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Autore: wings_of_dreams    01/07/2015    2 recensioni
Tirò un pugno sul materasso, le sue dita continuavano a fremere, un secondo pugno. Scarlett. Cos’aveva di così unico? Perché non era rimasta? Glielo aveva chiesto disperato, aveva bisogno che lei fosse lì con lui. Perché?

Genere: Drammatico, Introspettivo, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Your car smells like chocolate

Holland si rigirava una ciocca scura di capelli fra le dita, sbuffava a ritmo del ticchettio alienante dell’orologio, che, fastidiosamente, le ricordava il lento scorrere del tempo, inducendola a supporre, che, in realtà, esso rallentasse durante le ore di linguistica generale. Seguire il tono di voce della professoressa era un’impresa degna degli antichi eroi greci, richiedeva un grande spirito e una forza mentale quasi sovraumana. C’erano quegli strani soggetti che si azzardavano a fare domande, e lei li guardava sempre scettica, chiedendosi quale fosse il loro pianeta d’origine e per quale ragione fossero stati mandati sulla Terra.
Scarlett era seduta accanto a lei, ma era presa dal suo telefono, che teneva in bella mostra sulle pagine del quaderno ricoperte d’inchiostro ed intrise di scritte, scarabocchi e disegni, riguardanti qualsiasi cosa fuorché linguistica. Holland sapeva che la testa della sua amica era partita per qualche avventura, naufragata fra i sogni e desideri, quando era silenziosa, o stava male, o non era presente. Spesso entrambi.
“Ma quello non è Healy?” bisbigliò piano.
La ragazza accanto a lei si rizzò di colpo. “Eh cosa? È qui?” balbettò impacciata.
Holland si sforzò per trattenere una sonora risata. “No disperata, stavo solo cercando di catturare la tua attenzione, sai, eri un po’ in fase morta vivente”.
Scarlett le mollò un pugno scherzoso sul braccio. “Abbiamo dormito un po’ poco stanotte, non fare la finta tonta, sei colpevole quanto me di questo! Tu e il tuo Jamie!” la schernì.
“A te basta dire Matty, e non capisci più nulla!” la canzonò di rimando. “Specie dopo il grande dialogo di ieri, scommetto che ti sei già fatta dei film mentali a luci rosse su voi due” sottolineò, alzando ripetutamente le sopracciglia.
“Deficiente” sbottò incredula. “Linguistica generale ti fa malissimo!”.
“Scherzi a parte, voglio andarmene, i miei neuroni chiedono pietà dopo tutto questo monus e common ground!” piagnucolò Holland. “Siamo alla fine dell’ora, quando suona?!”.
Come pronunciò quelle parole, il salvifico suono della campana scosse tutti i corpi degli studenti assopiti sui banchi, sterminati dall’infinito flusso di termini in idiomi ignoti, scagliati senza pietà dalla docente come dardi affusolati per tutta la spiegazione.
“Alleluja!” urlò Holland uscendo dall’aula. “Non ne potevo proprio più!”. Saltellava allegra per i corridoi, incenerendo con lo sguardo chiunque osasse alzare un sopracciglio per di disappunto per la sua reazione.
Le due ragazze s’incamminarono verso uno dei chiostri interni dell’università, uno dei luoghi più pittoreschi e favolosi di tutto il campus.
Era molto ampio, degli archi a volta sostenevano la struttura, i muretti pullulavano di studenti stanchi o scazzati, intenti a fumare una sigaretta, a scambiare quattro chiacchiere, a saltare le lezioni da soli o in compagnia. All’interno vi erano delle aiuole verdeggianti curatissime, delimitate da basse siepi dalle larghe foglie smeraldine, mentre al centro vero e proprio del chiostro sorgeva un grande albero, maestoso, molto alto, dalla chioma variopinta con grazia dalla mano esperta dell’Autunno. Risaltava fra il verde e richiamava i diversi colori del chiostro in pietra. Le panchine in legno, nella bella stagione, erano il punto ideale per trovarsi con gli amici.
Scarlett e Holland, in quanto matricole, non avevano ancora goduto di questo lusso, abituate ormai a rivederle lucide a causa dei frequenti acquazzoni, che con ostinazione e indifferenza, si abbattevano continuamente sulla città. Proprio come quel giorno.
