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L’Eredità del Pittore°
Atto.1
“Nel
primo pomeriggio, sotto un cielo
grigio…
Ib ed i suoi genitori si
dirigevano verso una
galleria d’arte…”
Nel
primo pomeriggio, sotto un cielo grigio
piombo e coperto di nuvoloni scuri, Ib ed i suoi genitori si dirigevano
verso
una galleria d’arte. La macchina si faceva largo a fatica tra
il traffico
cittadino, già congestionato dalle numerose macchine in fuga
dalla pioggia imminente.
C’era troppa gente in giro, per essere una domenica di fine
Ottobre e forse, proprio
come loro, avevano deciso di godere di quella mite giornata autunnale
per
mettere un po’ il naso fuori dalla porta e prendere
l’ultima boccata d’aria,
prima di ammuffire in casa a causa del rigido clima predetto da
lì a pochi
giorni.
“ Tutta queste macchine… che vadano a
vedere la mostra? ” si ritrovò a pensare Ib,
osservando i pochi e temerari
pedoni che sfilavano sul marciapiede oltre il suo riflesso annoiato nel
finestrino. Il suo umore era di certo opposto al loro che, intenti ad
avvolgersi nei loro impermeabili scuri, erano di sicuro felici di
immaginarsi
già al riparo nelle loro case a svagarsi con hobby e
passatempi. Lei invece
poteva figurarsi solo di vedersi rinchiusa in una galleria a visitare
una
mostra che la lasciava indifferente. Tra l’altro, per
l’occasione, sua madre l’aveva
vivamente invitata a vestirsi in modo elegante, “come una
signorina di società ”
aveva detto; perciò si era vista costretta ad infilarsi i
primi vestiti più
“eleganti” che aveva trovato e con cui si sarebbe
sentita più o meno a suo
agio. Indossava perciò una camicetta bianca con un vistoso
foulard a voillant scarlatto
al collo, aggiunto da sua madre, come
esigeva l’alta moda. Abbinata ad una gonna corta a pieghe
coordinata, perciò
rosso vermiglio, delle parigine nere al ginocchio (tanto per spezzare
la
monotonia cromatica) e delle polacchine porpora che ne avevano viste di
tutti i
colori, ma ancora estremamente comode. Per fortuna il genitore non
aveva avuto
nessuna pretesa sull’acconciatura e si era limitata ad
affermare che i sui
lunghi e lisci capelli castani potevano andare bene anche
così. Eppure,
pensandoci a
posteriori, abbigliata a
quel modo assomigliava più ad uno dei dipinti che stava per
ammirare, che ad
una semplice visitatrice. Poco male, ormai non poteva farci
più nulla.
Suo padre invece era riuscito a scampare
alle pretese della coniuge. Aveva semplicemente riesumato un vecchio
completo blu
scuro, usato forse ad un matrimonio chi sa quanto tempo fa, abbinato
con una
bella cravatta celeste sulla camicia bianca. La mamma aveva messo tutto
il suo
impegno per prepararsi, mettendo il suo miglior tailleur, quello di
seta rossa
scura, sopra una camicia e collant neri, insieme alle inseparabili
scarpe con
il tacco, anch’esse nere. Inutile dire che era appassionata
di pittura e appena
ne aveva l’occasione, trascinava il marito a tutte le mostre
in programma in
città e provincia, e per questo ci teneva in particolar modo
a fare bella
presenza. Ad Ib era toccata soltanto una volta partecipare ad una di
queste
uscite, soltanto che si trattò di una pinacoteca, per tanto
era la prima volta
che metteva piede in una galleria d’arte.
La macchina si arrestò nel parcheggio di
proprietà della galleria.
<< Ib, tesoro! Ib! Tua madre ti sta
parlando>> la richiamò il padre dal mondo dei
suoi pensieri.
