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Autore: BabyLolita    29/06/2015    1 recensioni
Il primo amore non si scorda mai. Ti rimane dentro, impresso, indelebile. Il primo amore ti travolge e ti stravolge. Hilary è alle prese con il suo primo amore. Un amore che la cambia, che la turba. Un amore che la risucchia e l'annulla. Quando si scopre innamorata è troppo tardi, perché lui è ormai lontano. Si promette di aspettarlo, di dichiararsi non appena lui farà ritorno. Si promette di essere forte. Fa tante promesse a sé stessa. Così tante che è difficile mantenerle tutte quante. Quando un amore è lontano e tanta gente gira intorno a te è difficile essere fedeli a sé stessi, alle proprie promesse. È difficile non innamorarsi ancora. È difficile dimenticare chi si è amato tanto. È difficile quando, davanti a te, il passato ed il presente si scontrano per impossessarsi del tuo futuro.
Genere: Drammatico, Sentimentale, Triste | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Castiel, Kentin, Nuovo personaggio
Note: nessuna | Avvertimenti: Tematiche delicate, Triangolo
Capitoli:
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Fin da quando ho memoria, ricordo di essere sempre stata un maschiaccio. Ricordo mia madre lamentarsi con le sue amiche del fatto che mi rifiutavo di indossare abiti femminili come gonne o vestiti, di farmi acconciare i capelli o di giocare con le bambole. Ricordo la sua voce piagnucolante che mi accoglieva ogni volta che tornavo a casa coperta di terra perché avevo passato il pomeriggio al parco giocando alla lotta con i miei amici. E ricordo anche di quel giorno, quando salvai Kentin dai bulli. Era il compleanno della mamma e, come regalo, decisi di indossare uno di quei vestitini che mi aveva regalato ma che mi ero sempre rifiutata di indossare. Aprii l’armadio afferrando quello che mi sembrava meno sbarazzino ed appariscente e la scelta ricadde su quello azzurro. Lo infilai a fatica, non essendo abituata a quel genere di abito ci misi qualche minuto prima di capire come indossarlo per il verso giusto. Una volta indosso afferrai delle ballerine nere che trovai li vicino. Scesi al piano di sotto e mia madre scoppiò in lacrime non appena mi vide. Iniziò a baciarmi il viso ripetendomi più volte che ero la bambina più bella del mondo e che le avevo fatto una sorpresa meravigliosa. Non mi aspettavo di certo una reazione simile e forse fu un po’ per quel motivo che, tempo dopo, decisi che vestirmi con qualcosa di più femminile non fosse poi una così pessima idea.
 
Mi accompagnò a scuola ricordandomi ancora una volta quanto fossi stupenda con quell’abito prima di scendere dall’auto e raggiungere le maestre. Non appena arrivai nella mia aula i miei amici non mi riconobbero anzi, iniziarono a prendermi in giro per via della mia appena scoperta femminilità. Rimasi isolata per tutta la mattinata. I maschi, quelli che fino a poco prima credevo miei amici, mi prendevano in giro da lontano e quindi non mi lasciavano avvicinare a loro mentre le ragazze erano spaventate dalla mia presenza. Pensavano che, visto che avevo passato tutto quel tempo con i maschi, fossi un abominio che non sa come giocare con una bambola. Effettivamente, non avevano tutti i torti su quest’ultimo punto. Non avevo mai apprezzato le bambole e non ci avevo mai giocato, ma non ero comunque un abominio. Ricordo che ero in un angolo a giocare con le macchinine quando sentii qualcuno piangere dentro la casetta poco lontano da me. Mi alzai avvicinandomi per vedere cosa stesse succedendo. La prima persona che scorsi fu Erik, il ragazzino che tutti temevano per via della sua innata violenza. Nessuno gli diceva mai niente poiché era il figlio dell’insegnante più cattiva di tutto l’asilo. Quando mi accorsi che stava percuotendo Kentin non ci vidi più. Non conoscevo Kentin personalmente, ma conoscevo la sua storia. Da sempre veniva snobbato da tutti per via della sua corporatura gracile e minuta. Non giocava mai con nessuno, restava sempre da solo. Visto come avevo passato la mattinata capii quanto dovesse essere dura per lui venire qui tutti i giorni e decisi di intervenire immediatamente. Mi resi conto che, con un vestito, non avrei potuto essere d’aiuto più di quel tanto. Subito dopo mi accorsi che la madre di Erik non era presente quel giorno e, di conseguenza, non avrebbe potuto difenderlo. Decisi allora di entrare in azione:
   «Maestra! Maestra! Erik e gli altri stanno di nuovo trattando male Kentin!»
