Non
era semplice, nulla poteva definirsi tale- ma se si trattava di Shu,
allora
nulla era davvero facile.
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«È stato magnifico! Non credi?»
Un euforico Shu si girò dall'altra parte del soffice letto doppio,
mostrando
senza nessun pudore i peccaminosi segni sulla sua pelle. Era una delle
solite
serate dopo un'esibizione, una di quelle dove la stanchezza prevaleva
su tutte
le altre sensazioni e rendeva il corpo sempre più pesante. Le luci
nell'appartamento erano tutte spente, lasciando ai due ragazzi
l'occasione per
poter concentrarsi esclusivamente l'uno sull'altro. I loro corpi,
spogli di
qualsiasi altro indumento impuro, sembrarono sfiorarsi per un secondo
dopo quel
gesto.
«Ah-ha.» sorrise Rom, perdendosi per qualche minuto nelle gemme color
acquamarina
di colui che si trovava accanto. «Sono sicuro che il pubblico era anche
aumentato rispetto all'ultima volta.»
«Ed è solo l'inizio!» la sua mano andò a stringere inevitabilmente
quella
dell'altro, in un vizioso circolo di entusiasmo e ambizione.
«Arriveremo al
TOP, Rom! Te lo prometto!»
«Al TOP, heh? Stai forse sognando?» una lieve risata sfuggì dalle
labbra del
giovane leopardo nel percepire la sfuggente euforia nelle parole e la
determinazione negli occhi dell'amico: quando Shu parlava di qualcosa
che gli
stava molto a cuore, i suoi occhi brillavano di luce propria. E la sua
bellezza
aumentava a dismisura.
«Dovresti smette di avere la testa tra le nuvole, tu.» gli scompigliò
scherzosamente i capelli corvini, mentre il povero malcapitato cercava
di
liberarsi dalla sua presa. Delle risate riecheggiarono in tutta la
camera,
riempiendo ogni possibile spazio vuoto: era una gioia perlopiù puerile,
ma i
due ragazzi non potevano farne a meno. I loro sguardi si incontrarono,
e le
loro labbra si unirono naturalmente.
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«Non possiamo andare avanti così. Ormai non siamo più dei liceali, Shu.»
Le parole del vecchio amico lo colpirono peggio di un pugnale dietro la
schiena. Non erano più dei liceali, già, potevano definirsi dei
professionisti;
peccato che la strada da percorrere insieme si era spezzata in due,
divincolandosi in due separati cammini. Ci fu una lunga pausa prima che
Shu
sussurrasse un impercettibile «Lo so». Almeno per una volta, non stava
sorridendo.
La luce del neon sulle insegne dei negozi di Newyard appariva come
l’unica
fonte luminosa in una stradina dove il buio faceva da padrone: la gente
all’infuori di essa ignorava lo scenario che si stava evolvendo a
qualche metro
di distanza, come se la stessa oscurità celasse anche l’identità del
cantante
della band più in voga del momento e del batterista degli
Shingancrimsonz.
«Non possiamo- non possiamo riportare indietro quello che avevamo.»
c’era del
dolore nella voce di Rom, del nudo e crudo dolore che non riusciva a
non
trasmettere, e Shu non riuscì ad ignorarlo.
«Lo so.»
Come non saperlo, era il pensiero che lo attanagliava da sempre: lo
sapeva, lo
sapeva anche fin troppo bene. Avrebbe potuto tingersi nuovamente i
capelli di
nero, riprendere a fumare la solita marca di sigarette e tornare a
vivere nel
suo stesso appartamento, ma no, nulla sarebbe stato più come prima. Era
doloroso,
così doloroso che non si azzardava neppure di sfoggiare uno di quei
soliti
sorrisi pieni di menzogna.
«E allora COSA, Shu, cosa?!» ringhiò, le mani che si arricciarono
istintivamente in due pugni e gli occhi color zaffiro che si
infiammarono dalla
rabbia. «Se sai così tante cose, forse conosci anche un modo per
risolvere
questa situazione?»
«E tu, Rom? Che cosa sai, tu?!» ribatté prontamente l’altro. «Cosa ne
sai TU,
di quello che provo io?»
Il giovane idol racchiuse tutto il suo rancore all’interno di quelle
frasi,
quasi come a voler espellere via tutto il risentimento accumulato in
tutti
quegli anni: già, cosa poteva mai saperne dei suoi sentimenti? L’unica
cosa che
riusciva a fare perfettamente era quella di investirlo con quella
solita aria
d’irritazione e stringere i pugni come se volesse colpirlo da un
momento
all’altro. Che cosa poteva mai saperne, lui.
