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Autore: Amy Pavlova    25/06/2015    2 recensioni
È la viglia di Natale quando Scorpius, ancora addormentato, viene svegliato da un gufo. Ciò che l'animale porta con sé è una lettera un po' particolare e, tra dichiarazioni e ricordi, Scorpius si scoprirà ancora più innamorato della sua Rose.
Genere: Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Rose Weasley, Scorpius Malfoy | Coppie: Rose/Scorpius
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Nuova generazione
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Caro Scorpius...


Caro Scorpius,
ti starai chiedendo il perché di questa lettera.
 
Era la mattina della vigilia di Natale quando, tre anni prima, Scorpius si era presentato davanti alla porta della stanza di Rose armato di fiori – un vasetto con una Rosa di Natale color porpora, in assoluto la preferita di Rose –, una confezione di piume di zucchero – rosse, perché era Natale –, un pacchetto contenente un pensierino e le labbra colme di parole decise e tremanti.
(Ti amo.)
Non si erano più scambiati molti regali, sotto le festività, perché festeggiare accoccolati tra un groviglio di coperte e corpi, accompagnati da una bottiglia di spumante, era il miglior regalo che potessero farsi.
Per questo Scorpius si stupì nell’essere svegliato la mattina presto da un gufo che picchiava contro il vetro della sua stanza a Villa Malfoy. Sperò non si trattasse di qualche collega che aveva dimenticato di fargli li auguri – o di qualche altro che, bastardo, aveva appena finito il turno di notte e aveva deciso di svegliare anche chi aveva potuto dormire.
Vedere la calligrafia ordinata e tondeggiante di Rose, però, lo stupì ancora di più.
E lo preoccupò.
 
La verità, Scorpius, è che non sono poi così spigliata quando si tratta di esprimere i miei sentimenti. Mi si bloccano le parole in gola e il respiro mi viene meno, balbetto e finisco col cambiare discorso.
E io non voglio cambiare discorso, io ho bisogno di dirti ciò che sto per scrivere
 
Oh, Scorpius lo sapeva bene che tutta quella sicurezza ostentata era solo di facciata. I più ci cascavano, forse perché Rose è sempre stata brava a ingannare e raggirare – era così tremendamente Serpeverde, alcune volte – o forse perché la maggior parte delle volte sicura lo era davvero – o forse riusciva a ingannare persino se stessa.
Qualunque ne fosse la ragione, Scorpius ricordava perfettamente i balbettii sommessi e i voli pindarici e le metafore un po’ azzardate quando si mettevano in campo i sentimenti.
(Ti amo.)
No, Rose non era mai stata a brava a dire ciò che provava.
Ma lo era stata nel dimostrarlo.
 
Perché le carezze nelle aule vuote non mi bastano più.
Perché sentirti in me è bellissimo, ma non è abbastanza. Non più.
 
Si precipitarono dentro l’aula studio e chiusero la porta, senza guardarsi alle spalle neanche una volta – d’altronde, non sembravano intenzionati a farlo mai. Ancora agitati per la corsa, risero sommessamente: le mani erano ancora intrecciate e i corpi affaticati non avevano la forza di staccarsi dalla parete.
«Questo» soffiò Rose, ancora scossa dalle silenziose risate, «questo non l’ho mai fatto neanche a Hogwarts, quando avevo diciassette anni e imboscarmi in un’aula studio vuota sarebbe parso nella norma.»
«Non è colpa mia se siamo entrambi in una doppia e, tra parentesi, non l’ho mai fatto neanche io.»
Rose gli lasciò la mano e scivolò sulla parete, sino a quando non si trovo seduta per terra. Chiuse gli occhi. «Un motivo in più per farlo, no?»
 
Voglio di più, Scorpius. Voglio darti di più.
 
Era tipico di Rose odiare le mezze misure: l’amore o era totale e totalizzante, o non era.
Pretendeva sempre tutto, pretendeva sempre il meglio – e se aveva scelto proprio lui, si ritrovò a pensare Scorpius, non senza un pizzico d’orgoglio e soddisfazione, voleva dire che lui era il meglio che voleva. Ma quanto riceveva, Rose aveva sempre restituito.
No, non era brava con le parole e non l’aveva mai sentita esprimere alcun tipo di sentimento. Ma l’aveva vista farlo, con lui e con chiunque.
Rose non era semplicemente premurosa, Rose era dedita al prossimo eppure così indipendente da sembrare un ossimoro su due piedi. Viveva con le persone e per le persone, si dedicava agli altri come se dalla felicità altrui dipendesse la propria, eppure…
Scorpius fissò la lettera, confuso: cosa poteva esserci di meglio della totale dedizione che pure non intacca l’indipendenza?
 
