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Autore: Cloud394    28/06/2015    0 recensioni
La storia dell'adolescenza del rivoluzionario,strabiliante e innovativo musicista degli anni '60, co-fondatore del complesso musicale più influente al mondo i Beatles: John Lennon.
Nel mio petto sento delle fitte, sento lo stomaco gorgogliare, mi sento soffocare, sento il mio cuore sul punto di esplodere e la mia mente attorcigliarsi in una matassa di nervi. Paul si ferma dal parlare, mi guarda.
-Hey Johnny tutto bene?- non rispondo, c'è qualcosa che mi turba, che mi logora e Paul l'ha capito.
Genere: Drammatico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: John Lennon, Quasi tutti
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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«La prima cosa che ricordo è un incubo»

(John Lennon)

 

 

 

Sento tremare la voce di mia madre. Anche questa notte mi ha ripostato dal mondo dei sogni. Com'è possibile? Io non conosco la sua voce..eppure è così vicina a me tanto da sentir il suo fiato sulle orecchie, come se sussurrasse. Mi manca..vorrei tanto stringerla fra le braccia, vorrei tanto che lei fosse con me..dov'è la mia mamma? Perché tutti possono avere la mamma e io no? Che ho fatto di male? Sono sbagliato io? Mi sento così solo..

Ma che cazzo dico?! Mi sono rotto i coglioni di restare in questa topaia insieme a quella stronza di Mimi, voglio andare via! Fanculo Mimi, fanculo Liverpool, fanculo mia madre!

 

Mi vesto ed esco dalla mia porta

-John! Dove vai? Sono le tre di notte!- urla acida Mimi con la vestaglia e i capelli intrecciati nei bigodini che le tirano il viso rendendola ancora più stupidamente ridicola.

-Che palle!Ciao Mimi!- urlo sbattendo la porta sentendola sbraitare.


 

Il porto di Liverpool non è mai stato così freddo, mi rannicchio sulla panchina, mando tutto a fanculo e alla fine mi stendo sopra; ma non riesco a trovare la mia posizione, come questo mare irrequieto. Decido infine di sedermi per terra, chissene frega tanto Mimi lava tutto. Ammazzo il tempo, prendo il mio album e faccio i miei scarabocchi, poi due bei baffi sulla faccia del poster di quel politico con la faccia da castoro pestilente, ha una faccia così brutta che il grassone della mia classe sembrerebbe quella pupa bionda sul manifesto dei vestiti; quanto vorrei fosse nuda. Mi accendo una sigaretta e guardo il mio stupido disegno: fa cagare. Sto per strappare il foglio quando una voce mi ferma

-No..perché lo strappi?- mi volto verso quella voce così soave e incantatrice.-è così bello-

Quella donna si piega accanto a me con il cappotto che le arriva sopra le ginocchia lasciando scoperta un po' di pelle da sotto il vestito, i boccoli rossi che le accarezzano il viso, quei occhi un po' a mandorla che mi sono così familiari.

-Non è tardi per restare qui signora? Deve tornare a casa, so che Liverpool è piccola ma i malintenzionati sono ovunque sa?- dico quasi seccato scarabocchiando per non fissarla troppo.

-Anche per te è tardi, quanti anni hai 14? 15?- dice leggiadra, io la guardo come se volessi strozzarla

-Ne ho 16 signora- dichiaro aspro e la mia voce mi ricorda quella di mia zia. Lei scoppia a ridere e poggia la testa sulla mia spalla, io irrigidisco

-Mi sei mancato così tanto John...-. Che? Chi è questa donna? Come fa a sapere il mio nome? Non è che sono diventato d'un tratto famoso e ora tutti mi conoscono? Poi diciamocela tutta...chi non conosce John Lennon? Ma questa donna mi incuriosisce, ha qualcosa che mi fa sentire strano, è come se la conoscessi da tanto tempo, come se sapessi qualunque cosa, come se mi sentissi finalmente rasserenato. Poi lei si alza

-Posso tenere quel disegno?- mi chiede con una dolcezza infinita, spiazzato annuisco . Lei prende lo prende e mi lascia un bacio sulla guancia -spero di rincontrarti presto e quando vuoi vieni a trovarmi- mi sorride accentuando il naso aquilino, si alza e va via.

In quel momento la mente è come se mi si aprisse, quante volte ho visto quella scena, quante volte ho sognato di rincorrerla e afferrarle l'orlo della gonna per farla restare, quanto bene conosco i suoi boccoli dietro la testa, le sue spalle strette, la lunga schiena e le sue gambe che avanzano su quei tacchi traballanti, che mi lasciano indietro ancora una volta, solo. Io so chi è lei. Lei è Julia: mia madre.

 

 

18 Aprile 1957

 

-Mamma! Mamma! Apri per favore!- busso furiosamente alla sua porta e la chiamo urlando -so che sei dentro!-

Apre la porta di scatto

-Che c'è?!- urla frustrata, stanca, sembra che abbia appena smesso di piangere. Ha gli occhi completamente rossi, tira su con il naso e tra le dita ha una sigaretta -ah, John..il mio sogno- mi fa un sorriso allargando le labbra da una guancia all'altra, poi mi stringe tra le braccia e io un po' confuso e spiazzato ricambio imbarazzato. Mi invita dentro casa.

