Fanfic su artisti musicali > Halestorm
Ricorda la storia  |      
Autore: Capitan Vink Harlock    26/06/2015    2 recensioni
Due cantanti e un sogno che diventa realtà: la loro libertà. Riusciranno a farcela, insieme?
Nessun altro spoiler.
Godetevi la lettura!
"[...] Sorrise, carezzandole piano la schiena, guardandola negli occhi. Le diede un bacio sulla punta del naso, accoccolandosi meglio a lei.
Chiuse le palpebre, godendosi il calore del suo corpo.
“Il nuovo tour sarà una bomba!”, rispose, ridendo poi per la contentezza."
Genere: Angst, Erotico, Introspettivo | Stato: completa
Tipo di coppia: FemSlash | Personaggi: Lzzy Hale, Sorpresa
Note: Lime | Avvertimenti: Tematiche delicate
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A
Bussò.
Aveva le guance avvolte in una morbida sciarpa di lana lilla e portava un cappotto giallo senape.
No, l’accostamento dei colori non era mai stato il suo forte, glielo aveva sempre detto anche sua madre, fin da quando era piccola. Non che le fosse mai interessato, effettivamente.
Negli anni aveva maturato uno stile molto più… “personale”, che l’aveva portata ad essere amata da coloro che aveva intorno a sé.
Sbuffò, notando che nessuno arrivava alla porta, e tirò fuori le chiavi. Quell’imbecille si era sicuramente addormentata un’altra volta… toccava sempre a lei risolvere tutto?
Girò la chiave nella toppa e aprì la porta dell’appartamento.
Appartamento… se si poteva chiamarlo tale: cinquanta metri quadrati da dividere in due. Alle pareti una vaga traccia di quella che un tempo era stata carta da parati, per terra un parquet rigonfio e schiodato in alcuni punti. Al centro della stanza, tre chitarre erano poggiate contro il muro, mentre una tastiera di un trentennio prima era collegata perennemente ad un amplificatore scassato.
A dire il vero, quello non era il loro appartamento: era più che altro il loro luogo zen in cui riunirsi e comporre in pace.
Entrambe le band, visto che erano amici gli uni degli altri da tanto.
Alcuni anche più che semplici amici -e spero si capisca cosa si intende.
Una volta entrata, si guardò intorno, passandosi una mano fra le ciocche rosse dall’aria selvaggia.
Sparita…
“Taylor?”, la chiamò, ora preoccupata.
Perché non rispondeva? Che le fosse accaduto qualcosa? Sospirò, scuotendo il capo. Quella tipa l’avrebbe fatta impazzire, prima o poi…
Andò in cucina, e lì la trovò.
Avrebbe preferito non farlo, viste le condizioni in cui versava.
Riversa al suolo, la rozza e strappata maglietta bianca era intrisa del suo stesso vomito. Le gambe tremavano, avvolte in degli insufficienti -per la stagione in cui erano-  shorts neri.
Non aveva nemmeno le scarpe… i piedi erano coperti a malapena da un paio di calzini viola.
I bellissimi capelli biondi erano appiccicati al corpo sia per il sudore che per il rigurgito.
Teneva gli occhi chiusi, respirava convulsamente, sembrava sul punto di svenire. Era così pallida…
“Lzzy…?”, si sentì chiamare, ma la voce sembrava venire da lontanissimo, per quanto era flebile.
Quest’ultima le corse subito al fianco, carezzandole i capelli.
“Calma, calma… non sforzarti…”, sussurrò l’altra, con voce dolce, poi le passò un braccio sotto la schiena e la aiutò ad alzarsi.
Cosa avrebbe dovuto fare con lei…?


