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Autore: ThePuppet    27/06/2015    6 recensioni
"Mi definiscono cattivo. E hanno ragione. Io odio i bambini. Il mio nome è Golden Freddy".
Genere: Angst | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Golden, Freddy, Nuovo, personaggio, Toy, Chica
Note: OOC | Avvertimenti: Contenuti forti, Tematiche delicate, Violenza
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Golden heart
 
Mi definiscono cattivo. E hanno ragione.
 
Forse non mi conoscete, il mio nome è Golden Freddy, l’animatronic dorato nascosto nel backstage durante il giorno e nella stanza della guardia durante la notte.
Io non sono come gli altri, io odio i bambini, loro ci lavorano, io non ci riuscirei.
Non posso sopportare la confidenza che si prendono quegli stupidi mocciosetti, credono di poterci trattare come gli pare e piace, ma non è così.
Non ci sono più i bambini di una volta, quando ha aperto la pizzeria: erano timidi ed educati, avevano quasi paura di noi ed era molto meglio così, almeno non avevano il coraggio di prenderci a pugni e smontarci (prendete ad esempio Mangle, chi credete che l’abbia ridotta così?). Sono fermamente convinto che sia meglio essere temuti che amati. Quando le persone hanno paura di te non oserebbero mai mancarti di rispetto, quando ti vogliono bene invece si prendono la confidenza di trattarti come uno straccio.
Foxy dovrebbe capirmi: è per colpa di una bambina ficcanaso che lui è finito abbandonato fuori uso, ma lui continua a sostenere che sia stata colpa sua.
Ma è colpa dei bambini e dei loro genitori che non gli prestano attenzione e li lasciando girovagare per il locale distruggendo animatronics come se fosse un gioco.
Preferisco stare nel backstage tutto il giorno piuttosto che vedere quei ragazzini insopportabili.
Di notte, quando il locale chiude, posso sentire gli altri che parlano tra loro e cercano di sistemare il sistemabile dei danni dei bambini e di rimettere i pezzi al posto giusto.
Qualche volta non capisco cosa li trattenga dall’uccidere quei mocciosi come ha giustamente fatto Foxy nel ’87... o almeno spaventarli per rimetterli al loro posto.
 
Un rumore interrompe i miei pensieri: una porta che si apre, è il guardiano notturno. Perfetto, era ora, finalmente un po’ di divertimento.
 
Faccio per andare nella stanza del guardiano, non vedevo l’ora di poter spaventare qualcuno (ehi, ognuno ha i suoi passatempi, problemi? Io spavento le persone). Mi avvicino alla telecamera e lancio un’occhiata verso il vetro. Da dentro riesco a vedere il guardiano che sobbalza e chiude la porta di scatto. Sembra terrorizzato, non gli ho nemmeno fatto il jumpscare, wow... stanotte sarà più facile del previsto.
 
Mi allontano dalla telecamera e mi avvio attraverso il corridoio, quando sento un suono provenire dalla stanza in fondo, la sala delle feste di compleanno. Sembra una voce infantile.
 
«Balloon Boy, non è divertente» sbuffo a voce abbastanza alta perché mi senta. Quel ragazzino oggi è in vena di scherzi? Beh, io no. E se non la pianta lo chiudo nella scatola di Puppet, così sta un po’ zitto.
 
La vocina non smette, sembra che stia... piangendo? Balloon Boy non piange mai, com’è possibile?
 
Accelero il passo e sento che il suono smette. Ma sono troppo curioso, devo sapere che cosa succede. Apro la porta e non vedo nessuno. Beh, allora?
Passo davanti ad uno dei tavoli e sento qualcosa che mi sfiora il piede. Abbasso lo sguardo e vedo una mano, piccola, come quella di un... oh no... di un bambino. No, non oggi ti prego... non ce la posso fare.
Mi abbasso fino a guardare sotto il tavolo e incrocio i miei occhi neri e vuoti con quelli azzurri e lucidi di una ragazzina. Avrà nove anni, non di più. È talmente magra che riesco a vedere le ossa delle costole attraverso la camicetta bianca. È pallida, ha la pelle così chiara da essere quasi bianca, sembra che non sia mai uscita di casa e mi viene il sospetto che abbia vissuto da sempre qui, senza mai uscire.
 
