso di lui.

Falkoman gli rivolse un sorriso venato da un'ombra di malinconia, riconoscendo per un istante nell'ammirazione riflessa attraverso gli occhi del bambino il grande protagonista di Oolong che era stato.


Fuori aveva finalmente cessato di piovere e i primi sprazzi di luce guizzano liberi dalla cappa nuvolosa. Peach ne approfittò per salire sul ponte e distendere le membra intorpidite con un gemito di sollievo dopo aver sopportato quasi un giorno intero al chiuso, in spazi dove non le era concesso muoversi comodamente tanto quanto lei aveva bisogno. Le assi umide e fredde sotto le zampe non le impedirono di godersi quel momento di libertà, udendo alle spalle i passi di Bowser raggiungerla senza fretta fino ad arrestarsi al suo fianco.

Il re dovette distogliere malvolentieri lo sguardo da quella visione, dal corpo generoso e pulsante di calda luminosità che si arcuava come una sciabola e dal suono languido della sua voce, per evitare che lei se ne accorgesse mettendola così a disagio. Non poté fare a meno di constatare compiaciuto che le scaglie madreperlacee avessero un aspetto sano e splendente, comprese le placche del carapace e gli aculei ben lucidati, e non mancò di cogliere il profumo sottile rubato dal venticello mattutino delle pomate fornitele da sua figlia e che la principessa aveva imparato ad usare quotidianamente. Malgrado i cambiamenti dovuti alla metamorfosi, continuava ad avere estremamente cura di se stessa. Si interrogò ancora una volta sulle sue spoglie di uomo, se le fossero gradevoli o indifferenti.

Prendendo il coraggio a due mani per porle finalmente la fatidica domanda, il re dovette mordersi un labbro per frenare un improperio nell'attimo in cui Falkoman ebbe il lampo di genio di uscire a distruggere la fragile quiete, accompagnato da metà truppa bowserotta, per deliziare il suo gentile pubblico con qualche prova di forza.

La già insussistente simpatia per il lottatore sprofondò ulteriormente sottozero mentre il padrone del vascello corrugava la fronte rilevando un particolare interessante. « Ma quella lì... »

« Non serviva nemmeno lavare le sue cose per intuire che ormai erano da chiudere in un sacco e buttare, così mi sono vista obbligata a cedergli una delle tue tute. Per fortuna Wendy te ne ha fatte confezionare una bella scorta » sussurrò Peach che aveva già provveduto alla cremazione del suddetto sacco nell'inceneritore per lo smaltimento dei rifiuti di bordo.

« E perché proprio una delle mie? » fu la burbera replica.

La draghessa inarcò un sopracciglio alla domanda, considerato che lui era l’unica persona adulta a bordo a disporre di vestiario. « Portate la stessa taglia » si limitò a rispondere.

« In realtà mi va un po' larga » commentò Falkoman, stringendo in un fiocco il laccio dei pantaloni intorno alla vita per mettere in subdola evidenza il confronto fra la sua tonica regione addominale (ciò grazie anche alla dieta di stenti degli ultimi mesi) e quella visibilmente più morbida dell'originario possessore che colse in maniera cristallina l'insinuazione.

« Hai così tanta nostalgia delle mie sberle, Calimero? »

« Trovo al contrario che le cada bene, signor Falkoman » intervenne la principessa tentando di coprire con la propria voce il messaggio di pace di Bowser.

Quest'ultimo inorridì nel realizzare amaramente che il primo apprezzamento che le aveva sentito pronunciare da quando avevano lasciato il regno non era rivolto a lui stesso; per giunta quel maledetto gallinaccio se lo era sgraffignato coi suoi vestiti addosso. Il Re dei Koopa era ufficialmente roso dalla gelosia.

Falkoman si allontanò per eseguire al sole una serie di piegamenti, prima con una mano sola e poi con l'altra, mentre Junior e Larry contavano a voce alta, entrambi seduti sulle spalle dell'atleta mentre Morton e Lemmy presiedevano ascoltando intrigati le storie dei tempi vittoriosi sotto i riflettori.

« In fondo mi dispiace per lui. » Bowser incrociò le braccia osservandosi una delle punte chiodate dei suoi stivali ed immaginando l'appagamento nel piantarla nelle terga di un certo lottatore importuno.

« Sul serio? » Peach si voltò verso di lui con leggera sorpresa.

« Già. La natura è stata tirchia a non munirlo pure di una bella coda a ventaglio per pavoneggiarsi meglio. »

« Curioso che tu vada a criticare proprio il tratto per cui vi trovo sulla stessa lunghezza d'onda. »

« Mi stai paragonando ad un pallone gonfiato di quella portata? »

Bowser le rivolse un'espressione talmente sgomenta da incuterle tenerezza. « Nooo, tu sei il messia della modestia sceso in terra. Il tuo castello ne è l’esempio. »

« Io non mi atteggio di certo in quel modo! » sbottò il sovrano che non aveva mai brillato per spirito di autocritica. « E lo voglio fuori dai piedi quanto prima, intendo sloggiare stamane stessa da quest'isola. »

La principessa restò in un silenzio sospetto che lui non faticò ad interpretare.

« Non possiamo adottarlo, se è questo che stai progettando. Abbiamo impegni ben più pressanti al momento. »

« Ma non possiamo nemmeno abbandonarlo nelle condizioni che abbiamo visto. »

« Oh, possiamo eccome. Finora è riuscito a giostrarsela discretamente, mi pare. »

« Bowser, forse può esserci d'aiuto. »

« Può esserci solo d'impiccio, lo sai perfettamente. E stai considerando di portarcelo comunque appresso? »

« Non ne sono convinta. Ma mi sento male all'idea di non poter fare altro per aiutarlo. » La fanciulla koopa gli sbatté davanti quei suoi dolci occhioni azzurri come una finestra sul cielo incontaminato, così pieni di bontà e speranze di riuscire a rendere il mondo un posto migliore che il monarca della Terra Oscura non dubitò neanche per un millisecondo della sua serietà.

Stabilì di dover agire prima che la minaccia dell'irreparabile si concretizzasse e che le grandiose aspettative di quell'avventura da solo con la sua Peach andassero in frantumi.

Attese il momento propizio per fare una schietta chiacchierata in privato col piantagrane, chiudendosi la porta alle spalle non appena questi fu sceso per servirsi un bicchiere di limonata giù nella cambusa. Il wrestler colto di soprassalto si girò ed aprì il becco per rimostrare, ma lui lo precedette contraccambiando il suo sguardo con altrettanta ostilità. « Sta’ zitto e ascoltami, Titti. » Mantenne un tono di voce moderato. « Io non ti voglio sulla mia nave e tu non vuoi restare l’eterno zimbello di Oolong. Possiamo provare dunque a far finta di non detestarci per un minuto e trovare un accordo. »


Ludwig sollevò un poco il sopracciglio destro lasciando trapelare una parvenza di meraviglia nel denotare anche lo scalpo ingellato di Roy in mezzo alle teste dei fratelli, tutti seduti nella stessa fila tra il pubblico rumoreggiante: proprio lui che aveva affermato sbuffando con plateale esasperazione quale stupida e inutile e ancora stupida perdita di tempo fosse andare a vedere un vero incontro di lotta dal vivo nella grande arena di Oolong, ed invece si era improvvisamente degnato di non privarli dell'onore della propria compagnia.

