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Autore: Chloe R Pendragon    25/06/2015    2 recensioni
Buonasera a tutti! ^^
Questa storia è ambientata molti anni dopo la scelta finale di Daniel e Luce, durante un giorno di pioggia molto particolare: lontano da tutti, Cam deve affrontare il momento più difficile della sua vita prima di compiere l'ennesima scelta sbagliata.
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Genere: Angst, Drammatico, Introspettivo | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Cameron Briel
Note: Missing Moments | Avvertimenti: nessuno
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You still have all of me

Nome (su EFP e sul Forum): Chloe R Pendragon
Titolo: You still have all of me
Fandom: Fallen
Genere: Angst, Drammatico, Introspettivo
Avvertimenti: Missing Moment
Gruppo: Addii
Eventuali notte dell’autore*: La storia è ispirata alla canzone “My Immortal” degli Evanescence, dalla quale ho ripreso alcune citazioni; inoltre ci sono alcuni riferimenti a episodi avvenuti nel primo e nel terzo libro.

 
 
La pioggia cadeva incessantemente, inzuppando tutti coloro che non avevano trovato riparo sotto un ombrello. L’ombra di un ghigno si affacciò sul pallido volto di Camriel, nascosto dietro un cipresso a pochi metri dalla funzione, mentre pensava al cupo senso dell’umorismo del clima: sembrava quasi che il Trono stesse piangendo i suoi figli, riversando il suo cordoglio sul resto della sua progenie.
Lasciò cadere la sigaretta ormai fradicia e attese paziente la fine della celebrazione, guardandosi le spalle di tanto in tanto nel timore di una sortita da parte dei vecchi amici, se così poteva ancora chiamarli; era passato un secolo da quando le loro strade si erano divise e da allora aveva evitato ogni contatto, per cui la parola “amicizia” forse non era la più indicata.
Parli del diavolo...”, pensò il demone, vedendo tre individui vestiti di nero avvicinarsi alle fosse con espressioni contrite, una di loro addirittura era scossa da muti singhiozzi: Annabelle, Arriane e Roland. Si unirono alla piccola folla e rimasero vicini mentre si scambiavano le condoglianze con i presenti come se fosse stato il segno di pace. Cam li trovò ridicoli, ma si limitò a osservare la scena a distanza, prestando attenzione unicamente al suo nascondiglio. Tutto quello che desiderava era restare da solo con suo fratello e Lucinda, nella speranza di poter chiudere il cerchio una volta per tutte. Passò più di un’ora, ma alla fine ottenne ciò che voleva, così si allontanò dall’albero e raggiunse con un paio di falcate le fosse ormai coperte dalla terra.
Un lampo squarciò il cielo mentre si chinava verso quell’anonimo ammasso di fango, turbando il silenzio di quegli istanti con un fragore assordante, tuttavia lui sembrò non farci caso: era troppo assorto in quella gelida contemplazione, la mente rivolta a tempi lontani. Chiudendo gli occhi, Camriel rivide ogni scena con una nitidezza straziante, il cuore stretto in una morsa inesorabile. Faceva male, un male tremendo, un dolore così intenso da spingere alla follia, ma doveva farlo; doveva rivivere ogni singolo attimo che lo aveva portato a quel giorno, così da poter dire loro addio.
La prima immagine che rievocò fu una distesa di luce, talmente pura e abbagliante da farlo soffrire: stava assistendo nuovamente alla Caduta, là dove tutto aveva avuto inizio. In quel momento era stato sopraffatto dalla confusione, non aveva pensato alle conseguenze di quella scelta non fatta: quella volta non aveva saputo prendere una posizione, proprio come molti altri, a differenza di suo fratello. Lui aveva sempre avuto un obiettivo, uno scopo nella sua vita così travagliata eppure così invidiabile; lui aveva difeso l’amore, quello smisurato sentimento che lo aveva unito a Lucinda fin dal principio, nonostante Lucifero e il Trono si fossero opposti.
Dall’attimo in cui si erano schiantati contro il suolo Terrestre, la loro maledizione aveva avuto inizio: vita dopo vita, Daniel e Luce si erano amati e perduti continuamente, facendo oscillare l’animo del fratello tra Paradiso e Inferno senza pietà. Cam era sempre stato al suo fianco, sostenendolo con ogni mezzo e in ogni modo possibile e immaginabile. Quando si era abbandonato al pianto sfrenato, lui gli aveva asciugato le lacrime; quando aveva lanciato grida disperate, lui aveva scacciato tutte le sue paure. Insomma, per tutti quegli anni non aveva fatto altro che restargli accanto, aiutandolo a rialzarsi e a coltivare ancora la speranza[i]: tutto questo prima di Gerusalemme, o meglio, prima di Lilith.
