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Autore: Ninfea Blu    16/01/2009    26 recensioni
Qualcuno potrebbe trovare questo racconto non facile, chi si aspetta il lieto fine e avesse il cuore tenero non legga questa storia. Se invece siete coraggiose e pazienti (racconto lungo) potete provarci. Il personaggio di Alain è molto aderente a quello dell'anime, la mia ispirazione parte sempre da lì, questi sono i suoi ricordi e le sue impressioni circa i suoi 2 amici... ma è anchè un Alain dubbioso, che si pone delle domande. Tengo molto a questa storia e ha richiesto molto sforzo, tagli, ritocchi... aggiunta fanart
Genere: Drammatico, Malinconico, Triste | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Alain de Soisson
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
- Questa storia fa parte della serie 'Amore, ricordi e rimpianti' Questa storia è tra le Storie Scelte del sito.
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Alain. Memorie di un ex-soldato

 

 

 

Premessa: questo è il primo di un paio di racconti dove sviluppo lo stesso tema, affrontato da personaggi diversi. Alain, dopo André è forse uno dei personaggi che preferisco in assoluto. Ci tengo particolarmente, anche perché il racconto mi ha impegnata molto e per lungo tempo e mi piacerebbe sapere che ne pensate. Buona lettura.

 

*****

 

Che sorpresa ritrovarsi dopo cinque anni. Bernard e Rosalie.

Ma come hanno fatto a trovarmi?

Perché sei scomparso dopo quella giornata ormai famosa?

E perché non sarei dovuto scomparire?

Non c’era più nulla che mi tenesse a Parigi e non ho mai voluto assistere alle stragi del terrore.

Ho già visto troppi morti nella mia vita, mia madre, mia sorella, tanti compagni di reggimento caduti quei giorni a Parigi… e poi loro due…

Rosalie mi ha parlato delle ultime vicende tragiche, legate alla sorte della regina, della sua amicizia con Oscar, quante persone hanno toccato la sua vita e quanto devono essere state toccate da lei… non lo sapremo mai.

Ho sempre adorato il mare e ho sempre desiderato fare il contadino, qui ho sepolto mia madre e mia sorella Diane, su una dolce collina da cui si può ammirare l’orizzonte. Bernard mi ha detto che sembrava di vedere le loro tombe.

Un'altra collina, un altro luogo, dove io non andrò mai: Arras.

No. Non voglio vedere le loro tombe. Non voglio pensarli sotto terra.

Dopo tanto tempo, ho ancora l’impressione che quello che è accaduto non sia reale; immagino che siano fuggiti via, da qualche parte, a vivere insieme lontano dai clamori della storia. Li immagino in qualche villaggio sperduto, dove nessuno li conosce o sa nulla di loro, del loro passato.

Ho detto a Bernard che loro sono stati felici in fondo, perché sono morti prima di vedere le tragedie della rivoluzione. Chissà se è stato davvero così… sì, deve essere stato così.

Non credevo che avrei più sentito parlare di loro, ma il 14 luglio è una giornata che non si scorda, rimarrà nella storia. Per me sarà sempre legata alla morte di Oscar e di André. Morirono a poche ore di distanza uno dall’altra.

Mi era capitato di sentir parlare di persone talmente unite in vita, che quando una moriva, l’altra la seguiva poco dopo, ma pensavo fossero leggende popolari, racconti fantasiosi di gente credulona. Ma sono stato testimone esattamente di questo.

 

Il mio buon amico André, il migliore fra tutti, l’unico che mi fu vicino quando morì mia sorella.

Fu lui che mi impedì di lasciare il reggimento, per andare a cercare quel vigliacco che aveva abbandonato Diane sull’altare.

“E quando lo avrai trovato che farai? Pensi che ucciderlo, riporterà in vita tua sorella? E poi anche se povero, è pur sempre un nobile. Vuoi metterti nei guai?”

“No, certamente. Ma non voglio che la passi liscia. Come fai André a rassegnarti così? A giustificarli sempre, questi bastardi! Hai mai perso il controllo una volta, e fatto qualcosa di cui ti sei pentito, dopo?”

Gridavo, mentre André energico mi tratteneva, cercando di farmi ragionare.

“Sì… sì Alain, mi è successo. E non è servito a niente, lo capisci? Certe cose non si possono cambiare, per quanto lo si voglia! Io lo so molto bene. Ma se adesso te ne vai, sarà tutto inutile, anche la morte di tua sorella. Ma le cose forse potrebbero cambiare, se tutti noi facciamo la nostra parte… e tu devi combattere anche per la sua memoria.”

Non so come fece, forse furono le sue parole, ma quella volta Andrè riuscì a convincermi e rinunciai così alla mia folle iniziativa.

 

 

Ricordo la sera che lo incontrai e ancora non sapevo nulla di lui, ne della sua storia assurda.

Era giorno di paga e i Soldati della Guardia erano andati a festeggiare nella solita locanda della città dove si poteva bere vino di scarsa qualità a poco prezzo.

Tra bevute, canti e ballate, a volte si finiva per fare a cazzotti, era un modo come un altro per divertirsi. Insieme ai miei compagni, stavo cantando allegramente, in piedi su uno dei tavoli, mentre reggevo in mano una pinta di vino, quando notai quel giovane seduto poco in disparte da solo. Teneva tra le mani un bicchiere, in cui ogni tanto si versava una generosa dose dalla bottiglia posata sul tavolo. Pareva assorto nei suoi pensieri, che dovevano essere certamente assai tristi. Decisi che dovevo tirargli su il morale e sapevo per esperienza, che è meglio non bere da soli, quando la tua mente è attraversata da pensieri cupi e tristi.

Con un paio di balzi mi parai davanti a lui.

“Hei ragazzo, sei l’unico a non divertirti qui, perché non ti unisci a noi? Vorremmo sentire anche la tua voce. Il mio nome è Alain e faccio parte dei Soldati della Guardia.”

Alle mie parole, egli alzò il suo sguardo su di me. Benché portasse un ciuffo di capelli neri a nasconderlo, notai la cicatrice recente che segnava il suo occhio sinistro. Mi sorrise amichevole e senza farselo ripetere, si unì ai cori dei commilitoni che erano con me.

Bevemmo parecchio quella sera, mentre gli parlavo della mia vitaccia da soldato, lui mi ascoltava senza parlare e alla fine, rimase coinvolto in una rissa scoppiata tra i miei compagni quasi per scherzo. Non si era risparmiato, le aveva prese, ma le aveva date anche di santa ragione, facendo cadere qualche dente. Era uscito dal locale con le sue gambe, barcollando era rimontato in sella ed era tornato a casa. La ricordavo bene quella serata, ricordavo la piega amara delle sue labbra e certi sguardi tristi che assumeva in alcuni momenti. Era evidente che qualcosa lo tormentava.