“Non ne posso più di questo tempo” si lamentò Scarlett. “Mi mette una grandissima tristezza addosso e in più fa freddo, le mie mani si stanno screpolando, o meglio, rovinando”.
“Fermati da me anche stasera, non c’è alcun problema per me, non voglio che tu debba tornare a casa con la tempesta che infuria. Rischi di ammalarti seriamente” osservò l’amica.
“Vorrei, ma Logan stava già dando di matto ieri sera, non posso dirgli che resto fuori anche stasera con così poco preavviso” rispose atona.
Holland la squadrò da capo a piedi. “Ma che cazzo di problemi ha tuo fratello con la tua vita? Come osa arrogarsi il diritto di decidere al posto tuo? Pronto Scarlett, da quando sei così arrendevole? Mandalo a quel paese e ragiona di testa tua” sbraito furiosa. “Siete due persone differenti, volete cose differenti. Credi di poter continuare così a lungo? Presto arriverà il momento in cui sarai costretta a scegliere fra lui e ciò che ami e non voglio che tu commetta la scelta sbagliata, non voglio che tu continui a sottovalutarti in questo modo, lasciando che qualcuno ti metta i piedi in testa”.
“È quello che sto facendo, ma uno strappo netto è troppo rischioso, posso riuscirci solo facendo passi calcolati e misurati. Non voglio che confonda le mie azioni con uno sterile desiderio di rivolta dovuto al ciclo o all’età” sbottò Scarlett infuriata.
“Dimmi come posso aiutarti, puoi sempre contare su di me, lo sai” si calmò la ragazza.
“Ovvio, altrimenti non te ne parlerei!” scherzò per alleggerire la tensione.
“Secondo me qualcosa ha provocato questo suo strano atteggiamento” esclamò pensierosa la prima.
“Non so che torto nella vita posso avergli fatto… Ok mi sarò ubriacata qualche volta, ma non ho mai commesso nulla d’imperdonabile. Non ancora ucciso nessuno e…”.
“Zitta non intendevo questo, penso che sia coinvolto qualcun altro” riprese il ragionamento.
Scarlett ripensò a quando ancora lei e suo fratello vivevano dai loro genitore. Logan non era così, anzi era un buon complice spesso la copriva quando si ubriacava alle feste dei suoi compagni di liceo, l’aiutava a smaltire le sbronze e a gestire i postumi. Lui stesso combinava parecchie bravate. “Magari è successo all’università”.
Holland sorrise, facendo vagare distrattamente lo sguardo per il lungo corridoio. Vide appoggiato a un muretto un ragazzo diverso da tutti gli altri studenti, che già scaturiva l’interesse di alcune ragazze poco distanti.
Sorridendo con furbizia si voltò verso Scarlett. “Beh, so a chi puoi chiederlo. Mr. Healy è veramente qui” sogghignò.
“Ci casco una volta, non due” ribatté l’altra storcendo il naso, ma dovette ricredersi quando l’interessato le fece un cenno ed cominciò a incamminarsi verso di lei.
Indossava un paio di pantaloni neri abbastanza stretti, che modellavano perfettamente la forma delle sue gambe, erano consumati, infatti, c’erano delle scuciture da cui si intravedeva la pelle; indossava un maglione un po’ largo bianco a righe nere e una giacca nera di pelle. L’unica nota di colore era una sciarpa di color bordeaux scuro, avvolta attorno al suo collo con apparente casualità. Fottutamente sexy, pensò lei.
“Ciao Scar”. Lo odiava, perché, quando la chiamava in quel modo, provocava un devastante maremoto dentro di lei: le sue viscere andavano in subbuglio, il sangue accelerava istantaneamente, la testa le girava e tutto diventava straordinariamente nitido e brillante. Vinceva ogni singola volta quando la chiamava in quel modo.
“Healy, cosa ci fai qui?” domandò confusa, a tal punto da non ricordarsi di mascherare l’evidente espressione sorpresa, ma... lieta.
“Sono venuto a prenderti, farti tornare a casa da sola con questo tempo è impensabile” spiegò il ragazzo passandosi una mano sulla spalla.
