EDIT: Non me la cavo granchè con l'impaginazione e l'HTML, spero che ora risulti più leggibile e scorrevole. Buona lettura!
Love is not a victory march
“Didn't they say that only love will win in the end ?”
“Dobbiamo
andare. Hugo e Rose ci stanno aspettando. ”
Hermione
riconosce la voce di Ron, inconfondibile, alle sue spalle: suo
marito, due figli, qualche ruga, i capelli rossi tipici dei Weasley
ormai stempiati, una patente di guida babbana presa grazie a un
incantesimo confondente.
Dieci
anni. Non le pare vero.
Dieci
anni da quando tutti loro combatterono contro il Male, vincendolo.
Dieci
anni senza Voldemort.
Dieci
anni di miracolosa, insperata, solida pace.
Ma
non basterebbero tutti gli anni del mondo per dimenticarsi chi
è
caduto in battaglia.
Per
questo devono partire. Per la celebrazione in memoria di quei cari
amici, maghi coraggiosi, persone straordinarie, che hanno lottato
fino all'estremo sacrificio perché il mondo magico
diventasse un
posto migliore per i figli del domani. Silente,
Remus, Tonks, Dobby, Fred, Malocchio.. Tutti quei volti si
affastellano davanti agli occhi di Hermione, che sente il cuore
stretto in una morsa, e le lacrime lottare per uscire.
Stringe
forte la mano di Ron, voltandosi a guardarlo: l'amore di una vita. Non
ce l'avrebbe mai fatta senza di lui.
“Sì,
dobbiamo andare.” Sussurra.
Una
manciata di Metropolvere ed eccoli lì ricongiunti ad Harry,
la cui
cicatrice ormai non duole più da dieci anni. Sarà
lui a tenere il
discorso commemorativo, nessuno ha mai avuto dubbi al riguardo. Lui,
in quella Guerra, ha perso più di tutti.
I
tre si abbracciano a lungo, in silenzio: la stessa inquietudine, lo
stesso nodo alla gola, perché il ricordo può
essere un esercizio
dolcissimo e insopportabile.
La
morte non è nulla per chi se ne va, ma è tanto, a
tratti troppo,
per chi resta.
E
il ricordo che più di tutti stravolge Hermione, quel giorno,
e di
cui non ha mai parlato a nessuno, è quello di un uomo, un
mago dal
grande talento, dalla famiglia dal sangue nobile presto rinnegata,
un'esistenza travagliata, una morte veloce, quasi sciocca, dietro un
velo.
Un
grosso cane nero che non ulula più la luna e il cui nome
rimanda a
una delle stelle più splendenti dell'intero universo. Sirius
Black.
Si
sente stupida a cercarlo tra la folla, ma sente di non poterne fare a
meno: sono anni che spera di riascoltare ancora una volta, una sola
unica volta la risata così simile a un latrato, riconoscere
la voce
suadente, la camminata e la gestualità elegante, di
quell'uomo
segnato anima e corpo dall'ingiusta condanna ad Azkaban, eppure
così
intenso, così magnetico e affascinante, così
dolente e malinconico,
gli occhi grigi velati irrimediabilmente da un'ombra di tristezza.
Sirius
aveva ferite che nemmeno quella pace tanto agognata avrebbe potuto
sanare.
Non
lui, il suo cuore avrebbe continuato ad essere in perenne tumulto, in
guerra tra un presente quasi estraneo e un passato strappatogli via
troppo presto.
Perchè Harry non è James.
E,
sebbene Sirius fosse troppo intelligente per non comprenderlo,
Hermione sa che, segretamente, una parte di lui sperava di poter
avverare quell'equazione impossibile.
Le
volte che aveva osservato Harry e Sirius scherzare, prendersi in
giro, ridere, confidarsi, purtroppo ben rare, aveva notato le pacche
sulle spalle, l'ironia cameratesca, le promesse gigantesche di un
futuro che, entrambi ne erano consapevoli, era ancora troppo di
là
da venire, ma che non potevano impedirsi d'immaginare.
Ancora
non sapeva che, presto, si sarebbe ritrovata a sognare ancora
più in
grande di loro, a sperare che il filo dell'aquilone dei suoi sogni
non si spezzasse mai, per permetterle di correre a rotta di collo,
senza fiato, con la sola forza della speranza, della passione,
dell'irruenza che l'avevano sconvolta come mai avrebbe creduto.
“Sei
davvero la strega più brillante della tua
età.” Le dice Sirius la
prima volta, in cima alla torre d'astronomia, prima di lasciare lei
ed Harry per volare nel cielo notturno in groppa a Fierobecco, non
ancora davvero libero, ma almeno vivo.
Hermione
arrossisce un poco a quelle parole, dette da un mago in grado di
trasformarsi in Animagus in età scolare sono un enorme
complimento.
Ma
non si tratta solo quello, no. Sono gli occhi grigi di Sirius
piantati nei suoi, quel sorriso sghembo, la voce calda e avvolgente,
il tono seducente con cui pronuncia le parole.
Da
quel momento in poi Hermione si sente sempre in soggezione davanti a
lui: le sembra che ogni cosa che dica la faccia comunque apparire
sciocca, e quindi diventa insolitamente reticente in sua presenza. Lo
osserva da lontano, studiandolo, come la sua mente sempre strapiena
d' informazioni è abituata a fare, catalogando, formulando
ipotesi,
tormentandosi nelle più svariate elucubrazioni.
