Piove.
Non posso lamentarmi, sono in Scozia che altro potevo aspettarmi se non
nuvole,
cielo grigio e fastidiosa pioggerella?
Faccio un lungo respiro cercando di ritrovare il coraggio che mi
accompagnava
quando ho deciso di lasciare Cardiff e che ho perso non appena
l’aereo è
decollato ma ci vorrà qualcosa in più per
ritrovarlo. Con le mie due valige
pesanti oltrepasso le porte automatiche dell’aeroporto
diretta al taxi che
attende vicino al marciapiedi.
“Dove
la porto Signorina?” domanda il taxista che ha
l’aria di uno che ha dormito veramente poco la notte
precedente, e già per
questo mi sta simpatico perché anch’io non ho
chiuso occhio.
“Mi
porti alla prima stazione di pullman”
Riguardo
il programma di viaggio che Sheena mi ha
preparato, devo arrivare a Inverness.
Sarebbe stato più pratico prendere un treno ma, parole sue
“Il viaggio in
pullman sarà molto più lungo e ti darà
più tempo per riflettere e farti tornare
indietro”.
Mia sorella non era per niente d’accordo sulla mia decisione
di partire e
lasciarmi tutto alle spalle ma l’unica cosa di cui avevo
bisogno ora come ora è
un nuovo inizio e come si può ricominciare una nuova vita in
un posto dove
tutti ti trattano come un pezzo di cristallo che potrebbe rompersi da
un
momento all’altro, dove tutti ti guardano vedendo solamente
la ragazza che dopo
anni di lotta è stata salvata da un cuore nuovo. Non voglio
più essere ne
trattata ne guardata così.
Sono rinata.
Sono
viva.
E
voglio vivere questa nuova vita che mi è stata
regalata con tutte le mie forze, senza che nessuno mi ricordi tutto
quello che
ho passato prima di nascere di nuovo.
Scrivo un messaggio a mamma –Arrivata
ad Edimburgo, sono in taxi diretta alla stazione dei pullman.Baci-
Non
passa nemmeno un minuto che il trillo annuncia
un messaggio in entrata.
-Come
state?-
Da
dopo il trapianto mamma ha cominciato a rivolgersi a me parlando al
plurale,
quasi come se mi fossi sdoppiata. E’ stata in ansia per
così tanti anni che
questo nuovo cuore è prezioso come lo sarebbe un altro
figlio.
-Stiamo
bene. Gabriel corre
a 80 al minuto-
Gabriel
è il mio cuore. Si proprio così, il mio
cuore, perché se mamma ha cominciato a parlarmi al plurale,
io ho dato un nome
al mio cuore e per inciso, il nome me lo ha suggerito mia sorella.
Gabriel,
come l’arcangelo che ha dato il lieto
annuncio, perché quando ormai avevamo perso la speranza e
avevo rinunciato a
lottare è arrivato il lieto annuncio dall’ospedale
e un cuore sano e forte
tutto per me.
E’
stato qualche tempo dopo l’operazione, una sera mentre
eravamo in camera prima di dormire Sheena si è avvicinata,
si è stesa accanto a
me e mi ha posato la testa sul petto.
“Adoro questo suono Ebrel” mi ha detto sorridendo.
“Ho
preso lo stetoscopio che il Dottor Blunt mi ha
regalato quando sono stata dimessa dall’ospedale e mi sono
messa ad ascoltarlo
anch’io.
“E’
un bel suono vero?”
Annuisce
“Batte
forte…deciso…sicuro…è un
guerriero”
“Un
guerriero” ripeto. E poi mi viene l’idea.
“E se
gli dessimo un nome a questo guerriero?”
“Un
nome?”
“Perché
no”
E
dopo varie proposte abbiamo scelto Gabriel.
Il
taxi si ferma.
“Eccoci arrivati Signorina”
“Ok Ebrel ci siamo” mi dico sottovoce, arrivata qui ho ancora la possibilità di riprendere un taxi, tornare in aeroporto ed essere a Cardiff entro sera.
Mi poso la mano sul cuore “Diamoci questa possibilità Gabriel” sussurro.
E salgo sul pullman.