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Autore: EtErNaL_DrEaMEr    16/01/2009    1 recensioni
“Avanti, Bella!, ci sarà pur qualcosa che desideri per il tuo compleanno!”
Edward le faceva quella domanda quasi ogni giorno ormai... e lei non aveva mai risposto, almeno, non fino a quel momento.
“Sì, c'è qualcosa che voglio: portami dove non serve sognare...”
... ma questo, non glielo avrebbe mai detto.
Genere: Romantico, Malinconico | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Edward Cullen, Isabella Swan
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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B&E



Portami dove non serve sognare




Mancavano poco più di due settimane al suo compleanno.
Quel fatidico 13 settembre era sempre più vicino. Lento e inesorabile, sarebbe giunto, senza darle scampo.
Il solo pensiero la faceva rabbrividire.

 Anche quella mattina -una delle tante piovose a Forks- mentre i suoi occhi seguivano lo strano percorso di centinaia di goccioline di pioggia sul vetro del finestrino, ci stava pensando.


Edward era venuto a prenderla come sempre, e ora stavano andando a scuola. Fosse per lei, sarebbe stata comodamente raggomitolata sotto le coperte del suo letto. A casa.
Lui, invece, sembrava più su di giri del solito. Le sorrideva in continuazione -accidenti a lui e a quei suoi sorrisi!- e sembrava estasiato da ogni cosa gli passasse sotto gli occhi.
L'esaltazione da una parte, l'apatia dall'altra. E tutto nello spazio dell'abitacolo di un auto.


“Bella... che c'è che non va?” le chiese ad un certo punto Edward con quel suo tono preoccupato e sicuro allo stesso tempo.

Lei non staccò gli occhi dal finestrino, limitandosi a storcere le labbra fine e rosee in una smorfia. “Va tutto bene.” mentì spudoratamente.

“Non posso leggere i tuoi pensieri, ma questo non vuol dire che io non capisca come stai.” le spiegò, continuando a fissare la strada davanti a lui, per pura formalità. “Non va tutto bene.” le disse poi, voltandosi verso di lei.

“Ti dico di sì...” protestò debolmente Bella, salvo poi incontrare i suoi occhi dorati e sciogliersi placidamente alla realtà.

“Dovresti essere felice. Tra due settimane sarà il tuo compleanno. Diciotto anni!” esclamò, entusiasta, togliendo per una frazione di secondo le mani dal volante per agitarle in aria e facendo venire i capelli ritti alla mora seduta accanto a lui. “Non sai cosa darei per compierli io diciotto anni...” mormorò poi, così piano e così velocemente che Bella poté appena vedere le sue labbra dischiudersi e poi richiudersi, tutto nel tempo di un battito di ciglia.

... Ma poteva immaginare cosa avesse detto. Probabilmente che anche lui avrebbe voluto compiere diciotto anni.
 E questo era il punto. Diciotto anni!... Lui non avrebbe mai festeggiato il suo diciottesimo compleanno.
Lei invece sì.
E si sentiva più vecchia al solo pensarci.
Perché Edward non capiva?, perché non le faceva il favore di trasformarla?
Gli chiedeva solo questo, diventare come lui e stare per sempre con lui.

“Non è una tragedia, Bella...”

Sentì la sua voce arrivarle dolce alle orecchie e distoglierla dai suoi pensieri.

“Lo sai benissimo che non mi interessa quanti anni hai... io ti amo, e basta.” sindacò, con il viso ad un palmo dal parabrezza, intento a scrutare la strada, in cerca di qualcosa che probabilmente non c'era.

“... E poi, anche da diciottenne, sono convinto che continuerai sempre a sembrare più piccola di me...” aggiunse subito dopo, sghignazzando e rivolgendo un'occhiata in tralice a Bella, che lo guardava fintamente indignata. “Sul serio, Bella, te lo dico con tutto il cuore: goditi il tuo diciottesimo compleanno. Viene una volta sola nella vita.” le disse, sentendo uno strano retrogusto amaro in fondo al palato dopo aver parlato.



* * *



Quando arrivarono davanti alla scuola, non c'erano ancora molti studenti, ma appena uscita dall'auto, Bella si ritrovò Alice a cinque centimetri dal viso che la guardava esibendo un sorriso che le illuminava il volto divertito.

“Devo preoccuparmi?” le chiese, puntandole addosso gli occhi allarmati.

Vide una massa di capelli corvini agitarsi da una parte all'altra in segno di diniego. “Non devi preoccuparti assolutamente di nulla!” la rassicurò Alice, continuando a sorriderle.

Conoscendola, Bella sapeva che avrebbe già dovuto essere nel panico. Quando Alice diceva “Non ti preoccupare!”, voleva dire che era il momento di preoccuparsi, e sul serio.

