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Autore: haev    05/07/2015    4 recensioni
«Sono uscita.» rispose accarezzandogli i capelli.
«Per fare cosa?» domandò e aprì finalmente gli occhi.
«Per salvarti.» sussurrò Rion, ma era certa che il fratello l’avesse sentita e come sempre non aveva detto niente, così gli lasciò un bacio sulla fronte e uscì dalla camera.
[...]
Il castano si sorprese ad ammirarla e sentir nascere dentro di sé un senso di calma che non aveva mai provato. Aspirò il fumo e scosse la testa: non doveva affezionarsi a lei. Il suo compito era quello di renderla più loquace, di scavare dentro di lei e capire il motivo per cui amasse così tanto la solitudine.
[...]
Greta non si definiva una ragazza depressa, semplicemente aveva smesso di vivere e non sapeva nemmeno se a vent’anni si potesse dire di aver iniziato a vivere per davvero, aveva ancora davanti una vita piena di cose da fare, scoprire e lei aveva già rinunciato a tutto.
Peccato che il suo tutto fosse su un letto con una bandana in testa per la chemioterapia.
Completa.
Genere: Mistero, Triste | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Louis Tomlinson, Nuovo personaggio
Note: OOC | Avvertimenti: nessuno
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And then I found out how hard it is to really change.
Even hell can get comfy once you’ve settled in.

I just wanted the numb inside me to leave.
No matter how fucked you get, there’s always hell when you come back down.
The funny thing is all I ever wanted I already had.
There’s glimpses of heaven in everything.
In the friends that I have, the music I make, the love that I feel.