Vidi i ragazzi scattare sull’attenti e correre via all’istante. Sorrisi vittoriosa mentre mi avvicinai al povero Kentin aiutandolo a rialzarsi. Lui mi guardava con aria spaesata. Capii che, probabilmente, si sentiva a disagio e non sapeva come ringraziarmi. Iniziai a pulirgli i pantaloni e lui mi offrì un biscotto. Ci scambiammo qualche parola prima di addentarlo. Forse fu in quel momento che qualcosa scattò in me. Fu quella sua semplice gentilezza a farmi decidere che volevo restargli accanto per sempre. Lui non era come i miei precedenti “amici”. Nessuno di loro mi aveva mai invitata da nessuna parte o offerto qualcosa. Tutti venivano a lottare con me perché mi vedevano come un loro pari ma nulla di più. I li reputavo miei amici, ma loro non mi reputavano tale. Probabilmente ero solo un passatempo, ma a questo punto poco mi importava. Kentin era gentile, non gli importava come mi vestivo o come mi comportavo, lui era diverso, diverso abbastanza da farmi decidere di passare il resto del tempo con lui.
 
Passò del tempo da allora ma io continuavo a restare al suo fianco. Lui era il mio prezioso amico, l’unico che mi aveva accettata completamente anche quando aveva scoperto tutte le sfaccettature del mio carattere, l’unico che non mi aveva mai abbandonata. Passammo tutta la nostra infanzia assieme. Io ero il suo “cavaliere”, come mi chiamava lui. Diceva che solo io potevo esserlo perché ero l’unica in grado di salvarlo sempre e comunque e questo mi rendeva felice perché mi faceva capire che ero qualcuno di importante per lui. Le cose per noi andavano bene fino a quando non arrivammo al liceo. La pubertà fu la mia rovina. Mai più di quel momento odiai il mio corpo. La mia forza, che prima era sufficiente per difenderci entrambi, piano piano divenne sempre meno efficiente di quella dei miei avversari. Il mio corpo, che prima era lineare, si coprì di forme che non sentivo mie e che non volevo. Quando mi guardai allo specchio e vidi la mia femminilità sbocciare mi maledii perché temevo che Kentin mi avrebbe abbandonata se non fossi più stata in grado di essere il suo cavaliere. Ricordo che coprii tutti gli specchi della casa, poiché il mio riflesso era diventato fonte di odio per me stessa. Un giorno, quel maledetto giorno, arrivai a scuola troppo tardi. Entrai alla seconda ora ed incrociai Nathaniel che mi disse che Kentin era finito nei pasticci ed era dalla preside insieme a suo padre. Subito mi allarmai e corsi in direzione dell’ufficio della preside. Per i corridoi incrociai Castiel e furibonda mi fermai davanti a lui.
   «Giuro che se gli hai fatto qualcosa la pagherai cara!!»
   «Ehi, calma bambolina, io non ho fatto proprio un bel niente.»
Lo superai velocemente. Se davvero non era coinvolto, non mi serviva parlare con lui. Quando arrivai davanti alla porta ero pronta a bussare ma qualcuno uscì prima che potessi farlo. Lo sguardo triste di Kentin mi travolse all’istante e subito lo abbracciai.
   «Scusami, non sono arrivata in tempo.» dissi stringendo l’abbraccio. «Che è successo?»
   «Beh… Ambra si è messa di nuovo a umiliarmi in mezzo al corridoio… solo che questa volta ha pensato che versarmi addosso il succo che avevo appena comprato per regalartelo fosse divertente e… beh… mentre lo faceva la preside ci ha visto e ci ha convocati tutti quanti… compresi i nostri genitori.»
   «Oddio santo scusami… se solo fossi arrivata prima…»
   «Hilary sta tranquilla, non è colpa tua, sono io che avrei---»
   «Kentin, ora andiamo.» tuonò suo padre da dietro di lui. «Dobbiamo parlare.»
Non ebbi il tempo di accorgermi di cosa stava accadendo poiché suo padre lo prese per un braccio strattonandolo dalla mia presa e trascinandolo via impedendomi di sentire il continuo della sua frase. Subito dopo Ambra mi passò accanto. D’istinto l’afferrai per la maglietta alzandola di qualche centimetro e sbattendola contro gli armadietti.
   «Razza di oca schifosa, giuro che se succederà qualcosa a Kentin io---»
   «Signorina Hilary! Devo convocare anche i suoi genitori, per caso?!»
Lo sguardo furibondo della preside mi fulminò all’istante ed io lasciai la presa. Ambra scappò a gambe levate mentre i suoi genitori mi guardavano disgustati. Li guardai contraccambiando lo sguardo e me ne andai. A pochi metri da me vidi Castiel che osservava divertito la scena.
