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Autore: Piuma_di_cigno    02/07/2015    0 recensioni
Raf e Sulfus sono tornati per affrontare un secondo anno alla Golden School, ma il sentimento che li unisce è sempre più una sofferenza: ora le lezioni sono volte ad imparare l'arte del combattimento tra Angels e Devils. Difficile per Raf, che deve andare contro tutte le regole, contro la sua natura, per rimanere con Sulfus, e difficile per lui, costretto a trascorrere le giornate nel dubbio che lei non lo ami più.
Sarà proprio l'ormai dolce Say ad aiutare Raf a dimostrare che lo ama ancora, qualunque cosa succeda. Tra le lezioni e gli amici, comincia infatti a delinearsi una situazione terribile, pericolosa, ma che forse ha il potere di risolvere finalmente tutto.
Genere: Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Arkhan, Raf, Sai, Sulfus, Un po' di tutti | Coppie: Raf/Sulfus, Sai/Tyco
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Capitolo 12 – Caduta libera

La depressione è il dolore nella sua forma più pura. Io per esempio farei di tutto per essere capace di provare di nuovo un’emozione. Una qualsiasi.Il dolore fa male, ma quando è talmente potente da annullare qualsiasi altra sensazione, ecco, in quel momento inizi a credere che stai per impazzire.
(Il confine di un attimo, J. A. Redmerski)

 

Non riuscivo neanche a piangere. Ero completamente paralizzata dal terrore; com'era possibile? Com'era potuto accadere?

L'unica cosa che mi distingueva da una vera Devil erano le corna, che mancavano. Sulla mia testa non c'era nulla, come fossi stata umana.

Say guardò Luke.

“Cosa credi che le sia successo?”

Luke scosse la testa.

“E' grave.” si avvicinò a me, che ero seduta sul divano, di nuovo umana. “Raf,” cercò i miei occhi e vidi in lui una grande fermezza e determinazione, “due opposti non possono eguagliarsi. Possono solo sbilanciarsi da una parte, o dall'altra.” mi fissò. “O rinunciare ad esistere insieme.”

Rimase in silenzio per un istante, ma sentii ugualmente le sue parole nella mente. Il mio sesto senso sapeva quello che avrebbe detto.

“Raf,” disse, “il tuo cuore è ancora con lui e se non potete separarvi, devi diventare come lui.”

Say si avvicinò.

“Ma un Angel non può diventare Devil.” obbiettò.

Luke annuì.

“E' per questo che, quando le corna saranno spuntate sulla sua testa, Raf cesserà di vivere.”

Trattenni le lacrime, perché il colpo non fu puoi così forte. Il sesto senso mi aveva preparata, seppure con una sensazione vaga.

Presi un bel respiro.

“D'accordo.” deglutii. “Io …” incontrai lo sguardo di Luke e Say. “Non c'è una cura, vero?”

Luke abbassò gli occhi e scosse la testa.

Sentii le lacrime pungere.

“Quanto mi resta?”

“Gli allenamenti hanno velocizzato il processo e, a questo punto, ormai non più di qualche giorno.”

Avvertii una fitta al cuore.

“Va bene.” Say fece un passo verso di me, ma si fermò.

“Cos'hai in mente, Raf?”

Un altro respiro.

“Andrò … Andrò da Sulfus. A dirgli addio.”

 

Partii in volo verso la Golden School quella sera. Say mi abbracciò.

“Oh, Raf.” aveva gli occhi lucidi. “Tornerai, vero? Se … Insomma, se dovessi stare … Non lo so.” sospirò, il respiro tremulo. “Ma tornerai, vero?”

Annuii appena, un nodo che mi stringeva la gola.

“Andrà tutto bene.” sussurrai. Say abbozzò un sorriso e distolse lo sguardo.

“Buona fortuna.” mormorò, guardandomi negli occhi per un ultimo attimo.

Abbracciai anche Luke e lui mi strinse forte.

“Coraggio, Raf.” mi sorrise e mi fece una carezza sulla guancia. Annuii, la gola sempre più stretta e le lacrime che pizzicavano di nuovo gli occhi.

Ero già trasformata; mi preparai a prendere il volo e mi girai per un attimo verso di loro.

“Addio.” dissi in un soffio. Dubitavo molto che li avrei rivisti, pensai tristemente mentre l'aria mi scompigliava i capelli e le mie ali, sempre più veloci, mi guidavano verso il posto che per me era stato casa.

