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Autore: ivi87    01/07/2015    8 recensioni
Questa storia fa parte della serie "The Kiss - Missing Moments".
Dopo il bacio della 3x13 e il déjà vu di un altro bacio dato ad una festa di halloween ci troviamo ora ad affrontare la situazione nella famosa camera d'albergo di Los Angeles.
Timeline 3x22 Amare e Vivere a Los Angeles.
Genere: Introspettivo, Romantico, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Kate Beckett, Richard Castle
Note: Missing Moments | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Terza stagione
- Questa storia fa parte della serie 'The Kiss - Missing Moments'
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~ Non ci è permesso scegliere la cornice del nostro destino.

Ma ciò che vi mettiamo dentro è nostro. ~

Dag Hammarskjold

 

 

 

L.A. Confidential

 

 

 

Il divano della lussuosissima suite che la produzione del primo film di Nikki Heat aveva offerto a Castle, stava accogliendo lo scrittore e la sua musa mentre mettevano insieme tutti i pezzi del caso.

La morte di Royce li aveva portati entrambi sino a Los Angeles, con profondo disappunto di Kate. Lei voleva indagare da sola.

Ma non ci mise molto a cedere alle insistenze del suo partner ed ora, lei rannicchiata di fianco con il gomito appoggiato allo schienale mentre Castle sedeva composto rivolto verso il tavolino con la loro cena sopra, discutevano di quanto appreso durante la giornata.

“Non mi sembra vero che non lo rivedrò più”, confessò Kate, dopo avergli confidato quanto fosse stata affascinata da Royce, quando era una giovane recluta.

“Sai cosa ho pensato quando ti ho conosciuta?”, le chiese Castle, sorprendendola.

Kate scosse quasi impercettibilmente la testa e restò in attesa di sentire la risposta.

“Che eri un mistero che non avrei mai risolto”, il suo sguardo era così serio e profondo da  incatenare anche quello di Kate “E anche ora, dopo aver passato tanto tempo con te, sono ancora sorpreso dall’intensità della tua forza, dal tuo cuore e dalla tua bellezza”.

Un piccolo sorriso nacque sul volto di Kate; abbassò la testa colta da un fugace attimo di imbarazzo per quelle parole “Beh, neanche tu sei male, Castle”, disse ancora con il sorriso sulle labbra.

Di nuovo occhi negli occhi, Kate si ritrovò a pensare che era capitato molte volte durante l’anno.

Piccoli momenti di assoluta perfezione che sbucavano senza preavviso e nei momenti più disparati.

L’unico comune denominatore erano loro due.

Fortemente in imbarazzo, Kate si strinse nelle spalle e cercò un qualunque possibile appiglio per cambiare argomento.

“Abbiamo visto un mito del rock, oggi”, l’incontro con il bassista dei Kiss fu la prima cosa che le venne in mente.

Il sorriso di Castle si spense appena, ma non si aspettava niente di più. Sapeva quanto fosse difficile per lei lasciar entrare le persone nel suo cuore “Gene Simmons, ancora non ci credo”, commentò quindi, alleggerendo la tensione che si era creata tra loro.

“Davvero ti sei vestito come lui per Halloween?”, chiese Kate, ricordando il suo commento dopo quello strano incontro.

“Oh, sì, stavo davvero benissimo!”, rispose fiero “E tu? Una ragazza vestita in quel modo è insolito”, commentò poi, rivolgendole la stessa domanda.

“Ma ad Halloween tutto è lecito, no? E anche io stavo benissimo!”, rispose a tono.

Risero entrambi, poi Kate volle togliersi una curiosità “Come mai non hai sfruttato l’occasione per far gonfiare il tuo ego, magari vestito da Thor, ad esempio?”, chiese sorridendo, prendendolo in giro.

“Ti sconvolgerà sapere che certe volte mi piace passare inosservato e scrutare i comportamenti delle persone…”, le rispose fingendosi offeso “…e comunque, scherza pure, ma ricordo di aver fatto conquiste persino conciato in quel modo!”, ed ecco che l’ego rinomato di Castle tornava a fare capolino, divertendola.

