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Autore: Charly_92    29/06/2015    4 recensioni
[Storia editata]
[HermionexSirius] One Shot ambientata tra flashback e un futuro dopo la fine della Guerra.
Un po' di libri, una collana, quei 15 anni che cambieranno la giovane strega per sempre.
Dal testo: "Hermione pensa che le hanno sempre insegnato che l'amore vince sopra ogni cosa e suona così sciocco alle sue orecchie ora che l'ultimo dei Black non c'è più." Recensioni molto gradite, buona lettura!
Genere: Introspettivo, Malinconico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Hermione Granger, Sirius Black | Coppie: Hermione Granger/ Sirius Black
Note: Missing Moments | Avvertimenti: nessuno | Contesto: II guerra magica/Libri 5-7, Dopo la II guerra magica/Pace
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EDIT: Non me la cavo granchè con l'impaginazione e l'HTML, spero che ora risulti più leggibile e scorrevole. Buona lettura!

Love is not a victory march


Didn't they say that only love will win in the end ?”


“Dobbiamo andare. Hugo e Rose ci stanno aspettando. ”
Hermione riconosce la voce di Ron, inconfondibile, alle sue spalle: suo marito, due figli, qualche ruga, i capelli rossi tipici dei Weasley ormai stempiati, una patente di guida babbana presa grazie a un incantesimo confondente.
Dieci anni. Non le pare vero.
Dieci anni da quando tutti loro combatterono contro il Male, vincendolo.
Dieci anni senza Voldemort.
Dieci anni di miracolosa, insperata, solida pace.
Ma non basterebbero tutti gli anni del mondo per dimenticarsi chi è caduto in battaglia.
Per questo devono partire. Per la celebrazione in memoria di quei cari amici, maghi coraggiosi, persone straordinarie, che hanno lottato fino all'estremo sacrificio perché il mondo magico diventasse un posto migliore per i figli del domani. Silente, Remus, Tonks, Dobby, Fred, Malocchio.. Tutti quei volti si affastellano davanti agli occhi di Hermione, che sente il cuore stretto in una morsa, e le lacrime lottare per uscire.
Stringe forte la mano di Ron, voltandosi a guardarlo: l'amore di una vita. Non ce l'avrebbe mai fatta senza di lui.
“Sì, dobbiamo andare.” Sussurra.
Una manciata di Metropolvere ed eccoli lì ricongiunti ad Harry, la cui cicatrice ormai non duole più da dieci anni. Sarà lui a tenere il discorso commemorativo, nessuno ha mai avuto dubbi al riguardo. Lui, in quella Guerra, ha perso più di tutti.
I tre si abbracciano a lungo, in silenzio: la stessa inquietudine, lo stesso nodo alla gola, perché il ricordo può essere un esercizio dolcissimo e insopportabile.
La morte non è nulla per chi se ne va, ma è tanto, a tratti troppo, per chi resta.
E il ricordo che più di tutti stravolge Hermione, quel giorno, e di cui non ha mai parlato a nessuno, è quello di un uomo, un mago dal grande talento, dalla famiglia dal sangue nobile presto rinnegata, un'esistenza travagliata, una morte veloce, quasi sciocca, dietro un velo.
Un grosso cane nero che non ulula più la luna e il cui nome rimanda a una delle stelle più splendenti dell'intero universo. Sirius Black.
Si sente stupida a cercarlo tra la folla, ma sente di non poterne fare a meno: sono anni che spera di riascoltare ancora una volta, una sola unica volta la risata così simile a un latrato, riconoscere la voce suadente, la camminata e la gestualità elegante, di quell'uomo segnato anima e corpo dall'ingiusta condanna ad Azkaban, eppure così intenso, così magnetico e affascinante, così dolente e malinconico, gli occhi grigi velati irrimediabilmente da un'ombra di tristezza.
Sirius aveva ferite che nemmeno quella pace tanto agognata avrebbe potuto sanare.
Non lui, il suo cuore avrebbe continuato ad essere in perenne tumulto, in guerra tra un presente quasi estraneo e un passato strappatogli via troppo presto. 
Perchè Harry non è James.
E, sebbene Sirius fosse troppo intelligente per non comprenderlo, Hermione sa che, segretamente, una parte di lui sperava di poter avverare quell'equazione impossibile.
Le volte che aveva osservato Harry e Sirius scherzare, prendersi in giro, ridere, confidarsi, purtroppo ben rare, aveva notato le pacche sulle spalle, l'ironia cameratesca, le promesse gigantesche di un futuro che, entrambi ne erano consapevoli, era ancora troppo di là da venire, ma che non potevano impedirsi d'immaginare.
Ancora non sapeva che, presto, si sarebbe ritrovata a sognare ancora più in grande di loro, a sperare che il filo dell'aquilone dei suoi sogni non si spezzasse mai, per permetterle di correre a rotta di collo, senza fiato, con la sola forza della speranza, della passione, dell'irruenza che l'avevano sconvolta come mai avrebbe creduto.