-Bobby è a lavoro , Jackie e Julia sono a scuola, non ci dovresti andare anche tu?- si accende la sigaretta nervosa e le mani le tremano quando allontana la sigaretta dalle labbra.

-Mi hanno sospeso.- dico.

-E come mai?- mi chiede lei.

-Io e Pete abbiamo fatto vedere della pornografia ad una vecchia- scoppio a ridere come un imbecille, ma la mia risata non è condivisa e mi si spegne subito. Mia madre mi guarda un po' inorridita, quel suo sguardo mi ricorda Mimi. Ecco, lo so già adesso pure lei mi farà la strigliata, mi aggiusto la giacca di pelle con fare arrogante aspettandomi le sue urla .

-John!- si blocca, poi con mio grande stupore, fa un sospiro -mi dispiace che quella poverina abbia incontrato te e Pete- si siede sul divano sogghignando.

Mi siedo sulla punta del divano, lei prende un banjo e ne accarezza le corde con la mano libera colmando il nostro silenzio con la vibrazione di quelle corde.

-Mamma...- dico inghiottendo la saliva.

-Dimmi tesoro.-dice con un sussurro.

-Posso restare da te?- chiedo implorandola con gli occhi.

-Ma, John...e Mimi?- dice sollevando lo sguardo dalle sue dita sul banjo, ho un sussulto, pensavo avesse accettato subito, ma che mi aspettavo? Non posso entrare nella sua vita, anche se lei è mia madre. Ma io voglio restare con lei, non con Mimi.

-Non lo saprà mai, ho bruciato la lettera di sospensione.-lei mi guarda con disapprovazione mista a tenerezza con la sigaretta che le si consuma tra le dita -ti prego- dico in falsetto, abbasso il labbro e la guardo con occhi languidi; lei ride -Va bene-faccio un sorriso che mostra tutti e 32 i denti, lei posa la sigaretta nel posa cenere e inizia a suonare "Maggie Mae" al Banjo. Le dita si muovono abili sulla tastiera e l'altra mano porta il ritmo, finisce la canzone e poi riprende la sigaretta tenendo il banjo sulle gambe.

Mi aggiusto il ciuffo alla Elvis Presley.

-Maggie Mae era una puttana vero?- chiedo.

-Si, vedo che te ne intendi- risponde ridendo

-Già-

Lei continua a fumare e rapidamente finisce la sigaretta.

-Lo sai suonare?- mi chiede.

-No, ma so suonare questa.- tiro fuori l'armonica a bocca che mi ha regalato lo zio George e suono qualche pezzo.

-Fammi provare-allunga la mano con le unghia dipinte di rosso, suona su un foro-bel suono, vorrei imparare anche io. Mi insegni?- dice lei.

-É quella nuova, me l'ha regalata lo zio George-dico con una velata malinconia, lo zio George mi manca davvero tanto..

-Lo so che ti manca tanto, ricorda che chi se ne va non ci lascia per davvero- mi accarezza la mano stringendomela e mi guarda con dolcezza infinita . È come se lei mi leggesse dentro, non mi importa se mi ha lasciato, anche se mi provoca dolore, ma io le voglio bene; anche se ogni giorno mi sforzo di odiarla io so che nel profondo non posso. -Coraggio, dato che devi rimanere qui con me è meglio se ti dai da fare per imparare qualcosa, magari io imparo qualcosa all'armonica e facciamo un coretto-ridacchia, mi posa il banjo sulle gambe.

-Mamma, guarda che banjo e armonica non credo stiano molto bene insieme..- dico ridacchiando

-Ma come John, da quando ti importa di cosa sta bene con cosa? Le innovazioni sono il motore del mondo, come il rock 'n' roll. Prendi ad esempio Elvis, non ha influenzato anche i tuoi capelli? Prima andavano secondo le loro regole, invece adesso hanno lo stesso ciuffo del re del rock-dice lei spazzando via la depressione che precedentemente la inondava, le sue parole hanno azionato degli ingranaggi.

-Sarò grande lo sai?-dico pieno di me, sento di poter cambiare qualsiasi cosa, so di poterlo fare e ci riuscirò.

-Ne sono sicura e ti sosterrò sempre- mi sorride e ricambio-però adesso vedi di metterti a lavoro signorinello-dice sorridente e io rido.

Lei mi insegna il modo in cui tenere il banjo e nel giro di qualche settimana riesco a imparare " Maggie Mae" prima che la zia Mimi scopra che io sono a casa di mia madre.


 


 


 

Alla fine Mimi me l'ha comprata la chitarra, ogni volta che mi vede con quello strumento in mano non fa che ripetermi "La chitarra va bene John, ma non ti darà certo da vivere!"

Ma vaffanculo Mimi! Io sarò come Elvis.


 


 

6 Luglio 1957


 

Tutto è pronto, ma quei figli di puttana non sono ancora arrivati. Cazzo! Dobbiamo suonare!

Per l'agitazione inizio a sistemarmi la camicia nervosamente e comincio a fumare; arrivato a metà sigaretta, finalmente eccoli arrivare.