Non riusciva praticamente a connettere. Sentiva solo il braccio della ragazza intorno al proprio fianco, la sua voce che le diceva di star tranquilla, e nient’altro.
Si sentiva lo stomaco sottosopra e la testa messa non certo meglio. Ricordava solo di essere andata a casa… casa dei genitori, si intende. Lei ormai non viveva in quella casa da molto tempo.
Aveva iniziato a parlare col padre, aveva provato a instaurarci un dialogo pacifico, ma non c’era stato verso. Il padre era sempre stato una testa di merda, fin da quando lei era piccola. L’aveva sempre maltrattata, costretta a studiare in un sacco di scuole di recitazione, solo per poter compensare la sua insoddisfazione personale.
Ed ecco perché, a sedici anni, lei aveva detto basta. Aveva mollato quella cazzo di serie proprio quando il pubblico aveva iniziato ad amarla e aveva messo su la propria band.
Era stato il suo gesto di ribellione, l’espressione della sua volontà di spezzare ogni schema che le era stato imposto.
Il suo dito medio nei confronti del mondo e -soprattutto- del padre era la musica.
L’Hard & Heavy, per la precisione.
Quella sera, lei avrebbe tanto voluto risanare i rapporti col padre… ci teneva, lei era una ragazza molto sensibile, riguardo a queste cose… sapete, era un po’ bambina in questo, come il personaggio che aveva interpretato -anni prima- in un film di Natale.
Certo, in ogni intervista lo prendeva per il culo, fingendo che il padre fosse fantastico. Ogni volta, alla domanda sulla famiglia, rispondeva sorridendo che era meravigliosa.
La gente non riusciva mai a capire l’amara ironia che c’era dietro a quei sorrisi.
Non c’era stato verso, come già detto. Il tutto era sfociato in un tremendo litigio e, addirittura, il padre era arrivato a…
Ad abusare di lei.
L’aveva picchiata fino allo sfinimento, l’aveva legata con del nastro da pacchi e l’aveva stuprata sul tavolo da cucina, come se avesse voluto tagliare della carne.
Lei aveva urlato, aveva pianto, ma non aveva sortito alcun effetto. Il padre era sempre stato più forte di lei, fisicamente. Alla fine si era arresa, sperando che tutto ciò finisse presto.
Cosa che avvenne, in effetti. Il padre non era nemmeno tanto resistente.
Ma forse derivava dal fatto che era un frustrato del cazzo: d’altronde, quale donna sana di mente gliel’avrebbe data?
Dopo essersi “divertito” con lei, l’aveva slegata e buttata fuori di casa.
Lei non si era scomposta, ma veva preso a camminare ed era ritornata a casa con le proprie gambe, incurante della testa che girava e del sangue che le colava fra le gambe.
Era stato violento, il pezzo di stronzo.
Alla fine era arrivata all’appartamento, si era buttata in cucina e aveva iniziato a bere a garganella.
Una, poi due, infine tre bottiglie di Barbon Whiskey erano state scolate dalla ragazza dai capelli biondi come l’oro.
Aveva anche vomitato, e poi si era addormentata.
Notò che Lzzy la stava portando in bagno, ma non ebbe la forza di domandarle il perché. Si limitò ad abbandonarsi alle sue braccia.
Sapeva che lei non avrebbe potuto farle altro che del bene.
“Scusa… mio padre…”, provò a dire, a voce bassa, esausta.