“Sei davvero la strega più brillante della tua età.” Le dice Sirius la prima volta, in cima alla torre d'astronomia, prima di lasciare lei ed Harry per volare nel cielo notturno in groppa a Fierobecco, non ancora davvero libero, ma almeno vivo.
Hermione arrossisce un poco a quelle parole, dette da un mago in grado di trasformarsi in Animagus in età scolare sono un enorme complimento.
Ma non si tratta solo quello, no. Sono gli occhi grigi di Sirius piantati nei suoi, quel sorriso sghembo, la voce calda e avvolgente, il tono seducente con cui pronuncia le parole.
Da quel momento in poi Hermione si sente sempre in soggezione davanti a lui: le sembra che ogni cosa che dica la faccia comunque apparire sciocca, e quindi diventa insolitamente reticente in sua presenza. Lo osserva da lontano, studiandolo, come la sua mente sempre strapiena d' informazioni è abituata a fare, catalogando, formulando ipotesi, tormentandosi nelle più svariate elucubrazioni.
Ma riguardo al motivo per cui si comporti così, cosa la spinga a ricercare chissà quale verità dietro quegli occhi grigi, che destano il suo interesse molto più di qualunque libro di Storia della Magia, Hermione non sa darsi una risposta. E questo è insopportabilmente frustrante per una studentessa modello come lei.
È solo con l'estate precedente al quinto anno a Hogwarts che la giovane Granger riuscirà a risolvere quel rompicapo, ma a un prezzo dolorosamente alto.



Voldemort è tornato, di nuovo in possesso di un corpo, di nuovo assieme ai suoi fidati Mangiamorte, di nuovo potente e pericoloso.
É tempo di ricongiungere l'Ordine della Fenice, la cui base sarà Grimmauld Place n.12. La dimora, ora in rovina, della famiglia Black.
Sirius è visibilmente insofferente a quella situazione: non può esporsi all'esterno per nessuna ragione, né combattere accanto ai suoi compagni come vorrebbe più di ogni altra cosa al mondo, tutti gli ribadiscono che è l'unico modo, che è per il suo bene, che si è reso già incredibilmente utile con l'idea di prestare il maniero come luogo di ritrovo, ma per uno come lui questo non può essere abbastanza. Per uno abituato a stare in prima linea, nel bene e nel male, non è mai abbastanza.
Mal sopporta le incursioni di Piton, il nemico di sempre, litiga con l'apprensiva Molly sulle informazioni da dare ai ragazzi in merito all'Ordine, perché anche lui si era visto la vita completamente sconvolta quando era poco più di un ragazzo e avrebbe voluto sapere più cose, essere più preparato, più pronto.. Ma cosa avrebbe potuto salvaguardarlo dal tradimento, dal dolore, dalla perdita, dal rimorso, dal desiderio di vendetta?
Sirius si sente, ancora una volta, un animale chiuso in gabbia senza possibilità d'appello.
Ad Hermione non è sfuggito l'umore intrattabile dell'uomo, il modo in cui vaga in quella casa con un moto di assoluto disgusto, quasi quelle mura trasudassero i cattivi ricordi e le immense sofferenze che lei a stento riesce a immaginare. 
Harry è scampato alla condanna da parte del Ministero, potrà tornare a Hogwarts, e tutti si sentono sollevati alla bella notizia giunta a rasserenare quel clima pesante e teso. Non Sirius, che commenta l'accaduto con freddezza, sentendosi, di nuovo, l'unico prigioniero contro la sua volontà.



La ragazza, non senza aver prima effettuato un'attenta analisi della situazione, valutato i pro e i contro, una noiosa mattina come tutte le altre lascia da parte i compiti (i suoi li ha già terminati da tempo, sta cercando di correggere le disastrose ed approssimative esercitazioni di Ron) e si avvia nel posto in cui, oramai, è più facile trovare Sirius: la soffitta dove dimora Fierobecco.
“Specchio, specchio delle mie brame, chi è l'ippogrifo più bello del reame? … Ma naturalmente sei tu Fierobecco, vecchio mio!”
Hermione non può fare a meno di ridere di gusto a quell'accorata dichiarazione, svelandosi prima ancora di decidere come introdurre il discorso.
Sirius la guarda interdetto, per non dire imbarazzato, poi scoppia nella sua tipica risata canina.
“Ciao Hermione, non trovi anche tu che Becco sia l'ippogrifo più bello che tu abbia mai visto in vita tua, non che molto probabilmente l'unico?”
“Immagino di sì.” Sorride lei.
“Devo essere diventato davvero pazzo, voglio dire, più di prima, parlo con questa bestia più che con ogni altro qui dentro..”
Hermione sta per dirgli che non ci trova nulla di male, ma Sirius, scuro in volto, continua:
“A volte credo che sia l'unico davvero disposto ad ascoltare..” Gli occhi grigi, malinconici, improvvisamente persi chissà dove.
“Sirius, io mi stavo chiedendo..”
“Sì..?”
“Se.. Se ti va di leggere qualcosa.”
“Parli di un tema di scuola? Beh, ti ringrazio per aver pensato a me, ma credo che Remus sia enormemente più qualificato..”
“No, intendevo.. Leggere storie.”
Sirius la guarda confuso, e lei si sente immensamente stupida, ma si sforza di continuare.
“Dunque.. Arthur Weasley si è detto interessatissimo alla letteratura babbana e mi ha chiesto molto entusiasticamente di portargli quanti più libri potessi da casa mia e quindi ho pensato.. Insomma, non c'è molto da fare qui.. Forse.. Io te li presto volentieri, giusto per passare il tempo ecco..”
Ora Sirius la fissa dritta negli occhi, senza parlare, e la cosa la mette enormemente a disagio.
“È un'idea davvero idiota, scusami, non so cosa mi sia venuta in mente.. Lascia stare..”
Mormora, per poi andarsene, le gote fastidiosamente in fiamme.
“Hermione aspetta!”
L'uomo ora le ha posato una mano sulla spalla, costringendola a voltarsi.
"Scusami tu, non sono mai stato un campione di buone maniere.. Né un letterato.. Ma, in fondo, credo che la biblioteca sia l'unico posto dove non mi trovo sottoposto a restrizioni come un bambino qualunque..Perciò, da dove cominciamo?”
Lei sorride, sentendosi per la prima volta davvero utile da quando vive a Grimmauld Place.