I just had to start again.
-Hospital For Souls; Bring Me The Horizon

VI
 
Solo quando vide il sangue il ragazzo iniziò a connettere davvero.
Allungò la mano verso una salvietta, ma si rese conto che il plasma fuoriuscente dal suo naso si sarebbe impregnato nella stoffa e sua madre avrebbe fatto domande, così, tappando con un dito la narice, prese svariati pezzi di carta igienica.
Si ricordò una specie di incontro riguardo la droga e il fumo avvenuto circa due anni prima nella sua scuola di Boston, avevano spiegato tutti gli effetti della droga, ciò che causava, l’indipendenza e anche cosa succedeva al corpo la prima volta, o le poche volte, che si assumeva droga.
Sonno e sangue.
Louis si ricordava solo quei due, ma sapeva per certo che ve n’erano altri, si ricordava solo il sonno e il sangue perché li stava vivendo in quel momento.
Non appena mise piede in casa fu come se l’effetto e la ridarola fossero scomparse da un momento all’altro, lasciandogli solo un sonno assurdo, la classica fame chimica e un rivolo di sangue che colava dal suo naso.
A passo pesante fece le scale e raggiunse il bagno, si spogliò dei calzoni e della maglietta, notando però che puzzavano di marijuana pensò di portarli in camera, successivamente aprì il lavandino e iniziò a soffiarsi il naso.
Il sangue non aveva la minima intenzione di fermarsi e Louis fu colto da una cieca paura, ma poi si ricordò le mani di sua madre. Una volta, quando era piccolo ed era rimasto troppo tempo sotto il sole cocente, del sangue aveva iniziato a scendergli dal naso e impaurito era corso in casa. Sua madre l’aveva condotto in bagno e tranquillamente gli aveva messo i polsi sotto l’acqua ghiacciata, bagnandogli anche dietro il collo e la fronte.
Louis rimase circa cinque minuti con i polsi sotto l’acqua, fino a che sentì le membra intorpidirsi e vide la pelle sotto le unghie pitturarsi di un blu chiaro.
Chiuse l’acqua e si soffio il naso, non uscì nulla.
Tirando un sospiro di sollievo, andò in camera e si infilò una maglietta a maniche corte, poi dopo aver divorato una fetta di torta, andò nella stanza di sua sorella.
La luce era ancora accesa e il libro appoggiato sul letto, aperto. Louis sorrise e prese il libro, lasciò un segno ripiegando la pagina e dopo aver spento la luce si mise nel letto.
Le braccia di Evelyn lasciarono il suo peluche, per andarsi ad attorcigliare al corpo di Louis, il ragazzo accolse quel calore come una medicina.
La rabbia che aveva provato poco prima nel bagno per non riuscire a fermare il sangue, scomparve d’un colpo sentendo il lieve calore che sua sorella poteva donargli.
Chiuse gli occhi, ma nonostante il sonno, non riuscì ad addormentarsi. La sua mente era dominata dalle immagini della serata.
Il discorso che aveva avuto con Maxie mentre era fatto era ancora impresso nella sua testa, si rese conto di quanto loro due potessero essere simili. Entrambi avevano i loro demoni, Louis supponeva che i demoni del suo vicino di banco fossero soprattutto dipesi dal suo passato, specialmente dal divorzio dei suoi.
Louis invece, per quanto riguardava i suoi demoni, non aveva la minima idea da dove potessero provenire, non aveva memoria di quando fossero cominciati. Sapeva solamente che il modo per placarli era un abbraccio di sua sorella oppure una sigaretta, si chiese se quei demoni non fossero l’immagine di se stesso.
Se lui stesso non fosse un demone, in fondo, era da sempre incazzato per una cosa o l’altra, cos’aveva fatto di buono per meritarsi un posto negli angeli? Assolutamente niente.
Quelle voci, si convinse, non erano nient’altro che l’ombra di se stesso, l’ombra del suo passato, del suo presente e molto probabilmente del suo futuro.
Avrebbe dovuto conviverci per il resto della sua vita, tanto ormai all’inferno ci doveva andare per forza.
I suoi pensieri lasciarono per un momento i demoni e si concentrarono su una chioma bionda e un paio di occhi azzurri.
Rylee.
Louis si immaginò il suo viso e si accorse che assomigliava lontanamente a Rion, si chiese se Maxie non gli avesse detto una cazzata; certo, le due ragazze si assomigliavano, ma avevano i lineamenti molto differenti: le guance di Rion erano scavate, quelle di Rylee paffute, una aveva gli occhi azzurri e l’altra verdi, erano una mora e una bionda. L’unica cosa che avevano in comune era l’aspetto fisico, ma era comunque un fisico che avevano molte ragazze.
Nonostante ciò Louis sapeva che tra di loro c’era una sorta di legame, qualcosa le accumunava, ma non riusciva a capire che cosa.
Forse era quel legame tra gemelli che tanto si diceva avessero.
Riguardo quel legame, però, non riuscì a trovare niente, perché pure i caratteri erano differenti. Rylee era semplice, simpatica e un po’ superficiale. Rion invece era chiusa, schietta, ombrosa, invisibile.
Si domandò come due persone così diverse potessero essere sorelle, per lo più gemelle.
Il castano si ricordò che aveva detto a Rylee che avrebbe voluto conoscere sua sorella, avrebbe dovuto sistemare anche quel fatto.
Pensò a varie scuse da rigettare alla ragazza, con la conclusione che non ce n’era nemmeno una, a parte il fatto di dire che stesse delirando e avesse sparato una cazzata.
Louis conosceva il detto ‘in vino veritas’ e sperò che non valesse anche per la marijuana, altrimenti sarebbe stato fottuto.
 