Ma
riguardo al motivo per cui si comporti così, cosa la spinga
a
ricercare chissà quale verità dietro quegli occhi
grigi, che
destano il suo interesse molto più di qualunque libro di
Storia
della Magia, Hermione non sa darsi una risposta. E questo è
insopportabilmente frustrante per una studentessa modello
come lei.
È
solo con l'estate precedente al quinto anno a Hogwarts che la giovane
Granger riuscirà a risolvere quel rompicapo, ma a un prezzo
dolorosamente alto.
Voldemort
è tornato, di nuovo in possesso di un corpo, di nuovo
assieme ai
suoi fidati Mangiamorte, di nuovo potente e pericoloso.
É
tempo di ricongiungere l'Ordine della Fenice, la cui base
sarà
Grimmauld Place n.12. La
dimora, ora in rovina, della famiglia Black.
Sirius
è visibilmente insofferente a quella situazione: non
può esporsi
all'esterno per nessuna ragione, né combattere accanto ai
suoi
compagni come vorrebbe più di ogni altra cosa al mondo,
tutti gli
ribadiscono che è l'unico modo, che è per il suo
bene, che si è
reso già incredibilmente utile con l'idea di prestare il
maniero
come luogo di ritrovo, ma per uno come lui questo non può
essere
abbastanza. Per uno abituato a stare in prima linea, nel bene e nel
male, non è mai abbastanza.
Mal
sopporta le incursioni di Piton, il nemico di sempre, litiga con
l'apprensiva Molly sulle informazioni da dare ai ragazzi in merito
all'Ordine, perché anche lui si era visto la vita
completamente
sconvolta quando era poco più di un ragazzo e avrebbe voluto
sapere
più cose, essere più preparato, più
pronto.. Ma cosa avrebbe
potuto salvaguardarlo dal tradimento, dal dolore, dalla perdita, dal
rimorso, dal desiderio di vendetta?
Sirius
si sente, ancora una volta, un animale chiuso in gabbia senza
possibilità d'appello.
Ad
Hermione non è sfuggito l'umore intrattabile dell'uomo, il
modo in
cui vaga in quella casa con un moto di assoluto disgusto, quasi
quelle mura trasudassero i cattivi ricordi e le immense sofferenze
che lei a stento riesce a immaginare.
Harry è scampato alla condanna
da parte del Ministero, potrà tornare a Hogwarts, e tutti si
sentono
sollevati alla bella notizia giunta a rasserenare quel clima pesante
e teso. Non Sirius, che commenta l'accaduto con freddezza,
sentendosi, di nuovo, l'unico prigioniero contro la sua
volontà.
La
ragazza, non senza aver prima effettuato un'attenta analisi della
situazione, valutato i pro e i contro, una noiosa mattina come tutte
le altre lascia da parte i compiti (i suoi li ha già
terminati da
tempo, sta cercando di correggere le disastrose ed approssimative
esercitazioni di Ron) e si avvia nel posto in cui, oramai, è
più
facile trovare Sirius: la soffitta dove dimora Fierobecco.
“Specchio,
specchio delle mie brame, chi è l'ippogrifo più
bello del reame? …
Ma naturalmente sei tu Fierobecco, vecchio mio!”
Hermione
non può fare a meno di ridere di gusto a quell'accorata
dichiarazione, svelandosi prima ancora di decidere come introdurre il
discorso.
Sirius
la guarda interdetto, per non dire imbarazzato, poi scoppia nella sua
tipica risata canina.
“Ciao
Hermione, non trovi anche tu che Becco sia l'ippogrifo più
bello che
tu abbia mai visto in vita tua, non che molto probabilmente
l'unico?”
“Immagino
di sì.” Sorride lei.
“Devo
essere diventato davvero pazzo, voglio dire, più di prima,
parlo con
questa bestia più che con ogni altro qui dentro..”
Hermione
sta per dirgli che non ci trova nulla di male, ma Sirius, scuro in
volto, continua:
“A
volte credo che sia l'unico davvero disposto ad ascoltare..”
Gli
occhi grigi, malinconici, improvvisamente persi chissà dove.
“Sirius,
io mi stavo chiedendo..”
“Sì..?”
“Se..
Se ti va di leggere qualcosa.”
“Parli
di un tema di scuola? Beh, ti ringrazio per aver pensato a me, ma
credo che Remus sia enormemente più qualificato..”
“No,
intendevo.. Leggere storie.”
Sirius
la guarda confuso, e lei si sente immensamente stupida, ma si sforza
di continuare.
“Dunque..
Arthur Weasley si è detto interessatissimo alla letteratura
babbana
e mi ha chiesto molto entusiasticamente di portargli quanti
più
libri potessi da casa mia e quindi ho pensato.. Insomma, non
c'è
molto da fare qui.. Forse.. Io te li presto volentieri, giusto per
passare il tempo ecco..”
Ora
Sirius la fissa dritta negli occhi, senza parlare, e la cosa la mette
enormemente a disagio.
“È
un'idea davvero idiota, scusami, non so cosa mi sia venuta in mente..
Lascia stare..”
Mormora,
per poi andarsene, le gote fastidiosamente in fiamme.
“Hermione
aspetta!”
L'uomo
ora le ha posato una mano sulla spalla, costringendola a voltarsi.