« Mi chiedo cosa intendeva papà Re quando ha detto che non avremmo dovuto perderci per nulla al mondo questo match » fece Iggy a braccia conserte inclinando il viso con aria estremamente dubbiosa. « Credevo che il wrestling nemmeno lo sfiorasse. »

« A proposito, che fine ha fatto? Ha detto che sarebbe andato a prendere i popcorn, ma l’incontro sta per cominciare a momenti. » Morton si guardò intorno in vana ricerca del genitore e poi alzò il mento per rivolgersi alla possente figura al suo fianco. « Mama Peach, tu che sei la più alta lo vedi? »

La principessa scosse il capo condividendo la confusione dei bowserotti. Lo stadio era gremito di fan carichi di debordante entusiasmo che acclamavano e battevano a ritmo piedi e mani per esortare a dare il via allo spettacolo, dal quale erano talmente presi che in breve tempo avevano smesso di far caso alla sua presenza. La sconcertò l’ardore sfegatato del pubblico femminile lì in mezzo che contribuiva validamente al chiasso dei tifosi maschi, forgiando un'atmosfera talmente grintosa da far concorrenza a quella di un anfiteatro romano ai tempi dei ludi gladiatori. Le parve che da un momento all'altro qualcuno si sarebbe messo ad intonare l'inno della Brawl, sebbene in quel luogo si svolgesse un tipo di lotta che nulla aveva a che vedere con la serietà del Super Smash Bros. Eppure le facce intorno a lei le suggerivano una linea di pensiero ben diversa.

Roy adocchiò perplesso la chioma del fratellino seduto accanto che si era appena sfilato il suo berretto di cotone per asciugarsi col braccio un alone di sudore dalla fronte. « Che hai combinato ai capelli? »

« Treccine » rispose Morton impassibile davanti allo sguardo sconvolto dell'altro. « Wendy ha detto che se proprio non mi andava di badarci dovevo almeno permetterle di sistemarmeli per impedire ai gabbiani di farci il nido. » C'era voluta tutta la pazienza e la devozione all'estetica della sorella per domare il groviglio cespuglioso che aveva in testa ed acconciare una alla volta la moltitudine di piccole trecce ritte e ordinate, tenute indietro da una fascia per evitare che lo infastidissero e che soccombesse all'impulso di disfarle mandando così a monte l'impresa della caparbia bowserotta.

Gli schiamazzi divennero più forti quando un mazzuolo uscì dal backstage, incedendo baldanzoso al centro del lungo corridoio che portava al ring e deliziandosi della calorosa accoglienza del pubblico che l'avvolse come un bagno di schiuma. Il tizio salì sulla piattaforma e sollevò il braccio in un gesto teatrale, sufficiente per chetare all'istante gli animi con la naturalezza di un direttore d'orchestra sul podio.

Vi era qualcosa nel suo atteggiamento, nell'espressione nascosta dietro gli occhialetti scuri e la tesa del borsalino sul capo che non suscitò un sentimento positivo in Peach, trovando quel sorrisetto che gli adornava la faccia piuttosto losco.

Un microfono a gelato venne calato tracciando una linea verticale sopra la sua testa ed il mazzuolo lo brandì col mignolo alzato per portarselo davanti la bocca, pronto a presentare a pieni polmoni i contendenti e decretare il fatidico avvio all'incontro di quella mattina, quando d'un tratto rumori di zuffa e grida di allarme si levarono dalle quinte dello stadio tra lo stupore generale. La colluttazione non parve durare oltre una manciata di secondi e, sceso un silenzio sospetto che alimentò ancora di più lo sbigottimento dei presenti, un'ombra si stagliò con tutta la sua imponenza sotto i fasci di luce dei riflettori che convergerono nella medesima direzione per identificare colui che era appena emerso a testa alta dal parapiglia, parandosi di fronte all’ingresso centrale riservato agli atleti.

« Deduco che non vedremo mai quei popcorn » concluse Iggy.

Bowser non si mosse subito, permettendo al pubblico ora suo di assaporare con gli occhi la sensazionale entrata in scena che stava loro offrendo (con particolare riguardo verso una certa principessa), tenendo lo sguardo fisso in un punto impreciso nella distanza, le spalle distese e i pugni contro i fianchi, con la luce dall’alto che gli bagnava i muscoli pronunciati, i capelli ed il mantello fluente che aveva tirato fuori dal suo armadio apposta per l’occasione. Un re non doveva mai girare sprovvisto di un simbolo di riconoscimento e, siccome lui di corone non ne portava perché con le corna erano scomode e di spade non sapeva cosa farsene a parte pulircisi i denti, quello era l'unico vezzo che usava concedersi quando era in vena di mettersi in ghingheri. E il mantello aveva sempre il suo fascino.

Sazio della prima generosa portata di attenzione, si incamminò con deliberata lentezza verso l'ampia piattaforma al cuore dell'edificio mentre un brusio di curiosità prese a ronzare tutt’intorno come uno sciame d’api impazzite, portandosi con un balzo entro il confine dell’arena rialzata per giungere proprio davanti al mazzuolo che non lo accolse esattamente a braccia aperte.

« Ne ho abbastanza di voi mitomani. Come osi sciupare il mio incontro? Sicurezza! » latrò irato quest'ultimo pestando un piede a terra, per nulla impressionato seppur in palese svantaggio fisico.

« Mi sono occupato anche di quella » rispose calmo Bowser.

« Chi ti credi di essere?! Fuori dal mio ring! »

« Visto quanto poco c'ho messo a stendere il fenomeno che doveva lottare contro il tuo campione, dovresti essere contento di avere a portata di mano un match degno di definirsi tale. » Il sovrano in incognito pose bene in chiaro che non avrebbe abbandonato il campo senza aver avuto il combattimento che reclamava. « Il tuo pupillo se la vedrà con me. »

Sulle prime il mazzuolo sembrò riprendere col suo bercio, poi si soffermò un attimo a contemplare meditabondo la proposta ed i lineamenti rabbiosi si distorsero in un ghigno sgradevole. « I boriosi della tua specie non mi sono mai andati giù. Sarà un piacere vederti stramazzare con le ossa tutte rotte. » Si avvicinò nuovamente il microfono alle labbra e la sua voce raschiante riverberò tra le pareti dell’intero stadio. « Per il diletto di lor signori, un interessante fuoriprogramma quest'oggi: un nuovo sfidante si batterà per la cintura dei campioni! » Accompagnò le parole risonanti con movimenti fluidi della mano libera, volgendo lo sguardo verso i tifosi che sollevati tornarono ad esultare: the show must go on, anche con un lottatore diverso non faceva differenza.

Bowser roteò gli occhi annoiato mentre si scialacquava tempo inutilmente in ridondanti preamboli atti ad annunciare l'arrivo del suo opponente; anche quella balzana discorsività era uno dei fattori per cui detestava la lotta da intrattenimento. Localizzò tra il pubblico il viso grazioso di Peach che lo scrutava interrogativo dai posti più spaziosi che lui aveva riservato per farla stare il più comoda possibile, dove si poteva godere inoltre della vista migliore, giganteggiando sulle altre teste per quanto tentasse di restare discreta con la schiena piegata in avanti ed il collo lievemente infossato. Come previsto era rapita dalla scena e questo lo compiacque. Non le avrebbe dato ragione di staccargli le pupille di dosso sino alla fine dell'incontro.

Poi le ultime parole del mazzuolo insopportabile lo riportarono coi piedi per terra.

« Il Mostro dei pesi massimi, il Maciullatore degli sconfitti, il Minotauro di Oolong! »

Chissà perché, quella grottesca descrizione non gli suggerì un'immagine completamente nuova.

« Metaboss! »

Con un esplosivo boato di benvenuto da parte del pubblico il succitato campione uscì lentamente dall'ombra delle quinte con passo lento e basculante, esternando la tipica calma di chi nutriva l'inossidabile convinzione di avere la vittoria già in tasca.

Mostro non era un mero epiteto, ma l'effettiva realtà. E il destino aveva già serbato a Bowser più occasioni per arrivare ad accettarla indubbia, impedendogli di dimenticarsene il nome: non quello col quale si era spacciato spargendo devastazione nel regno suo e di Peach, ma il vero nome con cui era ricercato da anni, confidatogli in un sibilo carico di odio prima del loro ultimo duello.

Midbus.

Due occhietti cattivi e senza indizio di intelligenza lo localizzarono al centro del ring.


