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Autore: Clockwise    28/06/2015    2 recensioni
Chiacchierate dall'altro mondo, lettere, messaggi di ogni tipo. Comunicare, a volte, è difficile. Sopratutto quando si ha qualcosa di importante da dire.
Sherlock? Sherlock, stacca un attimo quel tuo mirabolante cervello ed ascoltami, solo per un istante.
[...]
È inutile cercare di lenire il dolore con false carezze, blande giustificazioni: renderanno la consapevolezza solo più grave. Per questo sono qui. Mettere a nudo tutti i miei peccati e le mie ombre, presentarti i miei mostri sotto il letto e sperare nella salvezza, nel tuo perdono, per l'ennesima volta.
Genere: Introspettivo, Sentimentale, Slice of life | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna, Het, Slash | Personaggi: John Watson, Mary Morstan, Quasi tutti, Sherlock Holmes
Note: Missing Moments, Raccolta | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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- Questa storia fa parte della serie 'Fra le righe'
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Fra le righe

 
Il libro, il voto, non varrà più di quanto tu vali. Che ci si salvi l'anima scrivendo non è detto. Scrivi, scrivi, e già la tua anima è persa.
Italo Calvino, Il cavaliere inesistente

 
Capitolo 17.
Il dilemma del porcospino

Bisogna che oggi l'Amore rimanga nel mio cuore; come farò, altrimenti a vivere fino a stasera?
Oscar Wilde, De Profundis

Le luci si alzano e illuminano Hamish, seduto per terra al centro del palco. Tiene lo sguardo verso l'alto, come riflettendo.
William, a lato, incrocia le dita, sperando di aver scelto le parole giuste.
«È tutto finito ora, suppongo. La fine di uno spettacolo è arrivata quando annusi il profumo della morte.
E lei è morta
Grace non è morta davvero, come ha fatto credere a tutti loro: in realtà è scappata – al momento si trova in Norvegia e si fa chiamare Elizabeth.
«E io?
Cosa sono, io?
Un'ombra su un palcoscenico, trascinato sulle onde di eventi che non controllo.
Sono fatto di parole,
effimere,
fuggevoli,
incostanti parole.
Ombre, anch'esse
Sogghigna.
«Non lo siamo forse tutti?
Non siamo forse tutti creature di inchiostro che si nutrono di carta?»
Hamish si alza, le mani in tasca. Avanza al centro del palco come se stesse parlando con qualcuno. A un cenno di William, dei fogli di carta stampata – spartiti, pagine di libri, illustrazioni – vengono fatti volteggiare sul palco, lanciati dall'alto.
«Devo odiarla, perché è morta?
No. A che servirebbe? È morta, non se ne fa niente del mio odio.
Mentre io mi guasto, e marcisco dentro.
Bisogna fare spazio all'Amore, o non arriveremo fino a stasera.»
William può vedere gli occhi di Hamish diventare più scuri. Non sta più recitando.
«Far spazio all'Amore...
E al perdono.
Perdono per me stesso, per lei, per lui.
Lui, che mi ha salvato, nonostante tutto.
Che continua a torturarmi, qui dentro.
Non riesco a perdonargli di avermi sconvolto la vita, suppongo.»
Hamish stringe i pugni, una stilla di rabbia, che sicuramente non appartiene al suo personaggio, trabocca nella sua voce.
«Ci sono tanti di quei demoni, nel nostro passato.
Eppure.
Devo far spazio all'Amore!
So che me ne è rimasto un po', da qualche parte.
Sarà diventato amaro, dopo tutto questo tempo.
Eppure.
Perdonare è amare. Dimenticare è una medicina.
Per andare avanti, è l'unico modo
William abbassa il capo, facendo cenno agli altri attori di entrare. Questi avanzano lentamente fra le ombre in fondo al palco, come fantasmi.
«Il rancore ci imprigiona, ci costringe a restare ancorati al passato.
Amiamo, e tendiamo una mano avanti.»
Luci, sipario.
Il soffitto è scosso da applausi.