"Scusami
tu, non sono mai stato un campione di buone maniere.. Né un
letterato.. Ma, in fondo, credo che la biblioteca sia l'unico posto
dove non mi trovo sottoposto a restrizioni come un bambino
qualunque..Perciò, da dove cominciamo?”
Lei
sorride, sentendosi per la prima volta davvero utile da quando vive a
Grimmauld Place.
È
un Sirius alquanto stupefatto quello che osserva Hermione raggiante
trasportare una pila di libri pericolosamente alta e
appoggiandogliela davanti al naso sulla scrivania della pregiata,
anche se alquanto impolverata, biblioteca dei Black.
“Ehm..
Sono tutti tuoi?” Borbotta, mentre sente che una piccola
parte di
sé vorrebbe fuggire da quella ragazzina amante della carta
stampata.
“Sì!
E li ho letti tutti! I libri per bambini mi hanno presto annoiato,
così i miei genitori hanno cominciato a crearmi una piccola
biblioteca di classici..”
Sirius
avrebbe qualcosa da ridire sull'aggettivo 'piccola', ma Hermione
continua la sua crociata in favore della letteratura, snocciolandogli
nomi di autori, generi, titoli come un'enciclopedia vivente senza che
lui riesca minimamente a seguirla.
“Cosa
ti piace leggere?” Gli chiede, una volta finita la sua
personale
arringa.
“Ehm..”
Sirius non sa come dirle che a parte la Gazzetta del Profeta, qualche
rivista di Quidditch e i libri di scuola (non molto sfruttati a dire
il vero) le pagine che era solito sfogliare alla sua età non
si
concentravano molto sulle parole, ma più su.. Corpi.
“Perchè
ridi?”
“Niente..
Lascia stare. E il tuo campo, scegli tu!”
Sirius
non ci mette molto, con grande soddisfazione di Hermione, ad
appassionarsi a quel club del libro a due. All'inizio scettico,
dedica però il tempo libero a quelle letture,
perché uno come lui
non può rimangiarsi la parola, e a volte arriva perfino a
non
dormire la notte per sapere come va a finire.
I
due chiacchierano di volta in volta in biblioteca del romanzo che sta
affrontando in quel momento, lui si sorprende di come la giovane li
ricordi con tanta precisione a distanza di anni, e lei ride per le
osservazioni non proprio da critica babbana dell'uomo
(“Cavoli ma è
proprio una tragedia questo “Romeo
e Giulietta”! A questi due non sarebbe basta una
damigiana
di Felix Felicis!”).
Presto
i libri restano un semplice pretesto per incontrarsi in momenti vuoti
e solitari e parlare di ben altro. In particolare la discussione si
fa particolarmente accesa quando si tirano in ballo gli elfi
domestici. Sirius si sforza di non ridere mentre Hermione si
infervora e accenna alla sua battaglia con il C.R.E.P.A.,
perché al
di là di tutto apprezza il suo sincero entusiasmo, e
comincia a
pensare che forse non è solo una strega brillante e di
talento, no,
c'è sicuramente di più in quella testolina di
ricci che lei cerca
in tutti i modi di tenere a bada, mentre lui trova che le donino, ma
si irrigidisce quando si nomina Kreacher.
“Quell'elfo
è l'unico sopravvissuto alla gabbia di matti in cui sono
nato, e lo
detesto almeno quanto lui amava loro.”
“Non
puoi dare la colpa lui! Fa il suo lavoro, è un elfo
domestico!”
“E
preferirebbe strozzarsi con le sue stesse mani piuttosto che servire
me! L'ha istruito bene mia madre, quello stupido essere..”
“Non
parlarne così! Non ne hai il diritto!”
Sirius
la fulmina con lo sguardo, e Hermione, per la prima volta, ne ha
paura.
“Non
puoi sapere tutto, ragazzina, per quanto vorresti.” I pugni
stretti
e gli occhi ridotti a due fessure. “Me ne vado da
Becco.”
Sentenzia, allontanandosi a lunghi passi, la falcata elegante tradita
da un moto di rabbia.
Hermione
non riesce a dormire quella notte, si alza da letto, diretta nella
sala dell'arazzo della casata dei Black. Il volto di Sirius
completamente bruciato, dimenticato, eliminato dal ramo famigliare
come il miglior Incantesimo di Memoria. Hermione sfiora i lembi
dell'arazzo anneriti intorno a quel buco e, con le lacrime agli
occhi, pensa che, sì, ci sono tantissime cose che non sa.
Torna
verso camera sua, ancora piena di pensieri, ma si ferma notando un
corpo dormiente sul divano, le braci del caminetto ancora vivaci:
è
Sirius.
Stava
leggendo e si è addormentato con il libro aperto fra le
mani: un
manuale sulla storia degli elfi domestici, spuntato da
chissà dove.
Hermione sorride, e sente qualcosa di caldo al centro del petto, e
una forza irresistibile che la fa rimanere lì a guardare il
volto
dell'uomo addormentato per parecchi minuti, l'unico momento in cui lo
trova quasi sereno.
“Da
quando hai una cotta per Ron?”
Hermione
arrossisce istintivamente a quella domanda e quasi rovescia l'intero
boccetto d'inchiostro sul tema di Pozioni del giovane Weasley.
“Cosa..?!
Come ti viene in mente..?!”