Contemplando una creatura morfologicamente bislacca come Midbus, profonde sarebbero state le riflessioni sorte alla luce sulla caleidoscopica fantasia di Madre Natura per aver plasmato una chimera simile. A primo acchito era possibile azzardare che la maggior parte di lui fosse un cinghiale, e non tutti avrebbero condiviso tale opinione, mentre il resto consisteva in un collage zoologico assemblato scartando qualsiasi criterio estetico, puntando unicamente sulla ferocia: il dorso ingobbito era rivestito di una corazza di squame scudate, spessa e resistente più della roccia per proteggerlo e al contempo contrattaccare grazie alla cresta di taglienti placche ossee lungo la linea della spina dorsale; il suo cranio di suino era dotato di due corna ricurve di avorio scuro come le grinfie acuminate che aveva al posto degli zoccoli che uno si aspetterebbe e, dove non poteva sopperirvi la corazza naturale, era presente una massa altrettanto impenetrabile di grasso a proteggere muscoli e ossa, il tutto rendendolo un vero bestione da guerra.

In sintesi possedeva la forza del toro, l'istinto di autodifesa dell'armadillo, la furia del cinghiale e le patetiche potenzialità sinaptiche di tutti e tre: questo era Midbus in tutta la sua gloria.

Inoltre, sebbene il vivace rosato della pelliccia potesse trarre in inganno sulla sua indole, Midbus aveva l'anima nera come un pozzo di pece vischiosa, disposto a schiacciare chiunque pur di raggiungere i propri fini egoisti. La sua unica qualità positiva si poteva definire l'autoconsapevolezza: era perfettamente cosciente infatti di essere stupido. Sapeva con cupa rassegnazione che non sarebbe mai stato capace di ordire trame complicate e che l'arte della strategia era nettamente al di sopra della portata dei suoi neuroni sparuti. Forse era questa la ragione per cui era sempre di pessimo umore.

Dopo che il suo ultimo tentativo di prendere un regno con la forza e sistemarsi a vita era sfumato, aveva sentito vociferare di un luogo dove non solo diventavi famoso se eri bravo a picchiare duro, guarda caso l'unica cosa che gli riusciva bene, ma addirittura ti pagavano profumatamente per farlo! E così aveva percorso chilometri e chilometri, superato fiumi e deserti, rubato e saccheggiato indiscriminatamente sulla sua strada, finché non ebbe infine scovato questa fantomatica isola che per lui si era rivelata la vera Cuccagna. Nessuno degli atleti là in mezzo aveva mai avuto la sventura di confrontarsi con un prodigio di brutalità del suo calibro e gli era bastato un giorno solo per fare piazza pulita della concorrenza e strappare il titolo allo stesso Falkoman.

Questi in principio aveva tentato assiduamente di riscattarsi dopo la prima umiliante sconfitta e, pestone dopo pestone, Midbus scocciato gli aveva fatto capire una buona volta che poteva scordarselo e che il suo posto adesso era nella polvere insieme agli altri vermi. E, ciliegina sulla torta, i fan dell'ex campione si erano talmente stancati di vedere il loro eroe esibirsi in uno spettacolo così scadente che gli avevano voltato le spalle per adulare invece il suo carnefice.

Ganz, il mazzuolo dal look dandy e dalla corrotta moralità che dirigeva le fila dello stadio, aveva individuato immediatamente in quella belva di Midbus la sua nuova calamita per gli incassi e non aveva perso tempo a schermarlo dietro un'identità di copertura, con tanto di maschera per rivestirlo anche di un'aura di mistero che non guastava mai su un lottatore, affinché le autorità sulle sue tracce non gli sfilassero da sotto il naso il proprio cavallo vincente. Si era bene informato ed era al corrente di tutto quello che aveva combinato il suo ultimo pupillo prima di sfondare la porta dello stadio, ma la questione non poteva tangere i suoi interessi e, finché Midbus gli fruttava adeguatamente, non vedeva ragione di sbarazzarsene come invece non aveva avuto problemi a disfarsi di Falkoman, ormai inadatto ad attrarre quella fetta di profitto che il suo successore gli procurava ogni settimana.

« Buona agonia » augurò sogghignante a Bowser premurandosi di spegnere prima il microfono.

Se quest'ultimo non fosse stato troppo concentrato sul suo imminente duello, sicuramente gli avrebbe volentieri elargito una meritata scarpata sul posteriore mentre prendeva il largo dall'arena per supervisionare il massacro dalla comodità del suo ufficio.

Midbus si issò sul ring non senza una certa difficoltà a causa del ventre tondo e ingombrante, ma la vista delle artigliate che lasciava con uno stridio terribile sul duro piastrellato del ring, nemmeno fosse di mogano, spense istantaneamente la voglia di concedersi qualche secondo di ilarità. I muscoli rigonfi delle braccia coperte di pelliccia, in grado di stritolare, spezzare e schiacciare, pulsavano di una forza bruta a cui solo il koopa era stato capace di tenere testa.

Forse avrebbe fatto meglio a degnarsi di prestare ascolto ai numerosi avvertimenti di Falkoman, ma di tutti gli avversari che poteva aspettarsi non aveva pensato di ritrovarsi davanti il brutto grugno di quel barbaro. Per la prima volta provò qualcosa vagamente simile al biasimo verso se stesso per essere stato troppo incurante. Alzò il mento per incontrare lo sguardo indifferente di Midbus che non si scompose nell'apprendere lentamente, in base ai lunghi tempi di reazione del suo cervellino, di avere di fronte un wrestler che non somigliava per niente a quello che gli avevano indicato in foto, ma poco gli importava: per lui erano tutti sacchi di ossa e carne da strapazzare a suo piacimento, anche se Ganz gli aveva proibito di lasciarsi prendere troppo la mano per evitare ritorsioni legali. Eppure, qualcosa gli sussurrava guardingo che quel sacco di carne in particolare era strano rispetto agli altri su cui aveva già camminato.

Ridusse di poco la distanza tra loro con qualche passo ciondolante, più oltraggiato che colpito dal tizio che non si smontò della palese sfrontatezza trasudante da ogni poro, ed inalò una zaffata del suo odore dilatando le narici suine. Una rabbia sconfinata s'impadronì della sua mente iniettandogli gli occhi di sangue. Sebbene il suo povero intelletto non gli fosse di grande affidamento, l'istinto animale non sbagliava mai.

L'olfatto sviluppatissimo captò una traccia che mai si sarebbe sognato di fiutare proprio in quell'angolo polveroso di mondo, piantata come un chiodo nel pigro cervello un pugno dopo l'altro nelle loro lotte passate. Tutto era differente dell'aspetto del suo arcinemico, ma quell'odore, quell'espressione strafottente che ridestava i suoi istinti omicidi non poi così nascosti, non se li era certo scordati. Non capiva come fosse riuscito a rimpicciolirsi e a conti fatti preferiva infischiarsene: tutto ciò che sapeva era di avere dinnanzi proprio il responsabile delle sue più brucianti disfatte, colui che gli aveva scombinato i piani di un'esistenza, il ladro maledetto che gli aveva sfilato tra le dita le speranze di accaparrarsi gli agi di un trono che tanto aveva agognato.

Le raccomandazioni del suo nuovo capo si dissolsero in un odio corrosivo e a galla rimase solamente il torbido, cieco furore. Serrò i pugni artigliati mentre il sangue cominciava a pompare veloce nelle vene prominenti nella bramosia di vendetta più di ogni altra cosa, persino dei lussi che comportava la sua nuova identità e che avrebbe perso nell'attimo in cui avesse scavalcato la sottile linea fra la dose di violenza permessa nell'arena e quella di troppo che ti portava dritto in gattabuia. Non gli servì scavare in profondità delle sue arretrate competenze linguistiche per chiarire in maniera concisa il suo attuale stato d'animo: « Oggi muori ».


Midbus glielo annunciò in un borbottio raschioso, quasi completamente coperto dalle grida d'incitamento del gentile pubblico ignaro di stare per assistere ad un potenziale assassinio quella mattina, biascicando le parole nel suo stentato modo di esprimersi e muovendo appena la bocca armata dei canini inferiori sporgenti e affilati.