“Perché non sputi il rospo? Dopo ti sentirai meglio.”

Capii piuttosto in fretta che qualsiasi cosa fosse, il mio amico avrebbe tenuto tutto per sé.

“Ho capito, non vuoi parlarne. Bevici sopra allora!”

Era un tipo taciturno André, più che parlare preferiva ascoltare.

Ma se parlava, non lo faceva mai a sproposito.

 

Fin dalla prima volta che lo incontrai, mi accorsi subito che dietro la sua espressione franca e cordiale, si celava un tormento, un dolore profondo e vecchio di anni.

Cosa fosse lo avrei scoperto più tardi, il giorno che fosse entrata in scena un’altra protagonista della sua vita, la più importante, anche se ancora non sapevo quanto.

Mi dico fortunato a non aver mai passato quello che è toccato in sorte a lui.

Vivere per anni accanto alla donna di cui sei innamorato, senza poterle mai dire ciò che senti per lei, per tutta una serie di circostanze insormontabili e assurde. A volte mi chiedevo come fosse riuscito a sopportare per tanto tempo, in silenzio un simile calvario. Perché di quello si trattava; una pena di cui sembrava non vedersi la fine. Eppure Andrè non si crogiolava nel suo dolore, semplicemente aveva imparato a sopportarlo, a farlo suo. Come si potrebbe chiamare la devozione silenziosa di un uomo, che attende per vent’anni una donna se non sacrificio?

Questo era l’amore di André, o mi parve qualcosa di simile. Ci conviveva da sempre, forse per questo non sapeva farne a meno. Ma forse non era neppure questo.

Forse c’era una ragione che andava al di là della comprensione umana. Un amore oltre il tempo e lo spazio; uno di quei misteri che solo Dio conosce.

Già…Inutile lambiccarsi il cervello, come ho fatto io per tanto tempo.

 

Un giorno mi chiese di aiutarlo a entrare nei Soldati della Guardia. Non mi sembrò un idea saggia e glielo feci notare. Ma lui volle insistere.

Non mi disse la verità quella volta e si inventò una scusa, che lì per lì mi apparve credibile.

Figlio di un falegname: certo non ne aveva l’aria, anzi nei modi e negli atteggiamenti André sembrava provenire da un’altra realtà, poteva sembrare quasi un aristocratico, probabilmente perché era vissuto in mezzo ai nobili per molto tempo.

Senza fare domande lo assecondai; in fondo non erano affari miei e se voleva venire a stare peggio di quanto stava, era libero di farlo.

 

Un bel giorno di aprile arrivò in caserma non atteso il nuovo Comandante.

In anticipo rispetto alla data ufficiale. Gettò tutti sottosopra.

Sapevamo che proveniva dalle Guardie Reali, un corpo militare composto solo da aristocratici, decisamente diverso dal nostro.

La prima volta che vidi Oscar Francois De Jarhayes ne ricevetti un’impressione strana e decisamente qualcosa nel suo aspetto, me lo fece apparire fuori posto.

Biondo, occhi azzurri e di bell’aspetto… troppo bello davvero per essere un uomo.

Troppo femmineo, come può un damerino del genere, pensai, avere le palle per comandare un reggimento come il nostro? Questo non regge qua dentro un mese.

Come mi sbagliavo…

Ma le sorprese non erano finite.

Presto si diffuse la notizia che il nostro nuovo Comandante era in realtà una donna. Inizialmente, pensai ad uno scherzo… ma la faccenda si rivelò assolutamente seria. Era incredibile, ma era tutto vero.

Quegli imbecilli dei nostri dannati superiori, avevano mandato una donna a darci degli ordini. Certo i primi tempi per Oscar, non devono essere stati facili, perché nessuno la voleva come Comandante… beh, nessuno eccetto André, si intende.

 

Non volevamo prendere ordini da una donna.

Facemmo l’errore di sottovalutarla, convinti che fosse incapace di ricoprire il suo ruolo ed eravamo decisi a far valere le nostre ragioni.

Facevamo di tutto per scoraggiarla, ignoravamo deliberatamente i suoi ordini, cercavamo di spaventarla, convinti che se ne sarebbe andata con la coda tra le gambe. Ma lei si rivelò un osso più duro del previsto, e ci dimostrò giorno dopo giorno, di avere fegato quanto e più di un uomo.

Devo ammettere che ne fui sorpreso e restai impressionato dalla sua tenacia. Non si arrendeva mai, di fronte a nulla, non si lasciò mai intimorire dall’ostilità che i soldati le dimostravano.

Non abbassava mai lo sguardo, con nessuno.

Conosco uomini che al suo posto, avrebbero ceduto per molto meno.

Al suo arrivo ci rifiutammo di prendere parte alla parata in suo onore, fu André a darle la notizia. La sua reazione fu degna di un vero Comandante: certo aveva del coraggio quella donna, a piombare in una camerata piena di uomini rudi e violenti, decisa a lanciare la sua sfida.

Aveva capito di dover dimostrare il suo valore, e accettò di incrociare la sua spada con chiunque di noi fosse stato interessato a battersi con lei. Ebbe ragione del soldato che la sfidò, senza alcuna difficoltà.

Possedeva l’istinto di un felino, i sensi sempre all’erta. Non era facile sorprenderla. Tra noi, non so chi avrebbe potuto batterla. Io stesso fui in difficoltà, la prima volta che incrociai la mia spada con lei.

Forse da quel momento, iniziai a guardarla in modo diverso, ma non ero del tutto disposto a fidarmi completamente. Restava pur sempre un’aristocratica, un parassita che viveva alle spalle della povera gente.

Molti tra noi covavano un odio profondo nei confronti dei nobili, per tale motivo.

E anch’io condividevo lo stesso disprezzo; gran parte dei nobili che avevo incontrato nella mia vita, non avevano fatto altro che rafforzare le mie convinzioni. Mi aspettavo e temevo che non fosse molto diversa dagli altri.

Invece era diversa da chiunque, come il giorno dalla notte.

Talmente diversa, da avere il coraggio di dire ai suoi soldati ribelli, che erano prima di tutto uomini dal cuore libero, e che nessuna punizione poteva cambiare questo.

“Punirvi sarebbe facile, ho tutto il potere per farlo, ma non servirebbe ad avere il vostro rispetto… davvero non riuscite a capirlo?”