-Dove cazzo eravate finiti? È un esibizione fondamentale- dico innervosito

-Andiamo John, è solo la festa dell'Oratorio non è poi così importante..- dice Pete con non curanza

-Tu pensa a suonare la tua teiera testa di cazzo.- rispondo secco, prendo una boccata dalla sigaretta

-Allora, è la nostra prima esibizione e come tale noi dovremmo dare il meglio, perché ovviamente cosa pretendo da voi?-li fisso e loro all'unisono rispondono

-Il meglio del meglio Johnny!- faccio un sorriso arrogante

-Vedete che lo sapete? Voglio che quei quattro gatti che ci ascolteranno pensino che siamo il futuro, voglio che le ragazze si eccitino sentendoci, che i vecchietti ci guardino come se fossimo merda e che il resto ..beh il resto deve amarci.-sogghigno soddisfatto, alzo i tacchi e salgo sul palco buttando la sigaretta per terra, sistemo la chitarra afferrando il manico e mi metto alla mia postazione mentre i miei spettatori mi fissano con occhi sgranati.

-Buongiorno gente! Svegliatevi, sono arrivati i Quarrymen, sicuramente non vi annoierete, noi siamo i migliori della zona. Partiamo con Be Bop a Lula di Gene Vincent! Attacca batterista!-dico iniziando a suonare la chitarra dando un colpo secco alle corde.


 

__


 


 

Il modo di fare di quel tipo è un po' bizzarro, mentre canta e suona muove ogni singolo muscolo dalle spalle alle espressioni facciali per dar più spettacolo, ma più che altro quel ragazzo sembra esser nato per stare sopra un palco con una chitarra in mano a fare il pagliaccio. I signori intorno a me non fanno che parlottare, Ivan sembra apprezzare sia la musica, per il suo piede che tiene il ritmo, sia il cantante, dato che non gli stacca gli occhi di dosso come, tra l'altro, stanno facendo tutti e sto facendo anche io.

Da quando ha messo piede sul palco non faccio che fissarlo e appena ha attaccato con la musica il mio cuore ha fatto un sobbalzo e le mie labbra mie labbra hanno formato la parola “wow”. Vederlo così a suo agio è contagioso, inoltre è incredibile che gli accordi che fa, del tutto sbaglati, non stonino con il resto della canzone.

-Ivan ..come si chiama quel ragazzo con la camicia rossa a quadri?-dico senza staccare gli occhi da lui

-É proprio per lui che ti ho fatto venire,è un mio amico si chiama, John Lennon.-dice lui

-John Lennon?- chiedo.

-Si, lo conosci di nominata?- mi chiede lui.

-No..mai sentito nominare..-dico guardando la fine della sua esibizione.


 

___


 


 

-Ciao io sono Paul McCartney-mi allunga la mano un ragazzino con il viso paffuto, i capelli neri tirati da un lato e un fiore di garofano che gli spunta dal taschino della giacca bianca. Osservo la sua mano, le dita lunghe e affusolate tanto da sembrare appartenere ad una donna. Gliela afferro e stringo con arroganza, ma nella sua stretta sento una strana vibrazione provenirmi da dentro come se ogni cosa avesse trovato il suo posto; poi lo guardo negli occhi e i suoi color nocciola mi trafiggono come se fossero due proiettili, chi è questo ragazzo?

-Io sono John.- dico con superiorità.

-Vi ho sentiti suonare..-

-Quindi vuoi conoscere i Quarrymen?- dico accendendo una sigaretta

-...originale esibizione direi- continua il ragazzo dai capelli nero pece, ignorando completamente la mia domanda -Come fai a dirlo? Sei un ragazzotto di quanto? 13..12 anni?- rido strafottente, questo ragazzino mi ha già rotto.

-Ne ho 15, siete bravi ma questo non vuol dire che siate il massimo.- risponde lui alzando un sopracciglio

-Quanta esperienza ragazzino, se sei così capace a dare un giudizio allora prego, con tanto di garofano ma che galante-questo mi ha proprio rotto le palle, chi si crede di essere?

Prendo la mia chitarra e la passo a questo damerino del cazzo

-Avanti,che sai fare?- lui mi guarda con aria di sfida, afferra la chitarra e la rovescia, ecco non la sa nemmeno tenere.

Non lo voglio più vedere, mi sta solo facendo girare i coglioni.

Ma appena le sue dita incrociano le corde, è magia.

Non ho mai sentito nessuno suonare dal vivo così bene "Twenty Flight Rock". La suona così abilmente e meravigliosamente che sembrava fondersi con la chitarra stessa; osservo le sue mani abili molto di più delle mie e in quel momento mi si spazia la mente.

I miei occhi lo guardano in modo ammirevole e, da fastidio, i miei sentimenti cambiano. Paul mi guarda negli occhi e mi fa un sorriso dolce.

-Se vuoi ti faccio sentire Little Richard.- annuisco leggermente e continuo a fissarlo sorridendo come un ebete. Dopo venti minuti io e Paul non avevamo fatto altro che parlare di artisti, più parliamo, più cose abbiamo in comune

-Scusa John, è tardi, io adesso devo proprio andar via..- dice restituendomi la chitarra.

-Oh si..va bene, ci si vede allora- la riprendo e, facendomi un sorriso, lui e Ivan vanno via.


 

Siamo rimasti io e Pete, decidiamo di andarcene, ma io rimango immerso nei miei pensieri.

Paul...