E così era stato addirittura capace di riconoscerlo: ammirevole. Se la situazione minacciava di diventare pericolosa già da prima, adesso vi era invece l'assoluta garanzia che la bestia si sarebbe ben premurata di fargli la festa. Tuttavia Bowser non era spaventato, perché aveva già battuto il tardo Midbus in passato e di certo non lo temeva. Al contrario, trovava la prospettiva di un'ulteriore sfida tra loro due un'allettante occasione per dimostrare a tutti che, anche da misero umano, lui restava sempre l'impareggiabile Re Koopa temuto dal mondo intero, il cui nome bastava a far tremare le montagne. Inoltre gli aggradava l'idea di concedere un quarto benservito al suo vecchio opponente per tutte le grane che gli aveva arrecato. Avvertì l'intensità dello sguardo di Peach addosso come una carezza sulla pelle, chiamandola vicina col cuore e combattendo l'impulso di girarsi a cercarla. Non era fiero di saperla in pena a causa sua, ma non poteva reprimere un'intima letizia immaginando che lei non avesse in mente null'altro che lui in tali circostanze, preoccupata come lo era stata soltanto per Mario, riservando questa volta al sovrano le sue premure e le sue preghiere.

Si sarebbe fatto perdonare dedicando a lei la sua prossima vittoria.

Rivolse un sorriso beffardo all'avversario spostando con disinvoltura il peso su una gamba. « Con quella ridicola mascherina mi sembri ancora più scemo » rispose a tono al tentativo di intimidirlo.

Fu allora che poté giudicare con certezza che Midbus fosse veramente fuori di sé dall'ira. Al suono della campana questi lanciò un rauco muggito che scosse lo stadio intero e lo caricò con la potenza di un jumbo al decollo. Date le sue possenti dimensioni, si poteva intuire senza fantasia che Midbus e l'agilità non avevano mai stretto rapporti e quando la chimera decideva di aggredire un avversario più veloce ed infliggere più danni possibile, paradossalmente era proprio questo il momento in cui il suo lato armadillino entrava in gioco, appallottolandosi su se stesso e rotolando con una spinta poderosa verso la vittima mentre la cresta di placche sul dorso agiva similmente ad una sega circolare.

Il re evitò di essere spiaccicato e al contempo dilaniato scartando di lato e rischiando quasi di perdere l'equilibrio per il violento spostamento d'aria. Midbus frenò la sua avanzata tornando su tutte e quattro le zampe ed emettendo uno stridio lancinante da lacerare i timpani, con le unghie che rigavano la superficie liscia della piattaforma per arrestarsi a scarsi centimetri dal bordo. Gli spettatori non parvero aver compreso la serietà della situazione poiché tornarono ad esultare festosi non appena si furono ripresi dai brividi per il tremendo rumore, impressionati da quella sbalorditiva tecnica di lotta che il loro campione non aveva mai rivelato prima; probabilmente perché non aveva ancora provato ad uccidere qualcuno. La principessa e i bowserotti invece avevano colto nitidamente che aria stava tirando tra i limiti di quel ring e continuavano ad assistere all'incontro ammutoliti, persino Morton.

Peach teneva gli occhi incollati su Bowser mentre la crescente apprensione per la sua incolumità la immobilizzava sul posto. Avvertiva la paura sragionata ma persistente che se ella avesse distolto per un secondo lo sguardo gli sarebbe accaduto qualcosa di terribile. Adesso lui non era più un drago e non aveva con sé nemmeno l'armatura, resosi completamente vulnerabile all'offensiva di quel bestione smanioso di ridurlo a brandelli per ragioni che le sfuggivano. La principessa intuì che Bowser non avesse minimamente previsto di affrontare un avversario simile e le cose stavano minacciando di sfuggirgli di mano.

Metaboss attaccò più volte con ferocia inaudita, tracciando lunghi solchi sul pavimento dove la cresta acuminata affondava, e ad ogni suo tentativo di ferire i cuccioli trattenevano il fiato insieme a lei. Bowser scivolava via all'ultimo secondo e cercava di attuare un contrattacco, ma ogni colpo in grado di stendere immediatamente un nemico normale e che andava a segno sul muso o sul ventre del mostro non sembrava sortire alcun effetto, eccetto che farlo imbufalire ancora di più. Quando quella bestia mal travestita da wrestler non girava come il rullo di uno schiacciasassi, i pugni e le granfiate che sferrava facevano saltare il cuore in gola alla fanciulla che temette in un'occasione di vedere il sovrano finire letteralmente decapitato. E ciò che rendeva l'atmosfera oltremodo inquietante era la folla euforica intorno che si illudeva di star seguendo uno show recitato a menadito, fraintendendo brutalità per ottima interpretazione.

Per un attimo considerò l'idea di andare a cercare quel mazzuolo e persuaderlo ad interrompere il match, pur sapendo che Bowser avrebbe considerato un'onta al suo onore tirarsi indietro da una battaglia. Stabilì malvolentieri di riporre la sua fiducia nel re e di non intromettersi ma, se la situazione avesse preso davvero una brutta piega, né regole né onore l'avrebbero tenuta ferma a guardare. E una volta tornati sulla nave si sarebbe ricordata di impartirgli una bella lavata di capo per la sua sconsideratezza.

Un brivido la scosse quando uno dei colpi di Metaboss fece centro, sbattendo un avambraccio contro una spalla di Bowser e sbalzandolo malamente in aria con un grugnito di dolore. L'uomo evitò un brutto atterraggio eseguendo una capriola di lato sulle piastrelle venate di crepe e rimettendosi svelto in piedi, apparentemente indenne, ma la spalla offesa si stava rapidamente tingendo di un colore violastro a testimoniare che l'attacco era stato accusato. Peach soffocò un gemito mentre le mani le formicolavano per la forza con cui se le stava stringendo. Avvertì il calore di piccole dita posarsi sul gomito per calmarla ed abbassando lo sguardo vide che erano quelle di Morton, teso quanto lei ma confidando nelle capacità di suo padre.

Tutti gli altri bowserotti assistevano così rapiti da dare l'impressione che avessero smesso addirittura di respirare: Roy si era perfino tolto gli occhiali per studiare avido lo scontro con le sue iridi azzurre che si ostinava a nascondere e Ludwig teneva lo scettro sulle ginocchia, pronto ad intervenire in caso di estremo pericolo. Il bowserotto più anziano colse il movimento della principessa e si girò ad annuirle in cenno di intesa, infondendo la tacita rassicurazione che pure nell'esito più infelice di quel match il padre non avrebbe comunque perso la vita. Peach annuì a sua volta e Ludwig tornò a sorvegliare vigile lo scontro.

La fanciulla si sentì sollevata e soprattutto grata della presenza di un silenzioso angelo custode in quel caos, ma il dubbio continuava a perseguitarla come un fastidioso ronzio: il bowserotto sarebbe davvero stato abbastanza veloce da scongiurare il peggio?


Bowser imprecò a denti stretti constatando di aver sottovalutato l'entità della minaccia che un Midbus folle di rabbia gli rappresentava. Per quanto il re si fosse impegnato, non vi era stato verso di fiaccare l'avversario con le froge dilatate come ciminiere fumanti, sbuffando getti di fiato umido mentre continuava a fissarlo con desiderio omicida. O Midbus era veramente instancabile come professava oppure era così stupido da non aver ancora capito di essere stanco: possibilità da non buttar via e indiscutibile vantaggio. Se voleva dare una svolta decisiva a quel match che non volgeva esattamente a suo favore, Bowser doveva inventarsi subito qualcosa.

Almeno lui, ai tempi d'oro della sua carriera di rapitore, aveva sempre concesso a Mario il diritto di portarsi dietro il suo martello quando giungeva il momento di affrontarsi. In quel caso invece lo scontro era assolutamente impari con Midbus che godeva dell'imbarazzo della scelta fra corna, zanne, corazza e artigli, mentre lui non disponeva d'altro che pantaloni e stivali... e un mantello. Osservò la fiera a qualche metro di distanza, immobile come rintontita, china in avanti e sbuffante, quasi nemmeno riuscisse più a vederlo dietro la cappa d'ira che gli aveva ottenebrato la debole mente. Il re afferrò la ragione di quell'inaspettata staticità e dedusse che doveva effettivamente esserci il gene del toro in mezzo al guazzabuglio del suo DNA, perché al momento Midbus si stava comportando davvero come uno che era pronto ad incornare.