“Non importa… ora riposa.”, la interruppe, posandole un dito sulle labbra. Era palesemente a pezzi.
Sospirò, portando a braccia la ragazza in bagno, con una smorfia di fatica. Pesava solo quarantotto chili, ma a peso morto… sembravano il doppio! Ma voleva aiutarla, far sì che lei stesse meglio… per cui non fece un fiato. Era sia un dovere che una necessità aiutarla.
Non poteva sopportare di vederla stesa là per terra, distrutta nel corpo e nello spirito. Fin da bambina, non aveva mai potuto tollerare le ingiustizie o il dolore degli altri… per lei era quasi una ragione di vita, aiutare il prossimo.
Vedere gli altri star bene faceva star bene lei, e anche se le avevano spesso detto che era troppo buona e che prima o poi si sarebbe ritrovata fottuta, a lei non importava.
Quella sera non era diversa dalle altre; c’era una ragazza in difficoltà, e lei era lì per lei.
Specialmente se si trattava di quella ragazza.
La aiutò a sedersi sulla tazza del gabinetto, poi andò ad aprire il rubinetto della vasca, che iniziò a riversare acqua calda.
Tornò da lei e le tolse piano la maglietta, facendo poi lo stesso con i calzini. Era davvero ridotta male… il volto era segnato da lividi e graffi -come anche le braccia- e il labbo era spaccato.
Poverina… le faceva male vederla ridotta così. Chi poteva essere stato, il mostro?
Prese la valigetta del pronto soccorso e le mise un cerotto sul labbro, per poi spalmarle della crema lenitiva sul volto e sul busto, delicata.
Quando vide che la vasca fu piena, chiuse il rubinetto e le tolse anche le mutandine, premurosa, poi la aiutò a stendersi nella vasca.
Si girò di schiena e si iniziò a spogliare anche lei, togliendosi in fretta la canotta nera con su il logo degli AC/DC, per poi fare lo stesso con il top che le avvolgeva i seni.
Finalmente… quei maledetti cosi erano strumenti di tortura, per il corpo femminile!


Taylor sentì all’improvviso il calore dell’acqua ed emise un mugolio tremolante, per poi rilassarsi quasi di colpo. Hm… da quanto non faceva un bagno degno di cotale nome…
Girò lentamente la testa e vide che Lzzy si stava spogliando, e per lei quello fu come un caffè bollente con lo zucchero.
Fu come se si fosse svegliata.
Guardava rapita i lineamenti della sua schiena, le curve dei suoi fianchi, le fossette nella zona lombare… e si sentì più calda al basso ventre. Diamine, quella ragazza la faceva eccitare con un semplice sguardo, anche con atti in apparenza innocenti, quali spogliarsi per fare il bagno.
Probabilmente aveva dei problemi seri… ma -onestamente- non le importava. Non voleva sentirsi in colpa per le proprie pulsioni fisiche.
Andiamo: chi avrebbe mai potuto discriminare qualcuno solo per le sue inclinazioni sessuali? Soprattutto, nell’era moderna della globalizzazione e del libero pensiero?
Era una cosa troppo stupida, ma del resto l’umanità era notoriamente una razza stupida.
Accennò un sorriso malizioso, sfiorandosi il seno con una mano, mentre l’altra mano scendeva fra le proprie gambe, carezzando piano parti di lei che troppo spesso erano state violate.
“Lzzy…? L’acqua è tanto calda… vieni, prima che si freddi.”, sussurrò, con voce suadente.
Sapeva esattamente come fare affinché la rossa non resistesse.
La conosceva troppo bene per non sapere che Lzzy resisteva a tutto, tranne che alla sua voce.
Specialmente quando era eccitata.