Non sembra tipo da rock 'n' roll eppure..eppure sembra esserci nato con la chitarra in mano, non credevo che un ragazzo così fragile e con la faccia paffuta avesse potuto entusiasmarmi così, è straordinario.

-Winston- dice Pete interrompendo i miei pensieri.

-Cosa c'è?- rispondo dando una boccata di fumo

-Sei pensieroso, a che pensi? Ancora alle poppe della Powell?- dice Pete prendendomi in giro

-No, oggi no- rido -Shotton.-gli chiedo continuando a fumare

-Dimmi Lennon- mi risponde Pete continuando a fumare la sigaretta e seguendomi ampliando il passo.

-Cosa ne pensi di lui?- gli chiedo senza troppi giri di parole

-Lui chi?- mi chiede

-Il coglione col garofano- rispondo

-Coglione? A me sembrava che sbavassi per lui.- risponde Pete

-Sbavare? Io? Io non sbavo per nessuno.- dico

-Tranne per Cynthia- dice lui

-Si, tranne per lei- rido-non mi hai risposto però.- continuo fissandolo

-Penso che è ok. Mi piace- risponde guardandomi

-E adesso chi è che sbava per chi?- rispondo guardandolo strafottente

-Ah-ah, come sei divertente.- dice lui volgendomi una smorfia

-Beh, se a te piace tanto, dovremmo chiedergli di unirsi alla band- gli chiedo più convinto che mai, la mia band ha bisogno di talenti.

-Si, va bene per me se è ok per te.- dice lui prima di salutarmi e svoltare strada per tornare a casa sua e io a quella della mia adorabilissima zia.

 

Ma oggi no, decido di tornare da mia madre.

-Ciao Johnny, com'è andato il dopo festival? Bobby voleva che tornassi qui e..- dice lei, ma la interrompo subito -Mamma conosci i McCartney?-le chiedo

-No..non credo..forse Bobby..- risponde lei guardandomi con un sorriso -perché hai conosciuto una ragazza carina?- sogghigna e ridacchia. Avvampo.

-No mamma, è uno che voglio che si unisca alla band però..non so..-lei mi guarda posando il viso sulla mano. -Davvero? Quindi vi allargate? Che bello!-dice lei entusiasmandosi

-Però..- aggiungo io mordendomi il labbro

-Però cosa? Da quando tu sei così insicuro? Avanti avete bisogno di persone talentuose e se lo vuoi nella tua band evidentemente ti piace...dimmi il suo nome.-dice lei alzandosi in piedi con un sorriso largo che parte da un orecchio fino ad arrivare all'altro

-Paul McCartney-è così contagiosa, ancora una volta lei mi ha letto nella mente.

Si alza, fruga nel cassetto, prende un quadernino e cerca tra i fogli.

-McCartney hai detto? Qui ho un certo Jim McCartney, abita in Forhlin Road numero 20, forse potrebbe essere suo padre, questo è l'unico McCartney che ha Bobby sulla lista-dice mia madre alzando lo sguardo e volgendomi un sorriso, io resto a fissarla-cosa aspetti? Che ci fai ancora qui? Corri!- rimango immobile, lei mi spinge fuori dalla porta mettendomi tra le mani il foglietto con l'indirizzo di casa di Paul e non mi da il tempo di proferire parola prima di chiudere la porta e lasciarmi fuori.


 

__


 


 

Fuori dalla porta non si sente altro che musica, un pianoforte suona solenne su quella via deserta, la casa a mattoncini rossi è uguale a tutte le altre e io spero che mia madre mi abbia dato l'indirizzo giusto.

Cazzo! Solo io devo fare queste figure di merda! Mi metto a fumare una sigaretta, il campanello indica il nome "McCartney" e io suono più volte per segnalare la mia presenza.

Quando finalmente mi caga, il pianoforte smette di suonare per lasciar posto alle voci di due persone che litigano su chi debba alzarsi per venire ad aprirmi.

Alla fine arrriva un ragazzino di forse 13 anni, con gli occhietti piccoli e azzurri che sembrano arricciati. Tiro una boccata di fumo

-Ciao..ehm..di cosa ha bisogno?- mi dice il ragazzino con la voce che non si è ancora del tutto sviluppata.

-Abita un certo Paul qui?- soffio via il fumo sentendomi così forte e potente su un piccoletto del genere

-Ah si..un attimo..- il ragazzino dagli occhi blu rientra in casa e urla il nome di Paul e poco dopo appare alla porta lui, Paul...il mio Paul.

-Ciao John..ehm..cosa ci fai a casa mia? Scusami..vuoi entrare a prendere un thè?- dice lui un po' a disagio nella sua canotta bianca e pinocchietti blu.

-Sai, io preferisco la birra al thè-dico in modo altezzoso, questo marmocchio sarà facile da comandare

-Rock 'n' roll forever eh Lennon?- si appoggia allo stipite della porta alzando per l'ennesima volta quel sopracciglio, se non fosse così maledettamente inarcato verso l'alto non sarebbe così difficile! Butto la sigaretta, Paul mi accompagna in salotto e mi fa sedere sul divano.

É tutto molto ordinato, il mio occhio cade sul quadretto di una donna

-Tu accomodati, io mi vesto e scendo-

Continuo ad osservare quella donna, è davvero giovane, con i capelli neri corti e ricci, il sorriso sottile e il viso paffuto. Assomiglia moltissimo ai fratelli McCartney, dubito possa essere la nonna, la foto è abbastanza recente.