Quanta strada da quando invece la irritava da morire.

“Ah, sì? Beh anche il mio travestimento aveva sortito gli stessi effetti”.

L’egocentrico e l’orgogliosa. Sarebbe potuto essere il titolo di un film.

“Beh, certo. Stiamo parlando del mitico Gene Simmons. Non poteva essere altrimenti!”,  aggiunse lui.

Poi spostò lo sguardo cercando di ricordare “Che anno sarà stato?”.

Anche Beckett tentò di ricordare quando andò in quel locale con Lanie.

“Era il ’98!”, disse con foga, schioccando le dita nel momento stesso in cui gli venne in mente.

Contemporaneamente Kate ricordò “Sarà stato il 1998”.

I sorrisi sui loro volti si spensero.

Restarono a fissarsi increduli, ripercorrendo nella mente quello che successe quella sera di Halloween.

“Kate, a che festa eri?”, domandò infine Castle con estrema serietà.

“Non può essere…”.

“A che festa eri, Kate? In quale locale?”, insistette lui, sentendosi come se stesse camminando su una fune sottilissima.

“The 40/40 club e tu?”, disse con un filo di voce.

Gli sembrò di aver smesso di respirare.

Da quando si erano baciati in quel vicolo, per cercare di distrarre la guardia di Lockwood, si era ritrovato spesso a ripensare a quella ragazza misteriosa che era sparita nel nulla da quella festa di Halloween, dopo averlo baciato in quel modo.

Baciare Kate aveva risvegliato quel ricordo, complice forse quell’alone di mistero e malinconia di cui la detective era costantemente avvolta.

Ma mai avrebbe pensato che le due donne potessero essere, in realtà, la stessa persona.

“The 40/40 club”, le rispose una volta riemerso dai suoi pensieri.

Kate sembrava davvero sconvolta “Intendi dire che tu eri QUEL Gene Simmons??!!”.

“Quello che hai baciato per poi filartela? Sì, ero io”, rispose con il suo solito fare canzonatorio, anche se vederla così scocciata faceva male.

Lui era al settimo cielo.

Erano destinati. Ora ne era convinto più che mai.

“Non scherzare...questo... questo significa che...”, Kate esitava, in cerca delle parole giuste.

“Significa che era destino”, rispose Castle, con estrema decisione.

“Non dire così, mi conosci, lo sai che non credo nel destino, nell’universo o in qualche forza superiore!”, protestò Beckett.

Castle si alzò in piedi preso dalla foga del discorso “Ma non puoi negare che siamo tutti parte di un disegno più grande. Non possono essere tutte coincidenze, Kate. Non è stata una coincidenza partecipare a quella festa di Halloween!”.

“Mi dispiace ma non sono d’accordo. Mi rifiuto di essere una pedina dell’universo”, sbottò alzandosi di scatto e posizionandosi di fronte a lui “Non voglio essere parte di un disegno più grande. Voglio essere padrona delle mie decisioni e della mia vita”

“Ma lo sei!! Tu hai deciso di baciarmi quella sera. Non mi sarei nemmeno potuto avvicinare se tu non me l’avessi permesso. L’hai presa tu quella decisione. Hai scelto tu di mascherarti da Gene Simmon tra migliaia di altri costumi. L’hai scelto tu e l’ho scelto io. Nessun’altro. Il destino ci dà gli strumenti, ci offre le occasioni, ma la strada siamo solo noi a tracciarla. Decidiamo noi quale percorso intraprendere!”.

Le girava la testa.

Sentiva di avere ragione. Ma anche le parole di Castle erano dannatamente vere.

Era così confusa già da tempo sulle strane emozioni che piano piano quell’uomo aveva fatto nascere in lei, e ora questo.

Di notte, ancora sognava l’azione sotto copertura in cui si erano visti costretti a baciarsi, sentendo i dinosauri* nello stomaco come un’adolescente alla prima cotta, per scoprire ora che nemmeno era il loro primo bacio quello, ma bensì il secondo.