La
voce le esce fastidiosamente stridula, col risultato di far ridere
Sirius nel modo che preferisce: porta la testa all'indietro, i
capelli formano un'onda, la gola si scopre e la ragazza sente un
impeto inspiegabile che vorrebbe farle allungare le mani e toccare
quella parte delicata del corpo dell'uomo, che con quel gesto diventa
visibile a tutti, la pelle tesa, pallida e il pomo d'adamo a
sporgere. Hermione vorrebbe toccarlo, e non sa perché.
“Sei
arrossita, è evidente, poi sei qui a correggergli i compiti
senza
chiedere niente in cambio, e non mi dire che è solo
deformazione
professionale da studentessa brillante, ma, cosa più
importante, ti
fa arrabbiare: spesso sbuffi a quel che dice, sei in disaccordo, vi
battibeccate, siete l'opposto su tutti i fronti, a tratti sono certo
che pensi di detestarlo e ti chiedi 'ma chi me lo fa fare di starlo a
sentire?' …
Sbaglio?”
La
ragazza china il capo, incapace di ribattere.
“Quindi,
sì, mi pare ovvio che tu sia decisamente cotta di
lui!” Sorride
Sirius.
“Ma
la domanda che volevo porti è.. Lui lo sa?”
“Siamo
solo amici.. Sono solamente l'amica intelligentona e petulante per
lui, non certo una ragazza per cui perdere la testa.. Nemmeno mi
calcola in quel senso!”
Mormora
Hermione con un sorriso triste.
Sa che c'è Voldemort là fuori, ma
ci sono momenti in cui la guerra che alberga nel suo cuore ha
più
forza di qualunque altra cosa.
Sarà
anche la strega più brillante della sua età, ma
è pur sempre una
quindicenne. Una
quindicenne innamorata di uno dei suoi migliori amici.
Per
essere una persona intelligente, il suo cuore si comporta proprio da
stupido.
Alza
lo sguardo e Sirius è lì, di fronte a lei,
vicino, così
vicino (quando si è avvicinato a quel modo?) che la ragazza
non può
fare a meno di pensarlo: potrebbe toccargli la gola, sì, le
basterebbe allungare la mano e...
“Dovrebbe
essere cieco per non accorgersi di che ragazza straordinaria
sei..”
le dice, le guance della giovane che immediatamente prendono colore,
ma Sirius va ancora oltre: le fa una carezza, con la punta delle
dita, come per paura che il rossore di Hermione nasconda un fuoco
pronto a bruciarlo. Un tocco delicato, quasi impercettibile, un nulla
in confronto alla mano calda che le aveva cavallerescamente offerto
per scendere dall'Ippogrifo solo due anni prima, ma è
diverso, è
intenso, è troppo.
Hermione a quel contatto si sente mancare un
battito, e non sa, non saprà mai come sarebbe finita quel
giorno,
gli occhi di Sirius incatenati ai suoi, perché avverte
Lupin,
apparso da chissà dove, che intima all'uomo: “Devo
parlarti, ora!”
con un tono perentorio che non ammette repliche, permettendo alla
ragazza di correre via dalla biblioteca.
Hermione
ha appena la forza di sbattere la porta della camera dietro di
sé,
chiuderla a chiave, e, tutta tremante, lasciarsi scivolare lentamente
a terra: le manca l'aria, il cuore batte come un tamburo nel petto, e
poi giù, fino a lì, con suo
grande imbarazzo, mentre torna a
toccare la guancia che Sirius le ha sfiorato, sentendosi
completamente frastornata, accaldata e allo stesso tempo senza forze,
ed è troppo confusa per accorgersi che di sotto qualcuno
urla, per
poter scoprire che se tornasse alla biblioteca troverebbe Sirius e
Lupin intenti a discutere animatamente, di lei.
“Sei
impazzito del tutto? È solo una ragazzina Sirius!”
“É
molto di più Remus, e tu lo sai!”
“Ha
quindici anni!”
“Lo
so! E non stavo facendo nulla di quello che pensi!”
“Non
farle del male Sirius, non affascinarla, è già
abbastanza
complicato..”
“Qua
è TUTTO schifosamente complicato!”
Ringhia
al colmo dell'ira, sentendosi, ancora una volta, prigioniero e
disperato, senza riuscire a comprendere come quella giovane strega
sia riuscita ad avvicinarsi e aprire la gabbia in cui è
rinchiuso,
socchiudendone la porta, almeno per poco, quel che basta per riuscire
a vedere di nuovo la luce del sole. E Sirius non vuole tornare nel
buio, ma sarà mai possibile, per lui che, ironia della
sorte, di
cognome fa Black?
I
giorni che restano di quell'estate polverosa e piena di ombre passano
l'uno dopo l'altro senza eventi degni di nota: tacitamente, Sirius e
Hermione si separano pur restando nello stesso edificio, lei a
correggere gli ultimi compiti di Ron e a pensare al nuovo ruolo da
Prefetto che aspetta entrambi a Scuola, lui relegandosi sempre
più
in se stesso, mentre Fierobecco diventa l'interlocutore più
assiduo;
i libri no, quelli Sirius continua a leggerli, per conto suo, di
notte, quando nessuno, soprattutto lei, lo vede.
È
il giorno della partenza di Harry, il morale dell'uomo non potrebbe
essere peggiore, e insiste per accompagnarli sotto forma di cane alla
stazione. Restare solo a Grimmauld Place e vederli andare via sarebbe
insopportabile, e poi non esce da cosi tanto!