-Sono pronto.- dice Paul con indosso una maglietta corta blu e i pantaloni neri, interrompendo il flusso dei miei pensieri.

-Allora andiamo- dico alzandomi dal divano-quindi è qui che abiti? Non è molto lontano da Mendips..mi sembra anche strano che non ti abbia mai visto..- dico aggiustandomi il ciuffo alla Elvis

-Frequentiamo luoghi diversi John..siamo diversi- dice lui mettendo le mani in tasca

-Già, diversi..eppure così uguali.- dico guardando di fronte a me

-Che vuoi dire Lennon? Io non sono come te..sei famoso a Liverpool, vai in giro a divertirti e a spaccare tutto.- dice lui grattandosi una narice

-É Rock 'n' roll Paul, si vede che non sei informato.- dico tirando fuori una sigaretta

-Dici? Eppure preferiamo gli stessi musicisti.- dice lui alzando il sopracciglio. Non posso dargli torto, ma come fa un damerino come lui a fare il rock così bene, così abilmente? Mentre i miei pensieri scorrono il silenzio ha preso il sopravvento, compro delle birre e ci sediamo su una panchina del porto, ne stappo una e gliela lancio

-Prendi..o preferisci il tè damerino?- dico prendendolo in giro, lui ridacchia

-No Johnny, non mi fa male una birra.- la stappa e inizia a berla mentre io lo guardo.

Il fatto che lui beva una birra stona con il suo essere così precisino e sempre elegante.

-Cosa c'è?- mi chiede guardandomi confuso.

-No..è solo che quella birra stona parecchio con te.- dico fissandolo.

-Come una chitarra al contrario?- dice lui ridendo e facendomi ridere a mia volta

-Paul, ti va di unirti alla band?- mi avvicino e lo guardo negli occhi, voglio capire cosa mette in moto in me questo ragazzino così diverso..così timido così uguale a me, voglio conoscerlo, voglio averlo al mio fianco. Noto che sul volto di Paul siano passate diverse sfumature di rosso, i suoi occhi nocciola con questa luce sembrano verde smeraldo e io resterei a guardarli per ore

-Uhm, ehmm..io...-alza lo sguardo e posa i suoi occhi sui miei, è curioso come il suo sguardo sia così pieno di certezze, sicurezze, è un ragazzo forte lo vedo dal suo modo di fare, dalla maniera in cui mi guarda, in cui mi sfida, in cui traspaiono i suoi sentimenti sul viso come se fosse un libro aperto solo per me.

-..va bene- mi guarda mordicchiandosi l'interno della guancia, io sorrido e alzo la bottiglia di birra

-Brindiamo allora, alla tua entrata nei Quarrymen!- sorrido mantenedendo gli occhi sui suoi, lui mi volge un dolce sorriso e fa tintinnare la bottiglia con la mia.

 

 

 

 

 

15 Luglio 1958

 

 

Se non fossi andato via..

 

Paul e io siamo ancora a suonare, rispetto a un anno fa ho fatto dei progressi, anche perché adesso ci sono anche George e Stu a sopportare i miei assoli. Oggi stacchiamo più tardi del solito, sono di buon umore e Paul lavora meglio quando lo siamo entrambi. Usciamo e facciamo una passeggiata, mi sistemo gli occhiali alla Buddy Holly sul naso

-Paulie hai intenzione di raggiungere Mendips e accompagnarmi come se fossi una donnetta?-ridacchio e lui mi passa i fogli da disegno.

-Si, dato che con Cyn non sei così gentile, te la limoni solo quella povera ragazza. Lei ti ama davvero.- dice sospirando e io afferro i fogli.

-No, non è vero, anche io la amo. Adoro il suo modo di pensare e di essere-dico con un sorriso riportando alla mente il suo viso sorridente.

-Sarà, ma mi dispiace per lei. Non dovevi esagerare l'altra volta però, ha solo ballato con Stu, non ci ha scopato o fatto altro-dice prendendo una sigaretta e offrendomela.

-Sono geloso Paul.- ne prendo una e lui tace. Il nostro silenzio viene frenato dall'arrivo da una donna riccia con i capelli rossi, è sola e ha un vestito a fiori. Lei ci guarda e fa un ampio sorriso, con i tacchi ci corre incontro e mi getta le braccia al collo, lo stesso fa con Paul.

-John non dovevi tornare da Mimi? Ti sta aspettando, è preoccupata- dice lei scrutandomi.

-Tranquilla mamma, Mimi è abituata ai miei rientri notturni-aspiro del fumo in modo eccentrico, solo ora mi accorgo che Paul ha nascosto la sigaretta.

-Signora la riaccompagnamo a casa?- dice Paul con il suo essere disgustosamente gentile.

-Oh Paul non ti preoccupare, Bobby e le bambine mi stanno aspettando a casa, hanno fame e le ho comprato del fish and chips, saranno felicissime!-dice sorridente.

-Buono, lo voglio anche io- cerco di prendere la busta ma lei ritrae la mano.

-No no! Questi sono per le tue sorelle, la prossima volta che vieni li compro solo per te-sorride.

-Ah Paul, mi sono ricordato che dobbiamo passare da Stu-lo fisso e il volto di Paul si rabbuia.