Era troppo da gestire tutto insieme.

Sotto il suo sguardo, così sicuro e determinato, si sentì indifesa.

Evitò i suoi occhi e arretrò, portandosi i capelli dietro l’orecchio.

“Vado a letto, è tardi”, disse solamente, consapevole di essere nuovamente in fuga.  

“Kate...”, la richiamò Castle, senza successo.

“Buona notte”, fu l’ultima cosa che lei gli disse prima di entrare nella propria stanza.

Restò congelato sul posto, fissando quella porta chiusa.

L’aveva vista ascoltare attentamente le sue parole.

Aveva letto nei sui occhi l’indecisione e l’incertezza, ma anche la voglia di lasciarsi andare.

Forse non era ancora pronta ma il muro con il quale si proteggeva aveva ricevuto un bello scossone.

Tanto forte da impedire alla detective di staccarsi dalla porta, alla quale si era appoggiata di peso, e dalla maniglia che non aveva ancora lasciato.

Tanto forte da farle desiderare che ci fosse lì Lanie in quel momento a sfidarla ad aprirla.

L’orgoglio avrebbe fatto il resto.

Ma Lanie non c’era e Castle aveva ragione. Era lei che aveva il potere di decidere come agire.

Il destino li aveva portati a condividere una stanza d’albergo a Los Angeles ma stava a lei decidere se cambiare le cose o lasciare tutto immutato.

Lui si esponeva sempre, si metteva in gioco e non voleva che pensasse di non contare nulla per lei.

Il ricordo dei loro baci divenne così vivido tanto da farle desiderare immediatamente di poterne avere ancora.

E poteva.

Aveva il potere di decidere.

Abbassò la maniglia della porta e ne aprì uno spiraglio.

Castle si stava ritirando nella sua stanza quando si accorse di lei e si fermò.

Le bastarono pochi passi per raggiungerlo e incastrarsi nel suo abbraccio.

Si alzò sulle punte dei piedi, afferrandogli i capelli sulla nuca e tirandolo a sé.

Le loro labbra si riconobbero all’istante, come se non si fossero mai lasciate e non fossero mai state sostituite da altre sconosciute.

Era perfetto. E sembrava così giusto.

Ma non lo era.

Non era né il luogo né il momento.

E non solo per l’indagine in corso sulla morte di Royce.

Non era il momento giusto per loro. Il muro era ancora troppo alto, impossibile da valicare.

Troppe cose nella testa e nel cuore della detective andavano sistemate.

Spalancò gli occhi nel momento stesso in cui se ne rese conto, ponendo fine a quel magico momento.

Erano entrambi storditi ed accaldati.

Kate si portò le mani alla bocca, sentendo addosso il peso del suo gesto.

Si allontanò iniziando a camminare nervosamente per la stanza “Non posso”, sussurrò.

“Kate...”, Castle cercò di parlare ma lei lo interruppe.

“Non posso farlo”, ripeté a voce più alta.

“Calmati, va tutto bene”, le disse per rassicurarla.

Non voleva lasciar cadere il discorso ma nemmeno farle venire un attacco isterico.

“Sono calma, solo che...non posso proprio”, esclamò con gli occhi lucidi.

Castle lo sapeva. E di certo non l’avrebbe forzata a fare nulla, così come non aveva iniziato lui il bacio anche se avrebbe voluto.

Vorrebbe baciarla in ogni momento.

“Non sembri calma”, scherzò, sorridendole.

Lei si fermò in mezzo alla stanza, respirò a pieni polmoni e ricambiò il sorriso.

Le dinamiche tra loro stavano gradualmente cambiando e Kate aveva bisogno dei suoi tempi per metabolizzare ogni singolo dettaglio.

Il muro era sempre lì a ricordarle cosa avrebbe rischiato se avesse aperto nuovamente il suo cuore, ma da qualche tempo non sembrava più una barriera così insormontabile.

Castle iniziava a vedere dei vacillamenti in quella corazza.