Non avevo mai sentito nessun comandante parlare così.

 

André mi confidò di essere stato per anni il suo attendente, ma questo fatto fece insospettire alcuni degli altri soldati, che lo credettero una spia.

Sospettavo che i motivi che avevano spinto André ad arruolarsi, fossero legati a lei, ma qual’era il suo ruolo in quella vicenda? Qualcosa mi sfuggiva, ma non riuscivo a capire chiaramente cosa fosse.

Non credevo che André fosse una spia: non pareva avere vantaggi dalla sua presunta amicizia con Oscar e lei lo trattava come un soldato qualsiasi, a volte quasi con freddezza.

Di lì a poco le mie domande avrebbero avuto la loro risposta.

Capii tutto, il pomeriggio in cui André fu pestato a sangue, in una lotta impari, scontata nell’esito finale. Cinque contro uno, un’azione da vigliacchi. La colpa di André era di aver fatto per anni il servo ai nobili. Quando fu tutto finito, mi avvicinai e lo incoraggiai a rimettersi in piedi.

Fu allora che vidi le sue lacrime, ma non erano le ferite del corpo a farlo soffrire maggiormente.

Poi sentii le sue parole.

“ Oscar, ti prego… non ti sposare. Ti prego, Oscar…”

Era tutto dolorosamente chiaro. Ecco perché André si era arruolato nel nostro plotone di dannati. André era innamorato di lei, di quella donna che mi appariva fredda, distante, a volte dura come l’acciaio della sua spada. Mi chiesi come facesse ad amarla e sperare di essere ricambiato da una creatura del genere. Una donna soldato, con un temperamento decisamente maschile, mi sembrava quanto di più lontano potesse esserci, da una donna da amare. Mentre pensavo a tutto questo, percepii la sua presenza.

Alzai lo sguardo e la vidi ferma e immobile sulla soglia, guardava nella direzione di André, steso a terra nell’armeria e privo di conoscenza.

Chi era la persona che avevo davanti, in quel momento? Chi era veramente quella donna? Non avrei saputo dirlo, eppure mi parve di cogliere un’incrinatura nella corazza che la ricopriva.

Mi pareva si sforzasse di restare rigida col corpo e quando incrociai il suo sguardo azzurro, non fui più tanto sicuro che fosse totalmente insensibile alla sofferenza di Andrè.

Le mie parole la turbarono.

“ Credo che vi ami, Comandante. Vi ama così tanto che darebbe la sua vita per voi…”

Me ne andai rivolgendole una smorfia beffarda, lasciandola lì col cuore in tumulto.

 

Con buona pace di Andrè, Oscar non si sposò e mi venne anche il sospetto che lo avesse fatto per lui, eppure lei non sembrava manifestargli particolari sentimenti. Il tempo passava e stavo imparando ad accettare quella strana donna soldato, non potevo più dubitare delle sue capacità. Non era severa se non serviva e non abusava mai del suo potere, come avevo visto fare a tanti uomini, prima di lei con i loro subalterni.

Poteva essere scambiata per debolezza, ma non lo era. Era rispetto.

Fece un ottimo lavoro quando si trattò di scortare  il principe di Spagna, in visita nel nostro paese.

In pratica, iniziavo a fidarmi di lei.

Poi accadde un episodio grave che mi fece dubitare della sua onestà, mi fece credere che fosse corrotta, esattamente come tutta l’aristocrazia a cui apparteneva.

I Soldati della Guardia arruolati nel nostro plotone erano tutti figli del popolo; gente di umilissime origini che aveva scelto l’esercito solo per non morire di fame. Le paghe, benché misere, servivano alle famiglie e nessun soldato tratteneva nulla per sé. Ma quei soldi molto spesso non erano sufficienti a soddisfare i bisogni dei nostri famigliari. Così accadeva che molti di noi arrotondassero lo stipendio vendendo al mercato nero, molto del materiale che ci veniva fornito dall’esercito: armi, fucili, spade, coperte e quant’altro poteva essere venduto.

Ma bisognava essere molto furbi per non farsi scoprire, perché c’era il rischio enorme di finire in prigione.

Un mio compagno, Lasalle Gerarde fu scoperto e accusato di aver venduto il suo fucile.

Lo attendeva il tribunale militare e forse la condanna a morte.

Nonostante le proteste di André, convinto della sua innocenza, la sera in cui vennero a prelevare Lasalle per arrestarlo, io piombai nell’ufficio del Comandante e l’accusai di aver venduto Lasalle al tribunale militare.

Accecato dalla rabbia, la trascinai sulla piazza d’armi, sotto la pioggia e la costrinsi a difendersi. Lei tentò di scagionarsi, ma io non l’ascoltai.

Ci affrontammo in duello e Oscar si batté come un leone, davanti agli altri Soldati della Guardia che assistettero alla scena. Anche André rimase fermo a guardare, non tentò di aiutarla neppure quando fu in evidente difficoltà. Ma era palese la sua inquietudine. Le diedi del filo da torcere, ma alla fine mi dichiarai battuto; era riuscita a colpirmi di striscio. Nonostante questo, la pregai di aiutare Lasalle e le raccontai tutta la verità; le spiegai che i soldati spesso erano costretti ad attuare quegli espedienti per aiutare le proprie famiglie.

Mi sfogai con rabbia, mentre Oscar mi ascoltava con attenzione.

“Voi nobili vivete nel lusso, non potete capire queste cose! Non immaginate cosa voglia dire non avere i soldi neppure per comprare un tozzo di pane. Riflettete sulle mie parole, Comandante.” 

Rimasi esterrefatto, quando scoprii cosa fece dopo, per aiutare quel soldato e mi convinsi del tutto che Andrè non sbagliava affatto nei suoi giudizi.

Oscar si rivolse al generale Bouille per intercedere in favore del nostro compagno, che fu liberato e velocemente reintegrato nel reggimento.

 

Il tempo passava e Parigi diventava giorno dopo giorno, una città sempre più turbolenta. La penuria di cibo portava ad esasperare gli animi, i forni della città venivano assaliti piuttosto frequentemente. Aumentavano le ronde e i pattugliamenti e stando vicino ad André, non ci misi molto a capire che aveva serie difficoltà a causa della sua vista, che andava progressivamente peggiorando. Stava diventando cieco dell’unico occhio che gli era rimasto. Lui tentava di nasconderlo e minimizzare la cosa. Ma a volte coglievo la sua paura.

Affrontai il problema direttamente con lui.