Quella donna lo aveva costretto a rimettere in discussione tutte le sue scelte per ben due volte, cioè quando si era innamorato di lei e quando si erano spezzati il cuore a vicenda. Da allora nulla era stato come prima, né fuori né dentro Camriel: era diventato un demone, aveva rinunciato all’amore e aveva voltato le spalle a suo fratello, o almeno così aveva voluto fargli credere. La verità era sempre stata diversa, nonostante avesse fatto l’impossibile per non darlo a vedere: il suo affetto per Daniel non era mai mutato, lui era sempre stato un punto di riferimento nella sua vita, secolo dopo secolo era riuscito ad affascinarlo con la sua risonante luce.[ii] Quell’angelo dagli occhi viola era stato in grado di trascinarlo nella sua lotta contro il mondo, spingendolo persino a voltare le spalle a Lucifero.
Era come se la sua voce avesse il dono di allontanare il buon senso del demone come se fosse una piuma in balìa del vento, rendendo il suo istinto di conservazione praticamente nullo: che lo volesse o meno, Cam era rimasto intrappolato nella vita che il fratello si era lasciato alle spalle, allora come adesso.[iii] I due amanti maledetti avevano coronato il loro sogno d’amore, mentre lui si era limitato a trascinare la sua esistenza tra frammenti di ricordi e ombre del passato. Quando tutto stava per volgere al termine, Cam aveva detto che conosceva la sua parte e che aveva infinite possibilità, ma mentiva: tutto quello che gli era rimasto era un vuoto incolmabile nel cuore e nell’anima, talmente oscuro e opprimente da somigliare a un buco nero.
Per questo aveva deciso di recarsi lì, al funerale di Daniel e Lucinda, perché aveva bisogno di dire loro addio. Non poteva andare avanti così, lottando contro di sé per convincersi che erano morti, doveva vederlo con i suoi stessi occhi e accettare la dura realtà: non c’era più un “noi” nella sua vita, esisteva solo un “io”. Con un nodo in gola, il demone fece schioccare le dita della mano destra e due splendide peonie bianche apparvero magicamente; con un gesto lento e riluttante le adagiò sui rispettivi cumuli di terra, accarezzando la superficie liscia dei petali come se fossero le guance dei cari perduti.
«Fratello, è finita...» mormorò con un filo di voce, gli occhi che pizzicavano alla ricerca di lacrime che non avrebbero mai rigato il suo volto.
«A quanto pare, è arrivato il momento di salutarvi per l’ultima volta... Io sarò sempre con voi, qualunque cosa accada, perché solo a voi ho dato tutto me stesso, quindi non abbiate paura...»
Restava solo una parola da pronunciare, ma Cam non riusciva a trovare la forza per dirla. Faceva troppo male, come sale sulle ferite fresche, come una morsa d’acciaio sul cuore: c’erano così tanti ricordi che il tempo non avrebbe mai cancellato[iv], perciò che senso aveva quel teatrino?
«Dannazione...» imprecò il demone a denti stretti, tirando un pugno contro il suolo, seguito da un altro, e un altro ancora. Troppa rabbia aveva represso in quegli anni di solitudine, troppe frasi non dette, troppo dolore taciuto: fare la cosa giusta era così difficile, tuttavia era necessario recidere quel legame diventato deleterio prima di compiere gesti estremi. Daniel era quello melodrammatico, l’angelo che si gettava dalle montagne senza aprire le ali, quello che dormiva per anni, quello che piangeva; Camriel era più il tipo che annegava le sue pene nell’alcool o nelle risse, sputando la sua collera attraverso battute pungenti e colme di sarcasmo.
Inspirando profondamente, riacquistò il suo solito contegno e si rimise in piedi, scrollandosi la fanghiglia dai jeans e dalle mani. Puntò il suo sguardo sulle peonie e sorrise di sbieco, pronto a scrivere la parola fine a modo suo: mostrò il dito medio ai due tumuli, ridacchiando senza allegria, per poi voltarsi e incamminarsi verso l’uscita. “Addio” era un termine troppo asciutto e anonimo per loro, molto meglio un gesto eloquente e inequivocabile, oltre che vagamente nostalgico.
 
 
 
Spazio di Chloe
 
Buonasera a tutti! ^^
Sì, sono tornata a tempo record, ma purtroppo se leggo “Fallen” e “addio” a distanza ravvicinata sento l’impulso irrefrenabile di scrivere una storiellina su Cam.
Come al solito, la voglia di vivere viene meno, ma almeno stavolta ho chiuso con un po’ di “allegria”, dai... No, eh? XD
Anyway, prendetevela con gli Evanescence: per colpa loro la tristezza ha avuto la meglio su di me... u.u
Ora, so che non ha molto senso, so che probabilmente solo una balla di fieno leggerà queste ultime righe, ma non posso proprio trattenermi.
 
J_Jace & bradlifer, grazie di esistere! *^*
 
Bene, ora che l’ho detto, posso pure rintanarmi in un angolino molto buio e polveroso... u.u
Bacioni enormi a chiunque abbia la forza di leggere questa storia e un grazie immenso a quelle anime pie che riusciranno addirittura a dirmi cosa ne pensano! :3
 
[i] Citazioni tratte da “My Immortal” degli Evanescence
[ii] Altra citazione tratta da “My Immortal”
[iii] Ennesimo riferimento alla canzone degli Evanescence
[iv] Ultimo riferimento a “My Immortal”
  
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