Il sorriso sparì dal volto di Kate e sulle sue labbra comparve invece un nome “Josh”.

Già, Josh. Il suo fidanzato.

Quello che non c’era quasi mai, cosa che le era andata benissimo così finchè non aveva sentito il bisogno di qualcosa di più di una storiella poco impegnativa.

Aveva iniziato ad essere più esigente con lui e ad arrabbiarsi per i suoi continui viaggi all’estero.

E ora baciava un altro?

Si sentiva confusa sui suoi sentimenti per Castle e di sicuro era confusa sulla sua relazione con Josh ma di certo non si meritava di essere tradito.

“Non posso fargli questo”, bisbigliò Kate.

Ma quando sollevò gli occhi, questi tornarono di nuovo fissi sulle labbra di Castle.

Lo scrittore lo interpretò come un buon segno “E se lui non ci fosse?”, le domandò.

“Non è importante. Lui c’è”, rispose sulla difensiva.

“Ma se non ci fosse?”, chiese ancora, anche se sapeva già la risposta.

Impegnata o single, il suo cuore era comunque ancora inaccessibile.

“Non posso, Castle”, ripetè, ora ad occhi bassi.

“Lo so”.

Restarono a guardarsi come solo loro sapevano fare, quando il resto del mondo andava avanti mentre Richard Castle e Kate Beckett fermavano lo spazio-tempo solo guardandosi negli occhi.

Poi, come sempre, uno dei due ristabiliva le leggi della fisica riportando entrambi con i piedi per terra.

Si incamminò verso la sua stanza, credendo di aver sentito troppi “Non posso”, da lei quella sera. Sperava che l’indomani lei potesse essere più loquace.

“Ho detto che non posso”, disse per l’ennesima volta, bloccando la camminata di Castle verso la propria camera da letto “Non ho detto che non voglio”.

Quell’ammissione lo colpì e lo costrinse a voltarsi. Non si aspettava quella schiettezza da lei.

“Se noi...”, si asciugò una lacrima ribelle e proseguì “Se adesso noi... probabilmente domani mattina cambierei idea. Sarei terrorizzata e ti direi che non sarebbe dovuto succedere... e non voglio, non deve andare così.”

Castle ascoltava in silenzio, sperando che continuasse a parlare.

“Non posso adesso, non sarebbe giusto per Josh, devo parlare con lui... devo lasciarlo, prima di...”,  tirò su con il naso ridendo un secondo dopo, per il gesto poco elegante, poi deglutì e continuò “E non sarebbe giusto nemmeno per te, non sono in grado di darti quello che vorresti e che meriti, ancora... ma lo sarò”.

Castle ci mise qualche secondo a registrare il significato di quelle parole.

“Mi stai chiedendo di aspettarti?”.

Lei scosse la testa “Non potrei mai chiederti questo”.

“Ti sto chiedendo di continuare le nostre vite e di lasciare le cose come stanno, per ora”, Castle cercò di precisare un punto ma lei lo precedette “Non dico di dimenticare o di ignorare quello che è successo oggi, fuori da quel magazzino e a quella festa di Halloween...”, si ritrovò a gesticolare con le mani nel tentativo di riuscire a spiegarsi “Solo che... ho bisogno di più tempo, ho bisogno di riflettere, di capire... di capirmi. E mi sento uno schifo... lo so, sono egoista ma ti giuro che...”.

Fu Castle a interromperla questa volta “Non lo sei”.

Si sorprese nell’udirlo. Non pensava che le avrebbe fatto una scenata ma nemmeno che sarebbe stato così accondiscendente.

“Non sei egoista. Lo saresti se, come hai detto, tu facessi una cosa di cui non sei pienamente convinta per poi scappare il giorno dopo lasciandomi solo”.

Quella semplice frase le fece battere il cuore come non mai.

Se c’era qualcuno che poteva mandare all’aria tutti i suoi buoni propositi era lui.

Ma si meritavano entrambi qualcosa di più di un’unica e isolata notte di passione.