-E perché?-dice lui sospirando.

-Perché si, dai muoviti che sta solo fino a e mezza!-lo prendo per la manica.

-John aspetta! Ci vediamo domani vero? Ti compro il fish and chips e magari suoniamo la chitarra e il banjo insieme-sorride lei inclinando la testa, io mi avvicino e poso le mani sulle sue spalle, ormai sono più alto di lei.

-Meglio mamma, suoniamo Banjo e armonica insieme- sorrido guardandola negli occhi così uguali ai miei, lei sorride e mi abbraccia.

-Ti voglio bene John, ci vediamo domani.-si stacca e io le rispondo con un sorriso veloce, poi riprendo la manica di Paul e insieme corriamo verso casa di Stu mentre mia madre segue la strada opposta alla mia e una brutta sensazione mi assale dall'interno.


 


 

Nel mio petto sento delle fitte, sento lo stomaco gorgogliare, mi sento soffocare, sento il mio cuore sul punto di esplodere e la mia mente attorcigliarsi in una matassa di nervi. Paul si ferma dal parlare, mi guarda.

-Hey Johnny tutto bene?- non rispondo, c'è qualcosa che mi turba, che mi logora e Paul l'ha capito. Così mi accompagna a metà strada e poi ci salutiamo.


 

Entro in casa. Appena chiudo la porta lei mi raggiunge all'entrata.

-John?-è ancora vestita, ha una gonna nera a righe che parte da sotto il seno fino ad arrivare alle ginocchia, delle scarpe nere con poco tacco, una maglietta color salmone e il collo è sempre adornato dalle sue amate perle. I ricci neri sono impeccabilmente ordinati, ma la sua espressione non lo è. Mi guarda con aria turbata e un po' di rimprovero che ormai conosco come le mie tasche.

-Si Mimi lo so..ho fatto tardi, solo che Stu doveva darci delle cose e..- senza farmi finire di parlare mi stringe in un abbraccio.

-Mimi?-ricambio sorpreso e un po' freddamente.

-Ho..temuto il peggio..pensavo fossi con lei..-dice allontanandosi da me e guardandomi negli occhi, il mo cuore fa un balzo. Lei? Lei chi? Julia?? Peggio? Mimi cosa vuoi dirmi?

-Mimi? Che succede? Lei chi?-la guardo nel panico, lei sospira e mi porta nella stanza affianco facendomi sedere sui divanetti rossi dove da piccolo mi divertivo a saltarci sopra e poi venivo rimproverato da Mimi. Mia zia si siede accanto a me e mi guarda dritto negli occhi.

-John..-prende un sospiro e con seriezza mi guarda negli occhi-Julia stava tornando a casa ed è stata investita.-dice lei guardandomi, io la fisso assente.

-Cosa..?- dico con un filo di voce strozzata.

-John...è morta- e in quel momento il buio si impossessa di me.


 


 

Non so come, ma sono a piangere su questa panchina da tre ore, sono quasi le tre del mattino e io intendo morire, in questo istante.

Lei non c'è più, la mia mamma, la rivoglio, adesso. Intorno a me si trovano un letto bottiglie di birra, alcune rotte alcune piene, mischiate con il mio vomito e le cicche di sigaretta.

Voglio soffocare, mi manca mia madre. Perché proprio io? Perché tutto questo? Chi mi ha mai amato davvero? Nessuno. Sono sempre stato solo, lo sarò per sempre.

É perché sono così stronzo, perché sono una merda e mi merito questo male, allora voglio morire, voglio stare con la mia mamma.

Prendo un vetro e lo punto contro il mio palmo, spingo contro facendomi sanguinare il palmo.

-Shh...-una voce alle mie spalle, la voce è come un sussurro, mi toglie dolcemente il vetro dalla mano. Le sue mani calde circondano le mie, ho gli occhi chiusi e non vedo, sono così ubriaco da non capire chi è che parla.

-Se ti mozzi una mano non riuscirrai più a suonare la chitarra Lenny.- ridacchia sedendosi accanto a me, stringendomi ancora le mani e butta via quel vetro.

Apro appena gli occhi.

-Paul..-è un sogno? O è lui per davvero?

-Dammi una birra.- gli dico cercando il cartone delle birre, se ne prende una e mi guarda alzando il sopracciglio. Io inizio a ridere.

-Vorrei strappartelo quel cazzo di sopracciglio.- dico ridendo.

-Ah si?-lui mi osserva continuando a scolarsi tutte le mie scorte di birra, le mie ultime dieci bottiglie andate in fumo. -Bastardo perché te le sei finite tutte?- sono incazzato nero, ma non riesco a smettere di ridere, mi guarda e scoppia a ridere.

-Sei un deficiente di merda Lennon, non immagini quanto ti odio.- dice ridendo.

-Allora ti odio anche io-dichiaro sighignazzando.

-Andiamo John, è da quando ti ho conosciuto che mi guardi male, so che mi odi.-lui si rabbuia e si scola la bottiglia.