“Lei lo sa, che stai perdendo la vista André?”

“No Alain, e non deve saperlo. Non provare neppure a farne parola con lei. Tenterebbe di farmi allontanare dal reggimento e io non posso lasciarla sola, potrebbe avere bisogno di me.”

“Come credi André, ma mi pare che sappia badare benissimo a se stessa.”

Alle mie parole André reagì con un sorriso ironico.

“Già, probabilmente sono un illuso, Alain… stai dicendo questo.”

“Perché non rinunci André? “

“ … “

“Dammi retta, dovresti smettere di volerle bene. Che sia un ottimo comandante, ormai ne sono convinto anch’io, ma Oscar è una donna da ammirare, non da amare. Gli amori impossibili non portano da nessuna parte, amico mio. Fanno solo perdere la testa… e tu saresti capace di dare la vita per lei. Nessuna donna, per quanto straordinaria vale tanto.”

“Lei sì Alain… lei sì, ma tu non potresti capire…”

E aveva ragione: non capivo.

Davanti alle mie perplessità, André opponeva uno strano silenzio, un misto di testardaggine e rassegnazione, di fronte all’incapacità altrui di comprendere qualcosa che non poteva essere spiegato a chi non lo aveva vissuto sulla sua pelle, in prima persona. E per quanto io mi sforzassi di capire i sentimenti di André, per me restava un fatto prodigioso la sua incredibile costanza.

Come si poteva amare qualcuno in quel modo viscerale?

Io non avrei saputo amare così. Non avrei aspettato tanto e mi sarei fatto consolare da altre carezze, mi sarei perso in altri sguardi per dimenticare.

Potrei giurare che Andrè non l’abbia mai fatto.

Eppure con le ragazze ci sapeva fare; piaceva alle donne. Nelle libere uscite, qualche volta andavamo insieme nelle osterie a bere. André sapeva essere coinvolgente e affascinante, e molte fanciulle gli manifestavano apertamente la loro ammirazione. Avrebbe potuto averle tutte.

Ma André non ne approfittava mai.

“Non posso lamentarmi dei miei successi con le donne, ma se avessi io il tuo ascendente, ne approfitterei molto meglio di te.” Gli dicevo, talvolta.

Lui rideva e a volte mi rispondeva con un certo sarcasmo.

“Non puoi lamentarti; non ti ho mai visto una volta andare in bianco, Alain.”

Mi ricordo della figlia di un oste che gli aveva messo gli occhi addosso; era stato gentile e cortese con lei tutta la sera, ma si era limitato a offrirle da bere. Poi lei era venuta da me per chiedermi di lui.

“Alain, lo sai che il tuo amico è proprio carino? Mi piace moltissimo… gli ho fatto la corte tutta la sera, ma lui non mi guarda nemmeno…”

“Lascia perdere, ha il cuore e la testa altrove. È innamorato di una, che al massimo lo tratta come un fratello…”

“E chi è questa pazza?”

“Il nostro bellissimo, quanto altero comandante…”

Non le dissi altro e forse lei fraintese le mie parole, ma non me ne preoccupai.

 

Perché lui si ostinava ad amare una donna, che pareva estranea ad ogni moto del cuore, che probabilmente non lo avrebbe mai amato?

Come aveva potuto lei, seppur involontariamente, avvincerlo a sé in una maniera tale, da renderlo quasi schiavo e felice di esserlo? Se di felicità si trattava… Come riusciva lei a restare indifferente di fronte ad un simile slancio? Ma lo era davvero indifferente? Oppure la sua era solo una maschera, quella della donna inavvicinabile e inaccessibile, perché come dissi una volta ad André, mi dava l’impressione di voler fuggire da qualcosa.

Sembrava in conflitto con se stessa.

Ma perché quella donna era piombata in mezzo a noi? Cosa l’aveva spinta a lasciare un incarico di prestigio, per venire a comandare gli ultimi tra i soldati dell’esercito francese?

Certo non era per la gloria o l’onore personale. Non sarebbe stato facile rispondere a queste domande. André non si è mai sbilanciato su questo punto.

E il mio amico aveva qualche responsabilità nelle azioni che muovevano Oscar?

A volte, avevo l’impressione che tra loro ci fosse qualcosa di interrotto. Come una frattura, che doveva essere risanata, ed entrambi mettevano in questo un’infinita cautela, che contrastava con la volontà di riavvicinarsi uno all’altro, anch’essa molto forte.

Credo che qualsiasi altra donna, al posto di Oscar, avrebbe ceduto subito all’amore di Andrè.

Ma non lei, non madamigella Oscar…  almeno così mi parve all’inizio.

Col tempo imparai a decifrare certi sguardi che lei gli rivolgeva; sguardi che erano indirizzati solo a lui; tradivano una certa ansia, neppure troppo velata.

In realtà, Oscar non era affatto fredda e distante come voleva far credere.

Neppure io capii subito questo aspetto del suo carattere, solo col tempo e affiancandola quasi quotidianamente, arrivai a intuire la sua passionalità, che emergeva solo in rapporto con André. In missione se lo portava sempre dietro, di ronda a Parigi nessun altro dei suoi soldati, la poteva affiancare.

E non perché Oscar avesse bisogno della balia al suo fianco. Era un'altra la ragione.

Forse André rappresentava nella vita di Oscar, molto più di quello che a noi era dato vedere. Un filo invisibile, ma tenace legava le loro esistenze.

Questo atteggiamento, per me diventò palese in un momento particolare, coincise con un fatto preciso che coinvolse entrambi in una brutta avventura, che sarebbe potuta finire tragicamente.

La situazione a Parigi era di giorno in giorno sempre più insostenibile.

Era una cosa abbastanza frequente, che la notte gruppi di persone esasperate, andassero in giro armate ad assalire le carrozze dei nobili.

I malcapitati erano fortunati quando se la cavavano con qualche livido. André mi raccontò che una sera, a lui e Oscar era capitata la stessa cosa.

Erano vivi solo per miracolo.

Forse vedere la morte in faccia ti porta a osservare la realtà che ti sta di fronte, da un'altra prospettiva. Incrociando lo sguardo del Comandante ho avuto varie volte questa sensazione.

Il suo atteggiamento verso André mi sembrò cambiare in maniera impercettibile. Certo si doveva essere dei buoni osservatori per notarlo, in apparenza Oscar era la persona di sempre, riservata, a tratti rigida e senza particolari slanci, ma quando le capitava, anche per caso, di incrociare lo sguardo di André, i suoi occhi si accendevano di una luce diversa. Forse mi stavo ingannando, ma nell’animo per me indecifrabile di quella donna, stava accadendo qualcosa.