Lzzy si era appena tolta le mutandine, quando sentì la voce della ragazza nella vasca. Deglutì, mentre un brivido caldo le percorreva la schiena. Quella voce… così sottile e delicata, eppure passionale, era un invito che non poteva rifiutare.
Anche perché stava male… doveva aiutarla a sentirsi meglio, no?
Si avviò verso di lei, ancheggiando, sfiorandosi anche lei i seni con le mani.
Lei e Taylor avevano la stessa altezza, ma la rossa aveva un corpo più formoso. I fianchi erano morbidi, delicati, i seni prosperosi ma non giunonici, le gambe lunghe e tornite.
Un corpo che aveva mietuto molte vittime, al liceo e all’Università. Orde di ragazzi sbavavano alla vista di quei glutei avvolti in una tuta sportiva, e il solo ricordo la faceva ridacchiare di soddisfazione.
“Sto venendo…”, rispose la ragazza, con un sorriso altrettanto malizioso, entrando nell’acqua.
Si stese su di lei, allargandole delicatamente le gambe, e le cinse il collo con le braccia, poggiando la fronte sulla sua. Sentiva il profumo della sua pelle misto all’odore del Whiskey e del fumo… e non sapeva perché, ma lo trovava terribilmente eccitante.
Poggiò delicatamente le labbra sulle sue, posando il proprio monte di Venere su quello della ragazza, fremendo al solo contatto.
Adorava come lei la faceva sentire… nessun ragazzo al mondo avrebbe potuto donarle sensazioni simili.
Con lei c’era intimità, affinità, complicità… era come avere una sorella con cui fare sesso!
Ok, la cosa potrebbe suonare disgustosa, ma a lei non fregava: l’incesto la intrigava, anche se con Arejay non aveva mai provato.
Il fratello non sembrava il tipo adatto a provare esperienze illegali… o almeno, non di quel tipo.
Lzzy era diversa: adorava provare cose nuove, sperimentare, esplorare! Era come se non fosse mai paga di nuove sensazioni, ed ecco perché non disdegnava di provare cose illegali, purché divertenti e non troppo pericolose. Ecco perché non disdegnava l’incesto.
Il fratello, però, era un tipo tranquillo, gentile e un po’ ingenuotto, per cui non aveva mai tentato nemmeno di chiederglielo.
Insinuò le mani fra i ricci biondi della ragazza tumefatta, lasciando entrare piano la lingua, toccando con la punta quella di lei.


Si sentì percorsa da scariche, non appena la lingua della rossa iniziò a danzare con la propria. Non era quel… come dire?, quel fastidioso movimento a centrifuga che molti ragazzi fanno… era lento, delicato, una sorta di tira e molla terribilmente eccitante.
Si lasciò trasportare, passando delicatamente le mani sui suoi seni, sentendosi bruciare in ogni punto del corpo.
Era sfibrante, tanto era piacevole… e lento… qualcosa che solo una ragazza poteva dare. Solo una ragazza poteva conoscere a quel punto il corpo femminile, tanto da riuscire a eccitare alla follia solo con un bacio.
Un ragazzo, per quanto esperto, non avrebbe mai potuto raggiungere una vetta tanto alta.
Quando sentì il di lei pube unirsi al proprio, ebbe come una scossa, che si tradusse in uno spasmo di desiderio. Cazzo… ci stava proprio andando giù pesante… la voleva forse uccidere?
No… tutt’altro… la voleva far godere fino a rinascere, e Taylor lo sapeva.
Lzzy aveva sempre il modo per farla star meglio.
Era questo che adorava, di lei, dopotutto… era la sua migliore amica, prima ancora di essere la sua amante. I loro interessi erano comuni, i loro idoli, i loro gusti… erano perfette, insieme, come spesso diceva Ben, quando veniva lì con gli altri.
Maledetto Ben…, pensò, accennando un sorriso in mente, mentre approfondiva a propria volta quel lento e caldo bacio. Avrebbe voluto che non finisse mai… avrebbe voluto essere per sempre fusa a quella che ormai era assodato essere la sua metà perfetta.


Ma per Lzzy lo scopo di quel bagno non era il sesso. Era far stare meglio Taylor.
Difatti -dopo svariati minuti- si staccò e la guardò negli occhi, intensamente. Gli occhi di Taylor erano azzurri come il mare… e lei adorava perdervisi per tanto tempo. Era come poter vedere ricordi lontani, piacevoli, eppure troppo remoti per essere messi a fuoco. Somigliava ad un’opera di Caravaggio… quei riflessi, portati al limite del naturale, quei dettagli… era come guardare una foto talmente bella da risultare fuori da ogni canone.
Scosse il capo, riscuotendosi, e si portò una ciocca di capelli dietro l’orecchio, per poi carezzarle dolcemente una guancia.
Sospirò, carezzandole il petto all’altezza del cuore, che sapeva essere travagliato e in continuo conflitto. Poteva quasi avvertirlo sanguinare.
Era così bella… poverina, non meritava di soffrire tanto. Soprattutto a causa della sua famiglia.
Ma lei era lì per sostenerla, aiutarla, per non permetterle di cadere. Aveva promesso a se stessa e a lei che mai l’avrebbe lasciata sola, nemmeno nelle condizioni più terribili.
Le sorrise, posando dolcemente le labbra sulla sua fronte, in un bacio protettivo.
“Come va, stai meglio?”, domandò, poggiando la fronte sulla sua, sinceramente preoccupata. Era davvero importante, per lei, che Taylor non soffrisse… perché, maledetta la sua empatia, quando lo faceva, anche lei soffriva.