Scarlett si morse il labbro inferiore. Doveva riuscire a tutti i costi a trattenere un sorriso ebete, non amò mai così tanto la pioggia in vita sua, come in quel momento.
“Dai già troppi pensieri a tuo fratello, se poi ti ammali sclera!” ironizzò agitando le braccia in modo buffo. “Mi ha chiesto di venirti a prendere, è bloccato al lavoro, non può venire”.
“Che fratello amorevole” commentò Holland, per una volta condivideva una scelta di Logan, evento sicuramente epocale!
“Non mi serve un babysitter” ribatté acida Scarlett. “Preferisco tornare a casa fradicia che dover sottostare a tutti suoi questi diktat da psicopatico!”.
Matty non si scompose minimamente, anzi, annuì con assenso a quell’affermazione, sapeva che aveva tutto il diritto di lamentarsi in quel modo, nessuna persona sana di mente avrebbe osato darle torto.
“Hai ragione, non lo nego, ma non credi sia meglio tornare a casa con me ora, invece che subire altri rimproveri? Sei già uscita senza preavviso ieri sera, come fai dopo a ottenere il permesso per uscire con il tuo fidanzatino?”. Era divertito dal mutamento dell’espressione del viso della ragazza, che fu piuttosto repentino. Soprattutto trovava buffo il suo tentativo di finta indifferenza, in altre parole, spostare lo sguardo su qualsiasi altra cosa e arricciare le labbra annoiata. Fece un passo indietro, alzò il braccio destro in direzione dell’uscita. “Dopo di te, mia cara”.
“Devi morire male” sputò infuriata.
Salutò Holland, poi si allontanò visibilmente alterata, mentre i suoi passi risuonavano minacciosi per il chiostro ed inceneriva con lo sguardo chiunque osasse tagliarle la strada. Matty era lì solo per fare un favore a suo fratello, in più doveva assolutamente smetterla con la storia del moroso, era snervante e frustrante. Non capiva assolutamente nulla!
Si fermò all’improvviso, esattamente all’entrata del parcheggio. Si mise al riparo sotto la tettoia più vicina, anche se qualche goccia riusciva a raggiungerla, e aspettò. Osservò i ciottoli del marciapiede, lustri e ludici per l’acqua che continuava a scendere imperiosa e copiosa dal cielo, erano più belli del solito, riflettevano la scarsa luce e conservavano uno spettro, un ricordo dei nuvoloni grigi sovrastanti.
Faceva freddo, lo sentiva penetrare attraverso i vestiti leggermente umidi, tremava. Il suo maglione non la teneva abbastanza al caldo, i brividi avevano il sopravvento.
“Passare del tempo con me dev’essere proprio una tortura” sentenziò Healy raggiungendola. “Ho seriamente pensato che fossi già diretta verso casa tua”.
Scarlett scosse la testa. “Qual è la tua macchina?” disse semplicemente.
Matty la squadrò da capo a piedi con un’espressione divertita. “Mi hai aspettato, allora vuoi tornare a casa con me”.
“Diluvia, ho abbastanza buon senso da non fare pazzie. Non sapevo quale fosse la tua auto” sussurrò la ragazza. Continuava a fissare i ciottoli bagnati, s’identificava in essi, perché anche lei era costantemente inondata dallo stesso elemento.
Matty Healy. Non sapeva dare una risposta precisa, non aveva idea di come avesse cominciato a piacerle, era stato tutto improvviso, però poco importava, perché ogni volta che lui la guardava in quel modo così penetrante, lei ci ricascava ogni singola volta, più di prima. Matty aveva la rara capacità di penetrare dentro di lei, dentro la sua mente, le dava l’impressione che fosse seriamente interessato a qualsiasi cosa dicesse, come se fosse in grado di capirla. E come quei sassi, non poteva opporsi, e, a volte, si beava di quel giogo strano, della visione che quel ragazzo, ormai uomo, avesse del mondo, particolare e inusuale; si incantava sempre, piena di meraviglia, per la sua arte nell’usare le parole, spesso si rivelava una persona molto più profonda di quanto potesse dare a vedere. L’aveva letteralmente conquistata.
“E poi comunque, come hai detto tu, mi serve un complice per coprire le mie fughe amorose” sogghignò.
