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Autore: Forbidden_Snowflake    25/06/2015    0 recensioni
“…E non riesco a respirare ogni volta che te ne vai, non doveva durare per sempre questa pioggia estiva?”
Dopo tanti anni ancora non ho dimenticato le sue parole e non posso fare a meno di pensare che quella canzone l’abbia scritta per me.
Genere: Angst, Introspettivo, Sentimentale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Slash, Crack Pairing | Personaggi: Muse, Placebo | Coppie: Brian.M/Matthew.B
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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I think our lives have just begun 
 
Mi vedevo sempre più spesso con Stefan, il nostro progetto di formare una band con lui e il mio amico Steve stava prendendo forma e ne eravamo tutti entusiasti.
Stefan, proprio lui. Il giocatore di basket. Il ragazzo alto e sorridente che attraversava i corridoi della mia stessa scuola, dove io ero deriso e lui era ammirato.
Le nostre vite si sfioravano ogni giorno ma non si erano mai incontrate, eravamo troppo diversi.
Questo era quello credevo prima del giorno in cui l’ho rivisto, con una chitarra in spalla mentre guardava gli orari della metro.
Lui era come me.
Amava la musica, era un ragazzo sensibile e insicuro, avevamo molto in comune.
L’avevo invitato a vedermi suonare, lui era venuto, aveva apprezzato più del previsto la mia musica e ora scrivevamo insieme.
Chi l’avrebbe mai immaginato …
 
C’era una ragazza sul mio letto, lei era lì e io pensavo ad altro, forse era questo il motivo per cui nessuno restava davvero per sempre. Ero egoista, desideravo sempre ciò che non avevo e dimenticavo chi mi aveva appena reso felice.
Non mi ero dimenticato di lui però, la nostra canzone era ancora appesa al muro, la rileggevo ogni sera prima di chiudere gli occhi e ogni tanto modificavo alcune parole, ci scrivevo sopra accordi, ma era ancora lo stesso foglio che avevo quasi gettato via il mese scorso.
“Scusa devo andarmene, non dovevo passare la notte fuori, dio mio, dovrei essere a casa, io, beh, se vuoi potremmo scambiarci i numeri, mi piacerebbe rivederti”
Non mi ricordavo nemmeno il suo nome.
 “Certo … Sei bellissima” le dissi mentre le baciavo la fronte
Ci eravamo conosciuti soltanto la sera prima in un posto orribile, ci stavamo annoiando entrambi e avevamo deciso di farci compagnia, era una ragazza sola e assurda come lo ero io.
Pensavo davvero fosse bellissima, nonostante i capelli rovinati dalla tinta e il suo modo di vestire decisamente poco grazioso, ma devo ammettere che i miei gusti non sono mai stati troppo convenzionali.
Strappai un foglio dall’agenda e scrissi il mio numero sbagliando intenzionalmente diverse cifre; non me la sentivo di frequentare qualcuno in quel momento, volevo essere io questa volta a dimenticarmi degli altri, ero stanco di essere dimenticato. Lei avrebbe trovato un altro strano tipo con cui passare la notte in qualche altro orribile locale di Londra e non ci sarebbe rimasta poi così male.
Prese il foglio e mi baciò sulle labbra prima di andarsene.
Accesi una sigaretta e uscii a prendere un po’ d’aria, anche se questo poteva sembrare un controsenso ma non lo era quanto ciò che avevo appena fatto.
Un’altra volta mi ero ferito da solo per evitare che lo facesse qualcun altro.
Mi sedetti su una panchina ad osservare la gente camminare cercando di contrastare il vento gelido; sembravano tutti così di fretta, sembravano tutti avere una meta, ma se questa doveva essere una scrivania, la sala d’aspetto di un dottore o il prossimo autobus, preferivo non averne una. Io invece sarei potuto rimanere lì seduto per ore, non avevo nient’altro da fare quel giorno.
Portai le ginocchia al petto per cercare di trattenere il calore, forse mi ero vestito troppo poco ma non volevo tornare a casa. Stavo bene lì, nonostante tutto; l’aria pungente mi faceva sentire vivo.
 