È un Sirius alquanto stupefatto quello che osserva Hermione raggiante trasportare una pila di libri pericolosamente alta e appoggiandogliela davanti al naso sulla scrivania della pregiata, anche se alquanto impolverata, biblioteca dei Black.
“Ehm.. Sono tutti tuoi?” Borbotta, mentre sente che una piccola parte di sé vorrebbe fuggire da quella ragazzina amante della carta stampata.
“Sì! E li ho letti tutti! I libri per bambini mi hanno presto annoiato, così i miei genitori hanno cominciato a crearmi una piccola biblioteca di classici..”
Sirius avrebbe qualcosa da ridire sull'aggettivo 'piccola', ma Hermione continua la sua crociata in favore della letteratura, snocciolandogli nomi di autori, generi, titoli come un'enciclopedia vivente senza che lui riesca minimamente a seguirla.
“Cosa ti piace leggere?” Gli chiede, una volta finita la sua personale arringa.
“Ehm..” Sirius non sa come dirle che a parte la Gazzetta del Profeta, qualche rivista di Quidditch e i libri di scuola (non molto sfruttati a dire il vero) le pagine che era solito sfogliare alla sua età non si concentravano molto sulle parole, ma più su.. Corpi.
“Perchè ridi?”
“Niente.. Lascia stare. E il tuo campo, scegli tu!”
Sirius non ci mette molto, con grande soddisfazione di Hermione, ad appassionarsi a quel club del libro a due. All'inizio scettico, dedica però il tempo libero a quelle letture, perché uno come lui non può rimangiarsi la parola, e a volte arriva perfino a non dormire la notte per sapere come va a finire.
I due chiacchierano di volta in volta in biblioteca del romanzo che sta affrontando in quel momento, lui si sorprende di come la giovane li ricordi con tanta precisione a distanza di anni, e lei ride per le osservazioni non proprio da critica babbana dell'uomo (“Cavoli ma è proprio una tragedia questo “Romeo e Giulietta”! A questi due non sarebbe basta una damigiana di Felix Felicis!”).



Presto i libri restano un semplice pretesto per incontrarsi in momenti vuoti e solitari e parlare di ben altro. In particolare la discussione si fa particolarmente accesa quando si tirano in ballo gli elfi domestici. Sirius si sforza di non ridere mentre Hermione si infervora e accenna alla sua battaglia con il C.R.E.P.A., perché al di là di tutto apprezza il suo sincero entusiasmo, e comincia a pensare che forse non è solo una strega brillante e di talento, no, c'è sicuramente di più in quella testolina di ricci che lei cerca in tutti i modi di tenere a bada, mentre lui trova che le donino, ma si irrigidisce quando si nomina Kreacher.
“Quell'elfo è l'unico sopravvissuto alla gabbia di matti in cui sono nato, e lo detesto almeno quanto lui amava loro.”
“Non puoi dare la colpa lui! Fa il suo lavoro, è un elfo domestico!”
“E preferirebbe strozzarsi con le sue stesse mani piuttosto che servire me! L'ha istruito bene mia madre, quello stupido essere..”
“Non parlarne così! Non ne hai il diritto!”
Sirius la fulmina con lo sguardo, e Hermione, per la prima volta, ne ha paura.
“Non puoi sapere tutto, ragazzina, per quanto vorresti.” I pugni stretti e gli occhi ridotti a due fessure. “Me ne vado da Becco.” Sentenzia, allontanandosi a lunghi passi, la falcata elegante tradita da un moto di rabbia.
Hermione non riesce a dormire quella notte, si alza da letto, diretta nella sala dell'arazzo della casata dei Black. Il volto di Sirius completamente bruciato, dimenticato, eliminato dal ramo famigliare come il miglior Incantesimo di Memoria. Hermione sfiora i lembi dell'arazzo anneriti intorno a quel buco e, con le lacrime agli occhi, pensa che, sì, ci sono tantissime cose che non sa.
Torna verso camera sua, ancora piena di pensieri, ma si ferma notando un corpo dormiente sul divano, le braci del caminetto ancora vivaci: è Sirius.
Stava leggendo e si è addormentato con il libro aperto fra le mani: un manuale sulla storia degli elfi domestici, spuntato da chissà dove. Hermione sorride, e sente qualcosa di caldo al centro del petto, e una forza irresistibile che la fa rimanere lì a guardare il volto dell'uomo addormentato per parecchi minuti, l'unico momento in cui lo trova quasi sereno.