William è strattonato per la camicia. Si volta, perplesso e un po' seccato – gli attori stanno per salire e salutare il pubblico, e anche lui deve prendersi la sua parte di applausi. Hamish lo guarda, furente.
«Grace. È davvero scappata? Mi ha lasciato ed è scappata? Non è morta?»
William scuote la testa.


(Perché è scappata? La storia con Hamish e William non basta. Non è nemmeno così importante, a questo punto, però devo rivelarlo, ho fatto patire questi due per sedici capitoli per colpa sua!
Non ne ho idea. Sarà meglio chiedere.)

«Papà? Che cosa può spingere una persona a cambiare nome e nazionalità all'improvviso senza dire niente a nessuno, facendo credere a tutti di essere morta?»
Sherlock sollevò lo sguardo dal microscopio, pensieroso.
«Dettagli.»
«Donna, intorno ai 30 anni, attrice teatrale, aveva lasciato il ragazzo perché sospettava che lui non l'amasse veramente, come è vero, lui ama un altro ma ancora non lo sa. Finisce in Norvegia.»
Sherlock si lasciò andare contro lo schienale della sedia, corrugando le sopracciglia. John si sporse per guardare sua figlia dalla sua posizione davanti al lavandino e a un mucchio di patate.
«È ancora per quella storia che stai scrivendo? Non ti sembra di starle dedicando un po' troppo tempo? Hai degli esami fra due mesi, signorina.»
Amanda incrociò le braccia al petto, indispettita.
«Questa storia è il preludio ai libri che mi porteranno fama e gloria, in futuro, e un premio Nobel. Vale ben più di qualche stupido esame.»
John sorrise scuotendo la testa mentre Sherlock si alzava con un movimento fluido, avvicinandosi alla libreria.
«Queste inclinazioni artistiche sono preziose, John. Non si dovrebbero mai tarpare le ali alla gioventù.»
«Non le sto tarpando le ali, sto solo dicendo...»
«Se non avessero tarpato le mie, a quest'ora sarei stato un ballerino di danza classica famoso in tutto il mondo» affermò, estremamente serio. John sollevò le sopracciglia, divertito.
«Tu ballerino? E da quando...?»
«Sei un pessimo osservatore, John» commentò Sherlock, voltandosi verso di lui con una graziosa mezza piroetta. «Saresti probabilmente diventato un pessimo giornalista, se avessi assecondato le tue inclinazioni.»
Amanda ridacchiò.
«Grazie. Ma, vedi, non ci saremmo mai incontrati, allora.»
Sherlock sollevò un sopracciglio, frugando fra i libri.
«Oh, sì, invece. Un aspetto curioso del giornalismo è che non sai mai chi ti capiterà di intervistare.»
John rise.
«Non mi daresti tregua, eh? Neanche in un universo parallelo.»
Sherlock gli indirizzò un mezzo sorriso dei suoi, allungando un fascicolo al Amanda.
«Figlio indesiderato da qualcuno di compromettente. Buona scrittura.»
Amanda sorrise e tornò al 221c saltellando.

(Figlio indesiderato, sì, può essere plausibile.)

«Aspettava un figlio e, considerati la sua posizione e il padre, non era proprio auspicabile che rimanesse qui, o sarebbe scoppiato uno scandalo. E poi, suppongo temesse la tua reazione.»
Hamish non ha il tempo di reagire che il resto degli attori spinge lui e William sul palcoscenico, a bearsi dell'acclamazione degli spettatori in visibilio.
Riescono a parlare solo molto più tardi, quando il teatro è ormai vuoto, salvo cartacce e un paio di uomini del servizio di pulizia.


«Amanda!»

(Apro la porta e mi affaccio in corridoio, sospirando.)

«Sì?»
«La cena è pronta fra venti minuti, la tua presenza sarebbe gradita!»
«Non tarparle le ali, John.»
«La cena è un pasto importante! La sua storia potrà aspettare.»
«Sei la persona meno artistica con cui abbia mai avuto a che fare. E sono cresciuto con Mycroft
«Sarà stata la convivenza con un sociopatico di mia conoscenza... Sherlock Holmes, era forse una linguaccia, quella?»

(Meglio chiudere. Diventano imbarazzanti dopo un po'.)

