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Autore: Reddle    05/07/2015    0 recensioni
È per il mio bene, hanno detto i miei superiori. Eppure io mi sento solo in gabbia.[...] sono stata addestrata per essere sfuggente, non per starmene tranquilla a farmi sorvegliare giorno e notte.
Quindi, adesso basta.[...]
Prendo le forbici dall'isola della cucina e vado in bagno davanti allo specchio. Impietoso mi rimanda la mia immagine. Un viso pallido, due occhi azzurri che a tratti spuntano dalla frangia rosso fuoco[...]

Il passato che ritorna prepotente ad avvelenare la nuova realtà selezionata per lei.
Ancora una scelta da prendere, ancora una volta è compito suo.
Fidarsi del passato, combattere e accettare le macerie che inevitabilmente resteranno, o lasciare che sia qualcun altro a muovere i fili di una realtà artefatta, solo per saperlo al sicuro?
Genere: Azione, Mistero, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: Violenza
Capitoli:
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Dall'autore:
prima di lasciarvi alla lettura del capitolo ci tengo a scusarmi nuovamente per aver dovuto aspettare (davvero) luglio prima di aggiornare la storia. 
Mi sarebbe piaciuto fare una sorta di riepilogo, sono consapevole che una "pausa" di mesi non favorisca la comprensione di una storia di questo genere,
ma non ne sono capace, il dono della sintesi non l'ho mai ricevuto.
Detto questo ringrazio, uno per uno, tutti quelli che hanno letto la storia, e tutti quelli che iniziano adesso a leggerla.
Ben ritrovati.




CAPITOLO SETTE
 
Giro la chiave nella toppa senza alcun problema.
Apro la porta, non pensavo che questo posto mi sarebbe mancato.
Il mio appartamento è rimasto esattamente come l'ho lasciato. Adesso che sono di nuovo in servizio nessuno si prende più la briga di pulire al posto mio.
La tazza del caffè è ancora nel lavandino e c'è ancora la maglietta che uso come pigiama sul pavimento tra la camera da letto e la cucina.
È l'ultima maglietta di Matteo che mi è rimasta, non ricordo più quando me l'abbia prestata.
La raccolgo e mi faccio finalmente una calda e lunga doccia.
 
                                                                                         ***
 
"Ci vediamo fuori", mi da un leggero bacio sulla guancia, si alza e corre via lasciando la squadra nelle mie mani.
Ci muoviamo uniti e veloci, passiamo da un corridoio all'altro.
Stiamo raggiungendo tutti il limite troppo velocemente e questo posto è un labirinto.
La benda sul mio braccio diventa sempre più rossa.
Il taglio che c'è sotto brucia e pulsa.
Stringo i denti e ricomincio a correre, mi sento osservata.
Di colpo diventa tutto buio e qualcuno alle mie spalle urla.
Torna la luce e mi ritrovo da sola in quel lugubre corridoio.
Estraggo la pistola togliendo la sicura.
Trattengo il fiato e mi sporgo oltre l'angolo per assicurarmi che non ci sia nessuno e poi ricomincio a correre con la pistola carica stretta tra le mani. Comincia a mancarmi il fiato, mi fermo appoggiando al muro la testa e chiudo gli occhi per un secondo. Quando li riapro, vedo il muro di fronte a me venirmi incontro.
La paura si fa strada nelle mie vene. Mi volto e riprendo la mia folle corsa. Il fiato mi si spezza in gola e i corridoi diventano sempre più scuri mentre il muro mi rincorre. Svolto sbandando alla mia destra e mi ritrovo in un vicolo cieco. Nonostante non ci sia luce ci vedo, abbastanza da vedere lo spazio attorno a me rimpicciolirsi ogni istante. Lascio cadere la pistola e inizio a piangere. Mi faccio il più piccola possibile in un angolo tirandomi le ginocchia al petto e aspetto di morire. Sento il muro premere contro la punta dei piedi. Mi alzo appiattendomi contro il muro, ma in pochi secondi le pareti schiacciano il mio torace in una morsa costringendomi a far uscire tutta l'aria contenuta nei miei polmoni. Sento le ossa che scricchiolano.
Vorrei urlare ma non ho fiato.
 