C’era un cambiamento in atto. Solo André poteva esserne l’artefice.

 

Mentirei se non ammettessi che anch’io ero turbato dal suo sguardo profondo. Dietro quegli occhi glaciali in apparenza, si celava una scintilla bruciante e palpitante di vita. Eppure con un solo sguardo, Oscar poteva annientarti, far perdere la ragione all’uomo più savio. E lei lo sapeva.

E André? L’aveva mai persa la ragione?

Me lo sono chiesto più di una volta, e ho avuto il sospetto che fosse accaduto, in quel loro passato per me oscuro. Io sapevo solo che erano cresciuti insieme, da parte di André solo qualche vago cenno alla loro infanzia, alle estati passate su una spiaggia della Normandia o ad Arres.

Imparai a stimare, a rispettare Oscar e la sua natura singolare, forse per non cadere anch’io nel suo incantesimo. Era indubitabile che fosse una bella donna e la divisa le conferiva un fascino austero e inquietante. Su alcuni dei soldati più giovani e poco esperti della vita, esercitava una forte soggezione, era fuori di dubbio che facesse uno strano effetto su molti, anche se i più la rispettavano ormai alla stregua di un uomo e quasi dimenticavano che era una donna.

Alla fine ci era riuscita a farsi accettare dal suo plotone, tanto da indurre alcuni di noi a prendere ordini solo da lei.

 

Ricordo quando furono aperti gli Stati Generali.

Per mesi fummo impegnati in duri turni di servizio, davanti alla sala dell’assemblea. Successe dopo il famoso giuramento della Pallacorda.

Un giorno i rappresentanti del 3° stato occuparono la sala, contravvenendo ad un ordine del Re di Francia, che intendeva sciogliere l’assemblea nazionale. Oscar ricevette l’ordine di allontanare gli occupanti con la forza, ma si rifiutò in prima persona di eseguirlo, ben sapendo che sarebbe stata accusata di tradimento. Dodici di noi la imitarono.

Io ero tra quei 12 che la seguirono nella sua ribellione. Il suo coraggio, quello che ci vuole per sfidare le regole ci infiammò.

A distanza di tempo, oggi non sono certo che il mio sentimento, quel rispetto di allora non avesse una qualche sfumatura con l’amore.

Non la passione di André, certo; non avrei mai osato pensare a lei a quel modo. Poteva essere una specie di amore devozionale, che si riserva di solito a un essere superiore, che ammiriamo per l’esempio morale o per le virtù.

Cominciavo a capire André e quel suo sentimento che lo avrebbe portato a dare la vita per lei.

 

Fummo arrestati e rinchiusi in carcere e saremmo stati giustiziati per tradimento, se il popolo a gran voce non avesse chiesto la nostra grazia. Oscar come noi, aveva rischiato di dover affrontare il tribunale militare e solo l’intervento della regina l’aveva salvata.

Oscar non si prese mai il merito della nostra liberazione, che attribuì invece alla volontà popolare, ma capii che era stata lei a muovere le fila della cosa.

 

I tempi cambiavano in una maniera così repentina, che non c’era il tempo di abituarsi.

Parigi in quei giorni era piena di soldati, erano i primi di luglio e il popolo manifestava apertamente la propria ostilità verso le truppe schierate, che secondo le intenzioni del re, dovevano soltanto mantenere l’ordine in città. Il nostro reggimento doveva controllare e sorvegliare le strade, soprattutto in quei punti della città, dove si concentravano gruppi di folla accalcata ad ascoltare i loro oratori. Oscar era palesemente preoccupata per quanto stava accadendo a Parigi e un giorno mi fece una domanda che non mi aspettai.

“Alain, dimmi… che cosa accadrà al popolo? Come uscirà da questa situazione?”

“Beh, io credo che farà l’unica cosa possibile, Comandante…”

“Si ribellerà, questo pensi? “

“Peggio, farà la rivoluzione.”

“ Siamo arrivati… a questo…”

“E per ovvie ragioni, sarà il popolo a trionfare alla fine, Comandante…”

 

Il giorno dopo in caserma scoprii qualcosa di ben peggiore, e forse più terribile della rivolta che serpeggiava tra i cittadini di Parigi ispirati da Robespierre. Erano diversi giorni, settimane forse, che avevo notato un eccessivo pallore sul volto del Comandante. Avevo chiesto ad Andrè se lui sapesse qualcosa, ma la sua risposta era stata negativa. Era preoccupato, ma non sapeva nulla circa le reali condizioni di Oscar.

Ero andato nel suo ufficio a fare rapporto, ero lì da pochi minuti, quando all’improvviso fu assalita da un attacco di tosse, violento e incontrollabile che pareva non placarsi. Mi avvicinai, pensando di prestarle un minimo di soccorso, quando mi accorsi per caso delle tracce di sangue sul fazzoletto che stringeva in mano. Mi intimò con un gesto imperioso di non avvicinarmi a lei, mentre con l’altra mano, tentava di pulirsi rapidamente le labbra.

La guardai a occhi sbarrati, prima di chiederle conferma di quello che avevo appena scoperto. Tossiva e sputava sangue.

“Voi siete molto malata, dovreste curarvi… ma André lo sa? “

Non dimenticherò mai lo sguardo di supplica che mi lanciò in quel momento, e quello sguardo poteva voler dire solo una cosa. Quando mi rispose il tono era ansioso e accorato.

“No… No Alain… Andrè non deve sapere. Temo che abbia già dei sospetti, ma non voglio che sappia la verità. Giurami che non glielo dirai, giuralo Alain!”

“Ma Comandante… volete tenere André all’oscuro di tutto? Eppure avrebbe il diritto di sapere, sapete cosa prova per voi!”

“È proprio per questo Alain, gli farei troppo male. Gliene ho già fatto tanto… - disse in tono dolente, ma subito dopo proseguì decisa - Alain, niente di quello che hai visto, deve uscire da questo ufficio, è chiaro? Non voglio… non voglio assolutamente!”

Mi rassegnai di fronte al suo atteggiamento perentorio, ma lasciai il suo ufficio col cuore gonfio di amarezza.

Gli farei troppo malegliene ho già fatto tanto… mi tornavano alla mente quelle parole disperate…

Dunque lo amava. Era amore, quello che non avevo saputo leggere nel suo sguardo enigmatico, quando per caso mi chiedeva di André, quando lo cercava con insistenza in mezzo agli altri soldati e per amore gli nascondeva la sua terribile malattia, come lui nascondeva a lei che stava diventando cieco. Improvvisamente mi sentii piccolo e insignificante di fronte alla grandezza di quel loro sentimento. Immenso, quanto non altrettanto doloroso. Era davvero amore, assoluto, totale e incomprensibile.