Greta si svegliò di soprassalto.
Aveva il fiato grosso e l’incavo dei suoi seni era sudato, così come la sua fronte.
Il cuore batteva all’impazzata, serrò gli occhi e grazie al nero delle sue palpebre riuscì a ritornare in sé.
Non ricordava il sogno, ma non era una novità: non ricordava mai quello che vedeva durante la fase rem del suo sonno e in cuor suo non voleva immaginare cosa sognasse, ma la risposta non era molto lontano dalla realtà.
Morte.
Aveva smesso di contare l’ultimo giorno in cui aveva sorriso davvero, da quel giorno la sua anima era come andata sotto terra, la sua vita era un circolo vizioso che non smetteva di ripetersi, come il segno dell’infinito: non sapevi né dove iniziava né dove finiva.
Greta non si definiva una ragazza depressa, semplicemente aveva smesso di vivere e non sapeva nemmeno se a vent’anni si potesse dire di aver iniziato a vivere per davvero, aveva ancora davanti una vita piena di cose da fare, scoprire e lei aveva già rinunciato a tutto.
Peccato che il suo tutto fosse su un letto con una bandana in testa per la chemio terapia.
Tirò un lungo sospiro e decise di alzarsi, tanto non sarebbe riuscita ad addormentarsi di nuovo.
Si coprì le gambe con una leggera calzamaglia color carne, poi indossò una gonna alta e un maglione, doveva essere per lo meno accettabile al suo esame.
Perché quel giorno iniziava il suo primo esame in università, era di lettere.
Sperava nel meglio, non era male a scrivere, era quasi più brava a riempire fogli di inchiostro che parlare, le vera Greta si nascondeva dietro un foglio e in pochi avevano il piacere di scoprirla davvero, perché solo pochi individui erano in grado di leggere veramente, di captare il significato di una frase all’interno di un tema, tutti sono in grado di leggere, pochi in grado di andare oltre le lettere.
Greta scese in cucina e fece un sorriso tirato a sua madre, la donna era vestita sportiva: i capelli corti erano al vento, i jeans le fasciavano le gambe magre e il maglione azzurrino sottolineava le sue forme.
«Sei agitata, Gre?»
Greta sollevò le spalle: «Neanche più di tanto, è lettere.»
«E io so quanto tu ami scrivere.»
«Esatto, mamma.» prese un biscotto e lo sgranocchiò.
«Dovresti scrivere un libro, tesoro. Ho letto alcuni dei tuoi racconti, sono davvero belli.»
Greta la guardò inespressiva, poi mormorò: «Non avrei nulla da raccontare, mi serve sempre una traccia su cui basarmi, non ho fantasia in merito, mamma. Sarebbero solo sciocchezze.»
«La vita di ciascuno di noi non è una sciocchezza, potresti raccontare la tua vita con la mente di altri personaggi.»
«Non ho intenzione di fare un’autobiografia, non sono nessuno. E poi, cosa vuoi che mi sia successo in vent’anni? Non ho nemmeno un briciolo di esperienza.»
«La vita di una persona dipende da come è cresciuto, e quando inizi a crescere secondo te? A trent’anni? No, Greta, si inizia non appena si vede la luce.»
«Fatto ‘sta che non racconterei niente di interessante.»
«Anche le cose più semplici possono essere speciali.»
«Ci sono cose che devono rimanere nel buio.»
Sua madre abbandonò la speranza di convincere Greta, quando la ragazza si impuntava in una cosa, era impossibile schiodarla da essa, per ciò sorrise e mormorò: «Quando sei pronta ti accompagno in università.»
 