E poi il buio.
                                                                                               ***
 
Mi sveglio urlando.
La sveglia segna le sei e tre minuti. Mi alzo perché tanto non riuscirei più a dormire, non dopo quell'incubo. M’infilo i pantaloni della tuta e accendo la macchina del caffè.
La spia rossa della segreteria lampeggia.
È il capo, è l'unico che chiama nel cuore della notte. Cancello il messaggio senza neanche ascoltarlo, riguarda senza dubbio la missione e non mi interessa sapere altro.
Bussano alla porta.
Da quando mi hanno sistemata in questo palazzo, l'unico inquilino sono io.
Apro il primo cassetto dell'isola al centro della cucina.
Da sotto il falso fondo estraggo la mia Glock personale.
Non mi scomodo a controllare il caricatore, questa pistola è sempre carica.
Stringo entrambe le mani intorno all'impugnatura di metallo.
Mi muovo rapida e silenziosa fino alla porta.
Appoggio la mano destra sulla maniglia, stringo e giro.
Il mio braccio sinistro si alza mentre spingo leggermente la porta con la spalla opposta.
 
 
 “Ti ho sentito urlare”
“Un incubo” annuisco.
“Ti va di parlarne?”
No. Non voglio rivivere di nuovo quel momento.
“Ti va un caffè prima? Ho appena acceso la macchina”.
Marcus mi segue chiudendosi la porta alle spalle. Prendo due tazze pulite dalla credenza mentre lui occupa uno degli sgabelli di legno.
“Non so se hai sentito il messaggio del capo, ma la collana è stata consegnata e a quanto pare la pietra principale era stata sostituita con un falso che conteneva un microchip che”
“Non mi interessa” lo interrompo sedendomi di fronte a lui.
Smette di parlare all’istante, sente il mio nervosismo e aspetta, per una volta qualcuno aspetta che sia io la prima a parlare.
Gioco con la tazza ancora vuota che ho tra le mani, prendo tempo, cerco di dare un ordine a quello che ho in testa.
“Sai, prima pensavo che mi avresti sparato davvero” dice abbozzando un sorriso, cercando di alleggerire l’atmosfera tetra del mio appartamento.
“Non lo avrei mai fatto” e mio malgrado sorrido anch’io.
Mentre il mio sorriso si spegne, abbasso lo sguardo sulla tazza.
Respiro.
“Non è che non mi fidi, ma preferirei che nessuno venisse a sapere quello che potrei dirti”
“Non ho detto niente di quello che è successo a Dubai, non dirò niente a nessuno finché la tua incolumità non dipenderà da qualcosa che mi dirai”.
È serio e sincero. Le sue parole mi si conficcano nella pelle ricoprendo le mie braccia di pelle d’oca.
“Da quando mi hanno trovata in quel campo e riportata a casa, facevo un sogno. Tutte le volte che mi addormentavo, lo stesso identico sogno e mi svegliavo urlando”. Non è necessario che sappia come si conclude il sogno, quindi, tralascio quella parte.
“Credevo di aver superato la cosa, non ho avuto incubi per tutto la durata della missione. Ma quando siamo tornati a casa, e la tensione della fuga si è sciolta, è tornato.” Alzo gli occhi dalla tazza per cercare di interpretare i suoi pensieri, ma i suoi occhi guardano altrove, in un punto indistinto dietro di me. Come se stesse cercando di ricostruire un puzzle.
“È sempre lo stesso incubo?” mi chiede quando si accorge che lo sto fissando.
“Più o meno sì. Sono sempre io che corro, ma questa volta c’era anche qualcos’altro, qualcosa che è successo prima che io mi ritrovassi da sola”. Non riesco a proseguire, non senza dare di matto o cominciare a piangere. E mi piacerebbe smettere di scoppiare a piangere davanti a lui.
Marcus però capisce, appoggia una mano sulle mie accartocciate sul tavolo.
“Riguarda lui vero? Il pezzo in più dell’incubo riguarda Skyrunner, giusto?”
Annuisco afferrando la tazza.
Gli attimi rivissuti questa notte sono l’ultimo ricordo che ho di Matteo.
La macchina ci avvisa che il caffè e pronto, mi sfila la tazza delle mani.
La poggia a pochi centimetri da me piena di liquido fumante e poi si avvia verso l’uscita.
Lo seguo fino alla porta.
“So che non sarà il massimo, ma penso che tra un po’ saremo tutti di sotto”
“Scendo volentieri anche io, magari mi fa bene” concludo al posto suo.
Mi sorride e sparisce dietro la porta del suo appartamento dall’altra parte del pianerottolo.
 