«T-tu...» sussurra la piccola, spaventata «T-tu s-sei i-il G-golden F-Freddy?».
 
Spalanco gli occhi. Come fa a saperlo? «Come fai a saperlo?».
 
«La mamma mi ha parlato di te, lei lo sa chi sei» dice lei, ritraendosi e coprendosi la testa con le mani, come per protezione «Sei cattivo».
 
Non riesco a trattenere un sorrisetto sarcastico:«La tua mamma è informata bene» sibilo, avvicinando una zampa al suo braccino ossuto e tirandola fuori. Ha un caschetto di capelli biondi e spettinati e la frangetta che le ricade sulla fronte e coperta di polvere, probabilmente caduta dal tavolo sotto cui era nascosta.
La trascino di peso (peso, bah, si fare per dire, è leggerissima, sembra di portare l’aria) nel corridoio. Lei stranamente non oppone resistenza.
 
«Ora ti porto da Freddy, vedrai lui sarà contento di avere un nuovo animatronic...» sogghigno, pensando al momento in cui Freddy la infilerà in uno di quei costumi meccanici.
 
Con mia grande sorpresa, lei annuisce, obbediente. «Aspetta» mi blocco all’istante nel mezzo del corridoio «Hai annuito? Hai fatto di sì con la testa?».
 
Lei annuisce di nuovo, stavolta un po‘ più incerta:«La mia mamma dice che è meglio non far arrabbiare le persone... e se dico di no, tu ti arrabbierai, vero?».
 
«La tua mamma ti ha raccontato di me, giusto? Cosa ti ha detto?».
 
«Che sei cattivo e che catturi i bambini per fargli del male, che se un bambino rimane chiuso qui poi non può più uscire e non vede più la sua famiglia, mai più».
 
«E questo per te va bene? Stai per morire e non hai paura? Come ti chiami?» non ci posso credere, sto sognando, sì... sicuro.
 
«Rose».
 
«E non hai paura di me? Il mostro che la mamma usa per minacciarti?».
 
Lei fa di sì con la testa:«Certo che ho paura, ma preferisco stare qui che andare dalla mia famiglia, loro sì che mi fanno del male».
 
Le lascio il braccio e mi chino fino a raggiungere la sua altezza. Solo ora noto una cosa a cui non avevo fatto caso: le braccia e il collo della piccola sono coperti di graffi e lividi, più una macchia più grossa, rossastra, sul collo vicina alla guancia destra.
 
«Che ti è successo?» domando, senza il minimo tatto. Ehi, io sono così, ok? Non ci so fare con i bambini.
 
«La mia mamma mi ha picchiata ieri... e oggi... e lo farà anche se scopre che mi sono persa, quando ritorno a casa prenderà quella riga e... mi chiuderà in quella stanza senza farmi bere e...» non riesce a finire la frase che scoppia a piangere.
La cosa non mi fa sentire compiaciuto come le altre volte che faccio piangere o spavento qualcuno, anzi, sento come... qualcosa... dove dovrebbe esserci il cuore. Come una lama che si conficca nel mio corpo, metaforicamente è ovvio. Fa male, non avevo mai provato questa sensazione prima. Non mi piace.
 
«Lei ti ha fatto quel segno?».
 
«S-sì... io non voglio tornare a casa... ho paura della mamma... preferisco morire qui».
 
All’improvviso capisco una cosa: non sarei in grado di alzare un dito su questa bimba, nemmeno volendo. Per avere solo nove anni ha un bel coraggio, direi che è più grande se non l’avessi vista.
 
Abbasso la testa verso il pavimento, non riesco a guardarla negli occhi, non ce la faccio proprio «Sei sicura? Fa molto male».
 
«Quando la mamma mi picchia fa più male... almeno poi potrei giocare con voi per sempre, invece la mamma mi impedirebbe di vedervi... e mi dispiacerebbe molto... ti prego, posso diventare una di voi?».
 
Alzo lo sguardo di botto:«Stai dicendo davvero? È questo che vuoi? Non è possibile, io non... non ci credo, dev’essere la mia immaginazione...».
 