“Da quando hai una cotta per Ron?”
Hermione arrossisce istintivamente a quella domanda e quasi rovescia l'intero boccetto d'inchiostro sul tema di Pozioni del giovane Weasley.
“Cosa..?! Come ti viene in mente..?!”
La voce le esce fastidiosamente stridula, col risultato di far ridere Sirius nel modo che preferisce: porta la testa all'indietro, i capelli formano un'onda, la gola si scopre e la ragazza sente un impeto inspiegabile che vorrebbe farle allungare le mani e toccare quella parte delicata del corpo dell'uomo, che con quel gesto diventa visibile a tutti, la pelle tesa, pallida e il pomo d'adamo a sporgere. Hermione vorrebbe toccarlo, e non sa perché.
“Sei arrossita, è evidente, poi sei qui a correggergli i compiti senza chiedere niente in cambio, e non mi dire che è solo deformazione professionale da studentessa brillante, ma, cosa più importante, ti fa arrabbiare: spesso sbuffi a quel che dice, sei in disaccordo, vi battibeccate, siete l'opposto su tutti i fronti, a tratti sono certo che pensi di detestarlo e ti chiedi 'ma chi me lo fa fare di starlo a sentire?' … Sbaglio?”
La ragazza china il capo, incapace di ribattere.
“Quindi, sì, mi pare ovvio che tu sia decisamente cotta di lui!” Sorride Sirius.
“Ma la domanda che volevo porti è.. Lui lo sa?”
“Siamo solo amici.. Sono solamente l'amica intelligentona e petulante per lui, non certo una ragazza per cui perdere la testa.. Nemmeno mi calcola in quel senso!”
Mormora Hermione con un sorriso triste. 
Sa che c'è Voldemort là fuori, ma ci sono momenti in cui la guerra che alberga nel suo cuore ha più forza di qualunque altra cosa.
Sarà anche la strega più brillante della sua età, ma è pur sempre una quindicenne. Una quindicenne innamorata di uno dei suoi migliori amici.
Per essere una persona intelligente, il suo cuore si comporta proprio da stupido.
Alza lo sguardo e Sirius è lì, di fronte a lei, vicino, così vicino (quando si è avvicinato a quel modo?) che la ragazza non può fare a meno di pensarlo: potrebbe toccargli la gola, sì, le basterebbe allungare la mano e...
“Dovrebbe essere cieco per non accorgersi di che ragazza straordinaria sei..” le dice, le guance della giovane che immediatamente prendono colore, ma Sirius va ancora oltre: le fa una carezza, con la punta delle dita, come per paura che il rossore di Hermione nasconda un fuoco pronto a bruciarlo. Un tocco delicato, quasi impercettibile, un nulla in confronto alla mano calda che le aveva cavallerescamente offerto per scendere dall'Ippogrifo solo due anni prima, ma è diverso, è intenso, è troppo. 
Hermione a quel contatto si sente mancare un battito, e non sa, non saprà mai come sarebbe finita quel giorno, gli occhi di Sirius incatenati ai suoi, perché avverte Lupin, apparso da chissà dove, che intima all'uomo: “Devo parlarti, ora!” con un tono perentorio che non ammette repliche, permettendo alla ragazza di correre via dalla biblioteca.


Hermione ha appena la forza di sbattere la porta della camera dietro di sé, chiuderla a chiave, e, tutta tremante, lasciarsi scivolare lentamente a terra: le manca l'aria, il cuore batte come un tamburo nel petto, e poi giù, fino a, con suo grande imbarazzo, mentre torna a toccare la guancia che Sirius le ha sfiorato, sentendosi completamente frastornata, accaldata e allo stesso tempo senza forze, ed è troppo confusa per accorgersi che di sotto qualcuno urla, per poter scoprire che se tornasse alla biblioteca troverebbe Sirius e Lupin intenti a discutere animatamente, di lei.
“Sei impazzito del tutto? È solo una ragazzina Sirius!”
“É molto di più Remus, e tu lo sai!”
“Ha quindici anni!”
“Lo so! E non stavo facendo nulla di quello che pensi!”
“Non farle del male Sirius, non affascinarla, è già abbastanza complicato..”
“Qua è TUTTO schifosamente complicato!”
Ringhia al colmo dell'ira, sentendosi, ancora una volta, prigioniero e disperato, senza riuscire a comprendere come quella giovane strega sia riuscita ad avvicinarsi e aprire la gabbia in cui è rinchiuso, socchiudendone la porta, almeno per poco, quel che basta per riuscire a vedere di nuovo la luce del sole. E Sirius non vuole tornare nel buio, ma sarà mai possibile, per lui che, ironia della sorte, di cognome fa Black?