Sei entrato in me come mai aveva fatto nessun altro e tu… tu mi hai toccato l’anima, l’hai accarezzata e vezzeggiata.
 
«Che fai, Scorpius?»
Rose aveva la voce e il volto stropicciati di chi si è svegliato senza aver dormito le dovute otto ore di sonno. Si sentiva sempre terribilmente gonfia appena apriva gli occhi, come se le avessero lanciato qualche fastidiosa fattura o come se avesse passato la notte in mezzo a centinaia di zanzare – lei le odiava, le zanzare.
«Che fai, Scorpius?» ripeté, la voce appena più limpida.
Era stato lui a svegliarla, fissandola solo Merlino sa per quanto tempo. Forse tutta la notte.
«Ti entro dentro» le aveva risposto, spostando lo sguardo sui suoi occhi, per poi aggiungere: «Dentro l’anima.»
«Ci sei già entrato» le sussurrò, improvvisamente più attenta e vigile.
«Quando?»
Rose non amava esporsi, non con le parole, e Scorpius amava metterla in difficoltà. Le piaceva vederla un po’ meno sicura: lo faceva sentire un po’ più indispensabile. Più volte si era chiesto se anche a Rose piacesse sentirsi in difficoltà e più volte le aveva chiesto scusa con lo sguardo. Lo fece anche quella volta.
E Rose stette al gioco. Si scoprì un po’, si mostro un po’ più nuda e un po’ meno sicura, e Scorpius si sentì indispensabile – ma lui lo era, lo era davvero indispensabile per Rose.
«Stanotte.»
Scorpius sorrise, malizioso, mentre si avvicinava all’orecchio di Rose. Le parole le arrivarono come un sussurro. «Non pensavo avessi l’anima tra le cosce.»
«Da lì sei uscito, dall’anima no.»
E l’eco della sua stessa voce gli giunse lieve, a ricordargli quanto detto quella notte.
(Ti amo.
Da lì sei uscito, dall’anima no.)
 
Mentirei nel dirti che è tua. La mia anima appartiene solo a me stessa.
Non credo neanche che tu sia la mia metà della mela. Mi sento intera, Scorpius, e so di poter stare da sola. Non sei una necessità, sei una scelta e sei quella giusta. Magari non lo sarai per sempre – questo non posso saperlo – ma lo sei qui e adesso, lo sei mentre ti stringo tra le braccia, stretta tra le tue, e lo sei quando siamo abbastanza distanti da poterci sfiorare i pensieri.
Domani, stretti l’uno accanto all’altra su un lenzuolo sgualcito, scopriremo se saremo ancora giusti. E così dopodomani e il giorno dopo ancora e magari anche in tutti gli altri giorni a venire.
Voglio scoprirlo ogni giorno se sei quello giusto. Voglio scoprirlo con te.
 
E alla fine aveva capito qual era quel “di più” che Rose voleva dargli: era la possibilità di scegliere, la stessa che rivendicava per se stessa.
La possibilità di essere scelto e di sceglierla.
Rose aveva rivendicato la propria indipendenza – no, lei non era una mela a metà, lei era una mela intera – e l’aveva voluta sottolineare.
Scorpius si scoprì a sentirsi un po’ meno indispensabile, un po’ più sostituibile.
Poi capì. Capì per davvero.
Era indispensabile la scelta – di lui, di lei, di loro. Era indispensabile essere scelto ogni giorno ed era indispensabile lui facesse lo stesso con lei.
Era indispensabile scegliersi a vicenda, stretti l’uno accanto all’altra su un lenzuolo sgualcito.
Era scoprire quanto erano perfetti insieme, scoprirlo ogni giorno e scoprirlo insieme che lo rendeva indispensabile: Scorpius non era solo la scelta da fare, Scorpius era anche la persona con cui Rose voleva farla.
Domani, dopodomani, il giorno dopo ancora e magari anche in tutti gli altri giorni a venire.
A Scorpius sembrava tanto un per sempre.
 
Tua,
                                                                                                            Rose.
 
 
«Oggi sei giusta, Rose.»
«Oggi lo sei anche tu.»
(Ti amo.)
 
 
 
 
  
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