   «Ma come siamo aggressive.» mi disse mentre lo superavo.
   «Fottiti Castiel.» risposi irritata.
 
Per tutta la giornata non ebbi notizie di Kentin e suo padre non mi permise di vederlo nemmeno quando mi presentai sotto casa sua. Solo il giorno dopo ebbi sue notizie. Mi disse che suo padre lo aveva ritirato da scuola e che presto, molto presto, sarebbe partito per quella nuova. Una scuola totalmente diversa. Una scuola militare. Non accettai di buon grado la notizia anzi, probabilmente non l’ho ancora accettata. Avevo sempre temuto che qualcuno, prima o poi, me lo avrebbe portato via ma, di certo, non mi aspettavo che sarebbe stato suo padre. Il giorno della sua partenza lo abbracciai forte forte. Non volevo lasciarlo andare. Non volevo perderlo.
Cosa farò senza di te? Come passerò le mie giornate? Io… non sono niente senza di te… io ho solo te… io…
Fu in quel momento che me ne accorsi. Io, che da sempre ero stata il suo cavaliere, improvvisamente mi accorsi invece di essere la principessa. Già. La stupida principessa innamorata del suo principe.
Perché?! Perché adesso?!
Ancora oggi non comprendo perché ci misi così tanto, a quei tempi, a capire che l’affetto che provavo per lui non era quello che si prova per un semplice amico. Quando partii mi chiese di aspettarlo ed io gli dissi di si. Non potevo far altro.
Io ti amo Kentin. E ti aspetterò per sempre.
 
Il giorno dopo la sua assenza si fece sentire ed ogni giorno era sempre peggio. Ero tornata da sola. Di tanto in tanto parlavo con Nathaniel, ma nulla riusciva a coprire la sua assenza. Nulla mi toglieva la sete che avevo di lui. Il vuoto che aveva lasciato mi logorava sempre di più. Gli mandavo le mie foto poiché speravo che anche lui sentisse la mia mancanza. Gliele spedivo sperando di riceverne una sua. Me ne bastava una. Una soltanto avrebbe fatto la differenza ma lui non lo fece. Mai. Diceva che voleva sorprendermi con il suo cambiamento, ma non si accorgeva che mi faceva solo sentire più sola. La mia vita cambiò radicalmente. Persino Ambra aveva la meglio su di me. Non mi difendevo e la lasciavo fare. Non avevo più voglia di combattere ed essere forte. Non avevo più motivo di farlo. Quando ci dissero che avremo fatto una corsa campestre mi sentii sollevata in parte poiché pensavo, o per lo meno speravo, che questo avrebbe aiutato a farmi distrarre ma, quando vennero sorteggiate le coppie e scoprii di essere con Castiel, la mia piccola speranza morì istantaneamente. Cercai di convincere mia madre a non firmare il foglio con il permesso scritto ma lei insistette dicendomi che mi sarebbe stato d’aiuto per distrarmi. Mai fece scelta più sbagliata.
 
Quella mattina la partenza era fissata per le sette. Salii sull’autobus e mi sedetti a metà. Nessuno si mise accanto a me, ma poco importava. Non volevo nessuno anche perché, l’unica persona che davvero volevo, era a più di mille chilometri di distanza da me. Ricordo che mi addormentai risvegliandomi all’arrivo. Scesi dal pullman e Castiel mi raggiunse. Nessuno dei due parlava. Nessuno dei due voleva essere lì. La direttrice ci diede la mappa e Castiel decise di esserne il detentore. Pessima scelta, poiché la perse poco dopo, proprio mentre eravamo al centro del bosco. Girammo a vuoto per ore e, quando calò la notte ed il freddo iniziò a farsi sentire, Castiel cominciò a diventare tremendamente irritato. Non so cosa scattò in lui improvvisamente, fatto sta che mi prese a forza sbattendomi contro un albero e baciandomi. D’istinto gli morsicai la lingua e, quando si allontanò, lo presi a schiaffi insultandolo con tutti e termini più maleducati che conoscevo. Lui mi guardò furioso in un primo momento ma poi la sua espressione cambiò. Non mi accorsi di che tipo fosse poiché ci trovarono in quel momento. Fu la mia sbadataggine di allora che fece scattare quel qualcosa in lui. Sul viaggio di ritorno si sedette accanto a me. Per quanto tentassi di farlo allontanare lui restava lì seduto. Decisi di ignorarlo ma, forse, per lui quello fu un segno di via libera, cosa che invece non era. Da quel giorno mi si appiccicò come una medusa. Me lo ritrovavo davanti a scuola, all’uscita dell’aula all’intervallo, dovunque. Ambra iniziò a torturarmi ancora di più poiché diceva che le avevo rubato “il suo Castiel”, ma nulla di tutto ciò che