«Cosa so’, huh?» l’altro digrignò i denti, frenetici impulsi che
iniziavano a
circolargli tra le vene: poteva mettere la parola fine a quella stupida
faccenda, e invece no, si sforzava ancora di ascoltarlo e rispondergli
a tono.
Cosa, forse non voleva davvero terminare quell’incontro? «Sicuramente
di
trovarmi dinanzi ad un’idiota al quale non importa nulla di quello che
sta’
succedendo.»
Adesso era troppo.
«M’IMPORTA, Rom, eccome se m’importa!» un velo di malinconia si posò
sul volto
di Shu, lasciando tremare la sua voce. A sua volta, Rom non poteva fare
a meno
di notarlo. «Mi manca, quel tempo. La musica, la band, NOI!»
Il biondo si esibì in un’espressione di totale stupore, portandosi una
mano
dinanzi alla bocca che aveva lasciato scappare via quelle parole: a
quel punto
era troppo tardi per pentirsi dei suoi stessi gesti, e come si dice,
non si
poteva più piangere sul latte versato. Un intenso e imbarazzante
silenzio
riempì l’atmosfera di tensione, rendendo quasi impossibile persino
respirare.
Shuzo maledì, maledì tutto quello che non era riuscito a tenersi
dentro,
intravedendo la sua stessa espressione sul viso del vecchio amico.
Quest’ultimo
si coprì gli occhi con uno dei due pugni, proprio come per evitare ad
ogni
costo il suo sguardo.
«Io- è meglio che vada.»
I movimenti del leopardo precedettero le sue parole, costringendolo ad
allontanarsi più velocemente di quello che pensava. Alla fine, stava
solo
cercando di trattenere delle lacrime rimaste imprigionate troppo a
lungo.
In poco tempo rimasero soltanto Shu e l’oscurità che lo circondava a
conferire
un segno di vita in quel vicolo abbandonato: portò gli occhi al cielo,
sentendosi beffeggiato persino dalla luna che brillava sopra d’egli.
Ormai era
tutto inutile, tutto aveva perso il suo significato senza Rom, o forse
lo aveva
già perso da tempo. Perché, perché doveva lasciarsi sfuggire quei
dannati
pensieri? Si morse il labbro inferiore così violentemente da lasciar
fuoriuscire persino il sangue, sferrando un calcio al muretto per la
frustrazione. Inutile, era tutto inutile, lo era sempre stato. E in un
momento,
il pianto che quel ragazzo riuscì a trattenere si riversò crudelmente
nei suoi
occhi.
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E’ stato magnifico. Talmente tanto che il bagliore delle luci del
palcoscenico
sembravano riflettersi ancora nelle loro iridi.
La folla iniziava a disperdersi, soddisfatta nell’aver assistito ad uno
dei
migliori concerti della storia, ma l’emozione era ancora palpabile
nell’aria:
tutte le band sentivano quelle sensazioni post-concerto alle quali
erano ormai
abituate, chiacchierando nei camerini dopo una lunga, lunga notte di
musica e
festeggiamenti. Dopotutto, dopo la sconfitta di quel losco individuo,
MIDI City
era finalmente salva.
Rom uscì lentamente dalla hall deserta del backstage, accertandosi di
aver
lasciato la sua preziosa batteria nel posto giusto. Non ci volle molto
prima
che avvertisse lo sguardo del vecchio amico su di lui. Finivano
solitamente per
incontrarsi in quel modo dopo un’esibizione, ma in quel momento a
differenza
degli altri Shu stava sorridendo, e non con uno di quelli falsi che
tanto lo
irritavano. Stava sorridendo. A lui.
«Quindi…» il ragazzo dalla carnagione più scura cercò di dire qualcosa,
qualcosa che possibilmente non avrebbe rovinato il momento. Avrebbe
voluto
dirgli così tante cose- che era stato fantastico durante lo spettacolo,
o con
quel mostro, ma le parole si rifiutavano di uscire dalla sua gola.
«Quindi.» replicò Shu, battendo le sue lunghe ciglia e rendendo la
situazione
sempre più complicata. L’altro sviò altrove lo sguardo, evitando di
incrociare
quello che aveva dinanzi a lui: non capiva cosa dire, o cosa fare,
specie
perché erano soli, e tutto era
cambiato adesso. Si limitò ad abbassare un orecchio e ridere
nervosamente,
cercando di capire perché si trovasse così a disagio in quel momento.