I giorni che restano di quell'estate polverosa e piena di ombre passano l'uno dopo l'altro senza eventi degni di nota: tacitamente, Sirius e Hermione si separano pur restando nello stesso edificio, lei a correggere gli ultimi compiti di Ron e a pensare al nuovo ruolo da Prefetto che aspetta entrambi a Scuola, lui relegandosi sempre più in se stesso, mentre Fierobecco diventa l'interlocutore più assiduo; i libri no, quelli Sirius continua a leggerli, per conto suo, di notte, quando nessuno, soprattutto lei, lo vede.
È il giorno della partenza di Harry, il morale dell'uomo non potrebbe essere peggiore, e insiste per accompagnarli sotto forma di cane alla stazione. Restare solo a Grimmauld Place e vederli andare via sarebbe insopportabile, e poi non esce da cosi tanto!
Rimpiange di avere le zampe e non poter salutare l'amato figlioccio come si deve, abbracciandolo stretto, e i suoi uggiolii in realtà significano nuove promesse di rivedersi, di poter ridere e scherzare ancora, di continuare a sognare un giorno di vivere assieme come una famiglia.
Hermione lo guarda da lontano, non approva che sia lì, è così pericoloso, e sconsiderato, e...
É in ginocchio, gli accarezza il capo come si fa con qualunque altro cane, lui scodinzola e lei si immagina un Sirius dal sorriso seducente e gli occhi grigi più profondi che mai.
“Stai attento.. Abbi cura di te.” Gli mormora, per poi salire sul treno, e qualcosa gli fa stringere il cuore quando lo vede correre affianco i binari fin quando gli è possibile, fino a diventare una macchia nera, come il cognome che porta, e poi sparire alla visuale, qualcosa a cui Hermione non si dà modo di dare una risposta.




È Natale anche a Grimmauld Place. Sirius si sente tornare bambino, vorrebbe rendere quel luogo un posto accogliente e pieno di calore, così s'improvvisa tra mille addobbi, trascinando tutti in quella missione natalizia con grande entusiasmo, perfino Fierobecco diventa protagonista di una sua personalissima versione di “Tu scendi dalle stelle”. Sono giorni felici e pieni di speranza, dopo la paura per l'accaduto al signor Weasley, ma sono destinati a durare poco. Ritrovare Harry per quelle vacanze per poi dovergli dire “arrivederci” un'altra volta, con la cicatrice che gli fa male, le visioni della mente di Voldemort, le lezioni di Occlumanzia con Piton e quell'arpia della Umbridge è un colpo duro per Sirius, a cui cerca in tutti i modi di prepararsi, senza successo.
Quel giorno, lui ed Hermione sono di nuovo soli in biblioteca, tutti gli altri sono a trovare Arthur al San Mungo. La ragazza si è raffreddata e, per il timore di contagiare l'uomo già in convalescenza, si è vista costretta a restare a Grimmauld Place. Sembra passata un'eternità dall'ultima volta.
Hermione vorrebbe concentrarsi sui compiti, il pensiero dei G.U.F.O. la attanaglia, ma non ci riesce. 
Ha voluto lasciare i suoi genitori immediatamente non appena è venuta a sapere del padre di Ron. Impossibile spiegare il senso di angoscia che la straziava.
Avrebbe voluto confortarlo, trovare le parole giuste, ma le tremava la voce e non poteva, non poteva mostrarsi talmente debole e coinvolta in quella situazione, perché sentiva di non averne il diritto, così si è limitata ad abbracciarlo forte, per un tempo che le è parso infinito.
“Hermione?”
Il flusso dei suoi pensieri è interrotto da Sirius, che si è avvicinato silenziosamente, col risultato di farla sobbalzare dalla paura.
“Oddio scusami, sai, non mi chiamano Felpato solo perché suona bene.. Perdona l'abitudine!”
Lei ride, il ghiaccio di quei mesi di silenzio si è già scalfito.
“Volevo.. Ringraziarti per il suggerimento per il regalo di Natale ad Harry, lo ha gradito moltissimo!”
“É un piacere Sirius.”
“Veramente.. É di un altro regalo che volevo parlarti.”
Hermione lo guarda con aria interrogativa: possibile che uno come lui appaia quasi.. Imbarazzato?
“Volevo dirti grazie per i libri, le storie, io.. Mi sono sentito meno solo, ecco! Te li ho restituiti, ti basti sapere che si trovano già a casa dei tuoi genitori.. Tranquilla! So cosa stai per dire: non mi sono esposto in prima persona, l'ha fatto Remus da parte mia.”
“Sei gentile, ma davvero, non dovevi disturbarti..”
“Ti prego, fammi finire il discorso, ti giuro che mi sentivo meno scemo quando studiavo Divinazione! Non so se mi spiego..”
La ragazza ride di gusto per la seconda volta. “Chiudi gli occhi e dammi la mano.. Così..”
“Buon Natale, Hermione.” Mormora Sirius sorridendo, mentre la ragazza rimane senza fiato davanti al grosso smeraldo racchiuso in una filigrana d'argento che penzola da un elegante nastro nero.
“Credo che questo ciondolo appartenesse alla mamma di Tonks, ma Ninfadora non è tipa da finezze del genere, anzi, potrebbe perderlo o romperlo in men che non si dica, quindi.. É per te.”
“Ma.. Ma Sirius.. É meraviglioso, ma.. É troppo, non posso..”
“Non dire sciocchezze, sì che puoi! Aspetta, ti aiuto a metterlo..”
Hermione ha un brivido quando le mani di Sirius le sfiorano la nuca. Si volta verso di lui, cercando approvazione, rimirando quel gioiello meraviglioso, senza capire se sia troppo sfacciato o fuori luogo accettarlo, ma l'uomo le sorride, e già sa che lo terrà stretto al collo.
“Sei.. Ti sta d'incanto. Con l'abito giusto, Ron ci rimarrebbe di sasso, parola mia!”
Già, Ron... La ragazza si sente improvvisamente triste.
“Cosa c'è? Ho detto qualcosa di sbagliato?” Le chiede Sirius, mentre negli occhi grigi si disegna un'ombra di preoccupazione.
“No, figurati.. Ma non stare a disturbarti tanto Sirius, Ron non mi guarderà mai in quel modo. Non come guarda Fleur Delacour o qualsiasi ragazza estremamente attraente.. Lui la guarda e vede una donna.. Una donna vera e io invece.. Sono quella intelligente Sirius. Non quella bella. Io..
Ron non ha avuto nemmeno il coraggio di invitarmi al Ballo del Ceppo l'anno scorso, mi guardava come se si fosse reso conto per la prima volta che sono una femmina, e mi faceva così rabbia, e a Krum piacevo, piacevo davvero tanto, ma non potevo farci niente, perché.. Non era Ron. Capisci?
E mi sento una nullità, sono sola e mi sembra di non valere niente, e vorrei essere carina e scintillante come tutte le altre, e invece no, sono Hermione la saputella, e io non sono così, anche io ho dei sentimenti, e sono così stanca e ho paura e non so cosa fare..”
Hermione butta fuori una diga di parole, di emozioni a lungo trattenute, e di lacrime, perché anche la strega più brillante della sua età ogni tanto torna ad essere una quindicenne ordinaria.
E tutto si aspetterebbe, tranne Sirius che le prende il viso tra le mani con una tenerezza disarmante, la voce sussurrata: “Hermione, tu sei.. Sei una strega straordinaria, una persona meravigliosa, e non so se può valere detto da un ex conquistatore seriale, ma sei anche.. Bellissima. E Ron, dagli tempo, e lo capirà, vedrai.. É solo questione di tempo.. Non può farsi sfuggire una come te.”
Hermione sente il cuore fare una capriola nel petto a quelle parole. 
Sono di nuovo soli, di nuovo i suoi occhi nocciola non si staccano dai pozzi grigi di Sirius, le mani di lui sul suo viso bagnato di lacrime sono più carezzevoli della neve che cade fuori, eppure il loro calore le provoca uno strano vuoto alla bocca dello stomaco, e c'è di nuovo quella forza strana, che non le dà il coraggio di parlare, ma le fa muovere una mano che trema impercettibilmente verso il volto di Sirius, perché anche lei desidera toccarlo, da così tanto tempo...
Il “crack” dell'ennesima smaterializzazione dei gemelli Weasley li fa sobbalzare, spezzando quell'atmosfera intima, di parole forti, importanti, e quella sensazione strisciante di stare facendo qualcosa di proibito e irresistibile allo stesso tempo, da cui non si torna indietro. Ridono nervosamente.
“Vado a sentire come sta Arthur...”
“Sì, certo, vi raggiungo tra un attimo...”
E mentre Sirius si allontana col suo solito incedere elegante, Hermione si lascia cadere su una sedia, si toglie il ciondolo nascondendolo sapientemente in una tasca, le guance che bruciano e vorrebbero riappropriarsi subito del tocco di quell'uomo. Osserva il soffitto e si ritrova a pensare, sentendosi sciocca, che la biblioteca è l'unico posto in cui non si è data il tempo, assieme a Ginny, di mettere un po' di vischio qua e là.




