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Autore: Lily Liddell    03/07/2015    4 recensioni
Diversi anni dopo la guerra, Haymitch ed Effie hanno messo su famiglia. Un figlio cacciatore e una principessa un po' viziata.
Quando entrano in gioco i deliziosi biscotti di Peeta, è difficile resistere e non cominciare a fare i capricci.
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Sophia e Pan sono due OC che ho creato parecchio tempo fa e fanno parte di molte altre mie storie Hayffie, non è necessario inserire il loro BG qui, in quanto la storia si racconta da sola.
Genere: Commedia, Slice of life | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Effie Trinket, Haymitch Abernathy, Nuovo personaggio
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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I biscotti di Peeta.

I momenti di calma erano veramente pochi – soprattutto quando si trattava di stare a tavola tutti insieme.
C’era sempre qualcosa o qualcuno che faceva vacillare l’equilibrio precario dell’armonia che era riuscita a stabilirsi in casa Trinket-Abernathy.
Effie cucinava – non era bravissima, ma Haymitch non glielo faceva mai notare.
Lui raggiungeva la tavola con i bambini, brontolando e lamentandosi per quanto tempo lei ci avesse messo, perché ammettere che in realtà si divertiva a condividere dei momenti con i sue due figli era veramente troppo.
Pan era il primo a sedersi, agguantava forchetta e coltello e continuava a tamburellare con i manici sulla superfice di mogano finché Effie non gli diceva di smettere – e allora cominciava Sophia, che pur di imitare suo fratello maggiore avrebbe fatto di tutto.
Haymitch non faceva nulla per fermarli ed Effie finiva sempre per sbuffare e borbottare fra sé e sé durante tutta la durata del pasto.
Le colazioni in genere andavano meglio – con la piccola Sophia entusiasta di dover andare a scuola e Pan impaziente di andare a rivedere i suoi amici.
Haymitch continuava ad allungare il suo Irish Coffee ed Effie continuava a fare finta di non accorgersene.
All’alba Peeta arrivava con il pane ed i biscotti appena sfornati, per la gioia di Sophia.
La bambina – bionda come la madre e con gli occhi grigi del padre – era follemente innamorata del ragazzo del pane, fin dal momento della sua nascita.
Haymitch non aveva mai nascosto quanto la cosa gli desse fastidio, geloso della sua bambina com’era.
Nei weekend Katniss passava la mattina presto a prendere Pan per andare a cacciare nei boschi; ufficialmente andavano a fare spese al mercato, perché Effie detestava che suo figlio – appena dodicenne – andasse ad arrampicarsi sugli alberi con arco e frecce… ufficiosamente Effie sapeva perfettamente cosa succedeva una volta che la porta si chiudeva alle spalle di Pan e Katniss e faceva buon viso a cattivo gioco.
Aveva provato e riprovato a dissuadere il figlio – e la donna – ma se proprio dovevano farlo di nascosto, allora avrebbe sfruttato il senso di colpa del ragazzino.
Purtroppo, lui però aveva ereditato la strafottenza dal padre e la vicinanza con Katniss non aiutava.
Era un sabato mattina e i due cacciatori si erano già lasciati alle spalle il Villaggio dei Vincitori da parecchio. Haymitch stava ancora dormendo, con Pumpkin – il gatto di Effie – che dormiva beato sul lato della sua padrona, per niente disturbato dal costante russare dell’uomo.
Effie e Sophia erano in cucina – la bambina era seduta a tavola, la donna stava trafficando ai fornelli.
Fuori la finestra splendeva il sole freddo dei primi di aprile. La neve si era sciolta da qualche settimana e presto la temperatura sarebbe diventata ottimale, per il gusto della ormai ex-capitolina. Effie Trinket detestava il freddo e l’inverno al Distretto 12 non era mai clemente.
In lontananza, le oche di Haymitch starnazzavano come forsennate, probabilmente affamate e in attesa che il loro padrone andasse a nutrirle.
Illuse, pensava Effie – Haymitch non si alzava mai prima di mezzogiorno nei weekend e mancava ancora parecchio.
Nei giorni di festa anche Peeta se la prendeva con comodo e prima di portare gli attesi pane e biscotti, aspettava che qualcuno gli desse il cambio al primo turno in panetteria.
Quel giorno era particolarmente in ritardo, erano ormai quasi le undici quando finalmente il ragazzo si presentò alla porta di Effie.
