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Autore: Lyris    03/07/2015    2 recensioni
Wanda è una bambina di undici anni, capricciosa e viziata, di Capitol City. I suoi unici interessi sono gli Hunger Games e diventare stilista. Insieme ad Ardesia, la sua migliore amica, passa le giornate a guardare il reality show ed a giocare. Non ha preoccupazioni, né paure. La sua vita è quasi perfetta.
Il suo mondo si rovescia quando inizia la rivolta dei distretti.
Genere: Introspettivo, Slice of life, Triste | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Altri, Nuovo personaggio
Note: Missing Moments | Avvertimenti: nessuno
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CAPRICCIOSA

 

 

Alzo lo sguardo dal libro che sto leggendo e vedo Mila che mi sta osservando. Le sue iridi gialle sono fisse su di me, ma non noto alcun interesse nei miei confronti nel suo sguardo. Riserba per me la stessa attenzione che dedicherebbe a qualsiasi cosa che non sia cibo, ovvero nullo. Ad un tratto sbadiglia, spalancando le fauci, il suo alito puzza di pappa per gatti e pesce. Che schifo. Mi chiedo perché i miei genitori abbiano dovuto comprare quel gatto, al mio compleanno. Lo sanno che odio i gatti. Soprattutto quelli pigri e assonnati. Ma, come al solito, non capiscono nulla.

Mi sistemo meglio sulla mia poltrona preferita. L'ho sempre adorata, fin da piccolissima, è infatti più comoda delle altre e la federa è del colore che amo di più di tutti: il giallo. Ritorno a concentrarmi sul libro ma non ci riesco: lo dobbiamo leggere per scuola e proprio non mi piace, è noioso e non parla d'altro che di strani tizi che si scambiano lettere inutili e senza senso. Per l'ennesima volta mi domando che senso abbia studiare: io da grande voglio fare la stilista, perché dovrei sapere cosa si scrivevano un visconte e altra inutile gente nell'Ottocento? Stanca, chiudo il libro e lo ripongo sul tavolino di vetro davanti alla poltrona e mi guardo intorno annoiata. Il soggiorno della casa è stato ammobiliato da un designer d'interni piuttosto famoso, mi è parso di capire. E, in effetti, è decisamente di buon gusto rispetto ad altri che ho visto nelle case degli amici di papà o miei. Per esempio il soggiorno della casa di Ardesia, la mia migliore amica, ha dei mobili che stonano l'uno con l'altro. Anche per questo da grande voglio diventare stilista: non ne posso più di queste orrori. Il loro stile uccide e il buon gusto muore.

Mi alzo, non ne posso più di stare chiusa qua dentro, a casa. Mi dirigo verso il teleschermo. Tutti ne hanno almeno uno a casa. Ha moltissime funzionalità, tra cui quella di chiamare. Averne molti a casa è indice di ricchezza, difatti qui ce ne sono ben dodici. A scuola, quando si deve capire il “reddito” (questa parola importante me l'ha insegnata papà) della famiglia di un certo studente gli si chiede il numero di teleschermi. Il vicino di banco di Ardesia, lei mi ha detto, ne ha solo tre. Probabilmente i genitori sono stupidi e non hanno fatto abbastanza per trovarsi un lavoro decente. Che sfigati. Loro figlio non potrebbe nemmeno permettersi la scuola in cui va. Secondo quanto dice Ardesia, anche lui è stupido. Che sfigato anche lui. Accendo il teleschermo e si apre la finestra delle opzioni. Tocco quella che reca il nome di “telefono” e poi digito il numero di Ardesia. Non ho bisogno di vedere la rubrica digitale, l'ho imparato a memoria. Clicco sull'opzione “video-chiamata” e un'altra finestra nera si apre. Dopo poco Ardesia risponde e la sua faccia riempie il teleschermo.

“Ciao Wanda!” mi saluta, sorridendo. Non sorrido di rimando e lei capisce. Mi chiede se mi stia annoiando. Come se non fosse evidente, penso, ma non lo dico ad alta voce. Annuisco. Lei sorride ancora.

“Vengo lì tra venti minuti, se vuoi” propone “ci vediamo insieme la replica della sfilata dei tributi. Selenia me l'ha registrata”. Selenia è la governante di Ardesia. É molto simpatica e disponibile. Tutte le volte che vado a casa di Ardesia lei prepara sempre la torta alle noci glassata perché sa che è il mio dolce preferito. Io non ho più una governante perché papà l'ha licenziata. O almeno così mi ha detto lui. L'ultima volta che ho visto Delia è stata una settimana fa. Era sera, così mi ha portato in camera mia, mi ha infilata a letto e mi ha rimboccato le coperte. Lo faceva ogni sera, da quando sono nata. Papà l'aveva assunta quando mamma mi ha messa al mondo e da allora mi ha sempre trattato come fossi stata sua figlia. Papà ha detto che dopo undici anni di servizio, Delia stava diventando troppo attaccata a me e che mi stava influenzando negativamente. E che poi, tanto, una persona quando compie undici anni è abbastanza grande da poter badare a sé stessa. L'ultima volta che ho visto Delia è stata quando mi ha rimboccato le coperte e mi ha dato un bacio sulla fronte, come faceva ogni sera da undici anni. Mi ha detto “Buonanotte” mi ha sorriso e poi... poi non ricordo. Ha detto qualcosa che non ricordo.