Grimmauld Place è in fermento: i ragazzi devono tornare a Hogwarts e la signora Weasley non vuole assolutamente che arrivino in ritardo. Hermione approfitta della confusione per sgattaiolare da Fierobecco, dove sa già vi troverà Sirius, allontanatosi frettolosamente per evitare che il dolore che gli procura la partenza di Harry si legga sul suo volto.
“Ciao Hermione.” Mormora l'uomo sforzandosi di sorridere. “Non credo che il ritardo si confaccia a una studentessa modello e Prefetto come te.”
“Hai ragione, ma.. Non volevo andarmene senza averti prima dato.. Questo.” Comincia, sedendosi accanto a lui. “Non devi restituirmelo. È tuo. Non è un regalo prezioso come la tua collana, ma... É tutto quello che ho.”
“Sei un vero tesoro.” Risponde Sirius suadente, prendendo il pacchetto regalo dalle sue mani, mentre la ragazza si sente arrossire fino alle orecchie.
È un libro, tipico di lei, piuttosto voluminoso, tanto da fargli dubitare che riuscirà mai a terminarlo, e con un titolo non dei più allegri: I miserabili.
“Ti ringrazio, non dovevi, davvero.”
Lascialo decidere a me.” Lo rimbecca subito la giovane, facendolo ridere della sua tipica risata così simile a un latrato.
“Non conosco questo titolo.. Di che parla?”
“Parla..” Hermione si ferma a riflettere, come a cercare le parole adatte. “.. Di un uomo finito in carcere. Un giorno, dopo tanti tentativi falliti, riesce a scappare, eppure gli anni da galeotto gli restano appiccicati addosso come un marchio. Deve restare nascosto, sempre, e vivere sotto false identità. Per tutti il suo vero nome è sinonimo di criminale, ma lui sa che c'è una strada per poter diventare buoni, giusti e, finalmente, redenti.”
I pozzi grigi di Sirius sembrano più profondi che mai nel guardarla.
“E.. Alla fine.. L'uomo riesce a redimersi.. A vivere sereno?”
Hermione vorrebbe rispondergli, vorrebbe restare a parlare con lui, vorrebbe più tempo...
Ma la signora Weasley li sta richiamando a gran voce. Deve assolutamente andare.
“Lo scoprirai leggendo il libro..” Si sforza di sorridere, ma non sa quando potrà rivederlo, e questo scatena in lei un moto di commozione, di affetto, di calore indefinibile. Lo abbraccia stretto, mentre due lacrime calde le rigano il viso, nonostante tenti di scacciarle.
“Grazie, grazie.. Di tutto..” Mormora, la voce tremante.
L'uomo la guarda, un'ombra di dolore sempre presente dietro agli occhi, ma quel giorno sembra più vecchio, più consumato, più stanco.
Le mani di Sirius sono sul suo volto ora, le dita asciugano con estrema delicatezza le lacrime, sono così vicini che i loro nasi possono quasi sfiorarsi, e Hermione può sentire quel calore esploderle nel petto e mozzarle il fiato e le labbra di Sirius posate sulla sua fronte sono così calde da farle temere di portarne il segno addosso.
“No, Hermione, grazie a te.” Mormora l'uomo con voce roca.
L'ennesimo grido belluino della signora Weasley li riporta alla realtà, seduti abbracciati sul pavimento polveroso di quella soffitta, Fierobecco che sonnecchia poco lontano dopo il suo pranzo a base di topi.
"Hermione, devi proprio andare ora.” Sussurra Sirius, dopo un silenzio interminabile.
“Arrivederci Sirius, sta' attento..” Mormora lei, senza avere la forza di guardarlo, dirigendosi fuori dalla stanza.
“Hermione..”
“Sì..?”
Questa volta è l'uomo a non trovare le parole.
“Solo... Sta' vicino ad Harry.”
“Lo farò.”