faceva aveva effetto poiché lui accorreva sempre in mio soccorso. Non capivo il perché delle sue attenzioni. Inizialmente le trovavo odiose e seccanti, ma alla fine divennero un’abitudine e, senza che me ne accorgessi, il suo essere così onnipresente colmò il vuoto che l’assenza di Kentin aveva lasciato in me. Quando mi accorsi che ero diventata io la prima a cercarlo ogni mattina, capii che era già troppo tardi. Mi resi conto che una parte di me, quella che si era arresa e che pensava che Kentin non sarebbe più tornato, si era innamorata di Castiel, mettendosi così contro l’altra parte di me, che ancora fremeva al pensiero del mio principe. Quando ci fu la recita scolastica e venni scelta come protagonista della fiaba “la bella addormentata nel bosco”. Di certo non mi aspettavo che Castiel avrebbe fatto carte false per ottenere la parte del protagonista maschile. Quel che so è che quel giorno mi baciò di nuovo durante quella stessa recita, dove quel bacio avrebbe dovuto essere finto ma finto non fu. Furono le sue labbra appoggiate sulle mie che fecero fremere il mio cuore. Quando la recita si concluse corsi fuori dalla palestra rintanandomi nell’aula di scienze. Credevo di essere sola, invece mi resi conto di non aver corso abbastanza in fretta.
   «Che vuoi? La recita è finita.» gli dissi seccata.
   «Si può sapere perché mi tratti con tanta ostilità? Penso sia ora che la smetti di fingere.» mi rispose Castiel affiancandomi.
   «Ho smesso di recitare da un po’. La recita è finita qualche minuto fa, se ben ricordi.»
   «Sto parlando di noi. Devi smetterla di recitare quando sei con me.»
   «Te? Noi? E quando mai ci sarebbe stato un noi
Non volevo ammettere a me stessa, quella parte di me stessa che lo amava, che quel sentimento esisteva davvero.
   «Ti ho vista, sai? Ho visto come sei arrossita quando ti ho baciata. Tu avevi gli occhi chiusi, ma io no. Ti ho guardata. Ti ho guardata per tutto il tempo. Ho visto il tuo viso passare dal rilassato al teso ed il tuo corpo fremere non appena ti ho sfiorata. Sono mesi che ti sto dietro e ancora ti ostini a non capire? Io ti amo Hil, non è difficile da comprendere. E anche tu mi ami, ormai l’ho capito bene. Perché lo stai negando a te stessa?»
Me stessa dici? Non hai idea di quanto sia sbagliato tutto questo… di quanto io non voglia essere innamorata di te. Di quanto ogni singola parola che stai dicendo stia mandando in mille pezzi tutto quello in cui ho creduto fin ora.
Castiel iniziò ad avvicinarsi a me sempre di più lasciandomi indietreggiare fino a quando non toccai il muro con la schiena. Non mi bloccò la fuga come immaginai anzi, mi lasciò libera di fare la mia scelta e, probabilmente, sbagliai a non fuggire il quel momento. Se l’avessi fatto, probabilmente lui avrebbe mollato la presa. Se l’avessi fatto, probabilmente non sarebbe nato tutto questo casino. Se l’avessi fatto, magari quella parte di me che lo amava sarebbe scomparsa per sempre. Ma non lo feci, anzi. Rimasti ferma dov’ero mentre lasciavo che le sue dita si intrecciassero alle mie. Lasciai il suo corpo premere sul mio mentre le sue labbra si impossessavano di quello che era il mio primo, vero bacio. Mentre la sua lingua giocava con la mia, la parte di me che amava Kentin implorava perdono piangendo disperata, ma tutto ciò che sentivo era la parte che amava Castiel, che si dimenava felice come una pasqua facendo correre la maratona del secolo al mio cuore. Non ci mettemmo mai ufficialmente assieme. Castiel non me lo chiese mai, anche perché probabilmente intuiva quale sarebbe stata la mia risposta. Aveva lottato per mesi per avermi e ora aveva deciso di fare le cose con calma, sebbene ogni tanto facesse il prepotente per ottenere ciò che voleva. Non ci spingemmo mai più in la del bacio, io non volevo, la parte di me che amava Kentin era ancora ben vigile e non mollava la presa. Era lei ad impedirmi di fare il passo successivo e di questo, ora come ora, la ringrazio. Non gli permettevo di essere affettuoso con me in pubblico, non volevo che qualcuno sapesse, poiché io stessa non volevo renderlo pubblico perché, in fondo, non ogni parte di me lo accettava. Più passava il tempo e più ero combattuta. Sebbene non soffrissi più per il vuoto lasciato da Kentin, ora soffrivo per la battaglia interiore che viveva in me.