«I could be bounded in a nut-shell, and count myself a king of infinite space, were it not that I have bad dreams1.»
«Non sono davvero sicuro che tu possa stare su quel palco.»
Hamish è esausto, William se ne accorge alla prima occhiata.
«Rilassati, non c'è nessuno. E non si può dire di no ad Amleto
Hamish avanza lungo la platea con le mani in tasca e gli occhi piantati in quelli dell'altro, recitando pensieroso.
«Doubt thou the stars are fire,
Doubt that the sun doth move,
Doubt truth to be a liar,
But never doubt I love2.»
Si ferma davanti al palco, i pugni stretti e lo sguardo fisso sulle assi.
«È così? È davvero così, Hamish?»
La voce di William non trema, per quanto scosso egli si senta dentro – sconquassato da un vorticoso terremoto interiore.
Hamish alza la testa e lo guarda. Il cuore gli batte all'impazzata, e si ritrova a pensare, con la lucidità di chi non ha più nulla da perdere, che i loro ruoli si sono invertiti: di solito, è lui quello sul palco a parlare parole d'altri, mentre William lo guarda da sotto in su, monitorando le sue mosse perché siano fedeli al copione che ha scritto e alle indicazioni che, come regista, ha preteso.
«Words, words. They're all we have to go on3» mormora Hamish, abbassando di nuovo gli occhi.
«Sarebbe anche ora che smettessimo di giocare, non credi?» propone William, amarezza che gocciola da ogni nota nella sua voce. Hamish annuisce.
«Non sono mai stato molto coraggioso, William, lo sai meglio di me. È per questo che sono diventato un attore, per rifugiarmi dietro le parole di altri. È molto più semplice.»
«Ma io non le voglio. Voglio...» avvampa all'improvviso e tace. Hamish solleva lo sguardo verso di lui, una scintilla quasi ferina negli occhi scuri.
«Cosa? Cos'è che vuoi, William? Dimmelo, per una volta, finalmente, dimmelo
William trema, ma non può più negarsi.
«Te
È appena un soffio nell'aria pesante del teatro vuoto, un riverbero sulla pelle di Hamish, che rabbrividisce.
I suoi occhi torturano William, sfavillando come pietre scure sotto la violenta luce artificiale del palcoscenico. Abbassa lo sguardo, sconfitto.
«Mi dispiace.»
Rialza gli occhi, stupito. Il volto di Hamish è disteso, illuminato d'oro da un faretto dimenticato nell'angolo.
«Non sono mai stato in grado di essere del tutto chiaro, con te. Ho lasciato sempre tutto a metà. Io...»
«Una volta, hai detto di amarmi.»
Hamish fa una smorfia di stupore.
«Sono passati quasi dieci anni! E tu eri completamente ubriaco.»
«Posso evitare di studiare Seneca, ma non dimenticherei mai questo.»
Hamish sorride, lusingato.
«Sì, era così. Poi te ne sei andato, senza dirmi nulla; pensavo non volessi più avere niente a che fare con me. Ed è arrivata Grace. E l'amavo. Ma non amo te allo stesso modo.»
«Grazie a Dio reciti quello che scrivono altri» commenta William, in un'eco del suo solito sarcasmo. Hamish gli indirizza un'occhiata di divertito rimprovero.
«Quello che voglio dire... è che le cose sono cambiate. Quello che provo per te non è romantico. E non è nemmeno un affetto da amici, è qualcosa che va oltre. Non credi?»
«È Amore.»
«Con la maiuscola, sì. Non credo di poter provare qualcosa del genere per nessun altro. Ti sono devoto, e fedele, e penso di non poterti vivere lontano.»
«Credo che dovremmo diventare coinquilini.»
Hamish solleva un sopracciglio, sorpreso.
«Buona idea.»
«Non porteremo mai la nostra relazione ad un livello romantico, suppongo, né tantomeno fisico. Lo sai, non me la cavo bene in quel tipo di relazioni.»
«Non potrei chiedere altro» sorride Hamish. William annuisce, con un sorriso sghembo dei suoi.
E capisce, mentre Hamish lo stringe in un abbraccio che hanno atteso troppo a lungo, che non c'è altro posto in cui possano stare.
Al di là di qualunque cosa, in qualunque situazione si trovino, in epoche lontane o in universi paralleli, sotto qualunque forma o nome, Hamish e William dovranno stare insieme. Di legami come il loro ne esistono pochi, poche sono le persone che riescono a trovarsi e a incastrarsi così perfettamente, nonostante i casi, nonostante gli ostacoli.
«Ma esiste davvero?» sussurra Hamish, senza sciogliere l'abbraccio. «Questa cosa, questo Amore. Può esistere davvero?»
William lo stringe a sé, incredulo di averlo lì, fra le braccia, caldo e vivo e palpitante, dopo tanti anni di sogni, ferite e fiumi di inchiostro e parole polverose.
«Siamo a teatro, Hamish. Tutto può esistere.»
Ed Hamish si sente a posto, finalmente. Un languido senso di colpa gli annacqua le viscere, al pensiero di Grace – aveva davvero creduto di avere qualcosa, con lei – ma questa, si dice, è tutta un'altra cosa, non ha a che vedere con lei, che ricorderà sempre, senza più rancore. William... È il sole intorno a cui ruota, non può farci nulla. Ha provato a vivere senza di lui, e non ne è uscito fuori granché bene.
A nessuno dei due è rimasto molto da dare: ma quel poco che c'è va ceduto, basta battaglie. Bisogna fare spazio all'Amore, non c'è altra scelta, in qualunque forma esso si presenti.
Come farò, altrimenti, a vivere fino a stasera?