“Lo sapevo che c’era un ragazzo! Alt! Io credo però di dover controllare chi sia, non posso mentire al mio migliore amico per metterti in pericolo!” scherzò lui di rimando.
“Meno male che Matty c’è!” esclamò Scarlett ridendo e agitando le braccia in aria, come per esultare.
“Puoi dirlo forte!” rispose pavoneggiandosi. Il suo sorriso si spense improvvisamente, aggrottò le sopracciglia, sembrava preoccupato. “Però che ne dici di infilarci nella mia auto; le tue labbra sono viola per il freddo” disse un po’ più serio, indicando un’auto nera poco distante.
Scarlett fece un passo in avanti, ma lui la fermò, appoggiando piano la mano su una spalla della ragazza. “Scar”. Cominciò a sfilarsi la sciarpa con gesti lenti; osservò per un attimo il suo collo, quasi studiandolo, poi ve la avvolse con cura, muovendosi cauto, come se avesse paura di farle del male, coprendolo bene. Spostò piano i capelli rimasti incastrati nei giri della stoffa. Si voltò, dandole le spalle. “Non voglio che ti ammali”. Si allontanò, con calma e tranquillità, come se nulla fosse successo, mentre la ragazza dietro di lui cercava di ricordare il senso del verbo respirare.
Scarlett sorrise, alzò la sciarpa fino al naso, insultandosi mentalmente da sola per questa cosa: era un gesto così infantile, ma aveva il suo profumo, e quella sciarpa ora stava lasciando una traccia indelebile nella sua memoria.
A passo veloce raggiunse la macchina, con grande sforzo entrò nell’abitacolo, fingendo che non fosse successo nulla, pregando il suo cuore di rallentare il proprio battito. C’erano uno strano odore lì dentro, non molto forte, ma a suo modo insistente, le bastò quel particolare per zittire i pensieri precedenti. Che profumo era? Alzò lo sguardo, dallo specchietto retrovisore, pendeva un deodorante per auto, al pino, però non spiegava la strana nota odorosa, né da dove venisse. “Non senti anche tu questo strano profumo?” domandò al conducente.
“Oh, no veramente, l’ha sempre avuto” rispose evasivo.
“Allora hai un’auto che sa di… non lo so” continuò dubbiosa “è come non so… odore di… cioccolato, sì simile, qualcosa del genere, non lo credi anche tu? Cioccolato”.
Matty la guardò per un istante, si accasciò contro il volante e scoppiò a ridere come un matto, battendo le mani sul volante. “Sì, hai ragione” disse cercando di ridarsi un contegno.
“È un problema della tua macchina, non mio, il tuo pino profumato non serve a molto” commentò irritata, colpendo il deodorante per ambienti.
“Sei troppo permalosa” sbuffò lui.
La ragazza voltò lo sguardo verso il finestrino alla sua sinistra, dove poteva ammirare le vie di Manchester susseguirsi e variare; i colori mutavano e anche gli scenari, e lei osservava le vite degli altri: le persone frenetiche che correvano sui marciapiedi, chi fissava il vuoto aspettando l’autobus, pensando ai propri drammi, le coppiette che si stringevano sotto un minuscolo ombrello, i bambini piccoli che saltavano nelle pozzanghere, con gusto, come se fosse il gioco più bello di sempre.
Dopo un po’ cominciò a guardare fuori dubbiosa, i luoghi diventavano sempre meno famigliari, non riconosceva in quale zona della città fosse, sicuramente non in quella dove abitava.
“Dove stiamo andando?” chiese seria. Si aspettava una risposta, ma questa tardava ad arrivare, l’agitazione cresceva, era palese che qualcosa non andasse bene, le stava nascondendo qualcosa, era infastidita e preoccupata. Cosa diavolo stava succedendo?! “Logan non ti hai mai detto di venirmi a prendere!” sentenziò con tono neutro. Si ristabilì immediatamente il silenzio, tanto che, se solo non ci fosse stata la pioggia, che picchiettava insistente su tutti i finestrini, si sarebbero uditi solo i loro cuori e i loro flussi sanguigni. La tensione rendeva palpabile anche l’impercettibile. “Ferma subito questa cazzo di auto!” urlò iraconda.