Sono passate da un po’ le sei quando raggiungo gli altri.
Chris mi prende da parte appena varcata la soglia della stanza.
“Tutto a posto?” mi chiede scandagliando la mia faccia millimetro per millimetro.
“Tutto sottocontrollo” rispondo tranquilla, ma non sembra convinto.
“Lo sai, vero, che per te farei quasi di tutto?”
“Marcus non è stato l’unico a sentirmi urlare sta notte giusto?”
“Già”
“Va tutto bene, era solo un brutto sogno”
“Ti credo” mi scompiglia i capelli e mi lascia andare.
Senza che me ne renda conto mi viene messo in mano un controller della console e tirata in mezzo ad una gara di Mario Kart.
Dopo le prime vittorie Aomine la prende sul personale e mi sfida a duello.
Lo straccio ogni singola volta.
Sto ancora ridendo delle sue facce quando esco a prendere una boccata d’aria sul terrazzo.
 
“Che cosa è successo di così divertente?” chiede una voce alle mie spalle.
“Ho battuto Aomine a Mario Kart” rispondo voltandomi.
“Mi hai quasi fatto venire un infarto”
“Scusa” risponde uscendo dall’ombra dell’edificio Marcus.
Il silenzio diventa pesante così decido di porgli una domanda. Una domanda la cui risposta, spero, possa aiutarmi a placare una parte dei pensieri che hanno occupato la mia testa durante il resto della giornata.
Appoggio i gomiti alla ringhiera, un po’ per nasconderne il tremore, un po’ solo per sottrarmi al suo sguardo.
"Perché lo fai? Perché sei così protettivo verso di me?" chiedo tutto d’un fiato.
"Ad essere sincero non lo so neanche io, mi viene istintivo. Ti guardo e vedo te, le tue diverse sfaccettature. Ti vedo forte e combattiva, ti vedo delicata e fragile, ti vedo sicura e protettiva e non mi chiedo quale di queste facce tu sia realmente. So solo che quando il capo mi ha mostrato il tuo fascicolo ho chiesto io stesso di essere nella tua squadra.
Quando ti ho visto quella sera al locale, ho capito che avevo fatto bene".
Deglutisco. Cerco di deglutire anche le lacrime.
Non ho mai pensato che qualcuno potesse scegliere me. Se mi voltarsi adesso so che finirei per perdermi nel rosso dei suoi occhi.
Mi concentro su un pensiero, su una sensazione che quello che ha detto mi ha risvegliato nella mente. Lo afferro e gli do voce.
"Cosa ti ha spinto?"
"Mi ha detto che potevo evitare che tu cadessi in pezzi".
Ed è vero, fino ad ora è sempre stato lì per me.
Dopo aver parlato con lui, mi sono sempre sentita più intera, più me stessa.
Sento la sensazione di prima farsi prepotentemente spazio nelle mie viscere.   
Poiché non aggiungo altro, mi lascia sola sulla terrazza. Lascio vagare lo sguardo sulla città sottostante sentendo solo vagamente il vociare all’interno della stanza.
Quando i gomiti iniziano a farmi male, mi volto.

 
                                                                                              ***

“Brindiamo alla riuscita della nostra prima missione ufficiale!”
“Salute!” rispondiamo in coro e beviamo.
A qualcuno lo spumante va di traverso provocando ulteriormente l’ilarità generale.
Matteo mi poggia un braccio sulle spalle invitandomi a poggiare la testa sulla sua spalla.
A questo genere di ordini obbedisco volentieri.
“Tutto a posto?”
Annuisco. “Mi piace questo posto”.
Lui sogghigna in risposta, “Non intendevo questo, ma se vuoi, possiamo tornare sempre qui”
“Dopo ogni missione?”
Stavolta è lui ad annuire, sorride e posa un leggero bacio sulla mia fonte.
 
                                                                                              ***
                                                                                         
 
Il cellulare comincia a vibrare nella tasca dei pantaloni. Rispondo senza guardare il display.
“Buonasera Red, immagino che come al solito non avrai ascoltato il messaggio prima di cancellarlo. Sarò breve comunque.”
Fa una breve pausa per essere sicuro di avere la mia completa attenzione.
“Nella pietra centrale della collana da voi prelevata a Dubai, era contenuta una memoria usb con informazioni su traffici illeciti di un magnate del petrolio. Da fonti certe sappiamo che il suo braccio destro si trova a Parigi per affari.
Il vostro volo parte alle sei. Ulteriori istruzioni vi saranno fornite a tempo debito”.
Prima ancora che cada la linea ho già un piede dentro la stanza e l’attenzione di tutti su di me.
“Preparatevi, domani andiamo a Parigi”.                                                                                                                                                                                                                                                     



 
   
 
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