«La mamma non mi vuole bene, lei mi ha adottata... non mi vuole con lei, l’ho sentita dire che vorrebbe restituirmi... non avrei dove andare, morirei di fame, ti prego... fai solo questo per me... lo so che non mi devi niente, ma ti prego...» spalanca gli occhioni blu.
 
Mi sta chiedendo di essere uccisa? Perché sì, è questo. A nove anni. Deve stare proprio male con la sua famiglia...
 
Sento qualcosa... che non saprei dire... qualcosa di trasparente e umido che mi appanna leggermente la vista. Quello che gli umani chiamano... lacrime. Faccio uno sforzo enorme per ricacciarle indietro.
 
«Va bene» dico alla fine, ma la mia voce esce come un sussurro appena udibile, faccio fatica a sentirmi io, dubito che ci sia riuscita Rose.
 
La conduco in una stanza e vedo Freddy che sta armeggiando con dei pezzi di un costume giallo. Appena mi vede, mi squadra e sogghigna soddisfatto.
 
«Bravo, Golden, ne hai beccata una, eh?» dice.
 
«No» lo fermo io, prima che possa aggiungere qualcos’altro «L’ha chiesto lei?».
 
Freddy sgrana gli occhi così tanto che sembra gli possano uscire dalle orbite da un momento all’altro:«Che? Stai scherzando, vero? Non faceva ridere comunque... dai dammela».
 
«Dico sul serio, Freddy. Lo sai che non mi piace scherzare».
 
Freddy diventa serio improvvisamente, poi guarda Rose, che non sembra cambiare idea e sostiene il suo sguardo.
 
«Perfetto» conclude poi «Il costume di Toy Chica che ho costruito stava aspettando da troppo tempo. Sarà un piacere darlo ad una persona che lo merita davvero» e rivolge un sorriso alla bambina, un sorriso più rassicurante, quasi paterno.
 
Prende il braccio la bimba e mi fa segno di andare fuori. Lo faccio subito. Sento dalla porta i meccanismi che cigolano, la sta infilando nel costume giallo che ho visto prima.
Mi lascio scivolare fino a terra e mi siedo con la testa tra le ginocchia. Ed è qui che succede l’inaspettato: sento qualcosa che scivola sulle mie guance. Sono lacrime. Sto piangendo? Non era mai successo prima... non so quanto tempo passa, ma credo che rimango così per un bel po’, piangendo il più silenziosamente possibile per non farmi sentire dagli altri.
 
All’improvviso la porta si apre e Freddy riemerge dal suo lavoro. Mi asciugo le lacrime in fretta e alzo la testa. Di fronte a me c’è una versione più snella e colorata di Chica, con le guance rosa e gli occhi blu.
 
«Golden, grazie» si getta su di me e mi abbraccia «Sei il mio migliore amico, non è vero quello che diceva la mamma, non sei cattivo».
 
Ricambio l’abbraccio, sto quasi per rimettermi a piangere, solo che stavolta è per la felicità. «Non sai quanto sono felice di averti qui con noi, Rose».
 
Mi definiscono cattivo. E si sbagliano.
 
Angolo della autrice e Goldie:
 
Ditemi che sono pazza, avete ragione, non so cosa mi sia passato per la testa. Ero depressa oggi e così mi è venuto questo piccolo pensiero di fare una fiction depressa.
 
Goldie: Sei pazza... ma sei stata bravina *si soffia il naso con un fazzoletto*
 
Grazie, ma non è vero. Comunque ho messo il rating arancione, anche se avrei dovuto mettere il rosso, che ne dite? Che ci crediate o no, ho sognato questa cosa stanotte. E mi è piaciuta così tanto l’idea di una ff angst che ho deciso di realizzarla. Forse saranno le troppe giocate a Fnaf 2 e 3 a darmi alla testa, fatto sta che è venuta fuori questa schifezza.
 
Se volete venire a linciarmi o mandarmi Springtrap per uccidermi, siete autorizzati.
 
Lasciatemi una recensioncina, solo perché sono nuova e visto che questa ff mi fa così schifo che credo la cancellerò, volevo sapere cosa dovrei migliorare.
 
Detto ciò, vi saluto, e vi saluta anche il mio socio co-autore.
 
Goldie: Arrivederci, ragazzi! E ricordate, io vi osservo sempre!
 
Sì, va be’, abbiamo capito...
 
A presto!
 
 
   
 
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