Come potevano resistere? Era una lotta alla ragione che li sfibrava.

Mi sentii smarrito, e il peso di quel segreto gravava sul cuore. Ma lo avrei rispettato. Per quanto mi sarebbe costato fare finta di nulla con quei due. Perché venni lacerato dai dubbi. Era giusto tenerli all’oscuro di tutto? E se parlare avesse voluto dire salvarli? Domande che resteranno sempre senza risposta. Perché non si sono salvati, il loro amore non è bastato a salvarli e il destino crudele li ha travolti in una giornata afosa di luglio.

 

A Parigi la popolazione stava cercando di armarsi con ogni mezzo, ma bastoni e forconi non bastavano più e in molti stavano cercando di procurarsi dei fucili, per fronteggiare gli eserciti schierati. Si assaltavano le botteghe degli armaioli, i depositi di armi.

Parigi era nel caos più totale. Era solo questione di tempo, ma sapevamo tutti che sarebbe arrivato l’ordine di sedare la rivolta armata delle masse. Di fronte a questa eventualità, qualcuno di noi stava già pensando di abbandonare l’uniforme e di unirsi al popolo. Non sapevamo cosa avrebbe fatto Oscar, nessuno era in grado di prevederlo. Ormai avevo capito che simpatizzava per la causa popolare, ma nel momento in cui si fosse trattato di scegliere da quale parte stare, Oscar sarebbe andata fino in fondo? Da che parte si sarebbe schierata? L’ordine come previsto arrivò.

Ne parlammo tra noi, nelle camerate era tutto un brusio di voci accorate e determinate.

Eravamo tutti figli del popolo e non potevamo puntare le armi contro gente che si stava battendo per cose sacrosante. La loro lotta era anche la nostra.

Non ci fu bisogno di discussioni lunghe, decidemmo senza troppi indugi che avremmo abbandonato il nostro reggimento e ci saremmo uniti ai parigini.

Oscar e André in quel momento non erano in caserma, erano tornati a casa insieme nel primo pomeriggio. Lei aveva particolarmente insistito che André la seguisse.

Quel giorno il 12 luglio, andai io personalmente a casa sua a portarle il dispaccio arrivato dal comando centrale: l’ordine era di collaborare con le altre truppe e soffocare la rivolta armata.

Andrè era vicino a lei in quel momento. Sui loro volti si leggeva la tensione e Oscar amara, ci disse di tornare in caserma dove ci avrebbe raggiunti solo più tardi.

Intanto io mi chiedevo preoccupato cosa volesse fare. Cosa avrebbe fatto nelle sue condizioni?

Lei malata e lui quasi cieco. Stavo seriamente pensando di infrangere la promessa, che avevo fatto al mio buon amico e dirle la verità, che André non vedeva quasi più. Se il Comandante avesse saputo come stavano le cose, certamente avrebbe fatto qualcosa per impedirgli di combattere.

Non gli avrebbe permesso di correre rischi inutili, contemporaneamente sapevo quanto lui potesse essere testardo e contando su questo fatto, non l’avrebbe lasciata andare a Parigi da sola.

Avevo in mano le carte per chiudere la partita, ma non le usai. E i fatti seguirono il loro corso.

 

Raggiunsero la caserma solo la mattina del giorno dopo e quello che Oscar ci disse nessuno di noi se lo sarebbe aspettato. Oscar finalmente aveva riconosciuto il suo sentimento per lui e André, adesso era diventato il suo uomo. La notte appena trascorsa dovevano essersi dichiarati il loro amore e in quel momento, fui anche felice per loro. Insieme avrebbero combattuto al fianco del popolo, per la libertà. Il comandante aveva deciso come noi, di rinunciare all’uniforme, al suo titolo, al suo grado. E lo faceva per amore di André.

Ma quello che stava accadendo a Parigi non avrebbe concesso loro di vivere quel sentimento.

“…io ora sono la compagna di André Grandier, e come tale lo seguirò qualunque cosa faccia. La mia tutto sommato è una scelta facile. Per voi non lo è altrettanto e giuro che mi dispiace…”

Dopo la sua dichiarazione, mi sentii il cuore più leggero e volli parlare a nome di tutti.

“Anche noi avevamo deciso di batterci insieme al popolo e dal momento che lo farete anche voi, possiamo restare insieme… ce la faremo Comandante. Ora vorrei congratularmi con voi.”

Una stretta di mano sancì il patto che legava i nostri destini.

Ai suoi ordini montammo in sella e andammo tutti alla volta di Parigi, per combattere insieme per la libertà. Ci unimmo al popolo che superate le prime diffidenze, ci accolse con slancio tra le sue fila. Quella mattina eravamo tutti pieni di speranza ed entusiasmo. Eravamo convinti che solo per il fatto che stessimo combattendo per una causa giusta, la vittoria fosse una conquista magari difficile, ma scontata. Ma la libertà è qualcosa che si paga sempre a caro prezzo.

Fu una giornata di scontri sanguinosa, tanti di noi morirono. Le truppe della città ci davano la caccia, senza pietà, eravamo dei traditori. Attraversammo tutta Parigi per sfuggire al fuoco nemico, ma dovevamo raggiungere gli uomini di Bernard che avevano alzato delle barricate nella piazza, se volevamo aver salva la vita. Io cercavo di proteggere André che si era quasi fatto ammazzare da un soldato che non aveva visto. Ma il destino era lì in agguato che ci aspettava.

Uscimmo dal nostro nascondiglio e Oscar non fu abbastanza veloce nel colpire il soldato che era lì vicino appostato. Partì un colpo dal suo fucile, che colpì André in pieno petto.

Da quel preciso momento iniziò il personale calvario di Oscar, percorso in una lunga notte di solitudine.

Io non posso e non voglio neppure immaginare la disperazione di quelle ore interminabili.

E in fondo tutti noi eravamo soli quella notte.

 

Avevamo messo André ferito sul mio cavallo, mentre una schiera di soldati ci faceva da scudo e passammo miracolosamente in mezzo alle truppe nemiche.

Raggiungemmo la piazza dove il popolo aveva eretto le barricate. Stava scendendo la sera.

Su un giaciglio improvvisato deponemmo André, che diventava sempre più debole.