Un furgoncino uscì da una stradina laterale.
Un’auto stava sfrecciando sulla strada principale.
Davanti ai miei occhi.
Non riuscii nemmeno a gridare.
La gente iniziava ad accorrere, chiamavano i soccorsi, cercavano di fermare il traffico.
La sigaretta mi cadde dalle mani e rimasi immobile con lo sguardo fisso.
Nessuno sapeva come comportarsi, chi cercava di aiutare, chi andava in panico.
Il tempo sembrava scorrere più lento.
Non c’era davvero niente che potessi fare in quel momento, ero completamente inerme.
Anche se mi fossi avvicinato a chiedere cos’era successo, non avrei aiutato nessuno, c’erano già troppe persone, ma non me la sentivo di andarmene, non potevo fingere di non aver visto niente.
Sentivo in lontananza la sirena dell’ambulanza che una volta arrivata portò via due ragazzi più giovani di me e l’uomo alla guida dell’auto.
Le loro condizioni sembravano critiche, soprattutto il ragazzo biondo sui diciotto anni che era seduto sul lato del passeggero.
 
Sentivo qualcosa di caldo scendere sul mio volto.
Mi asciugai con la manica, ma era inutile.
Stavo piangendo, io che ero lì su una panchina, mentre un uomo e due ragazzi stavano lottando per la vita a pochi metri da me, non riuscivo a far altro che piangere.
Com’ero debole, come lo siamo tutti, è tutto così fragile.
Mi ero reso conto in quel momento che per quanto mi fosse capitato di voler sparire per sempre, di voler distruggermi completamente, quello che volevo non era la morte.
Volevo vivere, il più possibile, ma i miei sogni erano troppo grandi e io mi sentivo troppo piccolo, mi sentivo schiacciato a terra dal peso delle mie ambizioni invece che innalzato da esse.
Però non volevo il nulla, volevo tutto e finché ero vivo potevo lottare per averlo, poteva finire anche domani, in un incrocio, non dovevo permettermi di non essere mai stato felice davvero.
Ormai non era rimasto più nessuno così decisi di alzarmi e andare da Stefan a provare, anche se avevo ancora negli occhi quella scena, ma era la mia salvezza, volevo che restasse lì per sempre.
 “Mi scusi, sa cos’è successo?”
“Un brutto incidente signora, due ragazzi e un uomo sulla quarantina, spero siano sopravvissuti”
“Io quel furgoncino l’ho già visto, sembra quello dell’amico di mio figlio, oh cielo! E riuscito a vederli per caso?”
“Uno aveva i capelli lunghi, castani, l’altro era biondo, decisamente alto”
“Non possono essere loro, erano a casa nostra l’altra sera, non possono essere Ethan e Jake”
“Come ha detto che si chiamano?”
 