“Allora, che ne dici?” chiede Ardesia. Mi riscuoto dai miei pensieri.

“Si, vieni. Mi sto annoiando a morte”.

 

 

Quando arriva sera Selenia passa a prendere Ardesia per riportarla a casa. Abbiamo passato un bel pomeriggio insieme, ci siamo divertite. Abbiamo rivisto la sfilata dei tributi e abbiamo entrambe esultato quando i due tributi del dodici sono stati inquadrati dalle telecamere. Erano bellissimi. Sembravano dei scesi in terra. Quando abbiamo finito di vedere la sfilata, abbiamo fatto un po' di zapping in tv e ci siamo soffermate sul canale dove trasmettono gli Hunger Games ventiquattr'ore su ventiquattro. Non lo sto seguendo molto in questi due giorni perché adesso c'è la parte noiosa, quella dove ormai i tributi si sono sparpagliati nell'arena. Ovviamente non mi sono persa per nulla al mondo l'inizio dei giochi. Poi, per il resto della giornata, ci siamo divertite a farci la treccia come quella di Katniss Everdeen. Una volta che Ardesia se n'è andata, mi dirigo in camera mia, passando per il soggiorno dove raccatto quel maledetto libro di scuola. Mi chiudo dentro la mia stanza, Mi butto sul letto, fisso sottecchi il libro e poi mi decido ad aprirlo. Che pizza. Non vedo l'ora che torni papà, così mi potrà raccontare un po' del suo fantastico lavoro e commentare quello che ha fatto oggi. Papà fa lo stratega, quindi la mattina esce di casa presto e torna tardi. Non è uno sfaticato e sfigato come il papà del compagno di banco di Ardesia. Anche il papà di Ardesia fa lo stratega. Sono colleghi e amici, quindi è per questo che le nostre famiglie si sono conosciute. Papà fa molto bene il suo lavoro e lo adora. Non capisco come mai ancora non l'abbiano nominato capo stratega. D'un tratto, sento la porta principale aprirsi. Il libro viene buttato sul letto, mentre mi precipito all'ingresso per vedere chi è. Non appena arrivo all'ingresso, riconosco la figura di mio padre.

“Ciao papà” lo saluto “com'è andata a lavoro?”

“Bene, Wanda, ma ora non è il momento” mi dice frettoloso, mentre appende il cappotto all'attaccapanni. Poi, solleva uno dei lembi della giacca da completo che indossa per lavoro e tira fuori un dischetto. Deve essere uno di quelli che usa per lavoro. Si dirige verso lo studio e passando mi posa un leggero bacio sulla testa.

“Buonanotte Wanda, vai a dormire che è tardi” dice. Un po' delusa, me ne torno in camera mia. Chiudo la porta e mi getto a peso morto sul letto, cadendo proprio su una cosa dura. Tasto sotto di me, trovo il libro, lo prendo e lo poso sul comodino, sbuffando. Quasi quasi, sento la voce di Delia che mi ordina scherzosamente di mettermi il pigiama. Ma ora ho undici anni, mi dico. E me lo ripeto, sperando che scompaia quell'ansia che, nonostante sia leggera, è fastidiosa perché non mi lascia in pace. Stanotte, nessuno mi rimboccherà le coperte.

 

 

La mattina dopo, i raggi del Sole filtrano attraverso i vetri opachi della finestra. Mi svegliano, insieme al suono delle cicale e degli uccellini che proviene dai piccoli altoparlanti installati attorno alla finestra, che ora è impostata sul paesaggio campagna. Per rendere tutto più realistico, infatti, l'architetto ci aveva consigliato di munirla di effetti sonori. Papà all'inizio non voleva, gli sembrava una stupidaggine, ma poi ho insistito e ha cambiato idea: ha fatto aggiungere quei piccoli altoparlanti solo nella mia stanza. In questo modo... è un po' sciocco da dire, ma in questo modo non mi sento mai sola.

Fortunatamente oggi non devo andare a scuola, è sabato. Apro del tutto gli occhi e resto ancora un po' nel letto. Sul comodino c'è la colazione pronta che la cameriera deve aver portato stamattina presto. Prendo un sorso del succo e poi accendo il teleschermo, impostandolo sul canale degli Hunger Games. Mentre finisco la mia colazione, seguo distrattamente le avventure dei vari tributi, ma in particolare di Katniss. Poi, la cosa attira la mia attenzione quando uno dei tributi inizia ad architettare un piano. Non capisco molto quello che dice, ma sembra essere una cosa pazzesca. Chissà come finirà. Li vedo accordarsi e rivedere tutto con la massima cura. Spero funzioni il loro piano perché vorrei veder vincere Katniss e Peeta ancora una volta. Degli altri non mi importa ancora poi molto.