“Forza, andiamo!” Edward le comparve affianco e la prese per mano, incamminandosi verso l'edificio di mattoni.

“Cosa sta architettando Alice?” chiese Bella, alzandosi sulle punte dei piedi e avvicinando la bocca all'orecchio di Edward, il quale sorriso divertito.

“Non lo so...” le rispose.

“Non ci credo proprio per niente!” borbottò allora lei imbronciata. Figurarsi se non sapeva che architettava quella!

“Guarda che ti ho sentita!” la informò piccata Alice, passandole davanti impettita.



* * *


Le ore di lezione sembravano non passare mai.
Il tempo scorreva senza una piega, eppure a Bella sembrava ci fosse qualcosa che lo frenasse. Alzava lo sguardo, vedeva le lancette sul vecchio orologio da parete affisso al muro, sopra la lavagna, e le sembrava che quelle lancette fossero esattamente nello stesso posto in cui erano quando le aveva guardate l'ultima volta.
E sentì come un brivido percorrerle la schiena. Per un singolo, fulmineo istante, le venne in mente che forse era così che si sentiva Edward ogni singolo minuto. Forse anche per lui il tempo scorreva lento, e se per lei il “tempo” in questione erano minuti, per lui potevano essere anni.
Era un essere incorruttibile in un mondo che si corrodeva -quello sì- minuto per minuto.
Doveva essere strano.
A lungo andare poteva diventare straziante, vedere chi ti circonda condurre una vita normale: nascere, crescere, invecchiare e poi morire. Mentre lui poteva essere solo uno spettatore, un eterno spettatore di ciò che lui non sarebbe mai stato.
Sbatté le ciglia, sentendo quella che forse era una lacrima, pronta a rigarle la guancia pallida.
Infondo, lui non voleva altro che evitarle una simile vita.

Quando però arrivò il suono metallico e agognato della campanella, quei pensieri se ne andarono così in fretta come erano venuti, lasciandola nella sua irremovibile convinzione che avrebbe anche vissuto dannata per l'eternità insieme ad Edward, piuttosto che vivere una vita normale, senza lui.

“Ehi, Bella!”

La voce di Angela la fece voltare a metà corridoio, e sul suo viso apparve istintivamente un sorriso.
Una sana chiacchierata umana forse non le avrebbe fatto male.

Aspettò che l'amica la affiancasse, prima di riprendere a camminare.

“Allora, cosa stai pensando?” le chiese, curiosa, stuzzicandola con il gomito.

“... A cosa sto pensando?” fece Bella, rigirandole la domanda e guardandola interrogativa.

“Andiamo, non fare la finta tonta!” la rimproverò scherzosamente la bruna. “... Il tuo compleanno... che hai intenzione di fare?”

No, basta!

“Non lo so, non ho ancora deciso.” le rispose frettolosa Bella, cercando di nascondere quel crescente nervosismo che la invadeva e guardando distratta da un'altra parte. “Probabilmente me ne starò chiusa in casa ad aspettare che quel giorno passi.” aggiunse poi, infastidita.

“Bella... cosa ti spaventa tanto?” le chiese allora Angela, guardandola apprensiva.

Bella si sentì quasi in colpa. Dopotutto, Angela non sapeva, non poteva neanche lontanamente sospettare il motivo del suo malumore. Non era necessario farla preoccupare inutilmente.
Si fermò, rivolgendosi ad Angela più calma.

“Hai ragione. Non è niente, sarà solo un periodo... sta' tranquilla, ti prometto che il giorno del mio compleanno non troverai una Bella insopportabile e inavvicinabile” le promise, sorridendole “Ci penserò su, e poi ti dirò cosa mi piacerebbe fare per quel giorno, ok?” le propose.

Vide il viso preoccupato di Angela sciogliersi in un sorriso. Non era una sprovveduta, forse aveva capito che neanche la metà di ciò che aveva detto era vero, ma per il momento se l'era bevuta. O forse non voleva sapere altro.

“D'accordo. Mi farai sapere.” le concesse Angela, prima di rivolgerle un'occhiata più che eloquente.

Eccome se aveva capito che stava mentendo.


* * *


Da dieci minuti buoni stava svogliatamente rigirando con la forchetta di plastica bianca quella poltiglia che -a detta della cuoca- doveva essere purè.
In comune avevano solo il colore.
Forse.

Sentendosi osservata, alzò il capo, trovandosi di fronte due iridi dorate che la fissavano.
Edward era puntellato sui gomiti, col mento poggiato sulle mani. Chissà da quanto se ne stava lì così a guardarla.
Sembrava quasi immobile.
... Ok, probabilmente lo era davvero.