-Non è vero Paul. Tutti pensano che io sia un coglione,i n effetti è così però a me non piace fare il primo passo, preferisco che lo facciano gli altri. Sono gelido e menefreghista, ma è solo una parte di me. Io penso, penso e ripenso e la mia persona tende a voler allontanare gli altri da me, voler allontanare il vero me stesso dagli altri e da me stesso perché mi ritengo così fottutamente superiore a tutti. Nessuno potrà capirmi, tranne di te. Tu mi piaci Paul, tu non hai bisogno di farmi domande, di parlarmi. Basta che mi guardi negli occhi o che mi sei accanto e mi capisci. Siamo così diversi , ma tu sei la persona a cui tengo di più al mondo perché sei uguale a me-dico fissando le stelle, sto sputando un mucchio di verità ma chissene frega, sono ubriaco ed è ubriaco anche lui. Nessuno si ricorderà un cazzo domani.

Non riesco a guardarlo in faccia, sono steso, ma lui non parla più, forse starà pensando a qualcos'altro, penserà anche lui a sua madre.

-Paulie...-dico con un filo di voce, sento le lacrime salirmi agli occhi.

-Dimmi...-risponde lui.

-Com'è stato perdere tua madre?- chiedo cercando di reprimere le lacrime.

-Lo sai benissimo. Con l'unica differenza che non sono scappato e non ho fatto i capricci come un bimbo viziato, come stai facendo tu.-dice lui.

-Sempre con la risposta giusta tu. Come si chiamava tua madre?-dico mettendomi una mano sulla fronte, sento salire un altro cotonato di vomito.

-Mary, mi voleva tanto bene..amava la musica e noi..-dice con velata malinconia. Lo stomaco mi brucia e sembra che il fegato mi esploda mentre la testa mi pulsa.

-Tua madre ti voleva tanto bene, anche se ti ha lasciato solo tutto questo tempo. Tutte le madri amano i propri figli. John, nessuno ci lascia sul serio se rimane nel cuore di chi resta. Ora sei ferito, ma tu sei forte, saremo forti. Io sarò con te-dice tirando su con il naso, lo sapevo, lo sapevo, era quello che volevo sentire. Mi sollevo.

-L'avevo appena ritrovata e mi è stata portata via-gli volgo uno sguardo prima di piegarmi e vomitare dall'altra parte. Lo guardo, ha le guance arrossate, i capelli scompigliati, i suoi occhi sono lucidi e puzza tremendamente di alcool..o forse sono io?

Alzo la mano e indico una stella.

-Paul, la vedi quella stella?-non aspetto che lui risponda per continuare-quando avevo cinque anni mia madre me la dedicò, mi disse che quella era la nostra stella, mia e sua. Ora voglio che sia nostra, solo mia e tua e voglio che si chiami MaryJulia.- dico guardandolo, dai suoi occhi sembrano scendere delle lacrime che gli attraversano le guance paffute. Sento le mie di guance bagnarsi, mi sporgo verso di lui e lo abbraccio. Non mi importa di cosa penseremo domani, non mi importa niente di nessuno, tranne che di Paul. Rimaniamo così per un po' di tempo, fin quando le lacrime si tramutavano in risate.


 


 

10 Dicembre 1980


 

Linda è andata da sua madre con le bambine, ha più volte insistito affinchè io venssi con lei dato il mio stato d'animo. John è morto, non me ne capacito ancora, proprio quando stava andando tutto bene dopo anni di liti, dopo tutto questo tempo passato insieme me l'hanno portato via. Non so quanto posso sopportare un mondo senza John, un mondo in cui non ci sia uno stronzo pronto a cambiare e stravolgere tutto. Solo perché un figlio di puttana l'ha sparato. É così che si finisce allora quando si esprime troppo il proprio pensiero?

Il mio John...

I miei pensieri vengono interrotti quando la cameriera bussa alla mia porta.

-Mi scusi per averla disturbata sir. McCartney, ma ho un messaggio per lei.-dice la donna.

-Non si preoccupi, mi dica.-la guardo e lei mi passa una busta di una lettera piccolissima.

-Tolgo il disturbo- dice la donna lasciandomi solo. Guardo quella busta del color bianco immacolato, sul restro c'è scritto solo il mio nome. La fisso per qualche minuto e decido di aprirla.

 

"Ciao,non so se a te farà piacere rivedermi

ma ho bisogno di dirti una cosa importante,

vediamoci all' Hyde Park alle 18:00 in punto.

Spero accetterai il mio invito.

Yoko"

 

Ci mancava solo lei, la amatissima moglie di John. Come se non stessi soffrendo abbastanza.

Vuole farmi stare ancora peggio? No, non voglio incontrarla, non oggi...


 


 

Ore 18:00


 

Si alla fine l'ho fatto, mi sono cammuffato e ora sono seduto su una panchina dell'Hyde Park con Martha che tira perché vuole correre su quei prati.

No Martha, non lasciarmi con quella strega.

Chissà che vuole dirmi, scommetto che ora si metterà a piagnucolare, o vuole sfogarsi con me, ma forse non sa che sto male come lei, se non peggio. Come ha fatto John a innamorarsi di lei? Perché non ha scelto noi?Perché non ha scelto me?

Una donnina vestita di nero si siede affianco a me, accavalla la gamba. I suoi capelli neri con qualche capello bianco sono legati in uno chignon, le labbra sottili sono serrate, ha una borsa nella quale potrebbe entrarci chiunque.