Rylee era seduta sul tavolino della scuola, il freddo le faceva accapponare la pelle, ma nonostante ciò rimase lì impassibile con il libro di filosofia stretto tra le mani.
Non aveva voglia di entrare, quella mattina il bus era passato in anticipo e l’ultima cosa che voleva era inoltrarsi in una classe dove tutti erano agitati per la verifica imminente. Preferiva di gran lunga ripassare da sola, circondata dal freddo e dal puzzo di fumo che alleggiava sempre nel cortile.
La domenica prima aveva pensato costantemente alle parole che Louis aveva detto.
Sapeva che era fatto e le cazzate potevano uscire di bocca a chiunque, ma il fatto che il ragazzo fosse venuto fuori con la storia di sua sorella era improbabile che se la fosse immaginata, soprattutto perché sapeva che Maxie era a conoscenza della verità e quei due erano diventati subito amici.
Sfogliò la pagina del libro, ripassando e sentendosi indecisa se affrontare l’argomento col castano.
Quando suonò la prima campanella decise che se fosse stato Louis a intraprendere la conversazione gli sarebbe andata dietro, altrimenti avrebbe lasciato perdere.
Louis arrivò proprio nel momento in cui riponeva il libro in cartella e si stava dirigendo in classe, lo salutò con un sorriso.
«Ehi.»
«Come va?» chiese Rylee.
«Ho un po’ di mal di testa, ieri sono stato tutto il giorno con la testa in letteratura.»
Rylee rizzò le proprie sopracciglia verso l’alto, poi fece un gesto comprensivo: «Se ti rincuora, io in Freud.»
«Filosofia?» domandò il ragazzo.
«Già.» ammiccò.
«Quando mi dissero che dovevo studiare filosofia ero entusiasta per tutte le frasi che avevo visto in giro e per tutti i pensieri che avevo affrontato, pensavo perfino di trovare delle risposte ai dubbi adolescenziali, invece le domande sono aumentate e ho iniziato a odiarla.» ridacchiò gettando un’occhiata al selciato.
«Ti capisco, anche per me è stato così.» e scoppiò a ridere spontaneamente.
«Rylee, ho delirato la scorsa sera.» si era messo le mani in tasca e la guardava con fare dispiaciuto.
«Non devi scusarti, Louis, succede a tutti.» sorrise.
«Okay, ma ho detto di tua sorella e io…»
Rylee lo bloccò alzando la mano: «Non cercare di trovare scuse, so che sai che ho una sorella, per il semplice fatto che nessuno qui, eccetto in pochi, sanno che ne ho una. – Sospirò – Quindi, evita di cercare scuse, immagino che te l’abbia detto Maxie.»
«Sì, mi ha accompagnato in presidenza il primo giorno.»
Rylee lo guardò incuriosita, sua sorella che accompagnava qualcuno da qualche parte era davvero un evento da scrivere sul calendario, di solito Rion mandava a ‘fanculo la prima persona che osava avvicinarsi a lei, strano che non l’avesse fatto con Louis.
«Dalla preside?»
«Sì, devono essere molto amiche.» scherzò Louis.
Rylee ridacchiò: «Rion ama far infuriare il vostro prof. di inglese. Ma perché ti ha accompagnato?»
«Perché gliel’ho chiesto.» disse Louis scettico.
Rylee fu davvero stupita, avrebbe voluto tanto sapere cosa passasse nella mente di sua sorella quando Louis le domandò se l’avrebbe accompagnato dalla preside; la bionda pensò che il castano fosse la prima persona con cui Rion fu accondiscende.
«Wow.» riuscì a dire.
«Perché?»
«Mia sorella in circostanze normali ti avrebbe mandato a ‘fanculo.»
«Mi stai forse dicendo che io non ero in una circostanza normale?» domandò Louis, il trillo della campanella suonò, ma nessuno dei due ragazzi vi prestò attenzione. Rylee era stupita, non riusciva a spiegarsi cosa avesse attirato l’attenzione di Rion in Louis, era un ragazzo come tanti, certo era bello, ma non aveva nulla di speciale.
C’erano tanti ragazzi belli in quella scuola e Rion non li cagava minimamente.
Louis al contrario era avido di sapere.
«Non lo so, Louis. – D’un tratto divenne impacciata – Mia sorella non è il massimo della loquacità.»
«Questo l’avevo capito.»
«Lei… Come dire? Lei non è per niente un magnete, non attira nessun tipo di ferro.»
«E chi ti dice che io sia di ferro?»
«Niente, ma era un esempio. Quello che volevo dire era che mia sorella ama stare da sola.»
«Come può amare la solitudine una ragazza di diciotto anni?» domandò Louis.
«E’ la domanda che mi pongo ogni giorno.»
«Ma è sempre stata così?»
«No, c’è stato un periodo, anni fa, che aveva degli amici e giocava con noi. Scusa Louis, ma Freud mi attende. Ciao!»
Rylee corse in classe, i pensieri della verifica imminente e la nuova che aveva scoperto da Louis le lasciarono dietro una sensazione strana.
Si chiese se c’era qualche possibilità che Louis riuscisse a far schiudere il guscio di Rion.
La risposta arrivò alla fine dell’ora, evidentemente studiando filosofia Rylee era riuscita ad ampliare il suo modo di pensare.
Aveva una risposta.
Trovò Louis nel giardino, intento a fumare una sigaretta in compagnia di Maxie. Quest’ultimo, che non fumava sigarette, pestava i piedi per terra per cacciare il freddo.
«Rylee, qual buon vento!» esclamò Maxie sorpreso, in effetti la ragazza non scendeva mai nel cortile durante l’intervallo.
«Louis, ti ricordi il discorso di mia sorella?»
Maxie divenne paonazzo e prese a battere un ritmo sulle gambe, facendo finta di non ascoltare.
«Sì.»
«Tu gli interessi.»
«Cristo! Cosa? A Rion? Ma se quella ragazza è come pietra? Porca puttana, Lou!» Maxie si era agitato tutto d’un tratto.
«Non nel modo in cui pensi tu, Maxie.» spiegò Rylee e disse che qualcosa in Louis aveva attirato l’attenzione di sua sorella.
«Okay, quindi? E’ impenetrabile quella ragazza, non ho intenzione di disturbarla.»
«So che ti interessa, se no, non mi avresti detto che volevi conoscerla.»
«Ero fatto, Rylee.»
Rylee alzò gli occhi al cielo, «Non attaccarti a specchi inesistenti, Lou.»
«Okay, d’accordo. Mi interessa, va bene? E io interesso a lei, peccato che ci sia di mezzo il suo carattere del cazzo.» sbottò.
«Potresti provare a conoscerla.» optò la ragazza.
«Come? E’ un muro.»
«Pedinala.»
Entrambi si voltarono verso Maxie, aveva detto quella parola con fare sarcastico, ma Rylee si rese conto che forse era davvero l’unico modo. Se Rion si sarebbe incazzata, avrebbe dato di matto con Louis e magari il castano sarebbe riuscito a farla sbocciare.
«Non se ne parla.»
«Louis sei l’unica speranza che potrebbe salvare mia sorella dalla disperazione.»
«Cosa ti dice che sia disperata?»
«Guardala negli occhi, Louis.» questa volta fu Maxie a parlare e Rylee non poté che essere d’accordo, gli occhi di Rion a primo impatto erano un pozzo profondo che ti inchiodavano a terra, ma dopo un'attenta visione di quel verde come l’erba bagnata, potevi scoprire molte cose.
 