Matty sobbalzò, ma non mollò la presa né sul volante, né sull’acceleratore. Non proferiva parola e ciò la fece infuriare ancora di più: la rabbia le montava dentro a dismisura, si sentiva frustrata, e, quasi senza pensarci, lo prese a schiaffi sul braccio. Presto si arrese, non poteva fare nulla mentre erano in moto, rischiava solo di farsi seriamente male, così decise di ignorare completamente quell’uomo. Doveva solo aspettare la giusta occasione. Cercava di leggere i nomi sulle pensiline delle fermate degli autobus, per costruirsi un minimo di orientamento e via di fuga, e, soprattutto, doveva inventare la scusa per spiegare a suo fratello l’ingiustificabile ritardo: raccontare il rapimento da parte del suo migliore amico non avrebbe fatto altro che aumentare il suo controllo ossessivo.
Un grande punto di domanda si disegnò nella sua mente, perché Matty aveva fatto tutto ciò? Perché aveva dovuto mentirle? Perché voleva rimanere solo con lei? Le domande si ammassavano, si facevano e si disfacevano come nulla, mutando la propria forma come le nuvole bianche dei cieli primaverili, a cui è divertente trovare un somiglianza con immagini note e conosciute. Non poteva inquadrare Healy, no non c’era un’immagine universalmente nota e riconosciuta per raccontare il suo essere, no, lui era un mistero. Era diverso da tutti gli altri, lo aveva sempre saputo, e non le era mai importato, per lei era una gemma preziosa, era la Monna Lisa, semplice, ma incantevole e enigmatica. No, troppo riduttivo. Non sapeva descrivere cosa fosse, in quei suoi vestiti neri brillava di luce propria, era un sole nero.
L’auto si fermò: erano davanti a un piccolo parco giochi, al cui centro sorgeva un bellissimo gazebo in ferro battuto. Il luogo era davvero pittoresco.
Healy scese, aprì il baule ed estrasse un ombrello, si fermò davanti al lato passeggero e le aprì la porteria, senza guardarla.
“Io non mi muovo da qui, portami subito a casa!” ruggì lei furiosa.
“Due minuti. Concedimi due minuti, poi ti porto a casa” disse calmo.
La ragazza assottigliò lo sguardo. “Cosa ti fa pensare che io ti segua?”.
Matty si chinò verso la ragazza. Lei sentì il suo respiro sul proprio viso e scorse un velo quasi invisibile di barba sul suo mento, allungò una mano verso il neo sullo zigomo, ma all’ultimo la ritrasse. “Onestamente? Nulla, ci spero e basta”.
“Non ho tutto il giorno, ti conviene essere veloce” sottolineò supponente uscendo dall’auto. Quelle fottute parole l’avevano più che vinta.
Camminarono fino al gazebo, dove poterono ripararsi dalla pioggia.
Scarlett osservò l’erba smeraldina piegata dai forte scrosci, l’odore di prato bagnato era forte, c’erano delle altalene e uno scivolo. Era molto tranquillo.
“Hai mai desiderato qualcosa in vita tua?” proferì di punto in bianco Matty. “Ti è mai capitato di volere ardentemente qualcosa? Tutto per colpa di uno stupido pensiero nato per caso, per cui spesso ti sei presa in giro da sola, trovandolo assurdo e privo di senso. Questo però ha continuato a crescere, così hai compreso che fosse una cosa seria e hai provato vergogna, perché è, fondamentalmente, un pensiero sbagliato. Sei mai stata a un passo da quello che desideri, senza poterlo afferrare, struggendoti? Hai passato almeno una notte in bianco per questo, facendo una grande pazzia il giorno dopo? Io sì. Portarti qui è la mia pazzia. Non so neanche per dirti che cosa, forse che ti odio, che sei scorretta e sleale, che mi piace il colore dei tuoi capelli, che studi troppo, che mi piace chiamarti Scar. Non ne ho idea. Il mio problema è che ho cominciato a desiderare le tue labbra, la tua pelle candida, vorrei toccare il tuo corpo. Vorrei solo che per una volta tu rimanessi, invece di rintanarti in camera tua, invece di scappare da Holland. Resta. Non so neanche il perché lo voglia, sei solo una ragazzina e per di più la sorella del mio migliore amico, per