Rimpiange
di avere le zampe e non poter salutare l'amato figlioccio come si
deve, abbracciandolo stretto, e i suoi uggiolii in realtà
significano nuove promesse di rivedersi, di poter ridere e scherzare
ancora, di continuare a sognare un giorno di vivere assieme come una
famiglia.
Hermione
lo guarda da lontano, non approva che sia lì, è
così pericoloso, e
sconsiderato, e...
É
in ginocchio, gli accarezza il capo come si fa con qualunque altro
cane, lui scodinzola e lei si immagina un Sirius dal sorriso
seducente e gli occhi grigi più profondi che mai.
“Stai
attento.. Abbi cura di te.” Gli mormora, per poi salire sul
treno,
e qualcosa gli fa stringere il cuore quando lo vede correre affianco
i binari fin quando gli è possibile, fino a diventare una
macchia
nera, come il cognome che porta, e poi sparire alla visuale, qualcosa
a cui Hermione non si dà modo di dare una risposta.
È
Natale anche a Grimmauld Place. Sirius si sente tornare bambino,
vorrebbe rendere quel luogo un posto accogliente e pieno di calore,
così s'improvvisa tra mille addobbi, trascinando tutti in
quella
missione natalizia con grande entusiasmo, perfino Fierobecco diventa
protagonista di una sua personalissima versione di “Tu scendi
dalle
stelle”. Sono giorni felici e pieni di speranza, dopo la
paura per
l'accaduto al signor Weasley, ma sono destinati a durare poco.
Ritrovare Harry per quelle vacanze per poi dovergli dire
“arrivederci” un'altra volta, con la cicatrice che
gli fa male,
le visioni della mente di Voldemort, le lezioni di Occlumanzia con
Piton e quell'arpia della Umbridge è un colpo duro per
Sirius, a cui
cerca in tutti i modi di prepararsi, senza successo.
Quel
giorno, lui ed Hermione sono di nuovo soli in biblioteca, tutti gli
altri sono a trovare Arthur al San Mungo. La ragazza si è
raffreddata e, per il timore di contagiare l'uomo già in
convalescenza, si è vista costretta a restare a Grimmauld
Place.
Sembra passata un'eternità dall'ultima volta.
Hermione
vorrebbe concentrarsi sui compiti, il pensiero dei G.U.F.O. la
attanaglia, ma non ci riesce.
Ha voluto lasciare i suoi genitori
immediatamente non appena è venuta a sapere del padre di
Ron.
Impossibile spiegare il senso di angoscia che la straziava.
Avrebbe
voluto confortarlo, trovare le parole giuste, ma le tremava la voce e
non poteva, non poteva mostrarsi talmente debole e coinvolta in
quella situazione, perché sentiva di non averne il diritto,
così si
è limitata ad abbracciarlo forte, per un tempo che le
è parso
infinito.
“Hermione?”
Il
flusso dei suoi pensieri è interrotto da Sirius, che si
è
avvicinato silenziosamente, col risultato di farla sobbalzare dalla
paura.
“Oddio
scusami, sai, non mi chiamano Felpato solo perché suona
bene..
Perdona l'abitudine!”
Lei
ride, il ghiaccio di quei mesi di silenzio si è
già scalfito.
“Volevo..
Ringraziarti per il suggerimento per il regalo di Natale ad Harry, lo
ha gradito moltissimo!”
“É
un piacere Sirius.”
“Veramente..
É di un altro regalo che
volevo parlarti.”
Hermione
lo guarda con aria interrogativa: possibile che uno come lui appaia
quasi.. Imbarazzato?
“Volevo
dirti grazie per i libri, le storie, io.. Mi sono sentito meno solo,
ecco! Te li ho restituiti, ti basti sapere che si trovano
già a casa
dei tuoi genitori.. Tranquilla! So cosa stai per dire: non mi sono
esposto in prima persona, l'ha fatto Remus da parte mia.”
“Sei
gentile, ma davvero, non dovevi disturbarti..”
“Ti
prego, fammi finire il discorso, ti giuro che mi sentivo meno scemo
quando studiavo Divinazione! Non so se mi spiego..”
La
ragazza ride di gusto per la seconda volta. “Chiudi
gli occhi e dammi la mano.. Così..”
“Buon
Natale, Hermione.” Mormora Sirius sorridendo, mentre la
ragazza
rimane senza fiato davanti al grosso smeraldo racchiuso in una
filigrana d'argento che penzola da un elegante nastro nero.
“Credo
che questo ciondolo appartenesse alla mamma di Tonks, ma Ninfadora
non è tipa da finezze del genere, anzi, potrebbe perderlo o
romperlo
in men che non si dica, quindi.. É per te.”
“Ma..
Ma Sirius.. É
meraviglioso, ma.. É
troppo, non posso..”
“Non
dire sciocchezze, sì che puoi! Aspetta, ti aiuto a
metterlo..”
Hermione
ha un brivido quando le mani di Sirius le sfiorano la nuca. Si volta
verso di lui, cercando approvazione, rimirando quel gioiello
meraviglioso, senza capire se sia troppo sfacciato o fuori luogo
accettarlo, ma l'uomo le sorride, e già sa che lo
terrà stretto al
collo.
“Sei..
Ti sta d'incanto. Con l'abito giusto, Ron ci rimarrebbe di sasso,
parola mia!”
Già,
Ron... La ragazza si sente improvvisamente triste.
“Cosa
c'è? Ho detto qualcosa di sbagliato?” Le chiede
Sirius, mentre
negli occhi grigi si disegna un'ombra di preoccupazione.