<< Che c’è mamma?>>
<< Ti sei ricordata tutto Ib? Oh! Hai
il tuo fazzoletto? Ricordi, quello del tuo compleanno. Tienilo al
sicuro nella tasca,
ok? Non perderlo!>>
<< Sì, mamma>> rispose lei
accondiscendente,
ed istintivamente infilò una mano in tasca per controllare
di averlo
effettivamente preso dalla scrivania prima di uscire. Sentì
sotto i
polpastrelli la familiare sensazione rugosa del pizzo, seguita dal
quadrato
liscio di seta. Si trattava di un costosissimo fazzoletto di stoffa
candida ornata
di pizzo e con sopra ricamate le sue iniziali in caratteri tutti
svolazzi e
ghirigori. L’aveva ricevuto in dono per il suo nono
compleanno. Anche allora le
era sembrato strano come presente, tuttavia non aveva fatto commenti,
accettando di buon grado il suo morbido tocco. L’impressione
che ebbe quando lo
strinse per la prima volta tra le mani, fu di accarezzare un fiore,
seppure
artificiale. Infatti il pizzo le ricordava le foglie intorno alla
corolla,
mentre il tessuto erano i petali, lisci e setosi, ed i ricami
rappresentavano i
pistilli e i sepali.
“ Chissà perché tiene tanto a questo
fazzoletto?!
Ogni volta che usciamo non fa che ricordarmelo”. Poteva darsi
che si
preoccupasse del valore dell’oggetto poiché
l’aveva pagato un po’, e questo Ib,
poteva anche capirlo, ma addirittura doverselo portare ovunque, le
sembrava
leggermente eccessivo. Comunque per evitare questioni inutili era
diventato
quasi meccanico riporlo in una delle tasche degli abiti che indossava.
Presero i cappotti dal sedile posteriore e
si incamminarono verso l’ingresso principale, sotto un cielo
ancora più scuro e
minaccioso. L’edificio era un anonimo stabilimento dalle
pareti grigiastre e
dello stesso stile architettonico delle case del circondario, con
l’unica
eccezione della coppia di colonne ad incorniciare le finestre.
Perciò ad un
primo sguardo, nessuno avrebbe intuito che si trattasse di un luogo per
esposizioni; se non fosse che, ai lati della porta, erano appesi due
enormi
manifesti con l’ingrandimento dell’opera principale
di Guertena: una rana
pescatrice su sfondo blu notte. Si precipitarono verso le ante della
porta
scorrevole che si aprirono automaticamente al loro passaggio, per
evitare le
prime lacrime rabbiose del temporale ed i suoi portentosi ruggiti.
<< Appena in tempo!>> disse la
madre, sistemandosi il fermaglio che raccoglieva in cima alla testa i
cappelli dalle
stesse sfumature rossicce di quelli della figlia. << Beh!
siamo arrivati.
Questa è la prima volta che vieni in una galleria
d’arte, vero Ib? Siamo qui
oggi per vedere una mostra delle opere fatte dall’artista
Guertena. E non ci
sono solamente quadri, ma anche sculture e tanti altri tipi di
creazioni! Non
dubito che anche a te piacerà un sacco>>
proseguì elettrizzata.
<< Andiamo al banco della
reception?>> annunciò gioviale il padre,
vedendo la moglie di buon umore.
<< Ah, sì! Prendiamo anche qualche
opuscolo>>
Ad accoglierli dietro al banco in legno
chiaro, c’era un uomo, sulla sessantina e a cui il tempo
aveva donato una
candida chioma e baffi voluminosi, vestito di scuro.
<< Benvenuti signori, lasciate pure
qui le vostre giacche. Penseremo noi a sistemarle nel
guardaroba>> disse
con distaccata gentilezza, come se si fosse calato troppo nella parte
del
maggiordomo, a cui effettivamente assomigliava.
<< Che gentile! Senta, potremmo
prendere un paio di volantini?>> chiese la donna.
<< Ma certo, uno anche a lei
signorina. La mostra incentiva i giovani a farsi un’idea
critica e autonoma
dell’arte>> disse il signore rivolto a Ib,
sfoggiando un enigmatico
sorriso affilato.
La ragazzina soppesò seriamente le sue parole;
in effetti avrebbe preferito girovagare da sola e, se proprio doveva
ammirare i
quadri, almeno l’avrebbe fatto con i suoi tempi e a modo suo,
senza dover
arrancare dietro i genitori e sorbirsi i loro soliloqui su quanto era
bello tal
quadro, quale era l’interpretazione di un altro, eccetera.
C’era già passata
una volta, non voleva ricapitasse una seconda. Perciò
cogliendo il
suggerimento, espose le sue intenzioni alla madre.