Il pubblico rumoreggiante non gradì tuttavia quel breve stallo nel clou dell'azione e numerose proteste si levarono a spronare i due atleti a scacciare la noia.

Vi darò lo spettacolo che tanto reclamate. Bowser si sfilò con rapidi gesti il mantello e, impugnandone un lembo con la mano destra, lo agitò alla maniera della muleta di un matador. Non era in realtà il colore del drappo ad attirare l'aggressività del toro, malgrado si usasse ingenuamente crederlo, ma il movimento dell'oggetto che la bestia interpretava istintivamente come un bersaglio animato mentre il torero vi si parava dietro. E ormai governato unicamente dall'istinto, Midbus reagì scagliandosi sull'obiettivo e caricando a testa bassa mentre il ring tremava sotto i suoi passi. Il re balzò per schivarlo, ma stavolta non lateralmente come in precedenza onde evitare di farsi schiacciare: eseguì un salto mortale all'indietro dopo essersi tuffato sopra le corna del bestione, dandosi una spinta con le mani sul dorso coriaceo e prestando attenzione a non affettarsi la faccia con la cresta puntuta. Quando toccò nuovamente il suolo, si snodarono ben tre secondi di silenzio sbigottito per quello che aveva fatto e un coro esplosivo lo premiò della sua esibizione.

Bowser accettò gli applausi con un inchino elegante, facendo scivolare un piede in avanti e portando il mantello dietro la schiena, mentre Midbus frenava disorientato e voltava la grossa testa alla ricerca della sua vittima. Il re riassunse posizione e la scena si ripeté, questa volta prendendo slancio dopo aver afferrato le corna nere, dando prova inconsapevolmente di una mirabile maestria in quella che esisteva documentata nella storia come l'antica arte acrobatica della taurocatapsia, volgarmente nota come Salto del Toro. Evitare inoltre di farsi tranciare dalle ritte placche ossee rendeva il cimento ancor più ardito.

Ad ogni carica di Metaboss cresceva la simpatia per il wrestler senza nome che in poco tempo stava riscuotendo un successo in costante ascesa, catturando la complicità degli spettatori che restavano incantati dai volteggi sempre più elaborati, oltre che dalla bravura nel non farsi travolgere dalla furia dell’opponente. Il pubblico lo apprezzava non perché si stava battendo, ma lo stava intrattenendo con originalità ed era proprio questo che effettivamente desiderava. Le acclamazioni acquistarono ulteriore volume quando Bowser ebbe l'iniziativa di aggiungere le fiamme alla sua performance, evocando con l'ausilio della magia oscura lingue di fuoco che gli danzavano sulla pelle senza ustionarlo e formando cerchi ardenti nell’aria per saltarvi con piroette attraverso. Non vi era ombra di dubbio: i fan erano in suo potere adesso.


Le sorti dell'incontro si erano palesemente ribaltate e Peach tirò un lungo sospiro di sollievo portando una mano al petto. Anche i bowserotti si convinsero che il genitore l'avesse sfangata e come lei si limitarono ad assistere allo show col sorriso a fior di labbra, non proprio ansiosi di unirsi alle voci di quelli che fino a qualche minuto prima avevano tifato per il mostro che aveva cercato di trucidare loro padre.

La principessa riconobbe non senza un vago piacere che Bowser aveva scovato il modo di sorprenderli tutti quel giorno, lei in primis, dimostrando pure una notevole resistenza fisica nell'eseguire quella sfilza di capriole in volo senza perdere vigore. Si soffermò a contemplare alla luce dei riflettori la sottile patina di sudore che rivestiva i muscoli possenti delle spalle e del dorso che il monarca non sembrava provar più remore a tenere scoperto. Si era sempre chiesta se le squame sotto il suo guscio fossero state smeraldine seguendo la linea del collo, oppure ramate come il resto del corpo... Avvertì il sangue affluire copiosamente sul muso avvedendosi in tremendo imbarazzo di quel fugace smarrimento di pudore. Si coprì gli occhi con le dita mentre cercava di dissimulare la sua vergogna e non aiutò che Morton, accortosi del suo disagio e credendola ancora provata, le strinse nuovamente il gomito con fare confortante. Wendy si girò verso di lei studiandola un istante e sogghignò sorniona, perfettamente consapevole di cosa bolliva in pentola, ma finse di ignorarla augurandosi che il padre avrebbe presto offerto all'attenzione della damigella una prova di forza più sensazionale di salti e acrobazie.

Bowser camminava sicuro al centro del ring con un braccio sollevato che ardeva come una torcia, reggendo il mantello con l'altro. Midbus stava barcollante vicino al bordo, ormai mezzo spossato dalla corsa e troppo scombussolato dalla collera e dalla confusione tutt'intorno per riordinare le idee e mirare un altro assalto. Il sovrano fece scorrere avido lo sguardo sul suo pubblico adulante fino a soffermarsi su un punto preciso, dove sedevano l'una accanto all'altra le persone più importanti della sua vita, e notò deluso che Peach non lo stava più guardando. Evidentemente quel diversivo aveva finito per annoiarla e lui doveva proporre qualcosa all'altezza delle sue aspettative.

Estinte le lingue infuocate e ricaricatosi di un'energia nuova, gettò a terra il mantello e chiamò il mostro a pieni polmoni col vero nome. Il grugno schiumante di Midbus scattò nella sua direzione. Lo stadio intero si azzittì di colpo.

« Fatti avanti! » lanciò la sua ultima provocazione flettendo le dita per invitarlo a piombargli addosso.

Emettendo un ruglio gorgogliante la fiera gli si avventò contro un'ultima volta, ma in questo caso Bowser non mostrò alcuna intenzione di spostarsi.

Ludwig brandì combattuto il suo scettro, conscio di avere a disposizione un lasso di tempo inconsistente per intervenire in difesa del genitore imprigionato nei limiti fisici di un essere umano, oppure confidare in quest'ultimo. Alzò l'oggetto sfolgorante di magia tenendo gli occhi incollati sul re che piegò le ginocchia per ammortizzare l'imminente impatto. Le probabilità di una tragedia erano altissime. Al bowserotto non rimase che una frazione di secondo per decidere se rimettersi alla volontà di suo padre o correre il rischio di essere afflitto dai sensi di colpa per il resto della vita. Non scagliò l'incantesimo.

Peach sentì la voce morirle in gola.

La mastodontica chimera lo trascinò per diversi metri sul piastrellato spingendolo fino al bordo, ma Bowser arrestò lentamente l'avanzata tracciando davanti a sé una scia di scintille con le punte chiodate degli stivali. I muscoli delle braccia e delle spalle fremevano talmente nello sforzo che per un attimo immaginò che gli sarebbero scoppiati, eppure non cedette facendo appello ad ogni fibra del suo corpo e serrò la presa sulle corna di avorio nero fino a sentire le schegge che gli perforavano la pelle. La folla intorno strascicò le vocali in un'esclamazione collettiva di meraviglia.

Midbus aveva lo sguardo stralunato di un animale ormai prossimo al suo limite ed il re comprese che era giunto il momento di concludere l'incontro una volta per tutte.

Tenendolo stretto per le corna Bowser fece leva sulle gambe e costrinse il mostro ad arretrare leggermente tra lo stupore generale, eseguendo una torsione del busto per piegare il collo della bestia fino a permettergli di portarsi dietro le estremità ossee e spingere la grossa testa sempre più vicina al pavimento, come nella pittoresca riproduzione di un rodeo, lottando tenacemente per ogni centimetro di supremazia che si conquistava mentre la chimera si rifiutava ostinata di crollare, opponendo i suoi ultimi stralci di resistenza. Alla fine, con le tempie che pulsavano quasi da fargli fischiare le orecchie e i muscoli in fiamme, fu il re a prevalere scoprendo i denti in un ringhio di vittoria e Midbus cadde sotto di lui senza più rialzarsi. Il fianco della dura corazza armadillina cozzò con violenza sulla pavimentazione ormai logorata dalla foga dello scontro, il cui rimbombo fu l'unico suono che si udì per una manciata di secondi entro le pareti dell'edificio. E dopo il pubblico impazzì.