Volai più veloce che potevo, mentre il panico lasciava gradualmente posto al desiderio: il desiderio disperato di rivedere Sulfus.

Su questo mi focalizzavo, sbattendo le enormi ali da Devil. I miei capelli neri risultavano stranamente intonati all'aria di dicembre, come i miei vestiti.

Ero in tutto e per tutto una Devil.

Quando arrivai in vista della Golden School, una morsa mi strinse il cuore e la gola.

A quell'ora gran parte degli studenti era a cena.

Say mi aveva prestato un soprabito nero, col cappuccio, che indossai, per coprire la mancanza delle corna. Avrebbero anche potuto essere nascoste dai capelli, ma non si era mai troppo prudenti.

Non volevo rischiare di essere riconosciuta.

Nemmeno dalle mie amiche.

Quanto mi mancavano! Per un attimo fui tentata dal desiderio di andare al Sognatorio e salutarle, e passare solo un momento con loro, ma mi bloccai.

Come avrei spiegato la mia fuga? Come avrei spiegato il mio aspetto? Come avrei spiegato il fatto che amare un Devil era possibile?

Mi voltai e mi diressi verso l'ala diabolica della scuola. Cominciavo a prendere più consapevolezza dei pochi giorni che mi rimanevano: il sangue nelle mie vene sembrava più caldo del solito, ma non sudavo. Come se stessi per implodere.

Quando arrivai nell'ala diabolica, deserta, dovetti sedermi a riprendere fiato. Ero esausta, nonostante non avessi volato per molto tempo.

Avevo il fiato corto e più il cuore batteva veloce, più tutto nel mio corpo sembrava essere di fuoco, sembrava incendiare il sangue.

Non riuscivo più a piangere. I Devils non piangevano. Me n'ero accorta dopo essere partita, e mi resi conto che, se era avvenuto un cambiamento tanto repentino, stavo peggiorando a vista d'occhio.

Appena fui in grado di farlo, mi alzai.

Tutto mi sembrava veloce, straordinariamente veloce, come se fossi in un film e qualcuno avesse premuto il tasto avanti veloce.

Quando trovai il corridoio di Sulfus, tutto il mio corpo si tese con uno spasmo piacevole. Non riuscii più a trattenermi e mi misi a correre verso la sua stanza.

Non c'era nessuno in giro e per un attimo temetti di non trovarlo in camera sua, soprattutto quando bussai e non ricevetti risposta.

Ma non ero lì per arrendermi.

Spalancai comunque la porta, con il fiato di nuovo corto, fiato che si mozzò appena lo vidi.

Era girato verso la finestra e la luce della luna tracciava un contorno argenteo delle sue spalle, risaltandone i muscoli e rendendo i capelli neri quasi azzurri.

Rimasi immobile, per ricordare quel momento per tutta la vita. L'attesa e il desiderio di avvicinarmi di più, e il desiderio altrettanto travolgente di allontanarmi e andarmene, di non affrontare la sua rabbia.

Sulfus sbuffò.

“Gas, che vuoi ancora? Ti ho detto che non voglio nessuno tra i piedi, quindi vattene. Non è aria.”

Chiusi la porta senza fare rumore.

“Sulfus.” lo chiamai con la voce che tremava. Si voltò di scatto, gli occhi color topazio spalancati, e all'improvviso mi accorsi, per l'ennesima volta, di quanto era bello.

Intuii che il suo sesto senso aveva già capito, ma lui no. Mi fissò ad occhi sgranati per un istante.

Non riuscivo più a piangere, e il mio sangue fu invaso dal fuoco quando abbassai il cappuccio e la luce della luna illuminò il mio viso.

Sulfus mi fissò incredulo, guardando i miei capelli, il mio viso, la scomparsa dell'aureola e le ali da Devil, e da ultimo, i miei occhi.

Mi avvicinai a lui, con qualche passo incerto, e mi fermai di fronte a Sulfus, davanti alla finestra. Non trovavo le parole e, temevo, non le trovava neanche lui.

Il nodo di paura dentro di me si sciolse e finalmente sentii tutti i pezzi che avevo perso tornare in me. Il vuoto sparì dal mio stomaco e i polmoni si riempirono di nuovo, il cuore batteva per lui e le mani desideravano disperatamente prendere le sue e stringerle.

“Chi sei?” mi chiese, ma sapevamo entrambi che lo sapeva.