Riuscimmo a trovare alcuni medici tra la folla, che gli prestarono i primi, fra l’altro inutili soccorsi. Non c’era nulla da fare, questa la sentenza emessa da un medico che lo visitò.

Oscar piangeva e il suo pianto straziava quanto un colpo di spada.

E io non riuscivo a capire come potesse finire in quel modo. Quella mattina non avrei mai pensato che potesse finire così. E non avrei voluto dover sentire le parole che si dissero.

 

Oscar che gli chiedeva di diventare sua moglie e lo diceva senza riuscire a frenare il pianto… e lui che le rispondeva…  ma certo, lo diventerai… e poi… perché piangi? Sto morendo forse?

E la pietosa bugia di lei. E la promessa di un futuro insieme, ora che anche l’amore li univa.

 

Niente.

 

Niente di tutto questo.

 

Solo dolore, strazio e lacrime irrefrenabili e l’immagine più dolorosa nella mia memoria: lei che grida senza più speranza davanti al corpo di lui, mentre il vento agita il sudario bianco che lo ricopre. Mentre la guardavo mi rendevo conto che André, andandosene l’avrebbe portata via con sé. Quella malattia che la stava divorando, avrebbe accelerato il suo corso e forse questa era davvero l’unica consolazione possibile per Oscar, che lui non avesse scoperto quella triste verità.

Qualche ora dopo davanti alla chiesa dove riposava André, le sue parole confermarono i miei pensieri.

“Alain devi prendere il comando dei Soldati della Guardia, perché io non ne ho più la forza. Non me la sento più di combattere…”

“Piantatela Comandante, il vostro posto è con noi. So bene che il vostro dolore è molto profondo, ma questo non è il momento di piangere. Non siete la sola ad aver delle pene atroci da soffocare…”

Lei non ribattè in alcun modo e me ne andai lasciandola sola. In realtà nulla di quello che avrei potuto dire l’avrebbe consolata. Nessuno poteva riuscirci. Tutti noi lo sapevamo.

Qualche ora più tardi la cercai davanti alla chiesa, nella piazza, ma Oscar non era più lì, sembrava sparita nel nulla. Allora per la prima volta, durante quel giorno ebbi paura.

Cosa avrebbe potuto fare Oscar spinta dal dolore? Quella notte era il suo calvario, la pena e il tormento sarebbero stati i suoi compagni. Dormii solo poche ore, come tutti.

Solo Oscar forse non stava dormendo o forse era già morta, colpita a fucilate in qualche oscura strada di Parigi.

Sola per la prima volta. Per la prima volta, senza più André.

Probabilmente stava affrontando la notte più nera di tutta la sua vita.

Mi sembrava di vederla vagare nell’oscurità, un anima in pena senza più appigli.

Ma era inutile tormentarsi. Dicevo a me stesso che non ci avrebbe delusi, non so come, ne in quale recesso della sua anima, ma avrebbe ritrovato un po’ dell’antica energia e il mattino seguente sarebbe forse ritornata tra noi.

Intanto arrivavano notizie inquietanti, Bernard ci disse che i cannoni della fortezza della Bastiglia erano stati puntati minacciosamente in direzione della città. Il re non aveva più rispetto per il suo popolo e i cittadini presero quella mossa come una dichiarazione di guerra.

Si valutò seriamente la proposta mossa da qualcuno di attaccare la fortezza.

La decisione fu presa un po’ da tutti e per la prima volta tutti i parigini si trovarono d’accordo. Stava arrivando l’alba del 14 luglio e tutti si stavano preparando ad affrontare quella nuova sfida. La folla aumentava col passare dei minuti e puntava verso il quartiere dove sorgeva la prigione, ma Oscar ancora non si vedeva e Rosalie, preoccupandosi per lei mi pregò di cercarla.

Dove poteva essere? Non sapevo dove fosse e intanto pregavo che non avesse incrociato qualche pattuglia in perlustrazione o peggio, che non avesse commesso qualche pazzia.

Ebbi paura quando su un ponte trovai il suo cavallo morto, ma di lei nessuna traccia.

E se fosse stata ferita? Risi amaramente con me stesso; aveva già ricevuto il suo colpo mortale, era solo questione di tempo. Dopo vari giri a vuoto, facendomi largo tra la folla, finalmente la trovai. Era rannicchiata contro la parete di un vicolo sudicio, dove i topi la facevano da padrone.

Una visione straziante, una donna disfatta. Nonostante il mantello, la sua uniforme era fradicia di pioggia, scesa durante la notte, i lunghi e meravigliosi capelli biondi erano incollati al viso scavato e pallido. Non c’era più traccia della persona di un tempo.

I suoi occhi… fu atroce vedere i suoi occhi, due abissi di dolore. Per un momento credo che mi abbia confuso con André. Dovevo fare qualcosa, dovevo spronarla, sperando che ritrovasse un barlume dell’antica forza.

“Vogliamo combattere ai vostri ordini. Il popolo ha deciso di prendere la Bastiglia. Abbiamo bisogno di voi Comandante, non potete abbandonarci adesso…”

Esitò un poco prima di rispondermi. Sembrava riflettere su qualcosa.

“Così tu dici che non posso deludere i miei soldati…”

“No, non potete Comandante.”

“…va bene Alain, ma prima di andar via… potrei piangere ancora un po’? “

“Ma certo. Piangete quanto volete…”

Me la ritrovai addosso, mentre esplodeva in un pianto convulso. La lasciai sfogare, mentre per la prima volta osavo tenerla tra le braccia per sostenerla, ben sapendo che non c’era conforto possibile. Pianse amaramente mentre le cingevo le spalle e intanto pensavo che non avrei voluto trovarmi lì dov’ero. C’era qualcosa di assolutamente ingiusto nel fatto che adesso lei era lì con me, non erano le mie braccia, ma quelle di Andrè che avrebbero dovuto accarezzarla, scaldarla, amarla. Farla sentire al sicuro e protetta anche in quel mondo attorno a noi che stava crollando, travolgendo tutto, cose e persone.

Ma lei non si sarebbe mai più sentita così.

E ancora non sapevo che in realtà aveva accettato di seguirmi alla Bastiglia per cercare la morte.

Il suo vero obbiettivo era raggiungere Andrè. Niente altro contava per lei, niente aveva più senso, gli ideali del popolo, la libertà, l’uguaglianza, la fraternità, non potevano più interessarle.

Ci aveva creduto e li aveva abbracciati con convinzione, per amore di lui, perché lui ci credeva e lei li aveva fatti propri. Andrè morendo si era portato via tutto.

Oscar si ricompose e insieme ci inoltrammo tra la folla.