Bowser si erse e con un braccio si asciugò il sudore dal viso grondante, per poi accingersi a sfilare la stupida mascherina che aveva permesso a Midbus di continuare ad agire indisturbato con la complicità di Ganz nonostante tutti i disastri di cui si era reso fieramente responsabile. Siccome i match di Oolong venivano trasmessi in tempo reale, le autorità che avevano intercettato il suo nome si trovavano già alle porte dello stadio e il malfattore esanime venne prontamente caricato di peso sul furgone del penitenziario che lo attendeva da anni ormai, tra lo scandalo dei fan che non avevano mai sospettato di un lato così oscuro del loro campione.

La polizia tolse velocemente il disturbo per evitare che il mostro si ridestasse al di fuori della cella riservata appositamente per lui ed il nuovo eroe che da solo aveva posto fine al regno di un fuorilegge restò a godersi le attenzioni degli spettatori estasiati.

La principessa poté finalmente rilassarsi sul suo spalto come se le avessero appena rimosso dei blocchi di cemento sulle spalle, incapace tuttavia di fermare il sorriso commosso che le fiorì sulle labbra nella gioia di quel trionfo e soprattutto perché Bowser ne era uscito sano e salvo, a dispetto delle difficoltà spaventose. Sotto le spoglie umane batteva vivo e forte il suo cuore di drago che non si era ancora arreso al maleficio. La felicità di quella realizzazione le infuse nuove speranze per la loro impresa e quando lui la cercò con lo sguardo non gli negò la propria letizia, rivolgendogli il sorriso per il quale aveva fatto letteralmente i salti mortali. Bowser le strizzò un occhio prima di prendere fiato per tenere un breve discorsetto celebrativo, invitando la folla a chetarsi con un pigro cenno della mano.

« Ora che sono io il campione, vi avviso che ci saranno cambiamenti radicali in questa baracca » annunciò con la sua voce profonda gonfiando il petto per vedere le sue nuove fan spalancare gli occhi con ammirazione. « Prima di tutto: non voglio racchie tra il mio pubblico. »

Qualcuno ridacchiò incerto e qualcun altro ammutolì colto a bruciapelo, specialmente tra la percentuale femminile.

« Seconda cosa: mi fanno senso i bambini, con le loro vocine stridule e la faccia impiastrata di gelato. Per cui vedete di tenerveli a casa oppure farò sbatter fuori loro e voialtri di seguito se vedo un solo marmocchio urlante quando entro. »

Confusione e indignazione dilagarono a macchia d'olio tra le file degli spettatori, assieme al numero delle occhiatacce torve che si stavano moltiplicando a ritmo allarmante, mentre il silenzio si faceva sempre più denso.

« E poi perché state sempre a idolatrare da bravi allocchi il primo saltimbanco che vi piazzano sotto un riflettore? Vi manca proprio il cervello o avete una vita davvero così insulsa fuori da questo circo? Mi fate pena. »

Nessuno emise più un fiato.

Peach era rimasta basita già dalla prima brillante proclamazione e i bowserotti condivisero segretamente il sollievo che neppure a uno fino ad allora era passato per la scatola cranica di accennare al rispettivo rapporto di parentela col tizio al centro del ring, il quale era appena riuscito a farsi detestare dalla stessa moltitudine di fanatici che lo aveva adorato con pari fervore nemmeno dieci secondi fa.

« Come osi voltare le spalle a questa brava gente che ha sempre creduto in te fin dal primo giorno e ti ha reso quello che sei oggi?! »

Tutti gli sguardi presenti si focalizzarono sull'origine di quelle parole risonanti.

Falkoman fece la propria entrata spettacolare dall'ingresso dei lottatori come un rivoluzionario pronto a sguainare la spada contro il nuovo oppressore. « Ti hanno dato la loro fiducia incondizionata, ti hanno forgiato col loro incrollabile sostegno e ti hanno accolto nei loro cuori come un fratello, ed ecco il tuo balordo ringraziamento? Giammai permetterò a quest'ingiustizia di durare un secondo di più. Scendi da quel ring o ti trascinerò giù con le mie stesse mani, infame traditore! »

« Sai cosa? Non me ne importa un beneamato piffero del loro sostegno » gli rispose Bowser dopo una crassa risata traboccante di scherno. « Ho approfittato della loro buona fede per ogni singolo istante e non è rimasto più nessuno capace di fermarmi. »

« Sbagli! Accetta la mia sfida se non vuoi dimostrarti anche un codardo! » Ad ogni parola del falcone più voci si univano ad incoraggiare il loro vero eroe risorto per difenderli dalla perfidia dell’impostore.

« Cosa speri di fare? Ti rispedirò nella fossa da cui sei strisciato fuori. »

« Sarai tu a soccombere invece, farabutto. » L’ex campione saltò nell'arena e si portò davanti al malvagio rivale, mostrando tutta l’intenzione di riscattare la dignità offesa dei fan tornati dalla sua parte.

« Finiscila con gli appellativi » gli sussurrò Bowser a denti stretti, impegnandosi a non spazientirsi e dare così inizio ad uno scontro vero.


Recitare il proprio ruolo fu relativamente semplice, con la sola difficoltà di restare serio quando emulavano le mosse della lotta e le piume di Falkoman gli facevano il solletico. Quest’ultimo aveva tenuto il pubblico distratto affinché il re avesse potuto uscire in sordina dalla porta di servizio e Peach e i bowserotti erano sgattaiolati fuori con discrezione intanto che la folla era troppo concentrata sui festeggiamenti del ritorno del loro idolo.

« Scocciatori? » chiese il sovrano al gruppo di boo che aveva evocato a guardia della nave. Dato l’incommensurabile valore del carico, quella di affidarlo ad altri al di fuori della famiglia era stata una decisione dettata solamente dalla necessità di averli tutti presenti al suo evento e fortunatamente la loro assenza era stata piuttosto breve.

« Giusto un paio. Robetta » rispose non senza una nota di delusione lo spettro interpellato.

« Vostra Tenebrosità, una chiamata per voi. » Una piccola boo con due fiocchetti in testa si avvicinò timorosa al suo re, parlando con una vocina decisamente inadatta allo spavento.

« Non sento squillare niente. » Bowser inarcò un sopracciglio. La fantasmina spalancò le mandibole sorprendentemente acuminate e capaci di tranciare di netto una mano, attraverso le quali si distese una lingua serpentina che teneva in equilibrio una cornice circa il doppio delle dimensioni della proprietaria. All'interno del riquadro raffinatamente intagliato (e ricoperto di bava filante) stava una tela nera come una stanza senza finestre, ma in una manciata di secondi un volto inequivocabile grazie alla spettrale radianza dei suoi stessi occhi si dipinse a corrispondere malcontento lo sguardo disgustato di fronte.

Riconoscendo all'istante chi gli lo stesse osservando dall'altra parte del ritratto, l'espressione dell'uomo non comunicò maggior gradimento. « A cosa devo il dispiacere? »

« Detesto quando prendi in prestito le mie reclute senza prima avvisare » ringhiò il faccione zannuto di Re Boo, al quale non aggradava troppo condividere le stesse pedine.

« Usa il tono che mi si conviene quando ti rivolgi a me, palla di ectoplasma » ringhiò di rimando Bowser, ormai lungamente avvezzo ai modi poco rispettosi del suo più potente vassallo. Aveva richiamato esclusivamente boo residenti al suo castello e leali tanto a lui quanto al suo infido sottoposto, siccome questi aveva la pessima tendenza a trasgredire gli ordini se non vedeva dei vantaggi anche per se stesso. « Di' la verità, ti sei scomodato di una sbirciata solo per accertarti di quello che hai già sentito. » Di fatto lo spirito non fu minimamente turbato nel ricevere risposta da un essere umano.