Louis era stupito da quella richiesta di Rylee, non sapeva come affrontare Rion.
Il ragazzo ci avrebbe provato, ma più guardava il suo viso rivolto alla lavagna nera, più gli diventava impenetrabile e privo d’ogni sentimento.

Spazio autrice.

Buongiorno, buon pomeriggio o buonasera!

Sempre a orari improponibili, eccomi qui! 
Chiedo scusa per il ritardo (davvero minimo, dato che l'ultimo capitolo l'ho pubblicato il 30 giugno, vbb) ma ho avuto da fare. 
E' GIA' FINITO GIUGNO, LET ME CRYYYYYYYY E IO DEVO INIZIARE I COMPITI, MANNAGGIA A ZEUSS.
COMPLIMENTI A TUTTI I MATURANDI YEEEEY.

E GRAAAAAZIE a voi che piano piano fate aumentare sempre di più questa storia, vi voglio tanto bene.
Anche a voi lettrici silenziose, so che ci siete!
Con questo capitolo riusciamo a far arrivare la storia almeno a 30 recensioni? Daaaaaai, pls. 
SE VOLETE UNO SCAMBIO DI RECENSIONI, BASTA CONTATTARMI O QUI O IN TWITTER ---->
 @letsgotolive
VI RICORDO CHE SONO ANCHE SU WATTPAD ----> ovunqueilbui0 dove sto pubblicando anche Mission ((((((:

PASSANDO AL CAPITOLO.
Louis con il post droga. *CHIARIZIONE* a Louis scende il sangue del naso perché non ha schimicato, è una cosa possibile, rara, ma è possibile. Lo so, perché? Beh. Su, dai, *LEGALIZECANNABIS* ecco, avete capito e poi è un effetto normalissimo.

COSA VE NE PARE DELL'IDEA DI RYLEE? 
COSA SUCCEDERA'? DAI VOGLIO SAPERE LE VOSTRE OPINIONI DEHHEEHEHE.

CONSIGLIO: prestate MOOOOOLTA attenzione al Pov's Greta. TAAAAAANTA. 

Grazie mille, siete bellissimi!

A presto,
Giada.
  
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