(È finita. È finita davvero.)

«Amanda! La cena è pronta! Scriverai il tuo capolavoro un'altra volta.»
«Vengo!»
«John, passami quel sacchetto di lingue. Accanto ai cetrioli.»
«Per l'amor del cielo, Sherlock! Sto per mangiare!»
«E io sto per risolvere un caso di omicidio, ora passami le lingue. Oh, Amanda, finito il tuo lavoro?»
«Sì, sembra di sì. Che c'è per cena?»
«Lingue
«Oh, John, smetti di brontolare. Le ho anche etichettate, casomai dovessi scambiarle per qualcos'altro.»
«Non sono così idiota, Sherlock. E sono un medico, so riconoscere delle lingue umane.»
«Eh, già. Il mio idiota preferito.»
«Sherlock
«Volete smetterla? Siete stomachevoli, voi e le vostre battutine da flirt al pub.»
«Amanda, stai condensando gli ultimi vent'anni di me e John in un flirt da pub? E poi, John flirtava con me da Angelo, la prima sera che l'ho conosciuto, non in un pub.»
«Non stavo flirtando!»
«Papà sei arrossito!»
«Sherlock, io ti uccido.»
Come potrei vivere senza di te?

«Un'impresa non da poco. Buona questa zuppa, John.»
Non potresti.
E, paradossalmente, il tuo essere e la tua pessima cucina sono ciò che tiene in vita me.

«Grazie
Tu e i tuoi complimenti. Sono quasi lusingato.

«Era altamente ironico.»
Non c'è bisogno di altre parole, John.

«Sherlock. Smetti di sghignazzare.»
A noi non sono mai servite troppe parole, Sherlock.


(No, forse non è finita.
Forse, la loro storia è destinata a continuare ancora per secoli, celata sotto altre vesti e altre parole. Storia antica, in fondo, scritta ai margini e fra le righe, di un silenzioso amore multiforme.)








 
1 Shakespeare, Amleto
2 Sempre Amleto
3 Tom Stoppard (l'uomo che ha sceneggiato Parade's End, una miniserie dove, guarda i casi della vita, recita il Cumberbaccio nel ruolo di un piagnone inglese con una brutta pettinatura), Rosencrantz and Guildenstern are dead (toh, guarda, personaggi da Amleto)





E anche stavolta, siamo alla fine.
Grazie immensamente a chi mi (ci) ha seguita fin qui, ai preziosi commenti ed opinioni. Spero di non aver deluso nessuno, è stato un capitolo faticoso. 
E' stato un bel viaggio, ma era ora che finisse.
Adieu, e buona estate =)
-Clock
  
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