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Autore: Madame Rohan    02/07/2015    9 recensioni
-Ti riferisci a Veronique? Guarda che le ho solo restituito il fazzoletto di tua madre, di la verità non sarai per caso gelosa, eh Oscar?!- La provocai allegramente, ridacchiando divertito e avanzando sempre di più verso di lei.
Genere: Commedia, Slice of life | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: André Grandier, Oscar François de Jarjayes
Note: Missing Moments | Avvertimenti: nessuno
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12 luglio 1767. Ricordo bene quel giorno, perché una nuova certezza si affacciò all’orizzonte della mia vita, donando da quel momento in poi l’alba al buio perenne che con gli anni avrebbe minacciato sempre più spesso di approdare nella mia anima. All’epoca sapevo poco e niente dell’amore, forse non nutrivo alcun interesse per esso, tutto il mio mondo  volteggia unicamente intorno ad una dispotica ragazzina dai meravigliosi capelli biondi. Destino volle che alla nascita, suo padre, un Generale, desiderando con tutto se stesso un erede maschio dopo ben cinque bambine, finisse per allevarla davvero come tale, e fu proprio per merito di quel folle espediente che la mia strada si incrociò e mischiò a quella di Oscar. Fu davanti ai mei occhi che la vidi diventare sempre più tenace di carattere, più agile con la spada e nelle nostre abituali scazzottate, eppure aldilà di quelle apparenze, sapevo benissimo quando a volte potesse essere fragile e bisognoso d’amore quel suo cuore forgiato da ideali che io mi ero ritrovato ad amare sempre di più, malgrado certe increspature arroganti del suo carattere; a volte bastava poco o niente per farla infuriare, ah le donne!
Era un’assolata mattina d’estate e dopo aver strigliato accuratamente il manto di Alexander, uscì dalle scuderie per cercarla, quando ai piedi di una quercia, la stessa dove anni prima sotterrammo in gran segreto il nostro piccolo tesoro, vidi la dolce e graziosa Veronique, una delle più giovani cameriere del palazzo, ergersi sulle punte, cercando disperatamente qualcosa tra le verdi e folti foglie dell’albero, cosa che le risultava alquanto difficile dato la sua piccola altezza.
-Buongiorno Veronique, hai bisogno di una mano?- La salutai e con gentilezza mi avvicinai a lei, puntando lo sguardo verso la quercia e fu lì che scorsi un piccolo pezzo di stoffa rosa ricamato.
-Oh sì, André, il vento di ieri sera ha fatto finire tra le fronde uno dei fazzoletti di Madame Jarjayes, ma io non sono in grado di arrampicarmi…- Mi rispose desolata e io con un sorriso notai quanto fosse minuta e bassina malgrado avesse dieci anni più di me. Mi affrettai  a recuperarglielo, sorprendendola per la mia agilità; quante volte io e Oscar ci eravamo arrampicati sugli alberi nei pressi del lago?!
-Ti ringrazio, ti ringrazio infinitamente André, sei un tesoro!- Mi strinse entrambi le mani sorridendomi e guardandomi con gratitudine, dopodiché si avviò verso le cucine del palazzo mentre io rimasi ad osservarla incuriosito da quel gesto. All’improvviso avvertì un lieve colpo di tosse, mi voltai e per un attimo mi persi in quei bellissimi occhi azzurro cielo; ma mi ci volle poco per capire che quel cielo che tanto amavo preannunciava tempesta! Oscar mi guardò con aria infastidita ma mi parlò con voce distaccata, tipica di quando si stizziva con me per qualche motivo. 
-Spero di non aver disturbato la tua contemplazione, André…-
La guardai con un’espressione spaesata e sinceramente confusa, lei non mi degnò di uno sguardo e si diresse altera, vero le scuderie; mi affrettai a raggiungerla e ci dirigemmo in sella ai nostri cavalli verso il lago, senza scambiare per buon parte del tragitto una sola parola.
- Hey Oscar, non dirmi che il gatto ti ha mangiato la lingua?! Com’è che sei diventata così silenziosa?-. Scherzai divertito, affiancandomi a lei, avvertendo l’accrescere incessante del battito del cuore non appena il mio sguardo si posò sui lineamenti contratti eppure bellissimi del suo viso. Era arrabbiata! Lei per tutta risposta, mi servò uno sguardo gelido, ma poi parlò.
-Ti faccio notare che quella ragazza è molto più grande di te, André…- Il suo tono era calmo ma tagliente, ed evitò in tutti i modi i miei occhi che invece la inseguivano increduli. Una volta giunti al lago, smontammo da cavallo. Un sorriso soddisfatto affiorò improvviso alle mie labbra quando mi voltai verso di lei, pronta a canzonarla a dovere.
-Ti riferisci a Veronique? Guarda che le ho solo restituito il fazzoletto di tua madre, di la verità non sarai per caso gelosa, eh Oscar?!- La provocai allegramente, ridacchiando divertito e avanzando sempre di più verso di lei. Mossa sbagliata! Sbagliatissima! Colta forse sul vivo, Oscar mi sferrò un pugno ed io impreparato a ciò, finì con lo sbattere violentemente il capo contro l’albero alle mie spalle. Dovetti perdere conoscenza. A svegliarmi furono delle leggere gocce d’acqua che nella semi-incoscienza avvertì posarsi delicatamente sul mio viso; stava per scoppiare un temporale estivo? Eppure erano calde e… salate?! 
Percepì un odore familiare e avvertii il tocco di due mani fin troppo conosciute, posarsi dolcemente sulle mie spalle.
 -André, André! André, rispondimi!-
Riaprii gli occhi lentamente, il mio cuore ebbe un sussulto, due sussulti, tre, centomila sussulti, quando con un gesto secco e nervoso delle dita, la vidi tentare invano di contenere piccole lacrime che ancora accarezzavano e percorrevano i suoi lineamenti.
-Oscar…?- Pronunciai il suo nome e in quel momento sentì la sua presa sulle mie spalle farsi più salda.
 -… Oscar perché stai piangendo?-
Ma lei non rispose mai a quella mia domanda. Preoccupato continuai a sorreggere il suo sguardo, quando inaspettatamente, mi ritrovai stretto tra le braccia della mia aguzzina. A quel contatto per pochi istanti il mio cuore interruppe la sua folle corsa, per poi ridestarsi più vivo e irrequieto che mai. Di rimando ricambiai prontamente la sua stretta e vidi Oscar abbandonare  remissivamente il capo contro la mia spalla, accostandosi ancora di più a me, e mai come in quel momento percepì e assaporai su di me, le forme del suo corpo di donna, pronte a sbocciare come una splendida rosa, la mia rosa. Restammo abbracciati per un tempo indefinito, forse a lungo, forse ci addormentammo vicini ed esausti. Quell’abbraccio chiuse per sempre la stagione fiorente della nostra adolescenza. Quell’abbraccio diede un nome alle mie emozioni, mi forgiò di gioia, di luce e calma speranza. Perché malgrado tutte le spine, un giorno lontano, ne ero certo, io sarei riuscito a cogliere la mia adorata rosa e vivere con lei in un giardino di sogni ultraterreni.
 
   
 
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