<< Hm? Vuoi andare avanti? Veramente,
Ib … oh, ok. Solo cerca di stare in silenzio nella galleria,
va bene? Non che
ci sia bisogno di preoccuparsi per te, immagino… non dare
fastidio agli atri
visitatori, però!>> replicò lei non
troppo convinta.
Lasciò i genitori all’ingresso, mentre il
responsabile dava loro informazioni su come era strutturata la mostra e
rispondeva alle curiosità sull’autore.
L’esposizione si snodava su due piani di
cui il primo direttamente collegato al portone principale, mentre
l’altro era
al primo piano e raggiungibile da un lunga scalinata bianca come le
pareti ed
il pavimento di marmo. Ib si ritrovò immersa in un enorme
spazio bianco dalle
dimensioni indefinibili, senza sapere da che parte iniziare. Da dove si
trovava,
però, poteva
scorgere l’interno della
prima sala in cui un drappello di individui era radunato attorno a dei
cordoli.
Si risolse per iniziare da quella, incuriosita da cosa stessero
guardando tanto
interessate quelle persone. Prima di entrare nella sala, vide sul muro
un
pannello introduttivo su cui v’era scritto:
“Benvenuti
nel mondo di Guertena”
Stiamo attualmente tenendo
una mostra per il
grande artista Weiss Guertena e vi ringraziamo per la vostra
partecipazione.
Speriamo che gradiate profondamente l’arte del tardo periodo
dell’artista, le
cui creazioni contengono sia mistero che bellezza.
XX/Ottobbre/XX
Fin
ora non le era stato detto nulla di
nuovo e probabilmente erano le stesse parole dell’opuscolo,
che non aveva
letto, lo abbandono in un cestino. Si avvicinò al gruppo di
persone,
intrufolandosi tra gli spazi vuoti per vedere meglio. Sul pavimento
spiccava
per contrasto un’enorme voragine blu scuro, da cui faceva
capolino lo stesso
soggetto stampato sui manifesti e opuscoli che tappezzavano la
galleria: una
rana pescatrice dalla fauci spalancate, irte di denti aguzzi, e dagli
occhi
neri come la pece, sembrava invitare i visitatori a seguirla negli
abissi che
lambivano il suo corpo, promettendo di guidarli e proteggerli
dall’oscurità con
la sua appendice luminosa. L’impressione che ne ebbe fu di un
ambasciatore
alieno proveniente da un mondo sconosciuto e desolato.
“
Come farà a vivere senza mai
vedere la luce del sole?” si chiese Ib, guardando i suoi
lucidi occhi
inespressivi. Non le piaceva quel quadro che incuteva un timore
reverenziale, perché
le era impensabile che si potesse abitare in un mondo dove non
esistesse la
possibilità di vedere a cosa si andasse incontro. Intorno a
lei, invece, il
parere era diverso; si levavano brusii estasiati e profondamente
impressionati
dalla maestria che animava l’essere di tempera.
Girò
attorno all’opera, seguendo i cordoni
rossi che ne delimitava il perimetro, fino ad imbattersi in un
piedistallo su
cui era incisa la descrizione a cura dell’autore.
“ABISSO
DEL
PROFONDO” un mondo dove l’uomo non sarà
mai…
per
raggiungere quel
mondo, ho deciso che lo avrei ritratto nella tela.
La
scritta non contribuì ad incrementare un idea positiva
dell’immagine.
Aveva
appena finito di leggere che una coppia la spintonò per
riuscire ad
aggiudicarsi un posto di favore d’avanti al quadro,
perciò si
vide costretta a proseguire, esplorando la
parete alle sue spalle. Galleggiava, come sospeso in un nulla bianco,
un enorme
tela che ritraeva uno stilizzato bambino
azzurro alle prese con i tasti di un pianoforte disposti a raggiera,
mentre una
signora rossa lo ammoniva per qualcosa. Purtroppo quella
raffigurazione, non
l’aveva colpita come la precedente, non le trasmetteva nulla,
perciò passò
oltre. Adesso capiva come mai era stato deciso quel colore candido per
gli
interni; era stata una scelta volta a dare l’impressione che
le cornici
apparissero animate e sembrassero stare in piedi per volontà
propria.