Sorrisi.

“Raf.”

I suoi occhi si ingrandirono un po' di più e fissarono i miei, osservandone il blu scuro, intenso.

“Cosa ti è successo, Raf?” gli tremò la voce, pronunciando il mio nome.

Abbozzai un altro sorriso.

“Io ...” sentivo di nuovo le lacrime. Nonostante fossi una Devil, ormai. Cercai le parole per finire la frase, ma dimenticai il motivo per cui mi trovavo lì quando Sulfus mi attirò a sé e mi strinse forte.

Inspirai il suo profumo; sapeva di bosco e di vento. Ricambiai l'abbraccio e seppellii la testa sul suo petto, sentendo ogni nodo dentro di me allentarsi.

“Raf.” mormorò Sulfus e continuò, in una litania infinita, a dire il mio nome. Mi sembrava quasi di sentire tutte le domande nella sua mente.

Dov'eri?

Perché te ne sei andata?

Perché mi hai cancellato la memoria?

Mi ami ancora?

Cosa ti è successo?

Perché sei come me?

E tuttavia non disse nulla; gliene fui grata.

Sulfus mi sollevò senza fatica e mi fece sedere su un divanetto in pelle nera, tenendomi sulle sue ginocchia e continuando a stringermi, come se avesse paura che scappassi di nuovo.

Mi rannicchiai contro di lui. Il suo corpo era caldo contro il mio, completamente gelido a causa del volo e di quello che stavo diventando.

“Raf,” mormorò dopo un po', “cosa ti è successo? Pensavo … Pensavo che non volessi vedermi mai più.”

Nascosi ancora di più il viso nel suo petto.

“Sulfus, io … Io … Mi rimangono pochi giorni di vita.”

Cosa?

Sulfus mi mise due dita sotto il mento e mi costrinse a sollevare il viso. Incontrai i suoi occhi, dove trovai la sorpresa per quello che gli avevo appena detto e tanto, tanto, tanto dolore.

“Perché? Cosa … Cos'hai?”

Deglutii e feci cenno al mio aspetto.

“Sono … Sto diventando una Devil. E sappiamo entrambi che non posso. Appena mi spunteranno le corna ...” non finii la frase, perché la fine era chiara ad entrambi.

Sulfus infilò una mano tra i miei capelli e li osservò: neri come la pece. Poi sfiorò le mie ali con le dita e il mio cuore accelerò quando lo fece.

Sfiorò il mio viso pallido con il dorso della mano e io rabbrividii, nonostante il sangue mi bruciasse nelle vene.

Sulfus sorrise, malgrado la situazione, ma si rabbuiò subito e quando i suoi occhi incontrarono i miei vidi la sua disperazione, perché aveva capito che non c'era cura.

“Non posso lasciare che tu … Che semplicemente la tua vita finisca così. Ci deve essere una soluzione, Raf.”

Scossi la testa.

“Ho già chiesto a un Guardian Angel con molta esperienza e non c'è nessuna cura.”

Ero così stanca! Sentii la stanchezza invadere ogni cellula del mio corpo. Chiusi gli occhi e mi appoggiai contro Sulfus, che mi strinse piano, come se avesse paura che mi rompessi.

Quella giornata era stata troppo faticosa per me.

Ero stanca, esausta.
Sulfus mi scosse delicatamente quelli che mi parvero pochi secondi dopo.

“Raf, no, tesoro, devi rimanere sveglia.”

Mugolai e mi raggomitolai ancora contro di lui.

“Ho sonno ...” biascicai. Sulfus mi strinse e smise di cercare di svegliarmi, ma si alzò tenendomi in braccio. Mi sollevò di nuovo il cappuccio e mi sostenne la testa.

“Hai bisogno di aiuto, Raf.”

Avvertii l'aria fresca su di me, mentre Sulfus prendeva il volo. Il sangue ricominciò a ribollirmi nelle vene e allora mi addormentai di nuovo.

Spazio autrice: sì, il titolo è tratto dal gioco Caduta libera, che andava in onda fino a pochi giorni fa sul cinque. Mi è sembrato perfetto.
Se non è caduta libera questa ... Il problema è sempre dove porta una caduta e se in fondo c'è un cuscino ad attenderci. Perciò, oggi auguro buona fortuna a tutti coloro che cadono senza paracadute e senza chiedersi se davvero c'è il cuscino. ;)
Baci,
Piuma_di_cigno.

   
 
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