Come poteva sapere che non l'avrebbe mai più rivisto? Avrebbe fatto la differenza? Si sarebbe comportata diversamente? Hermione non lo saprà mai.
Si risveglia in un letto, confusa, stremata, mentre tutto il corpo pare attraversato da millemila spilli che la torturano senza pietà. Riconosce l'infermeria di Madama Chips.
C'è una sagoma seduta ai suoi piedi, che faticosamente riesce a mettere a fuoco: Lupin.
Gli ultimi ricordi le si riversano addosso come una cascata d'acqua ghiacciata: Harry, Ron, la Umbridge, i Therstal, l'Ufficio Misteri e Sirius.. Sirius torturato da Voldemort, Kreacher aveva confermato che non si trovava a Grimmauld Place.. Dov'erano? Stavano bene?
“Hermione.. Grazie al Cielo! Madama Chips! È sveglia!”
Remus la sta guardando con fare paterno, le tiene una mano sorridendole, la ragazza vorrebbe chiedere dei suoi amici, ma la gola secca non le permette di cavare fuori le parole, così mormora solo: “Acqua.. Acqua..”. Ogni singola goccia nel bicchiere portato alle labbra riarse pare restituirla lentamente alla vita.
“Harry e Ron stanno bene.” La rassicura subito Lupin, precedendo la domanda che più pesa sul suo cuore. Ma c'è qualcosa negli occhi del suo ex professore: sembra ancora più segnato, e non per le cicatrici, una ruga profonda al centro della fronte, gli occhi gonfi di chi ha pianto disperatamente.
E poi parole, un torrente di parole, che si affastellano nella testa di Hermione ancora debole e provata, ma non abbastanza da non comprenderne il significato straziante e senza ritorno: “Sirius.. Bellatrix.. Il velo.. Niente da fare.. Harry è sconvolto..”.
Il bicchiere cade a terra e va in frantumi, perché le mani le tremano troppo, Lupin dolcemente prova a prenderle nelle sue per bloccare quegli spasmi, ma Hermione lo allontana, porta le sue alla bocca, vorrebbe urlare ma non riesce a emettere alcun suono, le lacrime che cominciano a rigarle le guance e la voce dell'uomo sempre più indistinta.
Aveva sempre dubitato della veridicità delle visioni di Harry, lo rimproverava perché non si esercitava abbastanza da riuscire a bloccarle, aveva pensato che una parte dell'amico volesse sapere cosa Voldemort provasse o pensasse, sentirselo addosso, sulla sua pelle, anche se si era vergognata subito di quel pensiero. E quando lui aveva detto sconvolto di aver visto Sirius torturato nell'Ufficio Misteri, Hermione aveva avuto un terribile presentimento, perché Sirius era avventato, sì, ma non sciocco, poi Kreacher.. Non poteva mentire.
E invece l'aveva fatto lo stesso, vendicandosi del padrone, sopportando una punizione autoinflitta subito dopo. 
L'elfo che lei aveva sempre strenuamente difeso, che Sirius odiava tanto..