 
Il giorno che tornò fu uno dei più belli di tutta la mia vita. Ero andata a fare spese ed un gruppo di ragazzi aveva iniziato ad importunarmi. Non sapevo cosa fare. Stavo per chiamare Castiel poiché non avevo nessun altro a cui rivolgermi quando lui tornò. Lo vidi balzare davanti a me mettendo KO il ragazzo che mi stava trattenendo, spaventandoli tutti quanti e facendoli allontanare. Quando si voltò verso di me lo abbraccia d’istinto. Sapevo che era lui. Il mio cuore me lo stava dicendo. Lo strinsi forte. Il suo profumo, il suo calore, ora che li stavo dimenticando finalmente erano tornati. Ero felice, tanto felice. Tornai a casa tenendolo a braccetto e, una volta arrivata, gli chiesi se l’avrei rivisto l’indomani. Lui mi rispose di si e quelle parole furono abbastanza per farmi quasi piangere dalla gioia. Il giorno dopo mi alzai presto e andai a scuola prima del solito. Non volevo incrociare Castiel. Sapevo che sarebbe stato ad aspettarmi e mi resi conto che ero in una pessima situazione. Non appena arrivai in aula mi sedetti al mio banco. Capii che era il momento di agire e di scegliere. Iniziai a vedere Castiel solo come un ripiego per la mancanza di Kentin e decisi che era davvero così che mi sentivo. Quando Kentin arrivò lo feci sedere accanto a me. Passai l’intera lezione a fissarlo di soppiatto. Era diventato davvero bello. Volevo baciarlo. Desideravo ardentemente farlo. Quando il professore mi disse di consegnare dei moduli a Nathaniel mi alzai ed uscii dalla classe per andare da lui ma sentivo che Kentin mi stava guardando e questo mi spinse a farmi forza.
Devo “rompere” con Castiel e dichiararmi a Kentin.
Uscita dalla sala delegati camminai in fretta per tornare in aula da Kentin quando la sua voce mi fece fermare.
   «Ehi.» Un brivido mi percorse la schiena mentre sentivo Castiel avvicinare. «Non ti ho vista stamattina. Ti ho aspettata. Quando sei arrivata?»
Capii che se c’era un momento perfetto per affrontarlo senza avere intorno un pubblico curioso, era quello. Mi voltai verso di lui che subito mi serrò le labbra con un bacio. Scattai all’indietro e mi guardai intorno temendo di essere stata vista.
   «Oh andiamo potresti anche rendere pubblica la cosa a questo punto!» disse tentando di nascondere il fatto che ormai si era stancato di tutto quel mistero.
   «Visto che siamo in argomento.» continuai. «Devo parlarti.»
   «Era ora.» mi disse sorridendomi ed avanzando verso di me.
Io indietreggiai fino a restare bloccata con le spalle al muro. Per un attimo, ebbi un dejà vu, ma purtroppo lui non fu così accondiscendente come durante il nostro primo bacio. Si avvicinò a me e mi guardò aspettando il continuo della mia frase.
   «Castiel io… ho deciso… noi… dobbiamo farla finita. Questa cosa mi ha stufata quindi diamoci un taglio.» dissi mentre una parte del mio cuore urlava “non è vero”.
Volevo essere diretta. Avevo scelto Kentin e non volevo che quello che c’era stato tra me e Castiel rovinasse quello che volevo creare con Kentin. Cercai di andarmene ma la mia fuga venne bloccata istantaneamente. Cercai di respingerlo spingendolo via ma non ci riuscii.
   «Noi non diamo un taglio proprio a niente, mia cara. Non ho fatto tutta questa fatica solo per ricevere un due di picche. Dopo tutto quello che c’è stato tra noi poi… perché adesso, di punto in bianco, te ne esci con un “dobbiamo farla finita?” credi davvero che lo accetterò? Scordatelo!» Cercai di respingerlo in tutti modi, ma lui era fin troppo forte. Quando la sua mano mi accarezzò sussultai. Non volevo continuare tutto questo, volevo farla finita. Eppure, qualcosa in me continuava a non respingerlo del tutto. «Su andiamo.» sibilava a voce bassa. «Non dovresti più agitarti in questo modo a questo punto, non credi?»