“No,
figurati.. Ma non stare a disturbarti tanto Sirius, Ron non mi
guarderà mai in quel modo. Non
come guarda Fleur Delacour o qualsiasi ragazza estremamente
attraente.. Lui la guarda e vede una donna.. Una donna vera e io
invece.. Sono quella intelligente Sirius. Non quella bella. Io..
Ron
non ha avuto nemmeno il coraggio di invitarmi al Ballo del Ceppo
l'anno scorso, mi guardava come se si fosse reso conto per la prima
volta che sono una femmina, e mi faceva così rabbia, e a
Krum
piacevo, piacevo davvero tanto, ma non potevo farci niente,
perché..
Non era Ron. Capisci?
E
mi sento una nullità, sono sola e mi sembra di non valere
niente, e
vorrei essere carina e scintillante come tutte le altre, e invece no,
sono Hermione la saputella, e io non sono così, anche io ho
dei
sentimenti, e sono così stanca e ho paura e non so cosa
fare..”
Hermione
butta fuori una diga di parole, di emozioni a lungo trattenute, e di
lacrime, perché anche la strega più brillante
della sua età ogni
tanto torna ad essere una quindicenne ordinaria.
E
tutto si aspetterebbe, tranne Sirius che le prende il viso tra le
mani con una tenerezza disarmante, la voce sussurrata:
“Hermione,
tu sei.. Sei una strega straordinaria, una persona meravigliosa, e
non so se può valere detto da un ex conquistatore seriale,
ma sei
anche.. Bellissima. E Ron, dagli tempo, e lo capirà,
vedrai.. É
solo questione di tempo.. Non può farsi sfuggire una come
te.”
Hermione
sente il cuore fare una capriola nel petto a quelle parole.
Sono di
nuovo soli, di nuovo i suoi occhi nocciola non si staccano dai pozzi
grigi di Sirius, le mani di lui sul suo viso bagnato di lacrime sono
più carezzevoli della neve che cade fuori, eppure il loro
calore le
provoca uno strano vuoto alla bocca dello stomaco, e c'è di
nuovo
quella forza strana, che non le dà il coraggio di parlare,
ma le fa
muovere una mano che trema impercettibilmente verso il volto di
Sirius, perché anche lei desidera toccarlo, da così
tanto
tempo...
Il
“crack” dell'ennesima smaterializzazione dei
gemelli Weasley li
fa sobbalzare, spezzando quell'atmosfera intima, di parole forti,
importanti, e quella sensazione strisciante di stare facendo qualcosa
di proibito e irresistibile allo stesso tempo, da cui non si torna
indietro. Ridono
nervosamente.
“Vado
a sentire come sta Arthur...”
“Sì,
certo, vi raggiungo tra un attimo...”
E
mentre Sirius si allontana col suo solito incedere elegante, Hermione
si lascia cadere su una sedia, si toglie il ciondolo nascondendolo
sapientemente in una tasca, le guance che bruciano e vorrebbero
riappropriarsi subito del tocco di quell'uomo. Osserva
il soffitto e si ritrova a pensare, sentendosi sciocca, che la
biblioteca è l'unico posto in cui non si è data
il tempo, assieme a
Ginny, di mettere un po' di vischio qua e là.
Grimmauld
Place è in fermento: i ragazzi devono tornare a Hogwarts e
la
signora Weasley non vuole assolutamente che arrivino in ritardo.
Hermione approfitta della confusione per sgattaiolare da Fierobecco,
dove sa già vi troverà Sirius, allontanatosi
frettolosamente per
evitare che il dolore che gli procura la partenza di Harry si legga
sul suo volto.
“Ciao
Hermione.” Mormora l'uomo sforzandosi di sorridere.
“Non credo
che il ritardo si confaccia a una studentessa modello e Prefetto come
te.”
“Hai
ragione, ma.. Non volevo andarmene senza averti prima dato..
Questo.”
Comincia, sedendosi accanto a lui. “Non devi restituirmelo.
È tuo.
Non è un regalo prezioso come la tua collana, ma...
É
tutto quello che ho.”
“Sei
un vero tesoro.” Risponde Sirius suadente, prendendo il
pacchetto
regalo dalle sue mani, mentre la ragazza si sente arrossire fino alle
orecchie.
È
un libro, tipico di lei, piuttosto voluminoso, tanto da fargli
dubitare che riuscirà mai a terminarlo, e con un titolo non
dei più
allegri: I miserabili.
“Ti ringrazio, non dovevi, davvero.”
“Lascialo
decidere a me.” Lo rimbecca subito la giovane, facendolo
ridere
della sua
tipica risata così
simile a un latrato.
“Non conosco questo titolo.. Di che parla?”
“Parla..” Hermione si ferma a riflettere, come a
cercare le parole adatte. “.. Di un uomo finito in carcere.
Un
giorno, dopo tanti tentativi falliti, riesce a scappare, eppure gli
anni da galeotto gli restano appiccicati addosso come un marchio.
Deve restare nascosto, sempre, e vivere sotto false
identità. Per
tutti il suo vero nome è sinonimo di criminale, ma lui sa
che c'è
una strada per poter diventare buoni, giusti e, finalmente,
redenti.”
I pozzi grigi di Sirius sembrano più profondi che mai
nel guardarla.
“E.. Alla fine.. L'uomo riesce a redimersi.. A vivere
sereno?”