Sophia scattò in piedi non appena sentì il campanello, correndo sulle sue gambette corte e andando ad aprire con un gigantesco sorriso sulle labbra rosee.
Dopo aver riposto il pane ancora caldo sul ripiano apposito, Effie si voltò per ritrovare Sophia con metà braccio infilato nella busta dei biscotti.
Non appena gli occhi grigi della figlia s’incontrarono con quelli azzurri della madre, sul viso della bambina si dipinse un’espressione colpevole. Sapeva perfettamente che era troppo tardi per mangiare biscotti, nel giro di un’ora si sarebbero messi tutti a tavola.
« No » la voce di Effie era calma e ferma; solo un vaghissimo ricordo di quello che una volta era un fortissimo accento capitolino poteva essere percepito.
Sophia Abernathy non aveva ereditato solo gli occhi dal padre – così come Pan, anche lei non aveva il carattere più facile con cui trattare.
La bambina non mosse il braccio, e nonostante la consapevolezza di star disubbidendo alla madre, rimase ferma a fissarla, con aria di sfida.
« Sophia, ho detto di no. Non essere maleducata e metti a posto quei biscotti ».
Con una precisione quasi impressionante, la bambina imitò alla perfezione l’espressione che la stessa Effie assumeva quando s’impuntava su qualcosa.
« No! » ribatté secca, estraendo la mano con un grosso biscotto al cioccolato stretto fra le piccole dita.
L’odore del cacao invase la cucina, perfino lo stomaco di Effie non riuscì a trattenere un borbottio – era quasi ora di pranzo, dopo tutto. Ma era una questione di principio, adesso, e di educazione.
« Sophia Portia Abernathy, » cominciò Effie – e la bambina sapeva che quando una frase cominciava in questo modo, non finiva mai bene, « metti immediatamente giù quel biscotto, non ti azzardare a mangiarlo ».
Le guanciotte paffute di Sophia si tinsero di rosso, mentre una luce birbante animava il suo sguardo; lentamente, senza staccare gli occhi dalla madre, portò il biscotto alla bocca e affondò i suoi dentini da latte nella pasta, facendo crollare briciole di cacao ovunque.
Portandosi le mani sui fianchi, Effie Trinket le lanciò lo sguardo di rimprovero peggiore che riuscisse ad ottenere, e marciando verso la bambina non poté fare a meno di notare lo sguardo vittorioso in quegli enormi occhi grigi.
Tutta suo padre, pensò, mentre Sophia sgusciava via, facendo a zig-zag fra le gambe della madre, rifugiandosi dietro una sedia, serrando le braccia attorno alla busta di biscotti.
« Ferma! » le strillò Effie, perdendo la calma, e di tutta risposta, ricevette una risata in faccia.
Ormai non era più giovanissima, e inseguire una bambina di quattro anni per tutta la cucina non era cosa facile – soprattutto quando la bambina in questione aveva l’agilità di un’anguilla. « Torna subito qui! » le intimò in tono minaccioso, il suo accento capitolino tornò forte e chiaro, come ogni volta che s’innervosiva.
La piccola peste s’infilò sotto il tavolo, rovesciando una manciata di biscotti, mentre Effie tentava di agguantarla per un braccio. « No! » strillo lei, con un tono capriccioso e viziato – ci provava, ci provava sul serio ad insegnarle le buone maniere, ma poi arrivava Haymitch e distruggeva tutto il lavoro fatto precedentemente.
« No, mamma, no! Sono i miei biscotti! »
Effie sbuffò, abbandonando l’idea di chinarsi per raggiungerla sotto il tavolo – chi l’avrebbe fatta rialzare, poi? « Non sono affatto i tuoi biscotti » le rispose, tentando di riprendere il controllo, ma quell’accento marcato non ingannava proprio nessuno, meno che mai sua figlia, astuta come solo la figlia di Haymitch Abernathy poteva essere.
« Lo zio Peeta ha portato i biscotti, io ho aperto la porta, Pan non c’è e papà dorme e tu dici sempre che poi diventi grassa… quindi sono i miei biscotti » e per provare ancora di più il suo punto, ne infilò in bocca un altro.