Perché mi tratti come se fossi tua?! Smettila di farmi sentire importante… smettila di farti amare… io non voglio amarti… io voglio odiarti… voglio odiarti!!!
Quando mi baciò mi sentii sprofondare. Non volevo tutto questo, ma non potevo combatterlo. Il mio cuore che batteva così forte per lui… non potevo controllarlo. Io lo amavo esattamente come amavo Kentin. Non potevo dire di “no” quando una parte di me diceva “si”. Sebbene volessi una cosa, da un lato c’era sempre qualcosa che mi spingeva a volere l’altra. Vivevo in un limbo di scelte contraddittorie che si scontravano a vicenda portandomi all’autodistruzione. Mentre mi arrendevo a lui accettando che non lo avrei dimenticato lo sentii allontanarsi improvvisamente. Quando mi accorsi che ad intervenire fu proprio Kentin mi crollò il mondo addosso.
Di tutte le persone… perché lui?! Perché proprio lui dannazione!
Li guardai discutere per un attimo quando decisi di intervenire. Afferrai la mano Kentin con l’obbiettivo di trascinarlo via ma, alla fine, fu lui a portarmi via da lì. Quando si fermò la prima cosa che fece fu lasciare la mia mano.
È la fine.
Pensai, terrorizzata da quello che stava per accadere. Kentin mi chiese più volte una spiegazione. Era agitato, frustrato, arrabbiato. Lo vedevo, lo capivo, lo conoscevo abbastanza bene da comprenderlo con uno sguardo cosa che lui non era mai riuscito a fare con me… chissà perché. Più mi chiedeva chiarimenti più mi chiudevo in me stessa. Non volevo affrontarlo, non volevo che tutto questo venisse alla luce.
Volevo solo dichiararmi e stare con lui… volevo solo che finisse tutto bene… se solo… se solo non mi fossi innamorata anche di Castiel… DANNAZIONE!
Cercai un modo per dirgli come stavano le cose senza ferirlo troppo, ma mi accorsi che non c’era un modo per farlo. Non volevo mentirgli, ma non volevo nemmeno dirgli la verità. Quanto mi intimò di guardarlo e cercare di comprenderlo gli risposi con quella che, per me, fu una piccola dichiarazione di quell’amore che da sempre provavo per lui.
   «Ti guardo Kentin. Non hai neppure idea di quanto tempo abbia passato a guardarti.»
Mi veniva da piangere. Sentivo come se le mie parole risuonassero dentro di me. Una me vuota. Una me che lo aveva tradito innamorandosi di un'altra persona durante la sua assenza. Sentii le lacrime salirmi agli occhi e corsi via prima che potesse farmi ulteriori domande. Mi allontanai di qualche metro, abbastanza da nascondermi da lui. Lasciai le lacrime scendere e, quando si fermarono, mi feci forza e tornai suoi miei passi. Lui era Kentin, se gli avessi spiegato la situazione, sicuramente avrebbe capito. Quando tornai, la scena che vidi mi uccise. Lui mi lanciò una rapida occhiata prima di baciare Ambra, la nostra nemica giurata, la stessa persona che l’aveva fatto partire per la scuola militare. In un secondo mi sentii morire. Realizzai come si fosse sentito lui poco prima vedendomi baciare Castiel, anche lui nostro nemico giurato. Pensai a quanto fossero pateticamente simili ma al contempo diverse le situazioni. Corsi via di getto prima di riprendere a piangere. Quando mi asciugai le lacrime per la seconda volta decisi di cercarlo. Sapevo dove si era rintanato. Andai sul retro della scuola e lo trovai li, appoggiato ad un albero. Mi appoggiai anche io, dandogli le spalle, aspettando una sua qualche reazione. Subito non fece nulla, poi lo sentii prima sbuffare e poi ridacchiare.
A cosa stai pensando Kentin? A chi stai pensando? Sei felice? Sei triste? Perché ora che siamo qui assieme, così vicini dopo tanto tempo, ti sento così lontano? Dio se solo sapessi quanto ti amo… se solo sapessi quanto mi dispiace, quanto non avrei voluto tutto questo. Vorrei gridarti che mi dispiace, ma ho paura che non capiresti. E come potresti capire? Nemmeno io comprendo come siamo giunti a tutto questo… amare te è sempre stato così semplice ma poi… puff… te ne sei andato via. Per giorni… mesi… anni. Per tutto questo tempo sei stato via. Sei sparito. Sentirti non mi bastava, non mi è mai bastato. Ho sempre e solo voluto te, ma l’ho capito troppo tardi, e tu te ne sei andato. Come sarebbe andata eh, Kentin? Che ne sarebbe stato di noi? Se non te ne fossi mai andato… mi sarei mai accorta dei miei sentimenti? Probabilmente si… prima o poi. Sono troppo forti, non avrei potuto non accorgermene ad un certo punto. E tu invece? Mi ami? Mi hai mai amata? Mi amerai? Come andranno le cose? Come sarebbero andate? Mi hai raccontato di come hai vissuto la tua vita alla scuola militare… e allora perché mi sembra di aver perso attimi importanti sebbene me li hai raccontati tutti? Perché mi sembra di aver perso una parte fondamentale di te in questi anni? Kentin… perché sei dovuto andare via? Perché mi hai lasciata sola? Se solo non te ne fossi andato io…
Quando mi resi conto che stavo scaricando la mia frustrazione su di lui dandogli la colpa scossi la testa e mi alzai allontanandomi.