Re Boo schioccò la lingua violastra contro i denti affilati con critica disapprovazione. « L'umanità non vi dona proprio, Sire. » Poi le pupille lampeggianti di una malignità immortale si posarono sulla koopa silenziosa ed il suo tipico ghigno a mezzaluna fece lesto ritorno. « Au contraire, Principessa Peach, trovo che voi stiate d’incanto come mi hanno riferito. »

La fanciulla non seppe discernere se lo avesse pensato seriamente o se lo avesse detto soltanto per prenderla in giro dietro il sottile gioco di parole: uno degli atteggiamenti più antipatici dell'enigmatico spettro re che si accomiatò senza ulteriori commenti, inghiottito dal buio dentro la cornice con una risatina graffiante. Bowser sollevò una mano ed un vortice oscuro risucchiò uno ad uno i soldatini fluttuanti che si lasciarono placidamente trasportare dalla corrente.

« Porta i miei saluti a Kamek e digli che siamo sulla buona strada » dettò alla fantasmina coi fiocchetti che accennò un lieve inchino di conferma prima di tuffarsi nel gorgo che l'avrebbe ricondotta indietro al castello.

Quasi sul punto di salire tutti a bordo per riprendere i cieli, Falkoman corse loro incontro trafelato per augurare buon viaggio e diffondere la notizia dell'arresto del malfido Ganz per aver volontariamente camuffato l'identità di Midbus per il proprio tornaconto. E c'era dell'altro.

« Ganz era talmente preso da se stesso che non si era mai preoccupato della sua successione e così, essendo io l'attuale campione veterano di Oolong, ho ereditato tutto quanto » annunciò il lottatore piumato con un gran sorriso. Aveva finalmente riacquistato il suo aspetto migliore nei vecchi panni di wrestler amato e ammirato da tutti, con tanto di mantello bianco sopra le spalle muscolose e la lunga chioma sul capo più fluente e vaporosa che mai.

« Non potrò fare abbastanza per ripagarvi della vostra bontà, principessa. Qualunque richiesta io possa esaudire per voi, ve ne prego, non esitate a chiedere. » Si chinò su un ginocchio dinnanzi la dragonessa, piegando il collo affusolato con reverenza ed urtando ancora i nervi di un testimone in particolare alla scena. Strinse in un abbraccio da orso i due bowserottini che lo avevano aiutato per primi, deliziandoli con la sua cintura dei campioni in segno di gratitudine e ovviamente arrivò anche il turno del re per i saluti. Restarono entrambi un lungo momento a studiarsi con circospetto imbarazzo.

Fu Bowser infine a rompere la magia. « Ti odio lo stesso, spero di non rivederti mai più. »

« Idem. Riprenditi pure la tua tuta. »

« Non la rivoglio. »


« È stato molto nobile da parte tua vincere per permettergli di farsi riaccettare a Oolong. » La principessa si appropinquò al sovrano mentre era impegnato a timonare dopo una bella doccia rigenerante. Bowser non poteva essere più soddisfatto: in un colpo solo si era sbarazzato del guastafeste ed aveva fatto un'eccellente impressione su Peach.

Il volo procedeva spedito sopra le nubi diradate ed avevano impostato una velocità abbastanza sostenuta per recuperare in parte il tempo perso.

« Tuttavia non posso passare sopra la tua incoscienza per esserti lasciato coinvolgere in uno scontro così pericoloso senza tenere conto dei rischi. E davanti ai tuoi figli, per giunta. Hai idea di quanto ci hai fatto preoccupare? » La fanciulla tenne fede alla propria promessa di una meritata ramanzina. Non pretendeva certo di farlo sentire in colpa, ma che almeno in futuro avesse dato un freno alla propria spavalderia che in quelle circostanze non poteva più permettersi in dosi eccessive se ci teneva all'osso del collo.

« Avevo già sconfitto Midbus tempo fa » le rivelò pacato.

Peach batté sorpresa gli occhioni azzurri. « Non lo sapevo. »

« Non potevi, eri svenuta. E i miei figli erano al sicuro in collegio oltre i confini della Terra Oscura quando era arrivato a far danni pure nel mio castello. Nessuno di voi poteva saperlo. » Tutte le volte che Bowser si rammentava di quell'evento, gli tornava in mente il sapore della torta che la principessa aveva preparato apposta per lui e che gli aveva spedito come dono di ringraziamento sia a nome suo che dei detestabili fratelli Mario per l'aiuto prodigato nel difendere anche il Regno dei Funghi. L'avrebbe apprezzata ancora di più senza i pupazzetti decorativi in pasta di zucchero raffiguranti i due citrulli (che aveva provveduto a decapitare con un morso prima di sbafarsi il resto), ma pazienza.

« Quello che hai fatto oggi mi ha reso orgogliosa di te, sul serio. Hai aiutato Falkoman sebbene tra voi due non circolasse buon sangue, mettendo addirittura a repentaglio la vita. Ti ammiro molto per il tuo coraggio, ma devi accettare che, almeno finché le cose resteranno così, hai bisogno di prendere maggiori precauzioni per te stesso. Se ti fosse accaduto qualcosa… » si interruppe a metà di quella frase sfuggitale prima che potesse controllarsi.

Bowser continuò a fissarla in attesa, profondamente scosso da quelle meravigliose ammissioni benché fosse abbastanza accorto da non mostrarlo in volto. Le iridi cremisi risplendettero per un attimo fugace, o forse era stato soltanto il riflesso del sole.

« Non me lo sarei mai perdonato » concluse la principessa con un tremito nella voce che non riuscì a sopprimere ricordandolo in balia della ferocia di quel mostro assetato di sangue.

« Mi sottovaluti, Peachy. » Le rivolse un sorriso carico d'affetto. « Ma se ciò significa vederti serena, avrò dunque un occhio di riguardo finché sarò in questo aspetto. »

« Grazie » espirò rinfrancata. Spostò poi l'attenzione sull'evidente contusione che gli macchiava la pelle abbronzata dopo tutti i giorni di esposizione alla luce. « Dovresti medicarti quella spalla » gli fece notare d'istinto, rispondendo alla sua natura empatica. Sicuramente doveva recargli dolore quando era costretto a muoverla, ma Bowser preferiva trascurarsi piuttosto che concedere mezzo lamento e porre rimedio.

« È solo un livido » minimizzò il re beandosi delle premure ora tutte per lui. Vide la fanciulla estrarre una delle boccette con le pozioni curative di Kamek che giudiziosa si portava sempre dietro e fece per tendere la mano, immaginando che si sarebbe limitata a consegnargliela. Stentò a bloccare lo stupore dipingerglisi in viso quando si umettò un polpastrello per applicarla lei stessa invece, facendolo scorrere delicatamente sul muscolo danneggiato con movimenti circolari.

Bowser, essendo un tipo molto tattile che segretamente anelava il conforto del contatto fisico, specie da coloro coi quali condivideva un forte legame, sentì sciogliersi all'istante quando il fastidio dell'ecchimosi venne presto soppiantato dal sollievo della magia bianca della principessa, corroborato dall'effetto della soluzione curativa, che si spanse sul collo e sulla schiena come una calda marea. L'unica cosa che lo mantenne in piedi, invece di afflosciarsi avvinto con le braccia agganciate alla ruota del timone, fu il suo amor proprio.

Purtroppo quel paradisiaco momento ebbe vita breve ed il monarca quasi si dispiacque di aver concluso il duello con Midbus senza altre ferite da battaglia.


L'ago della bussola continuava a girare impazzito da minuti interi ormai e una coltre umida e inquietante li circondava, tanto densa da coprire alla vista oltre il parapetto il mare su cui erano finalmente approdati. Non molto prima che il muro intangibile li inghiottisse, quando era visibile all'occhio umano, il cielo aveva già cominciato a rosseggiare, ma adesso era impossibile stabilire se il sole si fosse ritirato all'orizzonte o le stelle più modeste non lo avevano ancora usurpato del diritto di brillare. « Siamo arrivati » concluse Bowser gettando uno sguardo sulla bruma fitta come magli di ferro che avvolgeva la nave in una morsa.

« Come faremo a trovare Jones così? » chiese Larry preoccupato spalancando le braccia.

« Avrà un radar » ipotizzò Iggy.

« Jones non è un tipo che definirei tecnologico » lo smentì il padre. « Lui è della vecchia scuola. »

« E che si fa? Giriamo alla cieca? » fu la domanda del terzogenito accompagnata da un tono seccato.