questo ti odio”. Parlava concitato, passeggiando per il gazebo, passandosi continuamente le mani nei capelli. Ogni tanto la guardava, i suoi occhi guizzavano animosi verso quelli di lei. “Cosa pensi adesso di me? Mi credi pazzo? Non guardarmi, mi mandi in confusione, rimani nel tuo castello di ghiaccio, allontanami, perché mi fai vergognare. Sai perché siamo qui? Volevo un posto in cui non potesse trovarci nessuno, dove il rischio di incontrare conoscenti fosse meno del minimo, ed è un parco molto bello, sembra sospeso nel tempo, e questo gazebo è del secolo scorso, è quasi antico. Qui tutto è sospeso, perfino i nostri sei anni di differenza. E questa è la prima e l’ultima volta che mi sentirai parlare così agitato”. Si fermò, prese fiato, poi si decise a unire i loro occhi, a dirigere i suoi piedi verso di lei, a sorriderle, ad accarezzarle la guancia. “Mi dispiace, non so dirti cosa voglio, non so indovinare cosa c’è nel tuo cuore, nella tua testa. Vorresti andartene adesso? Ti prego, resta. Solo per un altro po’. Resta con me, Scar”. Calcò particolarmente sul nome della ragazza, come se fosse qualcosa di spirituale, da pronunciare con voce roca e sensuale per renderlo concreto.
Appoggiò la sua fronte su quella di lei, le sue mani le accarezzavano il viso, e sorrise nel vedere le sue gote scarlatte, le trovava innocenti e carine. I loro occhi ormai necessitavano gli uni degli altri, erano in sincrono in ogni battito, di fatti si chiusero allo stesso tempo.
Le loro labbra s’incontrarono, senza troppa fretta, con passione, interesse e dolcezza, per poi concedere quell’onore anche alle loro lingue. Matty fu costretto a stringerla a sé, tremava troppo, sarebbe potuta svenire per l’emozione. Scarlett stava toccando il cielo con un dito, si sentiva viva, provava qualcosa d’indescrivibile, di grandioso e bellissimo. Le pareva di sognare, si sentiva felice.
“Matty io…” voleva dirglielo, lei provava qualcosa per lui, sentiva che fosse il momento migliore, quel parco era stato costruito per raccogliere i loro segreti, per condividerli con loro.
“Non c’è bisogno che tu dica nulla al tuo ragazzo” la zittì afferrandole le mani. “Resterà fra di noi, non lo dirò a nessuno, ma tu non potrai raccontarlo nemmeno a Holland. Vieni da me adesso, ti prego, ho aspettato per troppo tempo, sarà perfetto”.
Lo sguardo di Scarlett si spense, la delusione le fece un gran male. “È questo quello che volevi? Sesso?”.
“Che altro posso offrirti? Non sono il tuo salvatore, non posso liberarti dal controllo ossessivo di tuo fratello, non posso garantirti che ti tratterà con rispetto, non so cosa cerchi, ma io non posso offrirti altro, ci sono cose che non sai di me” ammise grattandosi il capo. “Posso solo regalarti l’incanto di una notte”.
Scarlett gli si avvicinò e, senza pensarci due volte, gli tirò un poderoso schiaffo sulle guancia. “Io non voglio più vederti. Mi fai schifo”.
Healy scosse la testa, fece un passo verso di lei. “Scar non è una situazione facile per nessuno dei due”.
“A te non importa niente di me, scommetto che questo è solo l’ennesimo capriccio della tua stravagante persona,  vuoi farlo per il tuo smanioso egocentrismo. Benvenuto nel Ventunesimo secolo l’universo è infinito e acentrico, quindi a nessuno frega un cazzo di te”, voleva ferirlo, sentiva la necessità di restituirgli la sofferenza che le aveva arrecato, “Io ti odio”. Ma lo sapeva, non ci sarebbe mai riuscita.
Senza aggiungere altro gli rubò l’ombrello, non lo guardò nemmeno, lo abbandonò in mezzo al parco. Si allontanò, senza mai voltarsi, accelerando il passo, finché non si ritrovò a correre presso la pensilina più vicina. Voleva rimuovere l’intera giornata, dimenticare tutto il prima possibile in maniera rapida e indolore. Spense il cervello, non le importava di quello che accadeva attorno a lei, era insensibile, riceveva gli stimoli, ma gli ignorava. Era un automa.