La ragazza dai boccoli dorati socchiuse gli occhi a fatica, con una piccola smorfia. All’interruzione del bacio, sentì una sensazione di fastidio, come se le avessero staccato qualche parte del corpo.
Si soffermò a rimirare gli occhi di Lzzy. Profondi, di un colore indefinibile… era come guardare un quadro di Salvador Dalí. Le forme delicate e il sapiente uso dei colori inducono a pensare che l’opera abbia un senso facilmente comprensibile, ma -allontanando l’occhio dai dettagli- si nota come in realtà il significato e le allegorie che ci sono dietro siano molto lontani dalla facile assimilazione.
Eppure, quei quadri danno un’idea di incredibile bellezza.
E così erano appunto gli occhi della rossa, per Taylor. Un’incredibile opera d’arte naturale, che tuttavia non permetteva di capire facilmente i suoi pensieri.
Era oscura… e questo, suo malgrado, la seduceva. Era una persona misteriosa, eppure non inquietava.
Anzi, affascinava, con quella sua aria da dura.
Alla sua domanda, annuì, baciandola a fior di labbra, come per rassicurarla. Con lei accanto, avrebbe potuto affrontare qualsiasi sventura… anche la più terribile.
Ad esempio, non avere un padre che fosse degno di questo nome. Perché quello che aveva lei non era un padre, era l’amico stronzo che si approfitta di te -quando sei ubriaca- per portarti a letto.
Ripensò al tour che, di lì a poco, le loro due band avrebbero affrontato insieme. Questo pensiero la fece sorridere, tanto che il suo viso divenne raggiante.



Lzzy, vedendola sorridere, fu felice. Bene, stava meglio… non poteva che esserne contenta!
Sorrise anche lei, giocando con le ciocche bagnate della compagna.
“Perché sorridi?”, domandò, dolce.


Taylor sorrise, carezzandole piano la schiena, guardandola negli occhi. Le diede un bacio sulla punta del naso, accoccolandosi meglio a lei.
Chiuse le palpebre, godendosi il calore del suo corpo.
“Il nuovo tour sarà una bomba!”, rispose, ridendo poi per la contentezza.



Lzzy annuì, ridendo a propria volta, baciandola sulla folta chioma bionda. Quel tour… era il loro modo di annunciare al mondo che erano una coppia, e che non c’era nulla di male, per loro, in questo!
Si godevano la vita, com’era giusto che fosse.
“Puoi giurarci, Riccioli d’Oro!”, rispose, divertita.



Si baciarono.



_______________________________________________________________________________________________

 
 
 
E rieccomi qua! Il vostro Capitano torna con una nuova storia (dopo aver lasciato incompiuta quella precedente, lol), stavolta che riguarda due delle cantanti che adoro di più, al momento!
La dedico al loro nuovo tour, che ormai si è concluso, per omaggiarle di aver reso straordinari il rock e metal moderni.
Grazie, Halestorm e Pretty Reckless!
Long live Rock and Roll! m/
  
Leggi le 2 recensioni
Ricorda la storia  |       |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Torna indietro / Vai alla categoria: Fanfic su artisti musicali > Halestorm / Vai alla pagina dell'autore: Capitan Vink Harlock