Hermione vorrebbe rispondergli, vorrebbe restare a
parlare con lui, vorrebbe più tempo...
Ma la signora Weasley li sta richiamando a gran voce.
Deve assolutamente andare.
“Lo scoprirai leggendo il libro..” Si sforza di
sorridere, ma non sa quando potrà rivederlo, e questo
scatena in lei
un moto di commozione, di affetto, di calore indefinibile. Lo
abbraccia stretto, mentre due lacrime calde le rigano il viso,
nonostante tenti di scacciarle.
“Grazie,
grazie.. Di tutto..” Mormora, la voce tremante.
L'uomo
la guarda, un'ombra di dolore sempre presente dietro agli occhi, ma
quel giorno sembra più vecchio, più consumato,
più stanco.
Le
mani di Sirius sono sul suo volto ora, le dita asciugano con estrema
delicatezza le lacrime, sono così vicini che i loro nasi
possono
quasi sfiorarsi, e Hermione può sentire quel calore
esploderle nel
petto e mozzarle il fiato e le labbra di Sirius posate sulla sua
fronte sono così calde da farle temere di portarne il segno
addosso.
“No,
Hermione, grazie a te.” Mormora l'uomo con voce roca.
L'ennesimo
grido belluino della signora Weasley li riporta alla realtà,
seduti
abbracciati sul pavimento polveroso di quella soffitta, Fierobecco
che sonnecchia poco lontano dopo il suo pranzo a base di topi.
"Hermione,
devi proprio andare ora.” Sussurra Sirius, dopo un silenzio
interminabile.
“Arrivederci
Sirius, sta' attento..” Mormora
lei, senza avere la forza di guardarlo, dirigendosi fuori dalla
stanza.
“Hermione..”
“Sì..?”
Questa
volta è l'uomo a non trovare le parole.
“Solo...
Sta' vicino ad Harry.”
“Lo
farò.”
Come
poteva sapere che non l'avrebbe mai più rivisto? Avrebbe
fatto la
differenza? Si sarebbe comportata diversamente? Hermione non lo
saprà
mai.
Si
risveglia in un letto, confusa, stremata, mentre tutto il corpo pare
attraversato da millemila spilli che la torturano senza
pietà.
Riconosce l'infermeria di Madama Chips.
C'è
una sagoma seduta ai suoi piedi, che faticosamente riesce a mettere a
fuoco: Lupin.
Gli
ultimi ricordi le si riversano addosso come una cascata d'acqua
ghiacciata: Harry, Ron, la Umbridge, i Therstal, l'Ufficio Misteri e
Sirius.. Sirius torturato da Voldemort, Kreacher aveva confermato che
non si trovava a Grimmauld Place.. Dov'erano? Stavano bene?
“Hermione..
Grazie al Cielo! Madama Chips! È sveglia!”
Remus
la sta guardando con fare paterno, le tiene una mano sorridendole, la
ragazza vorrebbe chiedere dei suoi amici, ma la gola secca non le
permette di cavare fuori le parole, così mormora solo:
“Acqua..
Acqua..”. Ogni
singola goccia nel bicchiere portato alle labbra riarse pare
restituirla lentamente alla vita.
“Harry
e Ron stanno bene.” La rassicura subito Lupin, precedendo la
domanda che più pesa sul suo cuore. Ma c'è
qualcosa negli occhi del
suo ex professore: sembra ancora più segnato, e non per le
cicatrici, una ruga profonda al centro della fronte, gli occhi gonfi
di chi ha pianto disperatamente.
E
poi parole, un torrente di parole, che si affastellano nella testa di
Hermione ancora debole e provata, ma non abbastanza da non
comprenderne il significato straziante e senza ritorno:
“Sirius..
Bellatrix.. Il velo.. Niente da fare.. Harry è
sconvolto..”.
Il
bicchiere cade a terra e va in frantumi, perché le mani le
tremano
troppo, Lupin dolcemente prova a prenderle nelle sue per bloccare
quegli spasmi, ma Hermione lo allontana, porta le sue alla bocca,
vorrebbe urlare ma non riesce a emettere alcun suono, le lacrime che
cominciano a rigarle le guance e la voce dell'uomo sempre
più
indistinta.
Aveva
sempre dubitato della veridicità delle visioni di Harry, lo
rimproverava perché non si esercitava abbastanza da riuscire
a
bloccarle, aveva pensato che una parte dell'amico volesse sapere cosa
Voldemort provasse o pensasse, sentirselo addosso, sulla sua pelle,
anche se si era vergognata subito di quel pensiero. E quando lui
aveva detto sconvolto di aver visto Sirius torturato nell'Ufficio
Misteri, Hermione aveva avuto un terribile presentimento,
perché
Sirius era avventato, sì, ma non sciocco, poi Kreacher.. Non
poteva
mentire.
E
invece l'aveva fatto lo stesso, vendicandosi del padrone, sopportando
una punizione autoinflitta subito dopo.
L'elfo che lei aveva sempre
strenuamente difeso, che Sirius odiava tanto..
Lupin
le sta spiegando ogni cosa, ma lei ha già capito tutto:
Voldemort
l'ha ucciso col suo amore.
L'amore per gli amici Lily e James e
quello per Harry, in cui vedeva la sua unica vera prospettiva di
futuro, di ricominciare tutto daccapo, di redimersi.
Il
loro affetto come arma per dividerli.