Il tempo sull’autobus le scivolò addosso, così come il tempo di attesa del cambio e l’ultimo tratto di viaggio per giungere a casa.
Solo quando giro le chiavi nella toppa della porta d’ingresso dell’appartamento, riacquistò la sua umanità. Il dolore era vivido, non capiva per cosa l’avesse scambiata, si sentiva violata, si sentiva malissimo.
“Dov’era finita?! Perché diavolo non rispondi al telefono quando ti chiamo?!”. Logan l’accolse a suon di urla, infuriato e preoccupato, perché il temporale impazzava sulla città e lei spariva senza lasciare sue notizie. “Stavo per chiamare Matty e chiedergli di venire a cercarti!”.
Era veramente furioso, ma non appena terminò la frase, notò l’espressione devastata della sorella, e i suoi sentimenti si tramutarono in preoccupazione. “Hey, cos’è successo?” domandò cauto avvicinandosi, ma la ragazza fissava il vuoto senza dare segni di vita. “Scarlett, cosa cazzo è successo? Mi sto spaventando” riattaccò agitato.
Le lacrime cominciarono a scorrere sul quel viso infreddolito, era uno spettacolo orribile, si sentì spaesato, non sapeva cosa fare. Rimase stupito quando, di sua volontà, la sorella si strinse contro il suo petto, singhiozzando disperata, bisognosa di espiare il dolore.
Logan non fece domande, l’abbracciò e basta, aspettando che si tranquillizzasse, accarezzandole la schiena e sussurrandole che andava tutto bene. La portò sul divano e la fece sedere. Si sentì inutile, non riusciva ad aiutarla in nessun modo, era disorientato non l’aveva mai trovata in tali condizioni e si era ripromesso di non vederla mai, aveva fallito miseramente. Il terrore divagò nella sua mente, cosa era successo? “Va tutto bene sono qui con te”. Credeva nelle proprie parole. Dopo parecchi minuti, i singhiozzi frenetici terminarono.
“Senti, hai bisogno di parlare? Ti hanno fatto qualcosa?” chiese nuovamente.
Scarlett lo guardò fredda. “Non mi hanno violentata, scippata o altro, era qualcosa di così inaspettato che non avresti mai potuto immaginarlo, o avresti impedito tutto ancora prima che nascesse”.
Logan non capiva, non aveva mai capito quale tarlo si fosse impossessato del suo cuore, il peggiore di tutti, l’unico incontrollabile e imprevedibile. Si limitò a fissarla confuso. “Mi sono perso qualche passaggio?”.
“Te li sei perso tutti” ribatté sarcastica. “Ma grazie per l’abbraccio, ne avevo bisogno” disse addolcendosi.
Logan continuò a guardarla senza riuscire a connettere nulla, quella conversazione così strana lo disturbava, i cambiamenti repentini di umore di sua sorella lo preoccupavano e quel senso d’impotenza lo massacrava. Forse si era perso davvero molte cose, per esempio non si era accorto che lei aveva comprato una nuova sciarpa. Era di un bel colore, in più aveva un che di familiare, anzi, gli pareva quasi, che quella fosse proprio la sciarpa preferita di Healy.


Hey There!
È un sacco che non aggiorno più nulla, mi scuso, ma è da maggio che sto dando esami, ieri ne ho dato uno. Me ne mancano solo due per finire la sessione! Speriamo vada tutto per il meglio...
La storia sta piano piano prendendo forma, non è scontato che questa scena fra Matty e Scarlett sia posizionata proprio al secondo capitolo, è utile per determinare un po' il clima della storia. So di essermi preso un paio di libertà, (but as Matty said Fanfiction are bullshit <3 ) se vi sentite offesi, beh non era mia intenzione sorry.
Inoltre molti personaggi, fra cui George, Adam e Ross, faranno la loro comparsa più avanti.
Beh vi lascio che russo mi aspetta... 
See ya!

S.
ps. Niente, nemmeno quest'angolo autrice è decente....
pps. SHOUT OUT TO ily95 che mi ha betato tutti i capitoli!!! Love you!

  
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