«Per una volta non sento il bisogno di darti un pugno su
quell’odiosissimo bel
faccino che ti ritrovi.»
Shu scoppiò in una risata, vivace e bellissima. Non lo sentiva ridere
così da-
da quanto, esattamente? Troppo, troppo tempo per ricordare. Il suo
cuore perse
un battito al solo pensiero.
«E poi» si schiarì la gola, mostrando per una volta delle gote
particolarmente
calde e, diamine, cosa gli stava succedendo, cosa poteva mai essere? Da
quando
si sentiva nervoso con Shu nei paraggi, poi? Era un amico, soltanto un
amico-
no? «Mi è mancato suonare così.»
«E?» domandò con un sorriso beffardo, ammiccandogli maliziosamente. Era
dannatamente accattivante, non avrebbe dovuto esserlo. Eppure Rom
sorrise
dolcemente, riuscendo ad intravedere il suo riflesso negli occhi
dell’altro.
«Mi sei mancato anche tu, Shu.»
Non ebbe neppure il tempo di reagire o di aggiungere altro prima che
Shu
annullasse la distanza tra loro, soffocando qualsiasi altro suono
superfluo con
le sue labbra impegnate in appassionato e disperato bacio. Rom non si
rese
conto di star ricambiando quel gesto d’amore proibito, stringendo le
sue
muscolose braccia attorno a quei fianchi. Avrebbe dovuto essere
sconvolto,
avrebbe dovuto respingerlo, ma non ci riuscì. Perché, perché doveva
essere
tutto così complicato e confuso? Era colui che riusciva sempre ad avere
il
controllo della situazione, eppure in quel momento sembrava una
completa
marionetta nelle mani di un esperto burattinaio; ma d’altronde, nulla
di quello
che possedeva poteva definirsi razionale o chiaro se riguardava Shu.
Ma non poteva perdersi troppo nei suoi pensieri, dato che l’altro aveva
già
iniziato a spingerlo contro la parete lattea mentre le sue dita si
insinuavano
al di sotto del suo gilet di pelliccia, creando libidinose
circonferenze
attorno ai suoi pettorali: lo nutrì con dei dolci e disperati gemiti
che
entrambi credevano non esser più in grado di ascoltare, lasciando
infilare un
ginocchio tra le sue gambe e- no, no, era impossibile.
«Non qui,» Rom respirò, interrompendo quell’incontro rimandato da tempi
immani.
«Dobbiamo parlarne, non possiamo semplicemente ritornare a-»
«Per favore.» il suo tono era supplichevole, lasciando intendere di
volerne di
più, di più e più ancora, fin quando non sarebbe diventato sazio di
quell’immorale circolo vizioso che era per lui l’amore. Così da vicino,
Rom
riusciva a vedere tutto: dalla
lucente sfumatura rosata del lucidalabbra, passando poi al mascara
dipinto
sulle sue lunghe ciglia e a quegli occhi socchiusi in un’espressione
completamente diversa da quella che indossava di solito. Non era più Shu☆Zo,
ma Shu, e tutto ciò che Rom potesse desiderare.
Deglutì, respirando profondamente: non avrebbero dovuto, non avrebbero
dovuto,
no, no, dovevano parlare, non avrebbero dovuto, non-
Shu gli leccò il labbro inferiore, frantumando qualsiasi altro indugio.
«Non
farmi aspettare ancora a lungo.»
La goccia che fece traboccare il vaso.
Rom afferrò un po’ troppo violentemente la sua mano, trascinandolo in
direzione
del suo camerino. In silenzio, poiché i battiti del suo cuore parlavano
per
lui. Shu lo seguì, concedendosi una sola, sincera risata, ed
intrecciando insieme
le loro dita.
Sarebbe stato bene. Sarebbero stati bene.
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Non era semplice, nulla poteva definirsi tale- ma se si trattava di
Shu, allora
ne valeva sempre, sempre la pena.
Seriamente, sto scrivendo troppo su di loro. Fermatemi. X’’
Allora- non so cosa dire, ecco un’altra RomShuu perché questi due mi hanno rovinato la vita e- boh, sono sicura scriverò altro su di loro. Buh. qq
E nulla uhuh- se vi è piaciuta, lasciate pure una recensione! Grazie a tutti quelli che hanno letto e alla prossima! ewe
_Carol_