Lupin le sta spiegando ogni cosa, ma lei ha già capito tutto: Voldemort l'ha ucciso col suo amore. 
L'amore per gli amici Lily e James e quello per Harry, in cui vedeva la sua unica vera prospettiva di futuro, di ricominciare tutto daccapo, di redimersi.
Il loro affetto come arma per dividerli.
Un affetto che nemmeno al disgustato Kreacher poteva sfuggire.
Perché a lui non era mai stato offerto.
Hermione pensa che le hanno sempre insegnato che l'amore vince sopra ogni cosa e suona così sciocco alle sue orecchie ora che l'ultimo dei Black non c'è più.
“Non è giusto..” Riesce solo a mormorare tra i singhiozzi. Sirius doveva avere una possibilità, una vita nuova, vera, alla luce del sole, essere di nuovo accettato, di nuovo amato. Come Jean Valjean.
Si chiede se Sirius avesse già terminato il libro, se l'avesse apprezzato e soprattutto se avesse compreso quello che le sue parole non erano riuscite a dire quel giorno nella soffitta. Che quel libro era per lui perché le parlava di lui.
E non poterglielo più confessare rende il tutto ancora più insopportabile.


Quella notte lo sogna, sogna di loro, lui le asciuga le lacrime con la stessa tenerezza, eppure è così sfacciatamente sensuale, il corpo di Hermione è in fiamme, il respiro affannoso, e quel desiderio - perché ora lo comprende, era desiderio - di toccarlo sopra ogni cosa, senza riuscirci, mentre tutto le scivola via dalle mani e Sirius scompare in un soffio di polvere argentata. Al risveglio ci sono solo le sue lacrime sul cuscino, assieme a qualche cicatrice in più sul cuore, quel cuore che batteva così forte quando lui la guardava e che ora invece non potrà farlo più. Non a quel modo. 
Solo allora Hermione rimette in fila gli eventi, comprendendoli, trovando una risposta ai mille interrogativi che non si era mai data la pena di risolvere, per non mentire a se stessa consapevole di farlo. Ora sa di aver perso per sempre qualcosa che niente e nessuno potrà restituirle, nemmeno Ron: l'innocenza dei suoi quindici, candidi, spauriti e confusi anni. L'ha persa un giorno qualsiasi, senza rendersene conto, in un'estate polverosa, tra gli scaffali di una vecchia biblioteca, per un uomo adulto con un paio di mani calde e due intensi pozzi grigi che non rivedrà mai più. Se si concentra, le pare di sentire ancora il suo tocco sulle guance brucianti.



“Hermione, andiamo! Harry e Ginny ci aspettano per la cena!”
É sempre Ron a riportarla alla realtà, una figura non troppo lontana, resa riconoscibilissima dai bambini dai fulvi capelli rossi che tiene per mano, anche loro impazienti e con lo stomaco senza fondo come il padre. Può sentirlo intimare loro di incamminarsi, tanto conoscono la strada, mentre lui si precipita con la sua andatura dinoccolata verso di lei.
Resta appena dietro, alle sue spalle, una sorta di riverenza mista a protezione, e le cinge le spalle con un braccio. Non ha mai smesso di essere golfo e insieme dolce.
“Stai bene?” Le chiede timoroso, e Hermione sa che ci sono momenti in cui lui la guarda e può scorgere nei suoi occhi la paura di vederla cadere a pezzi senza poterlo impedire, il terrore che se ne vada, che lo lasci per sempre, perché di quei momenti di malinconia in tanti anni suo marito ancora non è riuscito a trovare la chiave.
Come quella mattina, quando lei ha deciso, dopo anni e finte dimenticanze, di indossare la collana con lo smeraldo, la collana di lei quindicenne a Grimmauld Place, la collana di Srius, e Ron è entrato in camera e l'ha guardata riflessa nello specchio, sapendo perfettamente di non avergliela mai vista prima al collo, eppure le ha solamente detto: “Ti sta d'incanto”.
Hermione non riesce a rispondergli e si limita ad affondare il viso tra il suo collo e la spalla, come fa ogni volta che ha bisogno di conforto.
Allora Ron fa quello che fa da una vita intera da quando sta con lei: la sorprende.
Le cinge la mano che impugna la bacchetta e le fa fare piccoli movimenti circolari, sussurrando qualcosa tra i denti, così che ai piedi della lapide commemorativa appare una splendida ghirlanda con rose bianche. Hermione ha le lacrime agli occhi.
“É bellissima.” Sussurra, baciandolo e stringendosi più forte a lui.
“Portami via, adesso.”
Ed eccoli allontanarsi, mano nella mano, a raggiungere i bambini e il loro più caro amico.
Hermione pensa che, dopotutto, Sirius aveva ragione. L'amore aveva solo bisogno di tempo.

Author's corner: non ho mai scritto prima su questo pairing, eppure eccomi qui, con una delle One Shot più lunghe che abbia mai realizzato in assoluto. Spero con tutto il cuore di aver reso IC i personaggi, perché sia Sirius che Hermione sono da me molto amati (Sirius è il mio personaggio preferito dell'intera saga). Il titolo è un verso di “Hallelujah” di Leonard Cohen, mentre il sottotitolo appartiene a “Only love” dei Mumford and Sons, mi piaceva l'idea di due frasi che in qualche modo fossero una la risposta dell'altra. 
Non mi resta che augurarvi buona lettura, sperando che la one shot sia apprezzata e che vogliate lasciare una recensione, perchéè sempre bello avere pareri sul proprio modo di scrivere.

  
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