“Che cosa?”
“Matt sono in ospedale, tra poco dovrebbero arrivare anche i loro genitori, mi hanno detto che dovrebbero essere fuori pericolo ma sono preoccupato, è stato davvero un brutto incidente, ti tengo aggiornato se qualcuno mi dice qualcos’altro”
Lo dicevo che Ethan non era in grado di guidare ma questo non doveva succedere, non ci potevo credere.
“Appena posso chiedo ai miei se posso raggiungervi a Londra”
“Ok Matt, ti aspetto, spero tanto di  doverti dare belle notizie, non voglio nemmeno immaginare il contrario”
“Ciao Dan, stai tranquillo, ok?”
“Ciao Matt, ti richiamo appena so qualcosa”
 Corsi a dirlo ai miei, Jake era uno dei miei amici più cari, dovevo assolutamente andare a trovarlo.
Acconsentirono a lasciarmi partire la mattina successiva così preparai lo zaino e chiamai Dom e Chris per sapere se sarebbero venuti con me.
Le ore successive trascorsero lentamente e quando finalmente Dan mi richiamò non erano buone le notizie che doveva darmi.
“Dobbiamo stargli vicino quando Jake si sveglierà, sarà difficile per lui accettarlo …“
“E Ethan, lui come sta?”
“Dicono che sopravvivrà ma non sa ancora niente, si sentirà così in colpa, non so se riuscirà mai a superarlo. Sto cercando di essere forte ma sono troppo legato a loro per riuscirci, ho bisogno di vederti Matt”
“Domani sarò lì, ci vediamo Dan”
“A domani”
Jake era un ragazzo determinato e ottimista ma da quel giorno non sarebbe più stato lo stesso.
Gli piaceva così tanto suonare, la loro band iniziava ad avere un discreto successo e Jake ne era entusiasta.
Non avrebbe più potuto suonare la chitarra privo di metà del braccio, tutti i suoi sogni si erano infranti insieme ai vetri del furgoncino guidato da uno dei suoi migliori amici.
Si vive pensando di poter controllare gli eventi, di poter fare andare le cose esattamente come noi desideriamo, poi in un attimo ci si rende conto di quanto niente sia prevedibile, di come ci si possa ritrovare a ridisegnare da capo tutti i propri progetti e non c’è nient’altro che si possa fare se non costruirsi nuove speranze e credere che queste non faranno la stessa fine delle precedenti.
Aveva gli stessi miei sogni, forse era per questo che sentivo lo stomaco contorcersi all’idea di vedere tutto andare in fumo così, tra l’asfalto e i rottami.
 
Dormii malissimo quella notte e mi svegliai che era ancora buio.
Servono diverse ore di viaggio per raggiungere Londra e volevo arrivare prima di pranzo.
Dom e Chris erano già arrivati, riuscii a prendere il treno per poco e quasi non parlammo per tutto il viaggio.
Arrivati a Londra Dan ci stava aspettando in stazione.
“Dan, come stai?”
“Grazie di essere venuti”
“Novità?”
“Jake si è svegliato, è molto scosso ma sai com’è fatto lui, riesce sempre a reagire bene, è felice di essere vivo, dice che è quello che conta. Dicono che la colpa sia stata del conducente dell’auto perché andava troppo veloce ma sarà difficile convincere Ethan che non è colpa sua. Ad ogni modo ora vi accompagno a casa mia, ho ordinato le pizze”
Mi sentivo meglio ora che avevo degli amici vicini, cercammo di distrarci quella sera ma riuscivo a percepire che nell’aria c’era qualcosa di diverso.
Il giorno successivo andammo in ospedale; Jake era molto stanco e provato ma riuscì a farci sorridere anche il quel contesto con le sue battute.
“Avete fatto tutta questa strada per me, siete degli amici fantastici … spero che questa non diventi un’abitudine però, non vorrei dover perdere anche l’altro braccio prima di rivedervi, è il destro, mi serve”
Aveva davvero reagito meglio del previsto anche se temevo fosse perché era ancora al protetto qui in ospedale, circondato da tutte le persone che ama.
La sera tornammo a casa di Dan, ci avrebbe ospitato ancora lui per qualche giorno.
Riuscii a dormire meglio quella notte, avevamo bisogno dei nostri amici e stare tutti insieme ci aveva risollevato il morale.
Cercai il mio spazzolino nella tasca anteriore dello zaino quando mi finì tra le mani un pezzetto di carta.
Era il numero di Brian.
Avevo fatto una promessa a quel ragazzo.
Uscii di casa dicendo di dover prendere un po’ d’aria e lo chiamai dalla prima cabina telefonica che riuscii a trovare.
“Pronto, Brian? Sono Matt, ti ricordi di me?”
“Certo che mi ricordo di te, è passato un mese appena!”
“Sono a Londra, ti va se ci troviamo non so, domani?”
“Sicuro! Ho tante cose da farti sentire!”
“Anch’io ho scritto qualcos’altro nel frattempo, a che ora vai meglio?”
“Domani alle sei va bene?” 
“Benissimo! Ciao Matt, sono felice che tu sia tornato a trovarmi”
“Ciao Brian, a domani!”
La vita è troppo imprevedibile per lasciare qualcosa in sospeso.
   
 
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