Non per questo Kate si sentiva meno in colpa. Non solo stava ponendo dei limiti in quel momento, ma non poteva nemmeno garantirgli se e quando sarebbe mai stata emotivamente pronta a vivere una serena relazione con lui.

“Ma Castle, tu...”, non era giusto in ogni caso quello che gli stava facendo.

Lui le sorrise “Non preoccuparti per me. So essere molto paziente”, si avvicinò e le diede un leggero bacio sulla fronte “Come si dice? Quello che succede a Los Angeles resta a Los Angeles”.

“Non era Las Vegas?”, domandò ad occhi chiusi, assimilando il più possibile di quel dolce bacio che molto probabilmente sarebbe stato l’ultimo, almeno finchè lei non fosse riuscita ad allineare testa e cuore sullo stesso asse.

“Credo si possa fare con tutte le città”, rispose allontanandosi e tornando verso la camera “A domani”.

“A domani”, rispose a sua volta, poi Castle sparì nella sua stanza.

Kate restò lì in piedi immobile nel salottino domandandosi se fosse successo veramente.

Se finalmente avesse fatto un passo avanti, seppur piccolo.

Aveva fatto bene ad agire così? Avrebbe dovuto lasciarsi andare?

Gli occhi vorticavano da un punto all’altro della stanza a seconda di questo o quel pensiero che le transitava nella testa.

Sicuramente non sarebbe riuscita a dormire quella notte.

Pensò che forse nemmeno Castle si sarebbe addormentato con facilità.

In un momento si immaginò sdraiata tra le sue braccia. Al sicuro.

“Quello che succede a Los Angeles resta a Los Angeles”.    

 Fu sorprendentemente facile arrivare alla sua porta, ruotare la maniglia, entrare nella stanza e sdraiarsi accanto lui.

Si rilassò solo nel momento in cui lui le avvolse la schiena con il braccio e lei si accoccolò sul suo petto.

Alle prime luci dell’alba, quando si svegliò, pensò che mai si era sentita così serena e riposata.

Ma quello che si erano detti la sera precedente restava ancora valido.

Non poteva iniziare nulla di serio e duraturo in quel momento della sua vita. Non avrebbe saputo nemmeno da dove cominciare.

Si alzò con delicatezza per non svegliarlo e uscì dalla stanza.

Quando Castle finalmente la raggiunse in soggiorno, la trovò già vestita e pronta a proseguire le indagini sulla morte di Royce.

I loro sguardi si incrociarono e un piccolo sorriso spuntò su entrambi i loro volti.

Poi, senza bisogno di ulteriori spiegazioni, tornarono i Castle e Beckett di sempre, pronti a fare giustizia ad un innocente.

Entrambi consapevoli che conserveranno questa notte a Los Angeles gelosamente nei loro cuori e forse un giorno, quando Kate avrà affrontato tutti i fantasmi del suo passato, potranno riparlarne.  





~ Lungo i bivi della tua strada incontri le altre vite, conoscerle o non conoscerle, viverle a fondo o lasciarle perdere dipende soltanto dalla scelta che fai in un attimo; anche se non lo sai, tra proseguire dritto o deviare, spesso si gioca la tua esistenza e quella di chi ti sta vicino. ~

Susanna Tamaro

 

 

 

*lo so, lo so, si dice “sentire le farfalle nello stomaco”, ma ammettiamolo... con un uomo come Castle si possono solo sentire i dinosauriiiii *-*-*-* (E poi dai, potevo non fare un omaggio a Jurassic World? :p )

 

 

 

Ivi’s Corner:

 

Ed ecco la seconda delle tre Shot dedicate ai missing moments che ruotano intorno al bacio di Halloween raccontato in Déjà Vu.

Come sempre non vado ad alterare (non di molto almeno ;p ) il reale corso degli eventi, ma gli do una spruzzata di colore in più.

 

Un grazie giga alle mie tre consulenti e beta di fiducia! (Sì, ne ho addirittura tre xD)

 

A presto con la terza e ultima parte! :-*

 

 

Ivi87
   
 
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