“Che c'è?” gli chiese allora, inarcando un sopracciglio.

Edward si prese ancora qualche istante prima di risponderle. “Perché non mangi?”

Bella sollevò di poco la forchetta in aria, osservando in maniera eloquente la poltiglia che scivolava dai dentini bianchi di plastica per poi ricadere sul piatto come una pappetta.

“E quella?” fece allora Edward, accennando alla mela che se ne stava immobile accanto al cartone del latte, aperto e pieno.

Bella sbuffò. “Non ho fame.” si decise a dire poi, nella speranza di concludere lì la cosa.

Neanche a parlarne.

“Non mi pare che abbia un aspetto tanto schifoso.” fece il ragazzo davanti a lei. “.. Bella, devi mangiare.” l'ammonì più gentilmente poi. “... E devi smetterla di pensare al tuo compleanno. Te l'ho detto: non cambierà assolutamente nulla.” le ribadì Edward, guardandola intensamente negli occhi.

“Edward, tu non capisci.” sbottò allora, mollando la forchetta sul piatto e guardandolo negli occhi.

Il ragazzo sospirò, rassegnato, appoggiandosi allo schienale della sedia e facendo scorrere lo sguardo su tutta la mensa prima di riposarlo su Bella e risponderle.

“Ed è qui che ti sbagli. Io capisco. Più di quanto tu possa immaginare.”

“Non credo che tu ti sia mai trovato nella mia stessa situazione.” s'impuntò lei. “Non capisco perché tu non voglia darmela vinta e trasformarmi una buona volta ora, invece di rimandare in eterno.” si accorse poi di quell'assurdo gioco di parole che era uscito dalla sua bocca. Ma non era questo il suo problema ora.

Vide Edward irrigidirsi impercettibilmente. Sembrava sul serio una statua di marmo.
Fredda e bianca.
Quando posò le iridi dorate in quella nocciola di lei, Bella sentì un brivido attraversarle la schiena.

“Bella, tu non capisci.” le disse, usando le stesse parole che poco prima lei aveva usato contro di lui. “Lo sai come la penso sul trasformarti... non sono d'accordo. Non lo ero due mesi fa, e non lo sarò mai. Per tutta la mia vita.” ribadì.

“Ma io voglio stare per sempre con te. Non voglio che il tempo ci divida.” fece Bella, avvicinandosi a lui.

“Te l'ho già detto: non se ne parla.” disse, impassibile.

“Non voglio che un giorno tu mi guardi e – scoprendo che il tempo mi ha cambiata- te ne vada, ti stanchi di me. Non voglio che tu decida di lasciarmi!” rantolò Bella, sentendosi la gola secca e gli occhi lucidi.

Ecco, ora gliel'aveva detto.

Edward rimase sorpreso da quelle parole. Non aveva pensato a questo.
Cioè, aveva pensato tante e tante volte che il tempo per loro due sarebbe passato in maniera diversa, ma non aveva mai creduto che sarebbe potuto essere un problema per lei.
Ora, però, si rendeva conto che si era sbagliato di grosso.
 Proprio lui, che riusciva a capire cosa passasse per la testa di un sacco di gente, e aveva imparato come la mente degli esseri umani potesse essere così vulnerabile e incerta, non aveva pensato che avrebbe dovuto mettersi anche nei panni di Bella, e non ragionare solo con la sua  testa.

“Mi... mi spiace, Bella... io non credevo che provassi questo.” disse poi.

“Non me l'hai mai chiesto.” gli rispose lei “Io lo so che tu, che tutti voi vi state impegnando al massimo per far sì che il mio compleanno sia indimenticabile... ma per me non è così.” gli spiegò, guardandolo dolcemente.

“Senti, Bella.... prometto che d'ora in poi ci penserò all'eventualità di.... di... trasformarti” dirlo gli costò una fatica incredibile “.... ma promettimi che anche tu ci penserai. E non solo al fatto che così potremmo stare insieme per sempre, ma pensa anche che così, sarai dannata per sempre.”

“Se è questo il prezzo da pagare, lo accetto.” disse seria Bella “... E comunque sai come la penso anche a proposito di questo: tu non sei dannato. Non è vero che non hai più un'anima. Se non ce l'avessi, ora noi due non saremo qui a parlare.”

“Bella....” cominciò Edward, ma la campanella segnò la fine del pranzo, e della loro conversazione.


* * *


Qualche giorno dopo, un pomeriggio, Bella se ne stava sul grande e comodissimo divano di casa Cullen, intenta a studiare -parlare- con Edward, mentre Alice scorrazzava tutta sorridente da una parte all'altra della sala.