Non è colpa tua… sono stata io la stupida a lasciare che Castiel facesse breccia nel mio cuore.
 
A fine lezione tornai a casa e mi rinchiusi in camera spegnendo il cellulare. Volevo restare sola, ma sola davvero. Il giorno dopo a scuola di Kentin non c’era traccia. Mi preoccupai immediatamente e, a fine lezione, corsi da lui. Suonai il campanello e quando li vidi aprirmi la porta mi sentii meglio. Il suo sguardo era gelido ma, per lo meno, sembrava stare bene. Riuscii ad entrare in casa sua sebbene lui non sembrasse entusiasta della cosa. Guardammo un po’ di televisione, parecchie puntate di un programma a cui non prestavo davvero attenzione. Tentavo di trovare le parole giuste per sistemare la situazione e, quando iniziai a parlare, mi resi conto che l’essere diretta non fu la migliore delle mie idee. Iniziammo una discussione che volse al peggio. Kentin mi chiese di andarmene ma io non volevo. Temevo di perderlo ancora ma, questa volta, gli avrei impedito di sparire sotto i miei occhi. Quando si voltò nella mia direzione lo abbraccia forte, decisa a non mollare la presa. Lui tentò di allontanarmi e parlammo ancora ma fu una sua particolare frase a colpirmi più di tutte:
   «Perché per te è stato importante il tempo passato con me, ma lo è stato anche il tempo in cui io non ci sono stato e, probabilmente, in quel lasso di tempo ho perso tanti momenti con te che non potrò mai recuperare. Momenti in cui qualcun altro ha preso il mio posto. Ed io non voglio assistere allo spettacolo che io avevo immaginato per me ma che vedo vivere ad un altro.»
Ascoltai attentamente quelle parole e mi accorsi subito che era una specie di dichiarazione. Non avevo bisogno di altro. La mia conferma era lì. L’avevo appena sentita.
Kentin… per quanto tempo andremo ancora avanti a farci dichiarazioni celate? Ora…basta.
Cercai di fargli capire che anche io lo amavo ma lui sembrava ostinarsi a non comprendere e decisi che, se le parole non erano sufficientemente chiare per lui, sarebbero stati i fatti a parlare. Lo baciai improvvisamente. Di certo non se lo aspettava, ma io ero stufa di girare attorno al nostro amore reciproco. Quando la sua presa si fece più forte capii che anche nella sua mente ogni dubbio era finalmente cancellato. Ci baciammo a lungo e, sebbene i suoi baci erano decisamente meno “esperti” di quelli di Castiel, erano i più dolci che avessi mai provato. Quando ci allontanammo e gli dissi che lo amavo capii che non potevo più mentirgli. Se voleva la verità, doveva saperla tutta. Fu in quel momento che gli dissi che amavo anche Castiel. Gli raccontai tutto. Gli spiegai di come Castiel, da odioso nemico giurato, divenne la persona che mi stava sempre accanto, la persona che tappò il vuoto che la sua assenza aveva creato, senza però mai farlo sparire dai miei pensieri. Gli parlai apertamente come mai avrei creduto di fare e sperai, pregai fino all’ultimo che lui non mi abbandonasse proprio ora. Le parole ripresero a scorrere e lui mi stringeva sempre più forte fino a chiedermi di baciarlo. Lo feci, senza pensarci due volte. Ci baciammo più e più volte fino a quando non mi scaraventò lontana, per un qualche motivo. Lo guardai spaventata. Temevo che fosse il suo modo per dire “game over”. Temevo che non potesse accettare tutto ciò che era accaduto. E chi poteva biasimarlo?
Se invertissimo la situazione tu fossi innamorato sia di me che di Ambra…io non so come reagirei.