Un
affetto che nemmeno al disgustato Kreacher poteva sfuggire.
Perché
a lui non era mai stato offerto.
Hermione
pensa che le hanno sempre insegnato che l'amore vince sopra ogni cosa
e suona così sciocco alle sue orecchie ora che l'ultimo dei
Black
non c'è più.
“Non
è giusto..” Riesce solo a mormorare tra i
singhiozzi. Sirius
doveva avere una possibilità, una vita nuova, vera, alla
luce del
sole, essere di nuovo accettato, di nuovo amato. Come Jean
Valjean.
Si
chiede se Sirius avesse già terminato il libro, se l'avesse
apprezzato e soprattutto se avesse compreso quello che le sue parole
non erano riuscite a dire quel giorno nella soffitta. Che
quel libro era per lui perché le parlava di lui.
E
non poterglielo più confessare rende il tutto ancora
più
insopportabile.
Quella
notte lo sogna, sogna di loro, lui le asciuga le lacrime con la
stessa tenerezza, eppure è così sfacciatamente
sensuale, il corpo
di Hermione è in fiamme, il respiro affannoso, e quel desiderio
- perché ora lo comprende, era desiderio - di toccarlo sopra
ogni
cosa, senza riuscirci, mentre tutto le scivola via dalle mani e
Sirius scompare in un soffio di polvere argentata. Al
risveglio ci sono solo le sue lacrime sul cuscino, assieme a qualche
cicatrice in più sul cuore, quel cuore che batteva
così forte
quando lui la guardava e che ora invece non potrà farlo
più. Non
a quel modo.
Solo allora Hermione rimette in fila gli eventi,
comprendendoli, trovando una risposta ai mille interrogativi che non
si era mai data la pena di risolvere, per non mentire a se stessa
consapevole di farlo. Ora sa di aver perso per sempre qualcosa che
niente e nessuno potrà restituirle, nemmeno Ron: l'innocenza
dei
suoi quindici, candidi, spauriti e confusi anni. L'ha
persa un giorno qualsiasi, senza rendersene conto, in un'estate
polverosa, tra gli scaffali di una vecchia biblioteca, per un uomo
adulto con un paio di mani calde e due intensi pozzi grigi che non
rivedrà mai più. Se si concentra, le pare di
sentire ancora il suo
tocco sulle guance brucianti.
“Hermione,
andiamo! Harry e Ginny ci aspettano per la cena!”
É
sempre Ron a riportarla alla realtà, una figura non troppo
lontana,
resa riconoscibilissima dai bambini dai fulvi capelli rossi che tiene
per mano, anche loro impazienti e con lo stomaco senza fondo come il
padre. Può sentirlo intimare loro di incamminarsi, tanto
conoscono
la strada, mentre lui si precipita con la sua andatura dinoccolata
verso di lei.
Resta
appena dietro, alle sue spalle, una sorta di riverenza mista a
protezione, e le cinge le spalle con un braccio. Non ha mai smesso di
essere golfo e insieme dolce.
“Stai
bene?” Le chiede timoroso, e Hermione sa che ci sono momenti
in cui
lui la guarda e può scorgere nei suoi occhi la paura di
vederla
cadere a pezzi senza poterlo impedire, il terrore che se ne vada,
che lo lasci per sempre, perché di quei momenti di
malinconia in
tanti anni suo marito ancora non è riuscito a trovare la
chiave.
Come
quella mattina, quando lei ha deciso, dopo anni e finte dimenticanze,
di indossare la collana con lo smeraldo, la collana di lei
quindicenne a Grimmauld Place, la collana di Srius, e Ron è
entrato
in camera e l'ha guardata riflessa nello specchio, sapendo
perfettamente di non avergliela mai vista prima al collo, eppure le
ha solamente detto: “Ti sta d'incanto”.
Hermione
non riesce a rispondergli e si limita ad affondare il viso tra il suo
collo e la spalla, come fa ogni volta che ha bisogno di conforto.
Allora
Ron fa quello che fa da una vita intera da quando sta con lei: la
sorprende.
Le
cinge la mano che impugna la bacchetta e le fa fare piccoli movimenti
circolari, sussurrando qualcosa tra i denti, così che ai
piedi della
lapide commemorativa appare una splendida ghirlanda con rose bianche.
Hermione ha le lacrime agli occhi.
“É
bellissima.” Sussurra, baciandolo e stringendosi
più forte a lui.
“Portami
via, adesso.”
Ed
eccoli allontanarsi, mano nella mano, a raggiungere i bambini e il
loro più caro amico.
Hermione
pensa che, dopotutto, Sirius aveva ragione. L'amore aveva solo
bisogno di tempo.
Author's
corner: non ho mai scritto prima su questo pairing, eppure
eccomi qui, con una delle One Shot più lunghe che abbia mai
realizzato in assoluto. Spero con tutto il cuore di aver reso IC i
personaggi, perché sia Sirius che Hermione sono da me molto
amati (Sirius è il mio personaggio preferito dell'intera
saga). Il titolo è un verso di
“Hallelujah” di Leonard Cohen, mentre il
sottotitolo appartiene a “Only love” dei Mumford
and Sons, mi piaceva l'idea di due frasi che in qualche modo fossero
una la risposta dell'altra.
Non mi resta che augurarvi buona lettura, sperando che la one shot sia
apprezzata e che vogliate lasciare una recensione,
perchéè sempre bello avere pareri sul proprio
modo di scrivere.