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Autore: HuGmyShadoW    17/01/2009    3 recensioni
Non era abbastanza. Non era abbastanza.
Perciò rimasi in silenzio a giocare col fuoco su quella panchina rotta, attenta che l'anziana signora vicino a me, che dava biscotti bruciati ai piccoli burattini di legno, non si accorgesse dei pezzi del mio corpo che rotolavano verso il lago rosso.
Genere: Introspettivo | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Fissavo la curva morbida del vagoncino delle montagne russe quando pensai che avrei voluto poter urlare anch'io. Desideravo così tanto poter gridare a pieni polmoni, ininterrottamente, fino a sentire l'aria grattare la gola e invadere il naso, fino a corrodermi la lingua e strapparmi la pelle del petto con le unghie, fino a non poter più respirare, fino a perdere ogni forza ed essere costretta ad accasciarmi a terra, riversa su un fianco con i capelli a coprirmi il viso tanto odiato. Forse non sarebbe nemmeno bastato. Forse sarei riuscita ancora a rialzarmi, non importava se dopo qualche secondo, qualche ora o qualche anno, ma ce l'avrei fatta. Il mio riflesso mi avrebbe raccattato amorevolmente per poi tornare ad urlarmi in faccia quanto lo raccapricciassi. Non sarei riuscita a sopportare di vedere il letto piangere ancora. Non era abbastanza.


Perciò rimasi in silenzio a consumarmi l'anima senza lasciar scorgere il sangue blu che mi colava dagli occhi e dalla bocca spalancata



Fissavo la curva morbida del vagoncino delle montagne russe quando pensai che avrei voluto volare anch'io. Desideravo così tanto poter librarmi senza peso attraverso le nuvole e gli specchi rotti, planare dolcemente accanto ai sogni infranti, prenderli tra le braccia e coccolarli con amore, lasciandomi graffiare e strappare i vestiti dalle loro mani artigliate. Desideravo così tanto scivolare lungo il sole, farmi trafiggere dai suoi raggi e permettere loro di sciogliere la cera delle mie ali e del mio sorriso fino a tornare ad essere un mucchietto di niente. Ma non sarebbe bastato. Il mare dentro il quale sarei caduta mi avrebbe risputato su una terra desolata e incantevole, non importava se dopo qualche secondo, qualche ora o qualche anno, sarei riemersa tossendo collane di perle e sale, ma sarei riemersa. Non era abbastanza. Non era abbastanza.


Perciò rimasi in silenzio a giocare col fuoco su quella panchina rotta, attenta che l'anziana signora vicino a me, che dava biscotti bruciati ai piccoli burattini di legno, non si accorgesse dei pezzi del mio corpo che rotolavano verso il lago rosso.



Fissavo la curva troppo brusca e imprevista del vagoncino delle montagne russe quando pensai che avrei voluto morire anch'io. Desideravo così tanto lanciarmi senza paura dal tavolino a tre gambe del soggiorno, aprire la bocca e atterrare fra le vecchie bambole di porcellana con cui non giocavo più; mi sarei lasciata truccare e addobbare come una di loro prima di andare a dormire con una corona di spine in testa e un coltello nel braccio. Desideravo così tanto chiudere gli occhi e saltare attraverso la siepe di rose rosse che delimitava il mio Giardino, ritrovando un'ultima volta il mio libro delle favole e dicendogli addio con un bacio per tramutarlo in semplice fumo. Desideravo così tanto uscire sotto la pioggia, alzare le braccia al cielo e nuotare fino a toccare il fondale con un dito, lì dove l'alba e il tramonto riposavano abbracciati; avrei trattenuto il fiato per osservarli avvizzire l'uno negli occhi dell'altra, poi avrei pianto prima ancora di nascere fra i loro colori, e non avrei fatto in tempo a sorridere quando mi sarei disgregata nuovamente in tante piccole stelle di cartapesta. Solo allora mi sarei tagliata la gola col buio.


Ma purtroppo il buio che mi avvolgeva non avrebbe voluto farmi del male, mi avrebbe porto un fiore e invitato a ballare se fosse stato un buio educato, per poi riempirmi la pancia di mute rassicurazioni.
Non era abbastanza. Non era abbastanza. Non. Era. Abbastanza.



Fissavo il vagoncino colorato precipitare dalla cima della giostra trascinando con lui le mie bambole, il mio libro di favole, i burattini e lo specchio quando pensai che avrei voluto ridere anch'io. E risi, risi, risi, risi fino a slogarmi la mascella. Solo quando raccolsi un cucchiaino di plastica spezzato e mi specchiai nel suo riflesso inesistente, solo allora me ne ricordai: io ero già morta.

Lo schianto del vagoncino coprì il rumore del fulmine a ciel sereno che mi colpì in pieno, proprio in mezzo alla testa. Adesso sì era abbastanza. Caddi a terra senza un lamento.




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