Effie stava proprio per perdere la pazienza un’altra volta, ma prima che potesse dire o fare nulla, una voce dalla porta fece sobbalzare tutte e due: « Si può sapere che diavolo sta succedendo? » Haymitch – ancora nei pantaloni in cui aveva dormito – era appena apparso, mezzo addormentato e con una smorfia infastidita dipinta sul volto. « Che cos’è tutto questo chiasso? »
Impettendosi, Effie sollevò il mento in aria e socchiuse gli occhi fin quasi a farli diventare una fessura. « Tua figlia, » e già Haymitch sapeva che quando era sua figlia, aveva sempre combinato qualcosa, « ha disubbidito di nuovo, e ha riempito il pavimento della cucina di briciole! »
Tutto questo baccano per una scemenza del genere, era l’unica cosa a cui Haymitch riusciva a pensare. « Andiamo, dolcezza sono solo- » stava per continuare, ma lo sguardo assassino di Effie lo fermò e lui fece cadere gli occhi sulla bambina ancora sotto il tavolo.
Aveva tutta la bocca sporca di cioccolato e le dita appiccicose; era abbracciata ad una busta di biscotti e tutt’attorno a loro era pieno di briciole scure.
Magari per pulire avrebbe potuto liberare le oche in cucina, così non avrebbe nemmeno dovuto nutrirle – dubitava che Effie avrebbe approvato, però.
« Forza Principessina, esci da lì sotto e chiedi scusa a tua madre » lo disse con un tono stanco, quasi annoiato. La bambina era viziata, Effie l’aveva viziata – di certo non lui – e adesso era troppo tardi per rimediare, ma preferiva di gran lunga questo piuttosto che un’altra interminabile discussione con sua moglie.
Sophia, sentendosi infinitamente tradita dal padre, chinò lo sguardo e uscì da sotto il tavolo, consegnando la busta di biscotti ad Haymitch e fissandosi sconfitta la punta dei piedi. « Scusa, mamma » disse con un filo di voce.
Effie, finalmente soddisfatta, esalò un sospiro di sollievo e rilassò le spalle. « Sei perdonata » le disse, con un piccolo sorriso. « Però sei in punizione. Va in camera tua finché non sarà pronto il pranzo, e non comportarti più in questo modo » il tono era severo, ma il sorriso che si allargava sempre di più contrastava con quello che diceva. Si voltò di spalle, facendo finta di essere indaffarata con delle pentole, per evitare che la bambina se ne accorgesse.
Una volta da soli, Haymitch prese un biscotto e lo ingoiò quasi senza masticarlo. « Però sono buoni » ammise, guadagnandosi un altro sguardo torvo da parte di Effie.
Con un ghigno, si avvicinò a lei e le passò un braccio attorno alla vita, portandola a sé e poggiandole un bacio alla base del collo. « Hai vinto tu dolcezza, adesso puoi anche rilassarti » tentò con un tono inequivocabile.
Effie lo detestava quando faceva così; si voltò nelle sue braccia, passandogli fra le mani uno straccio e una paletta. « Tua figlia ha sporcato tutta la cucina, ti conviene che splenda prima che torni per cucinare, altrimenti saranno due le persone in punizione, e lo sai in cosa consiste la tua… »
Adesso aveva vinto. Lo sguardo atterrito di suo marito era una vittoria che si sarebbe ricordata a lungo; non sarà stata più giovanissima ma agli occhi di Haymitch sarebbe rimasta sempre la stessa, e questo significava che il suo potere su di lui sarebbe rimasto invariato ancora per molto.
Negare il sesso sarà pur stato un colpo basso, ma avrebbe sempre funzionato.
E mentre Haymitch sgobbava in cucina, meditando vendetta, Effie andò a godersi il freschetto primaverile sul portico, seduta sul loro dondolo.
In lontananza vedeva già Katniss e Pan in avvicinamento, con il loro bottino di caccia – anche se da quella distanza e senza occhiali non poteva dire con precisione di che cosa si trattasse.
Non poteva sapere che Haymitch dopo i primi dieci minuti aveva abbandonato le faccende di casa, dando la colpa alle ginocchia doloranti, e si era rifugiato in camera di sua figlia, dividendo con lei quello che rimaneva dei biscotti di Peeta.


A/N:
Salve a tutti, dopo ben quattro mesi che non scrivevo nulla in questo fandom, torno con una storiella cucciolosa.
Non sono sicura che sia un ritorno ufficiale o solo momentaneo, quello che so è che questa famiglia mi mancava da morire.
La mia vita sta cambiando e in meglio, quindi spero di poter riprendere anche le vecchie storie.
Nel frattempo, grazie per aver letto e se volete lasciate un commento!

x Lily
   
 
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