« Sarà lui a venire da noi. »

« E gli mandiamo un invito scritto in bottiglia? »

« Rifletti, Roy. C'è un solo modo per condurre uno squalo dritto da te. » Bowser si avvicinò al parapetto, si morse una zona tenera del palmo coi denti ancora buoni per lacerare e, senza battere ciglio, si provocò una ferita alla mano destra prima di tenerla sospesa in avanti e lasciare che il sangue che ne fuoriuscì colasse poco a poco nell'acqua sottostante. Immediatamente le correnti si spartirono ognuna la propria infinitesimale dose che si dissolse nella distesa scura, dispersa goccia per goccia nella rete di flussi tortuosi sotto la facciata infidamente calma di quel mondo subacqueo infestato di insidie su cui forse era meglio non soffermarsi a riflettere.

Molto presto Jones avrebbe risposto all'appello. Quale benvenuto avrebbe riservato loro restava tuttavia un'incognita.

I bowserotti rabbrividirono impressionati da quel macabro rito. Che razza di demone sarebbe venuto loro incontro dalle profondità oscure se un tributo di sangue gli era prima dovuto per mostrarsi?

« Non sarà certo di buon umore dopo il furto, ma almeno si degnerà di venire a controllare prima di salutare a colpi di cannone » li tranquillizzò il padre mentre la principessa gli avvolgeva la mano lesa con della garza trattata.

« Ti dirò, sono ansiosa di rivederlo. Chissà se anche lui sarà lieto di questa piccola rimpatriata. »

« Considerato che abbiamo il suo tesoro nella stiva, mi aspetto come minimo una festa. Personalmente mi rifarei volentieri un bicchierozzo o due del suo rum invecchiato. »

« Meglio di no. Tendi ad andare estremamente su di giri quando alzi il gomito. »

« Non sono il solo. »

« Non so a cosa ti stia riferendo. » Peach si ostinò ancora una volta a negare quell'episodio che costituiva l'unica macchiolina sul foglio immacolato della sua condotta.

« Ai tempi gioigloriosi dei Poffy Shell, cara la mia principessina. Non ti suona una campana? » ridacchiò il sovrano rimembrando la scena con un certo divertimento ed un pizzico di nostalgia.

« Te lo sarai sognato. »

« E quella volta che mi hai morso ti sovviene? O mi sono sognato anche quella? »

« Non l'ho fatto apposta. Stavo parlando e tu mi hai premuto la mano sulle labbra. »

« Veramente stavi strillando come un’ossessa. »

« Mi avevi appena rapita, scusa se ero nervosa. »

« Forse dovresti scusarti per il morso, non ti pare? »

« È stato un incidente. »

« E come mai dopo hai stretto giusto un pochino, Peachy? »

« Be', questo t'insegna a tenere le mani per te. »


Quando Larry si svegliò nel cuore della notte, la prima cosa che notò fu che il letto accanto al suo era disfatto e vuoto. Era già abituato a dormire da solo nella sua cameretta al castello della Terra Oscura e al collegio privato, ma quella sorpresa non gli piacque comunque perché adesso si trovavano praticamente in mezzo al nulla, col mare scuro sotto il pavimento e la bruma densa oltre il vetro che nascondeva le stelle dalla limitata visuale dell'oblò. Si affacciò sul breve corridoio e lo trovò prevedibilmente deserto. Tutte le porte erano chiuse mentre gli altri riposavano con le eccezioni di suo padre e Roy, ancora intenti a montare la guardia sovraccoperta. Camminando sui piedi nudi passò oltre la stanza di Wendy e Morton di fronte alla sua e di Junior, poi quella di Lemmy e Iggy rispettivamente davanti a quella di Roy e Ludwig, raggiungendo infine le prime due più vicine alle scale, come irremovibili sentinelle ad assicurarsi che qualsiasi minaccia si fosse tenuta alla larga dalle altre cabine.

Quando suo padre era assente e riprendere sonno diventava difficile per via di brutti pensieri notturni, Larry si intrufolava nella stanza del bowserotto più grande che, a differenza del terzogenito, non la chiudeva mai a chiave e gli permetteva di dormirgli vicino senza borbottare. Questa volta non cercò rifugio da lui, né da qualcun altro tra i fratelli pur sapendo benissimo che nessuno di loro gli avrebbe negato almeno un angolino dove rannicchiarsi, ma puntò dritto verso la prima porta a destra: la stessa che, lo intuiva con la massima certezza, era stata scelta anche da Junior.

La trovò accostata allo stipite. Spingendola delicatamente i cardini poco oliati emisero un lieve cigolio di avvertimento che non restò ignorato e l'imponente figura spinosa si mosse sul lettone, destata una seconda volta in quella notte di paziente attesa, facendo frusciare le lenzuola a contatto con le scaglie levigate. Una cascata di capelli si riversò oltre il bordo mentre la grossa testa si girava nella direzione del bambino, individuandolo mezzo nascosto dietro l'uscio a ricambiare lo sguardo dei grandi occhi assonnati che riflettevano una luce propria persino nel buio senza luna, come azzurre braci morenti che tuttavia custodivano ancora l'energia del fuoco nel loro nucleo. Mentre la stessa fiamma nelle iridi del bimbetto era quasi prossima dall'estinguersi, l'intensità di quella di Peach cresceva ogni giorno e presto nessuno sarebbe più stato capace di riconoscere occhi umani sul suo volto di koopa.

Non vi fu bisogno di rompere il silenzio. La principessa ritrasse il braccio su cui aveva adagiato il capo per permettergli di salire e Larry non si fece certo pregare, saltando sulle coperte dopo una rapida corsetta e rimbalzando vicino a Junior che se ne stava tranquillamente accoccolato contro il fianco squamato, al centro del soffice materassone. Il bowserotto più giovane dormiva così profondamente da non essersi nemmeno accorto della brusca intrusione ed il fratello prese posto lì accanto crogiolandosi anche lui nella nuvola di calore e protezione, circondati dalla presenza sicura della draghessa, dalla sua forza e dal suo affetto. Avvertì la mole di Peach movicchiarsi un'ultima volta tutt'intorno prima che il suo respiro si facesse regolare, risistemandosi col guscio acuminato verso la porta ed un arto piegato a ripararli in un gesto protettivo, stringendoli contemporaneamente a sé. Sul punto di assopirsi con riconciliata serenità, cullato dal battito lento e confortante di un cuore più grande, Larry avvertì l'accenno di un sorriso sfiorargli le labbra ad un pensiero buffo che gli balenò nella mente: forse, anche da umani, le cose non erano poi così terribili in fin dei conti.


Nota d'autrice:

Come al solito i dubbi mi hanno perseguitata pure in questo capitolo dove ho introdotto ben due personaggi secondari ripescati dagli RPG di Super Mario, rispettivamente Falkoman (de “Paper Mario: Il Portale Millenario”) e Midubs (alias Grugnosauro in italiano, de “Mario & Luigi: Viaggio al Centro di Bowser”). Considerato che entrambi sono inevitabilmente scivolati nel dimenticatoio del gioco, ho voluto offrire loro una seconda chance e permettergli di rivivere, in un certo senso, attraverso le righe della mia long con la speranza di farli conoscere anche a coloro che non li avevano mai sentiti nominare prima. Nel caso di Midbus, questa sarebbe effettivamente la seconda volta che decido di scrivere su di lui ma, siccome nell'altra storia dove l'ho inserito gli ho riservato un lieto fine, qui ho scelto di concentrarmi sul lato più perfido della sua personalità ed ho optato per la conclusione che si sarebbe meritato per tutte le sue malefatte.

P.S. Un comune squalo bianco riesce a percepire anche minuscole quantità di sangue nell'acqua fino a cinque chilometri di distanza [National Geographic]. Io mi sono presa la libertà di esagerare sulle capacità di Jones essendo la fanfiction ambientata in un universo completamente immaginario :]

Falkoman, Midbus e tutti i personaggi dell'universo dei Mario Bros. © Nintendo

  
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