“Alice!” sbuffò ad un certo punto Bella, sollevando gli occhi dal libro “Che-cosa-stai-facendo?” sillabò, guardandola seria.

La corvina si bloccò a metà della stanza, girò la testa in direzione dell'amica, fissandola con sguardo spaesato e producendo un gran sventolio di ciglia.

“Io??”  fece, puntandosi un dito al petto, con gli occhioni sgranati ed espressione interrogativa “.... Non so di cosa tu stia parlando!” esclamò e, prima che Bella potesse controbattere, era già scomparsa nell'altra stanza.

“Lasciala perdere..” le disse Edward ridendo.

 Bella posò lo sguardo su di lui. Si fermò a guardarlo. Delle volte faticava ancora a credere che lui esistesse davvero. E se esisteva, le riusciva difficile credere che fosse seduto di fronte a lei. E se fosse stato realmente seduto di fronte a lei, allora le riusciva difficile credere che sarebbe durato per molto.
Insomma, non c'era modo di provare che non fosse tutto un frutto della sua immaginazione, un sogno elaborato dalla sua mente.
Pensando a questo, una parte di lei quasi sperò che fosse tutto un sogno. Almeno, in quel caso, non ci sarebbe stato alcun limite temporale, nessuna preoccupazione del tempo che scorre, del tempo che consuma, del tempo che divide.

“Che c'è?” le chiese Edward, guardandola e rivolgendole quel suo maledetto sorriso sghembo.

“.... Posso pizzicarti?” le uscì, prima che potesse pensare a qualcosa di almeno lontanamente coerente da dire.

Edward la fissò divertito e curioso allo stesso tempo. “E... perché mi dovresti pizzicare?”

“Beh, è così che si fa: per essere sicuri di non star sognando, ci si da un pizzicotto!” gli spiegò Bella, come se fosse ovvio. “... Ora che ci penso, però, stando così le cose, dovresti essere tu a tirarmi un pizzicotto...” aggiunse poi, pensierosa, portandosi l'indice al mento.

Lui rise. “Credo che dovremmo pizzicarci a vicenda!” affermò convinto. “... Ma sembra piuttosto fastidioso come metodo... io ne avrei un altro per controllare se stiamo sognando o meno...”sussurrò poi, avvicinandosi lentamente a lei.

“E cioè... ?” alitò Bella, completamente rapita da quelle iridi dorate che le si facevano sempre più vicine.

Sentì le labbra ghiacciate di Edward posarsi sulle sue e provocarle un brivido lungo tutta la schiena.
Effettivamente, questo era nettamente migliore di un pizzicotto.
Gli posò le mani sul collo, avvicinandosi ancora di più a lui, facendosi prendere un po' troppo, come al solito del resto. E, nonostante l'autocontrollo di Edward avesse fatto passi da gigante negli ultimi mesi, lui preferiva sempre prevenire. Così, si staccò di malavoglia dalle labbra di Bella, sospirando.

Si riappoggiò al divano, riprendendo in mano il libro.

“Se fosse un sogno, sarebbe tutto più facile...” sussurrò Bella, a testa bassa, dando voce ai suoi pensieri precedenti.

Edward sollevò il capo, fissandola dritto negli occhi. “Non hai bisogno di sognare.” le disse dolcemente.

Forse aveva ragione... ma, in quel momento, le sembrava esattamente il contrario. Le sembrava che sognare fosse l'unica cosa che l'avrebbe resa sicura.
Sicura che, con lei, ci sarebbe sempre stato Edward.


“Non c'è proprio niente che desidereresti avere per il tuo compleanno?” le chiese subito dopo.

Bella sentì la sua voce morbida arrivargli alle orecchie, ma era così immersa nei suoi pensieri che, prima di riposare lo sguardo su di lui, le ci volle qualche istante.

Qualcosa, effettivamente, c'era.

“Portami dove non serve sognare.”

Ecco, quel regalo le sarebbe piaciuto. Le sarebbe bastato. Le sarebbe bastato per sempre.
 Vivere in un posto dove sogno e realtà si confondevano... anzi, dove di sogni non ce n'era proprio il bisogno.... Si rese conto che, paradossalmente, quel luogo, a sua volta, non era altro che un sogno.

Comunque, non avrebbe mai detto una cosa del genere a Edward.


 Gli rispose, scuotendo la testa e sorridendogli. “Niente.”



FINE



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Hola, amigos!!
Questa one-shot è stata scritta per il concorso indetto da Sherry90 sul forum EFP, "Contest on Twilight", e che ha racimolato un ottimo 5^ posto^.*!!
Altro da dire, non c'è, quindi voi leggete, e, soprattutto, lasciatemi uno straccio di recensioneeeeXD!!


Besitos=)

Vale
  
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