Non si
poteva dire che Guertena non fosse un pittore prolifico, vi erano un
sacco di
quadri in quell’ala della mostra. Ib ne aveva visti almeno
una dozzina quando finalmente
vide delle istallazioni a cui diede un occhiata veloce.
Passò
davanti a molti altri quadri, che osservava sommariamente e di sfuggita
leggeva
i nomi, tra cui vi erano: UOMO
CHE TOSSISCE, GUARDIA ALTRUISTA,
SPIRITO DEL …, VETRO DEGLI…, … DELLA
SPIAGGIA; finché in un angolo della sala
non trovò una scultura di una rosa rossa alta almeno due
metri, di cui la
targhetta informativa riportava: “INCARNAZIONE
DELLO SPIRITO” bello allo sguardo, ma se vi avvicinate troppo
vi indurrà
dolore. Può sbocciare solo nei corpi salubri.
<<
Non dovresti toccarle!>> gli intimò, cercando
di moderare per quanto
possibile il tono.
<<
Sono così belli! Voglio prenderne uno, è un
peccato lasciarli lì. Non lo pensi
anche tu?>>
<<
Ti sgrideranno>> gli rispose lei per tutta risposta ed
evitando la
domanda.
<<
Sei noiosa bambina! Proprio come il signore altone di
prima!>> le
rinfacciò il bambino.
Il suo
commento l’aveva punta nel vivo. Non era più una
bambina, era un adolescente e
sebbene la natura le avesse assegnato una statura più bassa
della media
rispetto ai suoi coetanei, non per questo ci si poteva permettere di
chiamarla
bambina!
<<
Ib, dov’eri finita?! Hai visto che meraviglie? Guertena
non è
popolarissimo come artista, ma, non a caso, ci tenevo particolarmente a
partecipare alla sua mostra! Spero che anche tu arrivi ad apprezzare la
sua
arte.>> incalzò la madre non appena la
ragazzina le fu vicina. Ib decretò
che non era ancora il momento di seguire la mostra con i suoi ed
infatti il
padre le venne in soccorso, notando la sua espressione allarmata.
<< Hai già controllato il secondo
piano? Mi hanno detto che ci sono un sacco di esposizioni e non solo
quadri
lassù.>>
La figlia scosse la testa e si precipitò al
secondo piano senza voltarsi indietro. La sala era identica a quella al
pian
terreno, con una sfilata ordinata di cornici alle pareti. Ne aveva
abbastanza
dei colori sulla tela e per questo fece passare le cornici con animo
annoiato,
finché il suo sguardo non venne catturato da un soggetto
reale. In piedi
immobile d’avanti ad un quadro di un uomo appeso per i piedi,
stava un giovane
molto alto e dall’insolito abbigliamento nonché
acconciatura. I suoi folti e
mossi capelli viola caratterizzati da ciocche nere che si diramavano a
raggiera
dal centro della chioma, simili ad un ragno, di certo facevano a gara
di
eccentricità con le tempere squillanti dei dipinti. Per non
parlare dei
vestiti; il cappotto blu marino scuro e lungo dall’orlo
slabbrato, era abbinato
a dei pantaloni di taglio classico sul beige e scarpe eleganti marrone
scuro.
Come tutte le persone anche Ib non poté fare a meno di
fissare quel bizzarro
essere umano, probabilmente uscito più da una discendenza
cartacea che dalla pura
genetica. Ciò le diede la sensazione che vi fosse qualcosa
di particolare in
quel ragazzo dall’aspetto alternativo, che di sicuro aveva
capito come fare del
suo vestiario un arte che potesse competere con quella esposta. La
ragazzina rimase
lì ad ammirarlo a lungo ispezionando la sua figura,
l’unica dalla quale fosse
incuriosita, e si rammaricava del fatto di non potergli scorgere il
volto per
decifrare il carattere e dare un tratto definito del soggetto. Si
risolse
allora per un lento avvicinamento, fingendo di ammirare un quadro alla
destra
di lui, per poi sporgersi in avanti a completare la sua analisi. Si era
appena
mossa che lui, forse avendo la sensazione di essere osservato, si
voltò di
scatto. Ib colta sul fatto ed in preda all’imbarazzo, si
girò meccanicamente e
raggiunse un’altra istallazione, dando le spalle al ragazzo
che tornò alla
contemplazione del quadro.