Quando arrivammo davanti alla Bastiglia, gli scontri erano già iniziati e tra i civili erano già cadute diverse vittime. Dalla fortezza sparavano con i cannoni, anche i civili li avevano, ma non sapevano usarli. Fu necessario l’intervento dei Soldati della Guardia per mutare le sorti della battaglia.

Oscar sembrava aver ritrovato tutta la sua determinazione e con coraggio si mise alla testa degli uomini rimasti. C’erano le barricate erette nella piazza.

Molti di noi si erano nascosti dietro ad esse, ma lei no.

Si piazzò in prima linea, sotto il fuoco diretto del nemico, davanti ai nostri cannoni che erano puntati sulla parte alta della fortezza. Perché non si metteva al riparo?

Mi sembrava un azzardo quel suo atteggiamento, ma non compresi subito perché lo fece.

Nessuno tra coloro che erano lì lo capì.

Quando ordinò il fuoco, sguainando la spada verso l’alto, le bocche dei cannoni iniziarono a sparare più e più volte. Sembrava davvero la dea della guerra. Lo spostamento d’aria le sollevava le chiome verso l’alto. In quel momento era bellissima e terribile. Incarnava l’immagine del coraggio e dell’eroismo. Non pensai neppure per un attimo, che volesse morire.

Continuammo a bombardare la fortezza per circa un quarto d’ora. Dalle merlature si vedevano scie di fumo e fiamme salire verso il cielo, mentre polvere e detriti ci cadevano addosso.

Spostai il mio sguardo dalle mura della prigione alla sua figura esile che si stagliava in mezzo al fumo. Un attimo rubato in mezzo alla confusione, mi svelò la verità.

Un istante di calma innaturale, lei aveva abbassato le braccia e ora guardava verso l’alto qualcosa che solo a lei era dato vedere. Allora capii che Oscar non stava sfidando la morte, in realtà la stava inseguendo, la stava aspettando. Quel breve silenzio non durò molto.

Dalla fortezza ripresero a sparare con i fucili, una raffica la colpì in pieno, facendola stramazzare al suolo inerme, senza un lamento. Incredibilmente non morì subito. Avemmo il tempo di portarla al riparo, mentre ancora la battaglia infuriava. Il suo bel viso era sporco di sangue, il suo corpo un colabrodo, ma aveva ancora la forza di parlare.

“Vi prego, mettetemi giù… io sono tanto stanca… fatemi riposare, vi prego…”

La deponemmo delicatamente a terra. Rosalie teneva tra le mani la sua spada, piangendo silenziosamente. Furono le parole rassegnate dello stesso medico che aveva soccorso André ad atterrirmi.

“Qualcuno le tolga quel sangue che ha sul viso…”

Rosalie le pulì il volto, poi lei parlò nuovamente.

“Perché non sento più il rombo dei cannoni? Continuate a sparare… noi dobbiamo prendere la Bastiglia… Alain dai tu gli ordini.”

Quelle furono le ultime parole che udii dalla sua voce, perché pochi attimi dopo ero tornato con i miei compagni davanti alla Bastiglia, con una tale rabbia in corpo che l’avrei abbattuta a mani nude. Ordinai di fare fuoco con quanto fiato avevo in gola.

E sparammo…  sparammo finché un ora dopo la morte di Oscar, non fu issata la bandiera bianca su una delle torri. Il popolo aveva vinto.

I pochi prigionieri che erano all’interno del carcere in quel momento furono liberati, mentre il comandante della guarnigione fu barbaramente trucidato. La sua testa montata su una picca fu portata in trionfo. L’odore della morte era ovunque ed eccitava gli animi come belve.

 

****

 

Non vidi Oscar morire. Non ne ebbi la forza.

Non le ho reso neppure l’ultimo saluto.

Ho lasciato che si occupassero di tutto Bernard e Rosalie.

Piangevo mentre sparavo contro la fortezza. Il popolo esultava, ma io non riuscivo più a condividere il suo entusiasmo. Mi sembrava tutto senza scopo: vedevo l’inferno sulla terra. 

Il giorno dopo salutai per l’ultima volta, i pochi compagni rimasti, Bernard e la moglie, lasciai Parigi e il suo scenario di morte. Non vi sarei tornato tanto presto.

 

Sono qui, davanti alle tombe di mia madre e mia sorella.

Penso ad altre due tombe, e come a volte, possa essere ingiusta la vita.

Ingiusta perché non sempre ti da le risposte. Ti trovi a dover scegliere e non sai se stai facendo bene.

Oscar e André sono state come meteore nella mia vita, ma hanno lasciato un solco profondo dentro di me.

Un solco che quasi nulla è riuscito a colmare.

Se penso al passato, a quello che sapevo su di loro, ancora mi tormento; mi chiedo se le cose avrebbero potuto finire diversamente, se avessi scoperto le carte.

Se avessi messo Oscar e André davanti a loro stessi, se avessi infranto il silenzio che mi avevano imposto, a rischio di rompere la fiducia che avevano in me, come sarebbe andata? Dove saremmo, se avessi fatto di testa mia? Dove sarebbero loro?

Avrei potuto io, avere la chiave per mutare il loro destino? Davvero?

Non so se sia presunzione o senso di colpa, a farmi parlare così, ma so che mi porrò sempre questa domanda e mi tormenterò, perché non troverò mai la risposta.

Dicono che il destino, gli uomini se lo costruiscono da soli.

E forse è esattamente quello che hanno fatto loro.

Mi chiedo se per loro ha avuto senso…

Ha senso trovare solo alla fine, ciò che si è cercato nell’arco di tutta un’esistenza?

Se André potesse rispondermi, forse mi direbbe che il senso di tutto, per lui era Oscar. Nient’altro che lei.

Il suo inizio e la sua fine.

Se penso a questo, io mi smarrisco; è troppo grande per un uomo solo.

Se guardo al passato, un unico pensiero mi consola; è la convinzione che nonostante tutto, Oscar e André siano stati felici, perché hanno vissuto intensamente ogni istante e sono andati via, prima di vedere le tragedie della storia.

Non conservo nulla di loro… a parte i ricordi di quel tempo breve che ci vide insieme. 

Oggi so quanto fu prezioso, perché mi bastò quel tempo, per capire il loro valore.

 

 

Fine

 

 

Un grazie di cuore a chi avrà letto fin qui.

Volevo ringraziare anche coloro che hanno recensito, o solo letto e gradito il mio precedente racconto “E venne la notte”.

A presto.

 

 

 

 

 

   
 
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