Un bimbo di quattro o cinque anni è con lei, ha in capelli lunghi a caschetto neri, due occhi a mandorla e un espressione familiare. Si siede tra me e la donna, lei si toglie gli occhiali da sole scoprendo gli occhi asiatici,eccola ,la cara giapponese preferita da John.

Ha un'espressione afflitta e gli occhi gonfi, la sua impenetrabile espressione da statua in marmo sembra essere stata colpita al centro del suo cuore e completamente svuotata.


 

-Ciao...-dice lei guardando verso il basso. Il bimbo, che deduco sia Sean, si avvicina a Martha allungando la mano per poter accarezzare il suo pelo, lei con la lingua fuori non aspetta altro che essere liberata per giocare con mini-John verisone orientale.

-Perché mi hai contattato?-dico guardandola torvo. La giapponese, con mia inaspettata sorpresa, mi guarda dritto negli occhi. I suoi neri sono profondi e segnati, sembra riuscire a toccare il dolore che la logora.

-So benissimo a cosa pensi, ma ti sbagli non sono venuta qui per diventare tua amica o farmi apprezzare da te o perfino farti cambiare opinione su di me, non mi interessa ,sono qui per John.-la sua sicurezza mi spiazza, quella piccoletta tutta nera che faceva da sfondo a John non credevo nemmeno sapesse parlare, invece eccola qui mentre mi lascia senza parole,facendomi zittire dalla donna alla quale ho attribuito la nostra separazione per anni. -sono più che certa che il nostro incontro cambierà il nostro rapporto conflittuale o quello che pensi di me, John era tuo amico e io penso fermamente che tu sia una persona d'oro, nonostante tutto..-un altro colpo, questa donna è John, non mi ha mai parlato così. Odio ammetterlo però sa come spiazzarti ed è imprevedibile, forse capisco perché John la amava tanto, mi sono bastate due frasi per rendermi conto che il suo modo diretto gli ricordava sè stesso..o sua madre..per quanto lei possa essere diversa.. ma forse non lo dicevamo anche io e John su di noi che eravamo così diversi ma così uguali?


 

-Volevo darti questo.- esce dalla sua borsa un quaderno, sulla copertina c'è scritto "Memories"-non ho letto nulla, ma a giudicare dalle date si tratta dell'adolescenza di John-lei me lo passa tra le mani tenendo quel quaderno come se fosse una reliquia di estrema fragilità.

-Perché me lo stai dando?-la fisso cercando di capire le sue intenzioni.

-Perché tu sei stato importante per John, lo sei sempre stato fino alla fine. A volte lo sei stato più di me e io sono stata gelosa, terribilmente gelosa di te, ma non volevo separare il vostro gruppo, non è mai stata mia intenzione. Solo che... vedevo John imprigionato e credo davvero che lui ce l'abbia fatta meravigliosamente anche da solista, come ovviamente te, George e Ringo. Lui è sempre stato felice di averne fatto parte, parlava dei Beatles con grande orgoglio, parlava di te con grande fierezza. Era felice di stare con te-la donna di pietra mi sorride, lasciandomi ancora una volta senza parole. No, lei non è John, è più sensibile, si accorge dei dettagli,non mi sorprende tanto ora che John ha scelto lei, ero io quello geloso, ero io quello che non riusciva ad accettarla perché mi sono sentito tradito, ma alla fine John non è mai appartenuto a me, tra di noi c'era un legame e anche adesso io non credo sia scomparso,John è sempre con me insieme a mia madre e mio padre, per quanto io ci abbia provato, non posso estraniarlo, è una parte di me come lo è la dolce Linda -è meglio che vada, ci vediamo...-dice alzandosi.

-Aspetta Yoko-lei si gira e mi scruta -forse...forse i Beatles non si sono sciolti a causa tua...-lei sorride e dice qualcosa in giapponese a Sean che si allontana da Martha e mi fissa.

-Sean, lui è un grande amico di papà, si chiama Paul-lui scuote la testa.

-É proprio Paul? Quel Paul?- la guarda con gli occhi che luccicano, lei annuisce. Il bambino si gira verso di me e sorride allegro, io ricambio il suo saluto -Ciao Ciao Sean- sorrido, poi mi saluta con la manina timidamente e insieme con sua madre si allontanano.


 


 

Ho riletto due o tre volte, il quaderno si ferma alla morte di Julia, a quella sera. No, non l'ho mai dimenticata John, è sempre stata lì. É in quel momento che siamo diventati indivisibili e così complici? O forse non lo siamo stati? Abbasso lo sguardo e leggo sul suo quaderno, riconoscerei la scrittura di John tra mille, quella da sognatore che sembra uno scarabocchio, alle ultime pagine.


 

"Qualunque cosa accada Paulie, non ti abbandonerò mai davvero. Infondo lo sappiamo entrambi che ci amiamo all'impazzata. Giusto principessa?"


 

Il fuoco del camino scoppietta ancora, strappo quella pagina e la metto nel doppiofondo del portafogli in modo che nessuno possa mai trovarla. Voglio che tutto questo sia solo mio, non voglio che qualcuno rilegga i suoi pensieri, sono solo miei e basta. Butto il quaderno nel caminetto che velocemente prende fuoco.

No John, non sei più solo, non lo sei mai stato, non lo sarai mai, queste sono le nostre memorie, solo mie e tue.

 

  
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