“ C’è mancato poco che mi
scoprisse!” pensò
trafelata mentre i battiti del suo cuore riprendevano un andamento
normale. Aveva
appena ripreso l’autocontrollo che si accorse di qualcuno che
le stava
parlando.
<< “Morte dell’individuo”
un nome
affascinante, per un opera simile. Secondo me quello che Guertena dice
qui è
che l’individuo sia nell’espressione di uno. Ecco
perché queste figure non
hanno le teste, vedi? Non è forse
così?>>
Fu colta di sorpresa. Di che cosa stava
palando?
Era appena arrivata e non aveva la minima
idea di cosa rispondergli, voleva ignorarlo per non fare una
figuraccia, ma le
sembrò estremamente scortese. Allora sollevò lo
sguardo, fissandolo sulle tre
statue davanti a sé. Si trattava di tre manichini femminili
neri come la pece,
con indosso lo stesso modello d’abito ma di
tonalità diverse: blu, rosso e
giallo, e scarpe con il tacco. La nota distorta del tutto era che i
manichini
non avessero le teste e terminassero con un abbozzo di collo come un
piedistallo senza trofeo. Le fecero una certa impressione.
<< Penso solo che facciano
paura>> disse all’ uomo che
l’affiancava ed aspettava ancora una risposta.
<< ah, beh … infatti. Ma pensa che
più che perdere le loro teste hanno perso la loro
personalità…>> riprese
il suo monologo. Ib aveva scaricato i suoi genitori per evitare questo,
perciò
era decisa a non permettere ad altri di pendere il loro posto.
Così approfittò
di un momento di distrazione della sua guida e, senza più il
senso di colpa,
aggirò le sculture rifugiandosi dietro ad un’altra
a forma di divano bianco
trapassato da tubi rossi, come arterie. Purtroppo le stranezze non
erano certo
finite. Qui vi trovò una donna in celeste e sulla trentina
che parlava tra sé e
sé.
<< Che strano divano… non
c’è niente
di strano, certo…vorrei sedermici, ma credo di non potere
…>> concluse
con una risatina, alludendo forse alla titolo dell’opera
“ POSTO RISERVATO”.
La ragazza non vi trovò nulla da ridere e
prima che anche lei cercasse di attaccare bottone, si
dileguò verso una nuova
sezione della sala, evitando accuratamente di tornare indietro.
“ Ma che razza di gente viene alle mostre?
Sono tutti così strani!” Si trovò a
pensare, ma riflettendoci, secondo il suo
ragionamento, anche lei lo era altrettanto. Le venne da ridere,
perché
effettivamente, così abbigliata non poteva che ricadere
nella categoria appena
descritta. Chi poteva dirlo, magari anche lei un giorno sarebbe
diventata il
soggetto di un quadro!
Riprendendosi dalle sue fantasticherie si
guardò intorno. Oltre a lei in quella parte non vi era
nessuno e tutto era così
tranquillo, con solo la musichetta stridente del violino che
l’aveva
accompagnata per tutto il tragitto fino a lì. La cosa che la
colpì maggiormente
fu l’enorme tela che ricopriva la parete. Raffigurava un
ampia veduta di un posto
dai contorni indefiniti e contorti, riusciva a distinguere un quadro di
una
donna in rosso e delle teste di manichino. I tratti poi erano rabbiosi
ed
imprecisi, come disegnati da un bambino, e le tonalità su
sfondo bianco erano
molto cupe. Raggiunse la targhetta con il nome dell’opera
“MONDO DISTORTO” in
ottone. Ritornò a scrutare il quadro ed ebbe una stranissima
sensazione, come
se una forza oscura o un invisibile attrazione gravitazionale la
attirasse
verso il quadro. In contemporanea ad un’improvvisa vertigine,
che la costrinse ad
appoggiarsi alla
didascalia, le luci si spensero lasciandola al buio, con solo i faretti
d’emergenza, azionatisi quasi immediatamente, ad illuminare
il posto. La musica
non si riversava più dagli
altoparlanti, ormai degradati a diventare bocche mute.