 

 

Il mio pomeriggio trascorre con molta lentezza, mentre gioco al videogame che papà mi ha comprato. Purtroppo, inizia già a dare problemi (si avvia con incredibile lentezza), quindi immagino di doverglielo dire. Che pizza. Decido di chiamare Ardesia, che un'ora dopo viene a trovarmi. Insieme, ci mettiamo a guardare il nostro programma preferito. Le immagini scorrono velocemente sullo schermo. Ogni fotogramma mi lascia senza respiro, cercando di non perdermi nulla i quel reality show che attira da generazioni gli adulti e bambini di Capitol City. Ad ogni azione emetto un sospiro credendo nell'illusione della vittoria dei miei favoriti. Voglio che vincano loro, Katniss e Peeta, perché si amano moltissimo e si vede. Non come i miei genitori. Loro si sono separati o meglio, “divorziati” come dice papà. Stringo la mano di Ardesia sperando che il geniale piano di Rotella funzioni. Il fulmine dovrebbe colpire tra pochissimi secondi. Sento che la tensione di Ardesia salire, così come la mia. Poi, un attimo. Il piano è fallito. Johanna colpisce Katniss sul capo e le toglie il microchip dal braccio. I favoriti le attaccano ma Johanna riesce a difendersi. Katniss si trascina. Le telecamere la riprendono mentre chiama disperatamente Peeta. Allora si accorge del pugnale che tiene nella mano Rotella. Lo prende. Lo guarda. E capisce.

L'ultima cosa che il mio occhio cattura è il coltello che dalla mano di Katniss infrange la barriera protettiva dell'arena. Poi, lo schermo diventa nero e gli Hunger Games vengono sospesi.

Ardesia mi guarda impaurita. Sembra aver capito qualcosa che non ho afferrato. Così chiama Selenia e si fa venire a prendere. Continuo a non capire anche quando vedo la sua governante, preoccupatissima, abbracciarla non appena la vede e portarla al sicuro in macchina. Continuo a non capire quando papà torna a casa, più tardi del solito e più agitato del solito. Continuo a non capire quando in tv iniziano ad apparire strani messaggi. Continuo a non capire quando mamma, inspiegabilmente, dopo mesi di silenzio mi chiama per sapere come sto. Continuo a non capire, a non capire, a non capire! E continuo a non ricordarmi le ultime parole di Delia prima di andarsene! La mia mente è così confusa che...

Finalmente, un giorno, papà mi prende da parte e mi parla, dopo giorni che mi ignorava. Sono poche parole che rovesciano il mio mondo.

“La rivolta dei distretti è iniziata”

 

 

I giorni seguenti alla sospensione degli Hunger Games sono stati disastrosi. Tutti i fatti sono accaduti così velocemente che la mia mente non ha avuto il tempo di elaborarli. Piano piano alla TV i ribelli hanno mandato corti e filmati. Ho avuto terrore che venissero qui e ci uccidessero tutti. E i miei incubi si sono avverati. Nonostante il numero dei morti continui a salire, il presidente Snow insiste, tramite i telegiornali, a tranquillizzare la gente, la folla. Eppure il presentimento che i ribelli arrivino fino al centro di Capitol City non mi abbandona. Piango quando papà mi chiama per dirmi che dobbiamo scappare di casa. Perché adesso capisco. Capisco che i ribelli sono arrivati qui per ucciderci. Non riesco a percepire nient'altro che la mano di mio padre che prende il mio braccio e mi trascina verso il portone, per uscire. Per andarcene. Sono consapevole che non tornerò più in questa casa. Mi asciugo le lacrime salate con rabbia. Prendo il respiro. Chiudo gli occhi. E faccio un passo verso il mondo che si sta distruggendo. Vi è un silenzio innaturale, attorno a me e nella mia testa, in questo momento.

“Fai la brava” mi aveva detto Delia. Adesso ricordo.

Un istante prima di varcare la soglia, riesco a prendere il mio cappotto preferito.

Quello giallo limone.

 

 

 

 

Note di Lyris

Innanzitutto, spero che la storia ti sia piaciuta e non ti abbia annoiato. Volevo proporre un punto di vista diverso, di una persona di Capitol City e così ho creato Wanda, una bambina di undici anni capricciosa e viziata. Spero, quindi, di aver trasmesso tutte le sfumature del personaggio e di non averne creato uno piatto che non sembrasse umano.

L'ultima frase si ricollega al terzo libro della saga, in cui, se non ricordo male, mentre infuria la battaglia, Katniss scorge una bambina con un cappotto giallo. Ecco. Quella bambina per me era Wanda e ho deciso di raccontarvi la storia.

Grazie a te di averla letta.

  
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