Iniziai ad accarezzarmi le labbra, temendo che il suo sapore sarebbe sparito di lì a poco. Quando mi chiese cosa era successo tra me e Castiel gli risposi apertamente. Notai che rimase impalato quando gli dissi che avevo sempre sognato la mia prima volta con lui. Le sue parole di risposta non arrivarono ma, questa volta, furono i suoi gesti a parlare per lui. Mi afferrò per la mano trascinandomi per mezza casa fino ad arrivare in camera sua. Aprii la porta e, voltandomi verso di me, mi disse:
   «I miei genitori non tornano prima di stasera.»
Non avevo bisogno di altro, anche perché mi stavo già sbottonando la camicetta. Facemmo l’amore per la prima volta quel pomeriggio. Non fu particolarmente doloroso, anche perché ero troppo felice per far caso al dolore. Mentre lo facevamo iniziai a ripetergli quanto lo amassi, per fargli capire che provavo gli stessi sentimenti che lui provava per me. Non volevo farlo sentire solo, non volevo che non si sentisse amato, perché io lo amavo. Dio solo sa quanto lo amavo. Quando finimmo ci addormentammo abbracciati. Fui io la prima delle due a svegliarmi ma restai immobile nella mia posizione con gli occhi chiusi. Volevo godermi il momento fino in fondo. Quando lo sentii svegliarsi restai in silenzio. Volevo fargli un piccolo scherzo ma, fingendo di dormire, sentii una frase dolcissima che forse non avrei dovuto sentire.
   «Non mi importa di quello che è successo mentre ero via. Sei stata debole ma non ti biasimo. Eri sola, non avevi nessuno, io stesso avrei vacillato. Ma ora sono qui, e non permetterò a nessuno di toccarti. Io morirei per te. Farei di tutto per te. Ti amo. Ti amo troppo per perderti. Se non riuscirò a farti mia… se non riuscirò a farti dimenticare Castiel io… potrei non riuscire ad andare avanti senza di te. Sei tutto. Sei sempre stata tutto…»
Cercai di non piangere mentre dentro di me nacque l’ennesimo conflitto interiore che mi spinse ad odiarmi ancora di più.
 
Quando sentii rientrare sua madre scattai sull’attenti. Mi vestii in fretta e furia ma non ebbi il tempo di fuggire. La sentii avvicinarsi alla porta ed io dovevo nascondermi al più presto. Mi infilai sotto il letto, sperando di non essere scoperta. Fortunatamente, il nascondiglio funzionò e quando sgattaiolai fuori Kentin mi guardò con aria inquietata. Ci scambiammo qualche frase buttata lì e finsi di ignorare il tono particolare con cui pronunciò la parola “amici”. Non volevo affrontare la nostra attuale situazione poiché, dato che non sapevo dare una risposta a Castiel, non ero in grado di darla nemmeno a lui.

Kentin mi abbracciò ancora, ripetendomi che mi amava ed iniziò a parlare di un’ipotetica relazione futura, del monopolio che voleva avere sul mio cuore. Mi disse apertamente che non voleva che scegliessi ora ma che, nel momento in cui l’avessi fatto, quella scelta ricadesse su di lui. Cercai di sviare la questione come più potevo e lo salutai con un bacio prima di andarmene. Mentre rincasavo tentai di fare ordine tra i miei sentimenti ma mi sentivo sempre più confusa, sempre più vulnerabile.
Nessuno avrebbe mai potuto avvisarmi che sarebbe finita in questo modo. Nessuno avrebbe mai pensato che il peso di questo doppio sentimento mi avrebbe schiacciata a tal punto. Nessuno avrebbe mai pensato ad un tale epilogo.
 
 
 
 
Commento dell'autrice: Questa volta mi sento un sacco in colpa, più che altro perché il capitolo è pronto da mesi, ma mi ero totalmente scordata di averlo scritto (al che vi chiederete "ma dove hai la testa?!" eh...vorrei saperlo anche io xD) Comunque, questa volta come vedete la protagonista del capitolo è Hilary, quindi si vedono la cose con i suoi occhi. Inizialmente pensavo di inserire il punto di vista di Hilary come ultimo capitolo prima di quello finale, ma poi sarebbe diventato davvero troppo lungo xD Allora ho pensato di inserirlo qui xD Vi dico già che il prossimo capitolo sarà vissuto dal punto di vista di Castiel (anche questo è già scritto, vedrò di ricordarmi di postarlo tra un mesetto circa xD Magari qualcosa prima...vedo come va questo capitolo e deciso xD
Bene, direi che ho concluso, come sempre prego che abbiate la pazienza di lasciare una recensione anche piccina piccina xD ogni sorta di commento è ben accetto! Grazie a tutti e alla prossima :*
   
 
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